Il cristiano è turista «lento e integrale»



Sessanta anni fa le vacanze quasi neppure esistevano. Non almeno come le concepiamo oggi. Il massimo era andare al mare, ma per lo più si andava da nonni e zii; il resto era roba da ricchi. Poi è arrivato il turismo di massa, i villaggi vacanze e le destinazioni esotiche, dove le realtà locali sono come acquari, meta di frettolosi tour di qualche ora per subito rientrare nei comodi resort. E sono nati i viaggiatori compulsivi, gli accumulatori seriali di destinazioni e miglia low cost... Ma a che cosa serve questo? Molto meglio un «turismo lento, non ispirato ai canoni del consumismo o desideroso solo di accumulare esperienze, ma in grado di favorire l'incontro tra le persone e il territorio, e di far crescere nella conoscenza e nel rispetto reciproco». Perché anche in questo, ha detto la scorsa settimana il Papa parlando al Centro turistico giovanile, i credenti possono fare una differenza, in quanto essere cattolici «non significa essere chiusi dentro a un recinto, ma al contrario aperti al mondo».
Un turismo, in sostanza, ispirato da «una visione integrale della persona umana», da una «integralità» che «non allude alla perfezione, ma all'imperfezione, non richiama la compiutezza dell'individuo, quanto la sua incompiutezza e il bisogno di guardarsi attorno per capirsi più a fondo; non spinge a un immobilismo fiero di sé, ma all'umile ricerca di conoscenze sempre nuove, del contatto con le persone, le culture, le problematiche del nostro tempo». Così, ha aggiunto Bergoglio, «se visito una città è importante che non solo ne conosca i monumenti, ma anche che mi renda conto di quale storia ha dietro di sé, di come i suoi cittadini vivono, di quali sfide cercano di affrontare. Se salgo su una montagna, oltre a mantenermi nei limiti che la natura mi impone, dovrò rispettarla ammirandone la bellezza e tutelandone l'ambiente, creando così come un legame con gli elementi naturali fatto di conoscenza, riconoscenza e valorizzazione».
Come infatti scrisse Benedetto XVI nel 2012 in un messaggio al VII Congresso mondiale di Pastorale del Turismo, «il fruire del tempo libero e delle vacanze periodiche è una opportunità così come un diritto». Il turismo, osservava Ratzinger, è uno «spazio privilegiato per il ristoro fisico e spirituale» e, oltre ad agevolare l'incontro con culture diverse e con la natura, favorisce «l'ascolto e la contemplazione, la tolleranza e la pace, il dialogo e l'armonia in mezzo alla diversità».
«Turismo Lento», dunque, contrapposto a quello di massa, perché «promuove la qualità e l'esperienza, la solidarietà e la sostenibilità». Un turismo «basato sull'animazione e l'educazione culturale e ambientale», che aiuti a «vivere in modo diverso e più consapevole ogni momento della vita quotidiana, anche quelli di lavoro e di maggiore impegno». Molti giovani, ha quindi osservato il Papa, «invece che desiderosi di costruire il futuro, si sentono purtroppo disillusi e demotivati. Forse a causa del pessimismo che li circonda, non osano volare in alto, ma si accontentano di sopravvivere o di vivacchiare. È brutto questo, quando un giovane vivacchia e non vive, è già "in pensione", ed è brutto che un giovane sia in pensione!». La Chiesa, però, «vi guarda con riconoscenza e speranza, e vi invita a professare sempre con fierezza la vostra cattolicità: essere cattolici non significa essere chiusi dentro a un recinto, ma al contrario aperti al mondo, desiderosi di incontrare perché intenzionati a vivere "secondo il tutto" e per il bene di tutti«. In questo senso, anche attraverso il turismo si può partecipare alla missione della Chiesa.

Avvenire

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