È stato presentato oggi a Napoli il restauro della facciata della chiesa del Gesù Nuovo. Promosso dai Gesuiti (Provincia euro-mediterranea della Compagnia di Gesù), l'intervento restituisce un’opera iconica del tessuto partenopeo. Gli interventi hanno interessato il bugnato (unico esempio in città), gli elementi marmorei del fregio e dei finestroni. I lavori si sono resi necessari in seguito alla caduta di calcinacci e di una parte del finestrone principale, avvenuta il 15 dicembre 2017. Durati un anno e curati dalla Soprintendenza, hanno interessato un prospetto di dimensioni monumentali, lungo circa 56 metri e alto 31 metri. Nella chiesa del Gesù Nuovo è tra l'altro sepolto san Giuseppe Moscati.
I restauri hanno riscoperto le tonalità originarie del piperno con cui è realizzato il bugnato, che precede la chiesa stessa: «Da oggi – ha spiegato il teologo gesuita padre Jean-Paul Hernandez – può essere ammirato così come le potevano vedere i loro costruttori nel 1470. Infatti, all’origine, questa era la facciata del palazzo nobiliare che i principi Sanseverino di Salerno fecero costruire in un luogo di Napoli da dove potevano, a quei tempi, facilmente osservare il porto. In una lapide conservata sulla sinistra della facciata compare anche il nome dell’architetto: Novello di San Lucano. I Gesuiti hanno deciso di conservare il bugnato e la struttura, aggiungendo le parti in marmo bianco, che simboleggiano i due angeli che si trovavano all'interno del tempio di Gerusalemme. È come dire che chi entra in questa chiesa può fare un'esperienza simile a quella che si faceva nei racconti biblici».
La forma piramidale del bugnato e l'aspetto insolito della facciata hanno stimolato la fantasia della popolazione e la nascita di interpretazioni leggendarie. In particolare è stato pensato che la facciata fosse legata a un messaggio segreto che, secondo la leggenda partenopea, è "scritto" nei simboli misteriosi incisi in alcune delle pietre che lo compongono. «In realtà - precisa Hernandez - il bugnato è un modo simbolico di voler raccogliere tutta l'energia solare, come accade con le piramidi. Qualcuno ha pensato che qui avessimo una sorta di messaggio esoterico, ma molto probabilmente sono solo i segni degli scalpellini lasciati dalle diverse maestranze».
Franco Beneduce, vescovo ausiliare di Napoli, ha ribadito la «volontà della Compagnia di Gesù di recuperare un simbolo per la città e per la Chiesa tutta e di restituire bellezza ad un luogo in cui ci si prende cura del prossimo».
L'ingegnere Gianfrancesco Bidello, che ha curato il restauro, ha spiegato che «si tratta di un intervento di notevole difficoltà su una struttura sulla quale non si operava da circa 40 anni». Si è dovuto anche porre rimedio a interventi precedenti sul bugnato non eseguiti correttamente. «Abbiamo eliminato gli strati di lavorazione e di tinteggiatura - racconta Bidello - dove abbiamo trovato tracce di una resina acrilica, il paraloid, oltre a incrostazioni, dovute ad agenti atmosferici e al traffico». Oggi la piazza non è più accessibile alle auto.
avvenire.it
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