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Cannoli siciliani, tra leggende e differenze

cannoli siciliani
Delizia per il palato, meraviglia per gli occhi: siamo davanti a uno dei dolci più buoni e famosi in assoluto, che caratterizza non soltanto la sua regione di appartenenza, ma anche tutta l'Italia. Osannati dagli autoctoni, amati dagli italiani, apprezzati anche da tutti i turisti che li trovano in qualunque città italiana. Parliamo dei cannoli siciliani, un'esplosione di gusto non solo per il loro sapore, ma anche per la loro morbidezza all'interno e per la loro croccantezza all'esterno. Tale specialità, non è un caso, è stata ufficialmente riconosciuta e inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf).
 
La storia del dolce - Le origini non sono certe, ma dovrebbero essere romane o saracene. Pare che inizialmente sia stato inventato per festeggiare il Carnevale: il suo nome, infatti, fa riferimento alle canne di fiume cui veniva arrotolata fino a pochi decenni fa la cialda durante la sua preparazione. Lo scherzo sarebbe quello di far uscire  crema invece dell’acqua. La conferma verrebbe anche dall'etimologia del nome: cannolo, infatti, è un termine dialettale che indica una sorta di rubinetto. Passando alle fonti storiche, la descrizione più antica della delizia siciliana risale al duca Alberto Denti di Pirajno che nel suo libro Siciliani a tavola scrive: "Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus". Ossia tubo farinaceo ripieno di un dolcissimo cibo a base di latte. Secondo Pirajno la definizione è attribuibile a Cicerone (questore di Lilybeo, l'odierna Marsala, fra il 76 e il 75 a.C.). Quello descritto, quindi, potrebbe essere l'antenato dell'attuale cannolo. Ma come questo si è evoluto sino ai  giorni nostri?

 
La tradizione - Secondo Pino Correnti, nel suo Libro d'oro della cucina e dei vini della Sicilia, il cannolo sarebbe stato inventato (o "aggiornato") dalle suore di clausura di un convento nei pressi di Caltanissetta (in arabo “Kalt El nissa”, ovvero “Castello delle donne”), partendo dall'antica ricetta romana (quella sopra citata), poi elaborata dagli arabi.  C'è chi racconta un'altra versione con un'altra "piccola" variante: le inventrici di questo dolce non furono suore, bensì le donne degli harem degli emiri saraceni. Quindi il cannolo sarebbe stato creato per loro, come un omaggio ai propri uomini, realizzato e preparato durante le loro lunghe assenze. 
 
Insomma, la tradizione sembra avere due varianti, forse accomunate da questa spiegazione: l’arrivo dei Normanni avrebbe fatto svuotare gli harem e la popolazione si sarebbe poi convertita al Cristianesimo. Quindi tale tradizione culinaria venne perseguita nei conventi della città. Ipotesi che spiegherebbe perché prima abbiamo parlato di "suore cuoche". Nulla di certo, però. Una cosa è, invece, sicura: sebbene la ricetta "moderna" sia nata a Caltanissetta, la sua notorietà nazionale si deve ai pasticceri di Palermo e di Messina. I primi hanno contribuito a stabilizzarne la ricetta, i secondi hanno inventato la variante con crema scura di ricotta e cioccolato. 
 
Le differenze - La ricetta tradizionale del cannolo siciliano è a base di crema di ricotta di pecora, morbida e vellutata. C'è però qualche piccola differenza nella decorazione che distingue la versione palermitana da quella catanese: nella prima vi sono filetti di scorza d’arancia candita, nella seconda pistacchi tritati di Bronte. Qualcuno parla anche di una differente composizione della ricotta stessa: più burrosa e morbida nel palermitano per via della differente alimentazione dei pascoli. 
turismo.it

Colombe pasquali, arriva il vademecum della qualità dolciaria

(ANSA) - ROMA, 30 MAR - Arriva il vademecum per scegliere una colomba di qualità in prossimità delle festività pasquali. A proporlo è l'osservatorio dei Consumi di QualeScegliere.it, sito che recensisce prodotti e servizi. Lo studio è stato realizzato facendo una comparazione di diversi prodotti della grande distribuzione tra dolci di aziende note, a marchio supermercato e discount e sulla base del decreto ministeriale del 22/07/2005 che regolamenta gli ingredienti da utilizzare per la preparazione del dolce. Il prezzo delle colombe industriali analizzate è andato da 3,29 euro al kg fino a circa 12 euro. Per le analisi sulle colombe artigianali si è partiti da 25 euro al kg, "prezzo dettato - spiegano i ricercatori - dagli ingredienti utilizzati, manodopera, tempi e cura di lavorazione che spostano il valore di mercato su cifre completamente diverse da quelle industriali". Tra le raccomandazioni della ricerca c'è, oltre al controllo del rispetto dei requisiti del decreto ministeriale, quella di leggere l'etichetta per valutare la lista degli ingredienti, la consistenza della colomba, il processo di lievitazione e la qualità della crosta. Tra i consigli per l'acquisto risulta esserci inoltre la raccomandazione di non considerare il prezzo finale in sé come indicatore della qualità di una colomba perché in genere subisce variazioni legate alle offerte dei vari punti vendita. Infine gli esperti fanno presente che non sempre le colombe prodotte da marchi noti sono migliori rispetto a quelle da supermercato visto che per entrambi non viene specificata la percentuale di materia grassa butirrica, nonostante nel decreto si specifichi che non dovrebbe essere inferiore al 16% degli ingredienti.