Jovanotti, 'È un'epoca di passioni tristi viaggiare è militanza'

"Gli ultimi tre anni hanno cambiato la prospettiva.

Dopo la pandemia che è stata un trauma collettiva e personale era tempo di riformattare e di ripartire".

Jovanotti a fine gennaio, per un mese, è ripartito alla scoperta del Sud America in sella alla sua bici per Aracataca - Non voglio cambiare pianeta 2, ventidue puntate da 15 minuti dal 24 aprile in esclusiva su RaiPlay. Dall'Ecuador alla Colombia, dalle Ande all'Amazzonia e dall'Oceano alla mitica Macondo.
    "Una pedalata lunga 3500 km, 50mila metri di dislivello, tra salite e discese, foreste e cascate, sentieri e autostrade. Una pedalata alla volta, ce la faremo", racconta Jova del suo viaggio attraverso mari e oceani, villaggi e periferie, pueblos e città, tra musica, sorrisi, fatica e perseveranza. "Con la testa che si svuota e il cuore che fa il pieno. Ma tutto questo è anche sviluppo e ricerca della mia musica", racconta l'artista che ha consegnato 70 ore di girato, diventati un docu-trip in ventidue capitoli, come gli arcani maggiori dei tarocchi che lo hanno accompagnato giorno dopo giorno, realizzati in completa autonomia con action cam e cellulare. "Un racconto on the road come poteva esserlo l'Odissea... Non c'è nessuno che vince o che perde. E avanti, una pedalata alla volta ce la faremo - insiste - e se non ce la faremo, ce la farà quello dopo di noi, perché siamo l'uomo sapiens e si impara da quello che si fa". Un viaggio che, musicalmente, è continuato anche al ritorno "con una colonna sonora realizzata in soggettiva, sgangherata, sbagliata, ma che racconta bene quelle atmosfere. Ma non diventerà un disco". Fatica e sudore "e pensare che una volta i cantanti si drogavano, oggi si allenano - scherza Lorenzo Cherubini, da sempre attento alla forma fisica -. Ma i tour sono impegnativi e non ti puoi permettere di star male o di fermarti: hai un'industria intorno. Se dovessi scegliere un compagno di viaggio chiamerei Biagio (Antonacci, ndr). Anche Gianna Nannini è una sportiva pazzesca. Eros invece no, lui vuole stare comodo e mangiare italiano". Il titolo della serie (che avrà una trasposizione sulle reti generaliste perché "per me non c'è differenza tra le piattaforme e la televisione") riporta a Gabriel Garcia Marquez che ad Aracataca era nato. "E' una suggestione, un pretesto. La città di per sé non ha nessun motivo di interesse se non quello che tu proietti, è il luogo in cui ti sei formato e ognuno di noi ha la sua Aracataca. Per Fellini era Rimini, per Marquez era Aracataca, ovvero la Macondo di Cent'anni di Solitudine, quella che ha suggestionato anche me". Tre anni fa, in coincidenza con il primo lockdown la prima serie, sempre su RaiPlay, che ebbe nei primi 30 giorni 5,5 milioni di visualizzazioni e 600mila ore di visione, come sottolinea Elena Capparelli, direttrice di RaiPlay. Per Jovanotti, se Aracataca deve avere un obiettivo è solo uno: "quello di comunicare il senso dell'avventura. Prendete e partite, anche perché andare in bici è meno costoso che restare a casa - dice rivolgendosi soprattutto ai giovani -: in un'epoca di passioni tristi, per me opporsi a questo è una forma di militanza. Viviamo al centro di bombardamenti di notizie e ci sembra che il mondo ci raggiunga, ma al contrario raggiungere il mondo è necessario, perché altrimenti ti rende impotente rispetto al tuo potenziale di poterlo cambiare. Viaggiare rimane una delle grandi esperienza che l'essere umano può fare". E aggiunge: "Sono stati anni terribili per gli adolescenti, che vivono una sorta di stress post-traumatico. Ma non siate tristi, perché altrimenti sarete manipolabili: è la natura del potere.
    Non lo dico io, ma lo diceva Spinoza. E allora viaggiate, andate dove avete la sensazione di poter fiorire e non appassire".

ansa.it

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