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Al collegio Rosmini di Domodossola recuperati 600 strumenti di fisica abbandonati da decenni



Più di 600 strumenti che componevano lo storico laboratorio di fisica del collegio Rosmini di Domodossola giacevano da anni in un magazzino sotterraneo. Impegnati nelle scorse settimane a ridare vita alle apparecchiature - alcune antiche di pregio didattico e estetico - sono stati 17 studenti del liceo Spezia di Domodossola, guidati dai docenti di matematica e fisica Gabriele Taddei e Paola Ferraris. Il laboratorio, riaperto e nuovamente abbellito ora con gli oggetti, racconta una storia che affonda le radici nella seconda metà dell’Ottocento e poi nei primi anni del Novecento, epoca d’oro del collegio Mellerio Rosmini. 

«Fu in particolare don Tullio Bertamini, storico e studioso, a utilizzare il laboratorio insieme al professor Adriano Tomasi» ricorda don Fausto Gobber che, con gli altri padri rosminiani, ha reso possibile la realizzazione del progetto. I ragazzi coinvolti nell’iniziativa frequentano la terza liceo scientifico e le operazioni di pulitura, recupero, studio e schedatura rientrano nelle duecento ore dell’alternanza scuola-lavoro. Gli studenti, muniti di detersivi, spugnette, ma anche di libri e testi per l’approfondimento, hanno riportato alla luce strumenti come un pendolo di Newton alto un metro con palle di avorio, specchi ustori in versione gigante, indissolubilmente legati nell’immaginario all’assedio di Siracusa, durante il quale Archimede li avrebbe usati per bruciare le navi romane. Non mancano gli emisferi di Magdeburgo di ottone con bordi combacianti che, incastrati tra loro in assenza di aria, formano il vuoto e non possono più essere separati; l’eolipila di Erone: dispositivo antenato del motore a getto e della macchina a vapore, e poi ancora versioni in scala in legno del motore di automobile, strumenti per l’esperienza di Oersted, un elettroforo di Volta: prima rudimentale macchina elettrostatica a induzione, e dischi di Newton per la scomposizione dei colori. «Anche per noi insegnanti è un lavoro impegnativo - spiegano Gabriele Taddei e Paola Ferraris, docenti al liceo Spezia - . Non si tratta di un semplice progetto di alternanza scuola-lavoro, ma di un percorso di approfondimento, studio, sistemazione, che terminerà in un percorso d’esame in quinta coerente con l’indirizzo di studi scelto». 

Il laboratorio di fisica, contenente gli oggetti lucidati e rimessi in funzione, comporrà nei prossimi mesi la nuova ala del Museo di scienze naturali poi aperta al pubblico. «Saranno i ragazzi stessi a garantire l’apertura» aggiunge Taddei, che due anni fa ha iniziato a lavorare al progetto con don Fausto Gobber e l’ex presidente della cooperativa che gestisce l’alberghiero Alessandro Prina. I ragazzi realizzeranno le schede di spiegazione relative a ogni oggetto. 

L’ultimo lavoro di schedatura era stato effettuato anni fa da Paolo Volorio con alcuni studenti. Sogno nel cassetto, oltre all’apertura del laboratorio, è l’organizzazione di serate per mostrare il funzionamento delle apparecchiature. 

lastampa.it

PROVA FINALE DEL 2° CONCORSO INTERNAZIONALE “PAOLA RUMINELLI” il 3 Agosto ore 21 al Calvario di Domodossola presso i Padri Rosminiani

Venerdì 3 Agosto 2018 | Ore 21:00
 Sala Bozzetti al Sacro Monte Calvario   |   Domodossola
PROVA FINALE DEL 2° CONCORSO INTERNAZIONALE “PAOLA RUMINELLI”
PER FORMAZIONI CAMERISTICHE CON CHITARRA
INGRESSO LIBERO

Nelle Langhe di Cesare Pavese Passeggiata nel sito Unesco sulle tracce dello scrittore, nato 110 anni fa a Santo Stefano Belbo

