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Parole in controluce sul tema del viaggio


di Gian Maria Annovi
SAGGI Da Anne Carson un testo che fonde critica e lirismo
Parole in controluce sul tema del viaggio
LIBRI: ANNE CARSON, ANTROPOLOGIA DELL'ACQUA, DONZELLI, PP. 165, EURO 24
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Nata in Canada nel 1950, Anne Carson è da tempo considerata tra le maggiori voci poetiche in lingua inglese. Nonostante alcune traduzioni poetiche siano comparse, soprattutto grazie a Antonella Anedda, su blog e riviste, in Italia Anne Carson è conosciuta dal grande pubblico solo per il romanzo Autobiografia del Rosso (Bompiani, 2000), che rifacendosi alla lontana ai miti greci (Carson è una raffinata latinista e grecista e ha insegnato in prestigiose università nordamericane) racconta le sofferte vicende di un mostro moderno, Gerione, giovane alato dalla pelle rosso fuoco. Se Bompiani non avesse eliminato dalla copertina il sottotitolo originale, anche i lettori italiani sarebbero avvertiti che questo libro stranissimo e splendido, considerato come una vera rivelazione letteraria da Susan Sontag e Alice Munro, è «un romanzo in versi»: un'opera di poesia.
Che poesia sia però un termine assai fluido nel caso di questa scrittrice, lo prova il bellissimo libro appena pubblicato da Donzelli nella sua collana di saggi: Antropologia dell'acqua, curato e tradotto dalle poetesse Antonella Anedda e Elisa Biagini e dall'italianista Emmanuela Tandello. Così come Autobiografia non è propriamente un romanzo, Antropologia dell'acqua - che costituisce solo la parte quinta della più ampia raccolta Plainwater: Essays and Poetry (Knopf, 1995) - non è davvero un saggio, tanto che la prima parte che lo compone, Tipi di acqua, pubblicato inizialmente nel 1987, venne poi inclusa in The Best American Poetry of 1990, attirando per la prima volta l'attenzione del pubblico americano.
Il fascino del lavoro di Anne Carson risiede proprio nell'eleganza e naturalezza con cui la sua scrittura, «felicemente inclassificabile», fonde lirismo e metodo critico, prosa diaristica e linguaggio accademico, incrostandosi come una conchiglia di materiali provenienti dalle fonti più disparate. È un'operazione che Carson conduce a freddo, come immersa nelle profondità del lago al centro dell'ultima sezione del volume, Margini d'acqua. Un saggio di mio fratello sul nuoto che, descrivendo il moto del fratello nuotatore, scomparso misteriosamente, traccia il confine liquido tra parola e assenza, tra respiro e apnea esistenziale.
Antropologia dell'acqua è una riflessione sui «fragili meccanismi che ci salvano dall'annegare», ma letto in controluce, quasi fosse stato scritto con pioggia su carta di riso, attraverso la decostruzione del tema classico del viaggio, si rivela anche un trattato postmoderno sull'amore: un'ordalia dell'acqua per la devozione filiale e amorosa. Così come l'antica cortigiana cinese Lady Cheng, una delle figure evocate nella seconda sezione, Solo per il brivido, Anne Carson si diverte a disegnare mappe di parole che resistono all'oggettività e pongono il lettore di fronte a continue domande sulle proprie convinzioni e percorsi mentali.
Da un lato troviamo il viaggio in macchina fino al confine occidentale estremo dell'America, dall'altro il pellegrinaggio a piedi verso Santiago di Compostela, che si conclude però simbolicamente a Finisterre, un tempo considerato la fine del mondo conosciuto. Anne Carson è interessata agli estremi e il suo mondo ha margini fatti d'acqua, dove la parola è flusso e il pensiero pozza: l'acqua - scrive - «è qualcosa che non si può trattenere. Come gli uomini». Antropologia dell'acqua è infatti poesia che si fa anche ricerca epistemologica dell'altro amoroso, qualcosa che - per chi lo incontra - proprio come un pellegrino, è sempre xenos, ospite e straniero allo stesso tempo.
Che anche il linguaggio viva il rischio di questa doppia condizione, lo rivela l'attenzione con cui Anne Carson descrive l'Alzheimer del padre, le cui parole, prive di riferimento alla realtà, sono come le mappe della cortigiana: tracciano cammini che solo qualcuno completamente perso nella propria solitudine può percorrere. Allo stesso tempo, proprio il liquefarsi della lingua paterna è ciò che la porta a ridefinire la propria identità femminile, a emanciparsi da modi espressivi che altrimenti non conoscerebbero il senso del fluire. Grazie alle attente traduzioni di Anedda, Biagini e Tandello, anche il pubblico italiano può ora lasciarsi sommergere dalla lingua di questa scrittrice straordinaria.

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