Il lago di Pilato tra misteri e paesaggi da sogno

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Luogo di misteri e di leggende, il lago di Pilato è anche uno dei siti più peculiari ed affascinanti dei Monti Sibillini. Noto anche come “il lago con gli occhiali”, per via della sua particolare forma con invasi complementari e comunicanti nei periodi maggiore portata, questo bacino è l'unico lago naturale delle Marche nonché uno dei pochi laghi glaciali di tipo alpino presenti sull'arco appenninico. Le sue origini sono legate alla formazione di uno sbarramento creato dai resti di una morena di epoca glaciale e la sua posizione scenografica all'ombra del Monte Vettore, in una vallata stretta, chiusa tra pareti verticali impervie, lo rende una delle mete più suggestive degli itinerari alla scoperta dei Monti Sibillini.

Situato ad un solo chilometro dal confine con l'Umbria a 1.941 metri di altitudine, il bacino colpisce immediatamente per la bellezza degli scenari in cui è incastonato. Misura circa 900 metri in lunghezza e 130 in larghezza ed ha un profondità di 8-9 metri. Non presenta immissari visibili, ma sul fondo sono stati rilevati degli inghiottitoi che, attraverso canali carsici sotterranei, possono essere relazionati alle sorgenti del fiume Aso. E', comunque, prevalentemente alimentato dalle precipitazioni e dallo scioglimento delle nevi che ne ricoprono la superficie sino in estate. Alcuni nevai, infatti, sopravvivono, talvolta, anche fino ad agosto, nonostante l'altitudine del Monte Vettore non sia particolarmente elevata.

A catturare l'attenzione dei visitatori che si trovano al suo cospetto, oltre alla bellezza del contesto paesaggistico, sono le leggende che, nel corso del tempo, si sono create attorno al lago di Pilato che lo hanno reso un luogo carico di mistero. Una di esse è legata proprio al suo nome. Si narra, infatti, che nelle sue acque fosse precipitato il corpo di Ponzio Pilato al quale Tiberio aveva inflitto la pena di morte con la condanna a non ricevere sepoltura. Le spoglie, avvolte in un sacco, vennero sistemate su un carro di bufali senza conducente. Secondo la leggenda, durante la corsa il corpo precipitò nel lago dalla Cima del Redentore. Per questo motivo il bacino prese il nome delle spoglie che custodiva e divenne oggetto di credenze che lo volevano dimora di streghe e negromanti. Nel XIII secolo, dunque, muri a secco vennero eretti lungo le sponde per evitare l'accesso alle acque, mentre una forca venne posta all'ingresso della valle come monito a non proseguire.

Ma c'è un altro mistero legato al bel lago marchigiano. Il Museo della Grotta della Sibilla di Montemonaco, infatti, custodisce una strana pietra scura con incise delle lettere misteriose rinvenuta proprio nei pressi del lago. Secondo la leggenda il bacino non sarebbe altro che il Lago Averno, porta d'accesso al mondo degli Inferi. Alle sue numerose “identità”, infine, si aggiunge quella di lago della Sibilla, nome con cui erano noto nell'antichità, come testimonierebbe una sentenza di assoluzione emessa dal Giudice della Marca Anconitana De Guardaris nel 1452, a favore della comunità di Montemonaco, per aver accompagnato cavalieri stranieri a consacrare libri magici “ad Lacum Sibillae”.

Ben più reale e tangibile è, invece, il prezioso patrimonio naturalistico che custodisce il lago. Nelle sue acque risiede, infatti, il Chirocefalo del Marchesoni, un singolare crostaceo endemico di colore rosso e di piccole dimensioni che ha la peculiarità di nuotare con il ventre rivolto all'insù. Nei pressi del bacino, inoltre, si aggira anche un particolare coleottero acquatico di origine boreo-alpina. Viene chiamato ditiscide, è molto piccolo e di colore nero. Per tentare di avvistarli non resta, dunque, che concedersi un piacevole trekking montano alla volta di questo magnifico lago alpino nel cuore dell'Appennino.

turismo.it

segnalazione web di Giuseppe Serrone Turismo Culturale

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