Un Van Gogh come non si era mai visto, un vero e proprio viaggio nell'anima del genio olandese: è la grande mostra dedicata a uno degli artisti più amati dal pubblico degli appassionati, allestita dal 7 ottobre all'8 aprile negli splendidi spazi della Basilica Palladiana di Vicenza. Esposti ben 129 capolavori, 43 oli e 86 disegni, prestiti eccezionali dei maggiori musei del mondo (primo fra tutti il Kroller-Muller Museum di Otterlo), tanto che il valore assicurativo delle opere in mostra tocca il tetto di 1 miliardo e 100 milioni di euro. Con il titolo 'Van Gogh. Tra il grano e il cielo', l'importante iniziativa segna il ritorno nella città veneta di Marco Goldin, il patron di Linea d'ombra, che ha prodotto (con un investimento di 4,5 milioni di euro) e curato forse la sua impresa più completa ed emotivamente partecipata, senza sbavature, in una selezione talmente puntuale delle opere da ricostruire quella cruciale decina d'anni di attività del maestro quasi giorno per giorno. "È una mostra rara - spiega Goldin che ha già ricevuto 115.000 prenotazioni -, le opere stesse in questo percorso diventano come le pagine del diario di una vita", complessa, sofferta, approfondita ancora di più dall'accostamento con lo scambio di lettere con il fratello Theo, da cui emerge tutto il suo doloroso sentire, ma anche i sogni e i progetti concreti, il passo dei suoi progressi, la malattia. È l'estate del 1880 quando Van Gogh annuncia al fratello l'intenzione di voler diventare un artista. I primi cinque anni di formazione si svolgono prima in Belgio (il Boriage) e quindi in Olanda: Etten, l'Aia, il Drenthe, Nuenen, dove il giovane Vincent affina le tecniche e acquisisce quel bagaglio figurativo e di immagini che tornerà nei dipinti realizzati a Parigi, Arles, Saint-Remy e Auvers-sur-Oise, quando inventa il colore nuovo della modernità. Se gli inizi sono contraddistinti da un grande impegno nel disegno, allo stesso modo il percorso espositivo parte da quelli splendidi della collezione del Kroller-Muller Museum di Otterlo, fondato dai primi collezionisti di Van Gogh. "Per tre anni disegna soltanto - spiega Goldin -: non sono bozzetti preparatori, bensì opere finite in sé, guardando alle tele di Millet e ai pittori della Scuola dell'Aia". Anche i soggetti coincidono: sono i contadini, gli zappatori, i minatori, un'umanità umile e misera, con cui Van Gogh entra in contatto seguendo il padre pastore protestante. Il primo olio è del 1981, una natura morta dal titolo 'Cappello di paglia', e proprio all'Aia intesse una relazione sentimentale che lo segnerà profondamente. Ritrae la compagna, una ex prostituta, la madre, la sorella, quella 'Ragazza con lo scialle' dallo sguardo sfuggente, che arriva al cuore. Ancora disegni che immortalano vecchi o mangiatori di patate negli anni di Nuenen, incredibili teste di donne che documentano la vita dei contadini e nature morte. La svolta arriva con il viaggio a Parigi, il contatto diretto con impressionisti e post impressionisti, con un uso della luce e del colore che elaborerà attraverso una poetica interiore unica e rivoluzionaria. Le sale della mostra cominciano così a illuminarsi dei dipinti più belli e famosi. Dal 'Ponte di Langlois'' del 1888 alle meravigliose raffigurazioni del parco della casa di cura di Saint-Remy (ricostruita perfettamente in un plastico che occupa un'intera sala) ai campi di grano, di papaveri, ai vigneti. Una tensione verso l'infinito avvolta via via da quei colori antinaturalistici, mai visti prima, capaci di restituire l'anima profonda delle cose.
ansa
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