Quando in una famosissima città d’arte come Roma, e in più centro mondiale del cattolicesimo, si vedono masse di turisti in fila nelle zone storiche del centro, viene subito in mente quale può essere il rapporto fra l’attuale industria turistica e la cultura. La cosa meno edificante è lo spettacolo della generale smania, della meccanicità inarrestabile con cui visitatori venuti da tutto il mondo e dalle più varie tradizioni di mentalità scattano foto con i loro cellulari. Il cellulare è protagonista dell’esperienza turistica, che così esperienza non è più. Invece di aprire bene gli occhi e di usarli, di guardare, vedere, osservare e magari interpretare quello che si ha davanti, si scattano foto a centinaia da portarsi via e che forse verranno guardate poco anche in futuro, una volta collezionate. Appena identificato il luogo storico, il famoso monumento, il palazzo, la chiesa, la fontana, subito il turista sembra preso dall’istinto di liberarsi prima possibile da quella presenza fisica reale, per sostituirla con uno scatto, primo e unico compito del turista. A questo punto c’è da chiedersi che cos’è cultura, che cos’è “consumo culturale” da inserire quantitativamente nelle statistiche. Il filosofo e critico sociale Theodor Adorno aprì un suo saggio con questa provocatoria affermazione (cito a memoria): «Chi parla tanto di cultura è contro la cultura, è un amministratore, affarista o burocrate della cultura». La cultura non è una categoria generale di oggetti che “fanno cultura”, è un modo di essere, è un rapporto mentale con sé stessi, riguarda una qualità soggettiva, non un patrimonio di beni immobili materialmente accumulati. Cultura è spazio della coscienza nel quale un oggetto esterno risuona e manda messaggi. Il turista pensa qualcosa, dice agli altri qualcosa dopo aver guardato la Pietà di Michelangelo o la Vocazione di Matteo di Caravaggio? È avvenuto qualcosa nella sua mente? C’è anche naturalmente da rimanere in silenzio, senza smettere magari di pensarci ancora per qualche giorno. Ci sono al mondo ben poche altre immagini artistiche su cui posare lo sguardo. E quando le si hanno davanti, un tale momento privilegiato non dovremmo sprecarlo.
Avvenire
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