Terme, benessere e piacere etrusco

Fino a qualche tempo fa ci si potevano bagnare solo i Papi, oggi sono aperte a tutti: le terme della Tuscia viterbese si concentrano nell’area che si estende a nord dei Monti Cimini sino alla catena dei Volsini. Dalla Città dei Papi a Saturnia, quindi, passando per il ‘Bagnaccio’. La zona che si estende a nord di Viterbo è ricca di sorgenti sulfuree di origine vulcanica. Alcune libere e perse tra i campi di mais, altre all’interno di strutture ricettive convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale, ce n’è per tutti i gusti, tasche e orari.
Le ‘Terme dei Papi’ sono tra le più note di Viterbo. Aperte tutto l’anno e con una grande piscina scoperta, si trovano poco fuori la cinta muraria medievale. Il complesso termale, che ospita un albergo ed un ristorante, è specializzato in cure inalatorie, fangoterapia, ‘Grotta’ e cure per vasculopatie periferiche. La convenzione con l’SSN ne rende libero l’accesso se muniti di ricetta e ticket sanitario. (http://www.termedeipapi.it/index.php?zn=infoutili&subzn=&page=1)

Il ‘Bagnaccio’ è, invece, del tutto differente. Queste erano ‘pozze naturali’ d’acqua solfurea perse nella campagna. Recentemente ristrutturate, sono state date in concessione regionale ad un’associazione omonima che ne cura pulizia e mantenimento. La campagna circostante, adibita a parcheggio, le rende meta ideale per i camper e la strada in terra bianca, unica via d’accesso, ne impedisce l’affollamento.

Ancora più a nord, nell’entroterra grossetano, l’acqua delle terme di Saturnia sgorga da tremila anni ad una temperatura costante di 37 gradi. Famose per la suggestiva cascata offrono numerose possibilità di svago come il vicino campo da golf e ristoranti gourmet. (http://www.termedisaturnia.it/it/)
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Bordeaux, il vino più buono del mondo

Lo pensano molti enologi di fama mondiale che il vino di Bordeaux sia il migliore del mondo. Di sicuro comunque è uno dei più noti e apprezzati. Prodotto nella zona della Gironda, tra i fiumi Garonna e Dordogna, si declina a partire dai vitigni di Cabernet franc, Cabernet-Sauvignon e Merlot per i rossi e in quelli di Sauvignon, Sémillon e Muscadelle per i bianchi. Anche i rosè non sono male, e sono molto ricercati. In particolare, i vigneti del Médoc sono sulla riva sinistra del Gironda, da Saint-Vivien-de-Médoc a Bordeaux, quelli dei Graves a sud di Bordeaux, lungo il Garonna fino a Langon, quelli di Blaye e Bourg tra la riva destra della Gironda e Charente Marittima, quelli del libournese sulla riva destra della Dordogna, e quelli Entre-Deux-Mers tra la Dordogna e la Garonna.
Le vigne hanno una lunga storia, molto fascinosa: si racconta che i notai di Bordeaux, visti i prezzi elevatissimi dei vini italiani, vollero creare dei vigneti autoctoni. Il commercio del vino cominciò a svilupparsi però solo nel XII secolo, quando Eleonora d’Aquitania si sposò con il re d’Inghilterra Enrico II. Dopo che, un secolo dopo, il re di Francia conquistò la Rochelle, dal cui porto si esportavano i vini bordolesi, l’Inghilterra divenne il maggiore importatore, anche grazie ai privilegi fiscali concessi ai negozianti. Quel vino era chiamato “claret” per via del suo colore chiaro, vista la miscela di uve diverse (prima del XVI secolo i vitigni ancora non avevano assunto la struttura degli attuali filari). Nel XVII secolo intanto, gli olandesi cominciarono ad esportare in Europa bevande alla cioccolata, caffè, the, birre e gin, cambiando il gusto dell’epoca.

Per questo cominciarono ad essere commercializzati anche i vini della penisola iberica, e in particolare i vini di Porto. Bordeaux rispose alzando la qualità del suo vino: la famiglia Pontiac per prima decise infatti di mettere in nuove barrique il vino e di occuparsi di curare di più le vigne. Fu allora che nacquero i vigneti del Médoc ed i grand cru bordolesi.
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Mart, autunno super con Antonello da Messina. Dal 5/10 due grandi mostre. Bray, e' esempio da seguire

(di Silvia Lambertucci)
ROMA - Il genio rinascimentale di Antonello da Messina che invade le sale del contemporaneo. E a fare da contrappunto uno sguardo sui ritratti di oggi che è anche una riflessione sull'Altro inteso come 'altro da se'. Uscito dal suo anno nero, con l'emorragia di finanziamenti e di visitatori (-50% nel 2012) che lo ha fatto precipitare nelle classifiche internazionali, il Mart di Rovereto guarda al futuro e rilancia, offrendo per l'autunno una doppia mostra di sicuro richiamo.

Costata intorno alle 900 mila euro, la rassegna dedicata al grande Antonello da Messina (così pure come l'Altro Ritratto) aprirà le porte al pubblico il 5 ottobre e si potrà visitare fino al 12 gennaio 2014. Di richiamo i grandi prestiti internazionali, come sottolinea la direttrice del Mart Cristiana Collu, con l'atout di opere che mancavano persino nell'imponente retrospettiva romana di Palazzo delle Esposizioni, come Il Ritratto d'uomo appena restaurato e prestato dal Philadelphia Museum of art, il Salvator Mundi della National Gallery di Londra, la Madonna Benson che arriverà dalla National Gallery di Washington.

"Avvicinare antichità e contemporaneo non è un'idea nuova ma funziona", fa notare Ferdinando Bologna curatore della sezione dedicata ad Antonello da Messina. Il senso "é quello di un confronto fra due incontri con la realtà avvenuti in tempi diversi", spiega. Ma anche un modo per recuperare il senso della storia, riproporlo come radice di ciò che siamo, "Antonello non è solo un pittore di ritratti. E un pittore di tutto" che con i suoi quadri racconta dunque qual'era la visione del mondo al culmine del Rinascimento.

Il progetto, curato con Federico De Melis, propone quindi un'indagine sulla figura del grande pittore del Quattrocento e del suo tempo , attraverso lo studio degli intrecci storico artistici e delle controversie ancora aperte. Curata dal filosofo Jean Luc Nancy, esponente del pensiero post decostruzionista da sempre interessato al discorso del ritratto e della reciprocità dello sguardo fra soggetto e spettatore, la seconda rassegna, L'altro ritratto, torna al contemporaneo con un'esplorazione che comprende tutte le tecniche artistiche, dalla pittura al video, e intreccia diverse generazioni.

Un percorso che parte dai grandi ritrattisti , italiani e stranieri, del Novecento come Vito Acconci, Alberto Giacometti, Gerard Richter, Lucien Freud, Francesca Woodman, Giulio Paolini, Thomas Ruff, Shizuka Yokomizo sino ai lavori più recenti di Jeff Wall, Mark Lewis, Barbara Probst, Margot Quan Knigt, passando per le sperimentazioni di Douglas Gordon e Fiona Tan. Per il Mart non finisce qui: in progetto per l'autunno, in previsione del centenario che ricorre nel 2014 anche una mostra sulla Grande Guerra, aperta dal 4 ottobre al 24 maggio. E sabato 19 ottobre riapre la Galleria Civica di Trento, la cui gestione é stata affidata proprio al museo diretto da Cristina Collu.
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