Vieste, settembre di mare e cultura. Le sue acque cristalline sono tra le più belle d’Italia

(di Eugenia Romanelli)
Un pugno di abitanti, poco più di 13 mila, acque cristalline tra le più belle d’Italia — non a caso insignite più volte della Bandiera Blu e non a caso luogo di avvistamento di delfini e tartarughe marine — punta orientale del Parco Nazionale del Gargano, Vieste è tra le più sorprendenti mete della Puglia.



Affacciata sull’Adriatico, quando la vedi, arrivando dalla costa, ti sembra un sogno con quel castello svevo di color bruno a strapiombo sull’Adriatico. E se la incontri giungendo dal mare, pare quasi un’isola, quella lingua di terra strappata alle acque, che ha avuto insediamenti Greci, Romani, è stata amministrata dai Bizantini, dominata dai Longobardi, dai Normanni, dagli Svevi e poi dagli Angiò e infine dai Borboni, assaltata dai Turchi ma anche dai Veneziani, quasi a seguire e a compendiare gli orditi meridionali che formano, tutti insieme, il tessuto della storia di questa parte così bella e unica d’Italia.

Le spiagge di sabbia rosa argentato, finissima e soffice, sono prese d’assalto e c’è chi fa lunghi viaggi solo per arrivare qui: da San Lorenzo, lunga due chilometri, a Punta Lunga, con i suoi ottocento metri, o per sdraiarsi in un punto dei quattro chilometri e mezzo di Scialmarino, dei due chilometri di Sfinale e Sfinalicchio e, a mezzogiorno, dei quattro chilometri del Castello e dei due e mezzo di Porto Nuovo.

Qua e là torri a base quadrata, antichi avamposti cinquecenteschi da cui partivano segnali di fumo (di giorno) e di fuoco (di notte) per avvertire la popolazione di pericoli e pirati. Per non parlare di quelle specie di grotte dove la luce e l’acqua, ma anche le rocce rosa, creano dei caleidoscopi naturali che incantano: grotta Sfondata, Campana, dei Contrabbandieri; grotta dei Due Occhi, Dei Colombi, dei Pipistrelli; grotta Calda o delle Viole, della Tavolozza, delle Sirene; grotta dei Sogni e del Faraone, grotta Smeralda, dei Marmi e del Serpente... sono solo alcune di questa cavità naturali, tenute a battesimo dai pescatori e meta di romantici e curiosi (da non perdere soprattutto il Pizzomunno, il monolite piantato nell’acqua di fronte al Castello).

Il paese è un dedalo di stradine strette e tortuose, case bianche, balconi, piazzette a strapiombo sul mare, promontori, chiesine, campanili e una basilica nel tipico romanico pugliese. Anche gli ebrei avevano un insediamento qui: ne è testimonianza via Judeca, da cui si vede la luminosa facciata della Chiesa di S. Francesco con il monastero che appartenne ai francescani conventuali (il ramo meno rivoluzionario dell’Ordine) fin dagli inizi del 1500. Venne soppresso nel 1809 durante il dominio francese da Gioacchino Murat, re di Napoli. La tradizione dell’eremitaggio e all’ascesi è stata forte da queste parti: nel Castello fu ospitato nel 1295 il Papa dimissionario Celestino V, mentre tentava di raggiungere la costa opposta dell’Adriatico. Fu sorpreso da un fortunale che lo costrinse a sbarcare a quattro miglia da Vieste. Fino al 1652 il palazzo di via monsignor Arcaroli era adibito a monastero dei padri Celestini.

C’è anche un convento dei Cappuccini del XVII secolo, in via Vespucci, vicino al porto: sull’altare centrale si trova il quadro della Madonna di Costantinopoli della stessa epoca, dipinto da Giovanni Lo Preite. Proprio qui, nell’ex convento dei Cappuccini, ma anche sulla scogliera del lungomare Cristoforo Colombo e Marina Piccola, sono state girate scene del “Generale dei briganti”, la miniserie televisiva che raccontava la vita del brigante meridionale Carmine Crocco, realizzata da Paolo Poeti per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una tradizione religiosa, dunque, che affonda le sue radici, probabilmente, nel fatto che proprio il Gargano fu tra le prime regioni d’Italia a convertirsi al cristianesimo (grazie al commercio con i Paesi del Levante e ai mercanti che facevano la spola tra le varie coste, si diffuse soprattutto a partire dal III secolo): i fedeli si riunivano nelle tante grotte, luoghi appartati dove potevano pregare insieme e anche seppellire i loro morti. E oggi queste necropoli paleocristiane sono un po’ ovunque a Vieste, a testimonianza di una vocazione spirituale che ancora risuona lungo la costa.
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