Dalla Sicilia alle Alpi, a spasso per l'Italia Araba. Da Palermo a Torino, una guida attraverso i secoli e le piazze

di Daniela Giammusso

Dalla Sicilia alle Alpi, passando per la costa amalfitana e le spiagge dell'Adriatico. C'è un'altra Italia, a volte dimenticata o nascosta dietro l'imponenza delle cupole del Rinascimento e delle facciate barocche. E' un'Italia che arriva dal mare, fatta di architetture e opere d'arte, ma anche di commerci, mercanti, spezie, tessuti, ricette, eroi e tradizioni.

    E' ''L'Italia Araba'' che lo storico medievalista Alessandro Vanoli esplora, città dopo città, in un piccolo volume edito da Mulino per la serie ''Ritrovare l'Italia''.

    Una sorta di guida, attraverso i secoli oltre che per piazze e strade, che prende il via dalla seconda metà del VII secolo, quando al largo delle nostre coste apparvero le prime navi more e saracene. La Sicilia, per ben due secoli, dall'827, sarebbe stata un'isola mussulmana, con l'arabo lingua ufficiale, hammam e grandi jami'a (la moschea principale) a popolare le città.

    Non poteva quindi che partire da Palermo il viaggio di Vanoli, sebbene ''quella'' Palermo non sia più così immediatamente rintracciabile. Parte della città di oggi al tempo era sommersa dal mare e non esisteva, ad esempio, il mercato della Vucciria. Ma certe atmosfere rimangono impresse in maniera indelebile, ad esempio in quel lembo di terra che ancora porta il suo nome arabo, la Kalsa. O nel dedalo di vicoli e stradine che arriva alla Cattedrale, costruita lì dove un tempo sorgeva la grande Moschea da 7 mila persone. E proprio su una delle colonne del portico, realizzate con materiale di recupero, eccola l'Italia Araba incisa in bella vista su un cartiglio con un breve passo in arabo del Corano. E che dire di San Giovanni degli Eremiti con le sue cupole rosse? Quando fu costruita, nel 1132, gli arabi non governavano più la Sicilia da un secolo, ma gli odori, i suoni, gli stili e soprattutto le maestranze mussulmane erano ancora tutte lì, al lavoro, in un città dove le cose non scompaiono. Semmai si sommano.
    Ma non solo Sicilia. Guida alla mano, l'Italia araba si ritrova ancora nel campanile dell'Arsenale di Amalfi, con i suoi archi e maioliche a mosaico (motivo che torna anche nel Duomo di Gaeta e in quello di Caserta), o nei tanti hammam sparsi in Costiera. E poi a Bari, che, non molti sanno, fu un emirato, salendo su per le Torri che, anche prima degli Arabi, servivano a difendere la costa dell'Adriatico. Fino a Venezia, per secoli culla del commercio e crocevia di popoli e tradizioni. Ecco allora Campo dei Mori e i quattro volti levantini con turbante; Ca' Zen con i suoi bassorilievi affollati di cammelli e palmeti; le architetture di Palazzo Ducale; e tutto il mondo arabo che ancora colora finestre e calli su Canal Grande o che si può ammirare comodamente seduti a un caffè in Piazza S. Marco.

    Roma tanti mussulmani li convertì (quando non li rese schiavi), come gli spagnoli di Santa Maria del Popolo o il leggendario Leone l'Africano. E anche a Bologna l'Arabia, più che sulle facciate, si ritrova in un convergere di libri e cultura. Ma tra Toscana ed Emilia, ci si può perdere tra la Livorno islamica del monumento dei Quattro mori; i mille decori moreschi del castello di Sammezzano, a Leccio; la Rocchetta di Grizzana Morandi dove Cesare Mattei volle il Cortile dei leoni, con gli archi che sembrano rubati alla moschea di Cordoba e, quasi a benedizione, la scritta in arabo ''wa la ghalib ila Allah (''non c'è vittorioso se non Dio)''. Fino a Torino, il salotto barocco d'Italia con le Alpi innevate a far da sfondo, oggi ''casa'' per la ''nuova'' Italia araba, quella arrivata dagli anni '70-'80, che vive sui banchi del mercato di Piazza della Repubblica, nelle macellerie o nei negozi di tessuti di Corso Giulio Cesare e nelle loro doppie insegne, scritte sia in italiano che in arabo. E nella grande Moschea della pace, una delle 769 censite nel nostro paese nel 2010. E' il simbolo della trasformazione, nuovamente, in atto, nel nostro paese. ''Ma questo - consiglia Vanoli - non è più un viaggio che si possa fare da spettatori, con lo stupore del turista. Questo è un viaggio che comincia nei negozi alla mattina, che prosegue sui banchi di scuola e continua in ogni luogo di lavoro della nostra penisola. Perché - conclude - piaccia o non piaccia, l'Italia araba siamo noi''.
   
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