Enit / Grandi eventi e anniversari, ecco le strategie per ‘catturare’ i turisti



Anniversari storici (quest’anno si celebrano, per esempio, i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci) e annate sotto i riflettori (come sta accadendo a Matera, capitale europea della cultura 2019) possono davvero dare una spinta all’arrivo di visitatori in città fuori dai percorsi tradizionali del turismo di massa? E’ la domanda da ‘dieci milioni di dollari’ con cui devono fare i conti le città che si cimentano nell’organizzazione di grandi e eventi e ricorrenze. Per rispondere all’interrogativoConfesercenti Emilia-Romagna, in occasione del convegno di apertura della Borsa delle 100 città d’arte e dei borghi d’Italia, ha chiamato a raccolta a Bologna, alla Pinacoteca nazionale, chi questo cammino lo ha già percorso o lo sta affrontando proprio in questi mesi. E la risposta è positiva, come dimostrano le case history di Matera e Palermo.
Salvatore Adduce, presidente della Fondazione Matera-Basilicata 2019, snocciola i numeri di quello che potrebbe essere definito, benchè manchino ancora sei mesi alla fine di quest’anno d’oro, un vero successo. Innanzitutto, la grande visibilità garantita dal ‘bollino’ di capitale europea della cultura grazie alla sola copertura giornalistica, quindi non pagata attraverso spot o redazionali. “Dal 19 gennaio abbiamo collezionato 20.000 ritagli tra stampa, web, radio e tv in cui veniva citata Matera 2019, che, secondo gli esperti, si traducono i contatti potenziali con 1,5 miliardi di individui”, riferisce Adduce. “In sette anni, l’incremento degli arrivi e delle presenze a Matera è stato del 176%. Nel 2010 avevamo 2.200 posti letto, oggi sono più di 8.000. Questo senza aver costruito un albergo, ma grazie all’offerta in strutture medio-piccole diffuse sul territorio, che ha consentito di distribuire la ricchezza generata. Non è un caso che Matera sia al primo posto per incremento del Pil, prima di Milano”, rivendica l’ex sindaco della città lucana.
Anche Palermo, testimonia l’assessore alle Culture, Adham Darawsha, raccontando le ricadute sulla città di un anno da capitale italiana della cultura 2018: “Le presenze turistiche sono cresciute del 9%”, racconta illustrando i punti cardini della rinascita turistica del capoluogo siciliano tra rigenerazione urbana e promozione culturale. A parlare, oltre alle esperienze dirette, sono anche i numeri, raccolti dal Centro studi turistici di Firenze per conto di Confesercenti, in particolare sugli effetti a medio termine della designazione di cinque città, Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena a capitali italiane della cultura nel 2015, un primo test nazionale per declinare a livello-paese la designazione europea. Ecco, quella prima prova non sortì i risultati sperati, trattandosi del primo anno di istituzione del titolo.
Meglio è andata alle città scelte negli anni successivi.Mantova, capitale italiana della cultura 2016, è stata la prima a beneficiare significativamente del titolo: con un totale di 99.786 arrivi e 177.753 presenze, nel 2016 si rileva un aumento del +19,7% e del +19,1% rispetto all’anno precedente. Stesso discorso per Pistoia che raccoglie il testimone nel 2017: gli arrivi totali hanno fatto registrare un notevole incremento del +22% così come le presenze (+17,9%). Sono cresciute in particolare le presenze di italiani (+25,1%).
Sotto la lente del centro studi turistici sono finiti anche i grandi eventi culturali. La mostra “Piero della Francesca e le corti italiane” ha portato fortuna a Arezzo: a fronte di una spesa dei visitatori di 26,9 milioni, il valore aggiunto generato sul territorio è stato di 18 milioni (13,5 milioni nella sola provincia di Arezzo e 4,5 milioni all’esterno per effetto delle importazioni attivate dai diversi settori). Se consideriamo che l’investimento per la realizzazione dell’evento è stato di circa 2,3 milioni, l’impatto sull’economia territoriale è stato di circa 8 volte il valore iniziale. Il festival Firenze Rocks 2018 non è stato da meno: circa 89.000 spettatori hanno trascorso almeno un pernottamento a Firenze o in un’altra località della Toscana, per un totale di 207.000 pernottamenti (91% di italiani, 9% di stranieri). La produzione attivata a Firenze e nel suo hinterland ammonta a 25,9 milioni di euro.
“Nelle scelte dei viaggiatori internazionali si sta consolidando la tendenza a scegliere le destinazionimettendo insieme città d’arte ed enogastronomia. L’aggiunta di grandi attrattori culturali è un’ulteriore spinta”, assicura Elena Di Raco, responsabile dell’ufficio studi di Enit. Non a caso l’Emilia-Romagna si prepara ad alcune grandi ricorrenze: nel 2020 Parma capitale della cultura italiana, le celebrazioni per il centesimoanniversario della nascita di Federico Fellini a Rimini, sempre il prossimo anno, e il 700 anniversario della morte di Dante Alighieri, che vedrà Ravenna protagonista. “La sfida è capire come far vivere nel tempo questi grandi eventi”, riflette il direttore di Apt, Emanuele Borsari.
Bologna, dal canto suo, sta lavorando alla candidatura dei portici a patrimonio Unesco, una strada che Padova ha iniziato già a percorrere presentando la candidatura della Cappella Scrovegni e dei cicli di affreschi trecenteschi che decorano i palazzi storici della città.  Protagonista di un vero e proprio boom turistico, il capoluogo emiliano intende puntare nei prossimi anni sul binomio cultura e sport. Per farlo avrà a disposizione il tesoretto derivante dagli incassi della tassa di soggiorno. “Circa sette milioni di euro a budget per il 2019 che potrebbero diventare otto-nove milioni anche grazie alla quota versata dai portali”, quantifica l’assessore al Turismo e alla Cultura, Matteo Lepore. “Il futuro di questo paese sta nel nostro passato, nell’utilizzo dell’immenso patrimonio culturale che abbiamo. Ma manca qualcosa, visto che l’Italia è solo la quinta destinazione in Europa per presenze turistiche”, Vittorio Messina, presidente nazionale Assoturismo Confesercenti. “E’ l’unico settore in crescita e che non delocalizza, ma non siamo tenuti nella giusta considerazione. Manca un ministero ad hoc dal connubio felicissimo con il ministero dei Beni culturali, siamo passati alle Politiche agricole. Il turismo non può essere un bancomat per le amministrazioni e per la politica nazionale”, conclude Messina.
dire.it

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