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Il Museo diocesano di Genova cambia volto per ospitare e valorizzare il gran numero di opere attualmente in deposito

Dopo un lungo periodo di restauro architettonico e di aggiornamento, il 30 ottobre riapre al pubblico una parte importante del percorso espositivo del Museo Diocesano di Genova. All'inaugurazione sarà presente il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo della città. Ne scrive per il nostro giornale il conservatore del museo.
di Paola Martini
Il Museo diocesano di Genova è stato aperto al pubblico il 16 dicembre 2000, grazie ai fondi per il Giubileo, e con il preciso intento di essere un luogo di testimonianza e memoria storica delle vicende della chiesa diocesana genovese e non, quindi, una semplice sede di deposito per opere sradicate dal contesto originario, destinate ad essere irrimediabilmente decontestualizzate. La scelta della sede del nuovo museo era caduta su un edificio particolarmente prestigioso, ossia il chiostro della cattedrale di San Lorenzo, incastonato tra la cattedrale e il vicino Palazzo Ducale, sorto nel XII secolo sul sito delle antiche mura carolingie per diventare residenza dei canonici. Dopo un intervento di restauro particolarmente attento, realizzato tra il 1988 e il 1992 dalla Soprintendenza per i Beni architettonici e del paesaggio della Liguria, l'antico chiostro canonicale era stato adeguato a ospitare un moderno museo, una struttura concepita come un'occasione per educare alla tutela e alla conservazione del patrimonio culturale diocesano esistente, esponendo temporaneamente le emergenze artistiche della diocesi con l'intenzione di restituirle, dopo breve tempo, alle chiese di provenienza, ma anche la sede più idonea per collocare opere irrimediabilmente decontestualizzate e, nel contempo, una sorta di ricovero per oggetti "a rischio", in attesa di una soluzione conservativa più adeguata.
Soprattutto quest'ultima esigenza è risultata quella più importante da soddisfare: nel corso dei primi dieci anni di attività si è verificato un deciso incremento del patrimonio iniziale con numerosi depositi temporanei - a breve o a lunga scadenza - motivati da precarie condizioni conservative oppure da insufficienti dispositivi di sicurezza nelle chiese di provenienza.
La necessità, a meno di un decennio dall'apertura al pubblico, di un nuovo intervento di riallestimento, seppure di una parte del museo, è stata quindi giustificata non da semplici motivazioni estetiche ma da precise esigenze funzionali.
L'incremento delle opere giunte in deposito da parte delle chiese diocesane ha provocato un aumento delle necessità spaziali; inoltre, l'analisi delle modalità di fruizione dei visitatori ha reso necessario il ripensamento degli ambienti espositivi.


(©L'Osservatore Romano 29-30 ottobre 2012)