Langhe iStock. © Ansa


SANTO STEFANO BELBO - "Oggi vedevi la grossa collina a conche, il ciuffo d’alberi, il bruno e il celeste, le case e dicevi: è com’è. Come deve essere. Ti basta questo. E’ un terreno perenne. Si può cercar altro? Passi su queste cose e le avvolgi e le vivi, come l’aria, come un bava di nuvole. Nessuno sa che è tutto qui". Nel marzo del 1947 Cesare Pavese affidava alle pagine del suo diario, che divenne il libro “Il mestiere di vivere", l’amore profondo per le Langhe piemontesi, la terra dove era nato 110 anni fa. Lo scrittore ambientò i suoi romanzi più cari tra le colline ricoperte di vigneti e gli antichi borghi arrampicati sulle alture della sua terra, tra le Langhe della provincia di Cuneo, dal 2014 patrimonio dell’Unesco.
Una passeggiata nei luoghi cari allo scrittore che testimoniò la bellezza e la forza del territorio delle Langhe non può che cominciare nel luogo natio, Santo Stefano Belbo. «Immagini primordiali … mi si sono dischiuse in questi luoghi, anzi in questo luogo, a un certo bivio dove c’è una gran casa, con un cancello rosso che stride, con un terrazzo dove ricadeva il verderame che si dava alla terra e io ne avevo sempre le ginocchia sporche ». Sono le parole di Pavese all’amica Fernanda Pivano che descrivono la cascina di San Sebastiano, dove era nato e che oggi ospita un museo a lui dedicato. Qui sono esposti oggetti semplici, tra cui il letto, la scrivania, alcune fotografie e le pipe mentre da una portafinestra lo sguardo spazia sulla valle del Belbo. Fuori dalla casa un sentiero erboso costeggiato da pini conduce alla Gaminella, panoramica collina descritta ne “La Luna e i falò” come uno dei luoghi più suggestivi della zona, una collina grande «come un pianeta», dalla cui cima si ammira l’universo pavesiano: i crinali, i “ciglioni”, la cascina della Mora, la palazzina del Nido e la collina del Salto.
Nel borgo di Santo Stefano, dominato da una torre medievale, locali, murales e targhe sui palazzi ricordano la figura letteraria di Cesare Pavese: nel cuore del borgo è nata la fondazione a lui dedicata che, per promuovere il territorio e divulgare l’opera di Pavese, ha creato percorsi turistici e culturali da fare individualmente grazie alla segnalazione di cartelli affissi per le strade e i palazzi del borgo oppure con visite, accompagnati da guide locali. Nel centro-studi della fondazione si ammirano esemplari autografi, una collezione di volumi a lui dedicati e manoscritti, tra cui “Dialoghi con Leucò” che contiene il suo ultimo messaggio prima del suicidio. Fanno parte della fondazione anche la chiesa dei santi Giacomo e Cristoforo, auditorium usato per le conferenze e le mostre, e la biblioteca civica. Le passeggiate organizzate tra i luoghi di Pavese includono anche la stazione, dove partivano e arrivavano i suoi personaggi, e la collina di Moncucco, protagonista della poesia”I mari del Sud”: «Mio cugino ha parlato stasera. Mi ha chiesto se salivo con lui: dalla vetta si scorge nelle notti serene il riflesso del faro lontano, di Torino». Le visite guidate arrivano anche fuori Santo Stefano e, precisamente, sulla strada per Canelli, dove sorge la casa museo di Nuto, la «finestra sul mondo», bottega artigiana di Pinolo Scaglione, detto “Nuto”, co-protagonista de “La luna e i Falò” e grande amico di Cesare Pavese, dove sono esposti numerosi oggetti in legno, opere e fotografie dello scrittore.
Costeggiando il torrente Belbo, si attraversa una piana circondata da lunghe file di pioppi fino a Cossano Belbo, dove, nel romanzo “La Luna e i Falò”, andarono ad abitare i genitori adottivi di Anguilla. Nel borgo, amato anche dallo scrittore Beppe Fenoglio, ci sono la fontana dello Scorrone, che Pavese chiama «Scarrone», e la panoramica chiesa della Madonna della Rovere, da dove si ammira tutta la vallata. 
Proseguendo verso sud si arriva a Castino «un paese sempre battuto da un vento frizzante e di là si vedono fumi lontani, piccini, nei vapori. Verso sera, specialmente, pare di essere in cielo». Dal borgo la vista sulla valle con il sinuoso profilo delle colline è ampia e piacevole. «Mentre andavo rimuginavo che non c’è niente di più bello di una vigna ben zappata, ben legata, con le foglie giuste e quell’odore della terra cotta dal sole d’agosto». Lo scriveva Cesare Pavese sempre ne “La Luna e i Falò”, narrando delle vigne, protagoniste delle Langhe, oggi da scoprire camminando tra i filari, pedalando in mountain bike su e giù per le colline, visitando borghi e castelli e riposandosi nei ristoranti e nelle vecchie osterie, degustando gli ottimi vini e gli strepitosi piatti del territorio.

Informazioni e prenotazioni delle visite: www.fondazionecesarepavese.it

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Il pranzo sotto l'ombrellone, ecco il galateo Consigli ed errori da evitare

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Una intera giornata al mare, vera passione estiva degli italiani, senza interromperla per pranzo, bensì consumandolo sotto l'ombrellone. Ma attenzione, anche il pranzo in spiaggia ha un suo galateo che, per non rischiare di diventare oggetto di ironia, va tenuto presente. 

Banditi piatti dagli odori troppo intensi, come uova sode e formaggi stagionati, lasciare meno tracce possibile, così da evitare di attirare insetti e creare disagio ai vicini di ombrellone. Vietati gli spettacoli di folklore con allestimenti vistosi, ingombranti e poco discreti, quindi bandite tende e costruzioni improvvisate d'emergenza, così come fornelli da campeggio, scaldavivande, zuppiere, tinozze. 

La dieta migliore in spiaggia? La suggerisce Michelangelo Giampietro, medico specialista e docente presso la Scuola dello Sport Coni Roma: "La soluzione è quella di consumare pasti con porzioni più piccole, preparati con cibi freschi e leggeri e fare spuntini più frequenti con frutta di stagione oppure centrifugati di frutta, verdura ed erbe aromatiche fresche particolarmente ricche di acqua, minerali e vitamine. A seguire una bresaola per mantenere la linea senza rinunciare al gusto".
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