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Restauri. Al via gli interventi sui mosaici della cupola del Battistero di Firenze

I lavori, che intendono recuperare l'adesione dei dieci milioni di tessere alla volta, arrestare i fenomeni di degrado e ridare luce ai colori, dureranno in totale sei anni 

 I lavori di restauro dei mosaici della cupola del Battistero di Firenze - Ansa/Opera di Santa Maria del Fiore

Al via, dopo oltre un secolo dall'ultimo intervento, il restauro degli oltre mille metri quadrati di mosaici policromi su fondo oro della cupola del Battistero di Firenze. I lavori, che intendono recuperare l'adesione delle dei dieci di tessere alla volta, arrestare i fenomeni di degrado e ridare luce ai colori, dureranno in totale sei anni. Per poter restaurare la volta musiva del Battistero, è stato necessario progettare e realizzare un cantiere tecnologicamente innovativo, in grado di rendere accessibile l'intera superficie musiva della volta, ma allo stesso tempo lasciando visibili ai visitatori le pareti e la scarsella. Per ottenere questo risultato è stato realizzato un ponteggio a forma di fungo (altezza 31,50 m e diametro 25,50) che si sviluppa su una superficie di 618 mq calpestabili nella parte alta, a fronte di una superficie occupata a terra di soli 63 mq. In occasione del cantiere, per la prima volta sarà possibile per il pubblico vedere da vicino i mosaici della cupola: le visite avranno inizio il 24 febbraio, prenotandosi sul sito dell'Opera.
I mosaici duecenteschi della cupola della Battistero, realizzati su disegni preparatori di artisti quali Cimabue e Coppo di Marcovaldo, rappresentano il Giudizio finale, ma anche le storie della Genesi, di Giuseppe ebreo, di Cristo e del Battista. Il cantiere e l'intervento di restauro sono commissionati e finanziati dall'Opera di Santa Maria del Fiore in accordo con l'Arcidiocesi di Firenze, sotto l'alta sorveglianza della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per Firenze, Prato e Pistoia. L'Opera, è stato ricordato, a partire dal 2014 ha restaurato prima l'esterno del monumento e poi le parti interne con mosaici, finanziando i lavori con 4,6 milioni. Altrettanti li investirà per il restauro dei mosaici della cupola, per un totale di 10 milioni.
Si ipotizza che l'intervento di restauro sulla cupola dovrà affrontare una situazione che presenta: una superficie di 344 mq di mosaico antico, allettato su malta originale, probabilmente in fase di distacco; 567 mq di superfici di mosaico staccate e riallettate su malta cementizia dall'Opificio delle Pietre dure; 128 mq di superfici cadute e trattate a intonaco decorato nell'intervento del 1820 - 1823 e poi rifatte a mosaico nell'ultimo restauro. In questi giorni prenderanno avvio le indagini diagnostiche per verificare i distacchi o le decoesioni ma anche per definire il degrado delle tessere, la composizione e lo stato di salute dei diversi materiali.
"Ci dovremo confrontare con supporti differenti tra il cemento, le malte originali e il mastice - ha spiegato Beatrice Agostini, responsabile restauri dell'Opera di Santa Maria del Fiore - oltre al fatto che sono stati risolti solo nell'ultimo restauro delle pareti esterne i problemi di infiltrazione che facevano bagnare proprio le malte e hanno provocato nei corsi dei secoli molti problemi ai mosaici". Alla presentazione del restauro erano presenti anche Luca Bagnoli, presidente dell'Opera, l'arcivescovo di Firenze, Cardinale Giuseppe Betori e Samuele Caciagli, responsabile dei lavori dell'Opera.

Avvenire

Mosaici e terme vista mare, il lusso di Publius Annius. Agrigento, dopo anni riapre al pubblico favolosa villa del IIsec

 

(di Silvia Lambertucci) (ANSA) - AGRIGENTO, 24 LUG - Per chi si avvicinava dal mare, gli archi monumentali e le colonne svettanti della sua facciata dovevano incutere una certa soggezione. Una casa imponente, colorata e lussuosa come le piscine delle sue terme vista mare e le terrazze che arrivavano fino alla spiaggia, in una delle insenature più belle della Sicilia meridionale, a pochi chilometri da Agrigento, un passo dalla Scala dei Turchi.
    Oggetto di un attento restauro dopo i lunghi anni di degrado seguiti agli scavi, riapre al pubblico con la guida degli archeologi di coop culture la spettacolare villa marina di Publius Annius, ricco esponente di una famiglia di imprenditori dello zolfo nei primi secoli dell'età imperiale. Una villa che fu enorme e opulenta, come si conveniva a un uomo del suo rango, agiato al punto da farsi produrre i coppi per il tetto stampati con il monogramma delle sue iniziali.

Con una zona residenziale articolata attorno ad una grande corte quadrata, circondata da un peristilio colorato, il rosso delle colonne in contrasto con il nero del muretto che gli correva sotto.

E poi saloni per il ricevimento e stanze per il riposo dove i pavimenti fatti di intarsi di marmi colorati si alternano ad altri in mosaico bianco e nero, secondo lo stile della tradizione italica, quello più alla moda in quella fase dell'impero, forse non a caso proprio lo stesso stile e gli stessi temi usati da Antonino Pio a Ostia per le Terme di Nettuno.
    Frutto di una scoperta casuale avvenuta nel 1907 durante gli scavi per la ferrovia che doveva collegare Porto Empedocle a Siculiana, la villa, che è vicina all'abitato di Realmonte, è stata riportata alla luce a partire dal 1908 dal soprintendente Antonio Solinas. Una scoperta che fece scalpore, tanto che il tracciato ferroviario fu subito spostato. Gli scavi però si fermarono presto, ripresi solo tra il 1979 e il 1983, con gli archeologi dell'università giapponese di Tsukuba guidati da Masanori Aoyagi. Dopo quell'epoca anni di degrado, fino agli interventi dei primi del duemila e ai restauri di oggi che hanno messo in sicurezza e stanno facendo risplendere quello che ne resta: soprattutto i favolosi pavimenti, sui quali ancora si sta lavorando tanto che i visitatori saranno accompagnati alla scoperta del cantiere in attività. E poi gli ambienti e le vasche dei due impianti termali (uomini e donne separati secondo i dettami dell'epoca antoniniana) con i loro incredibili spogliatoi (apodyteria) dove i mosaici sembrano raggiungere il culmine della raffinatezza, da una parte un Nettuno coloratissimo in piedi sopra un ippocampo il braccio teso che impugna il tridente mentre sotto di lui si rincorrono eleganti delfini, dall'altra Scilla tutta in rosa che brandisce un timone con le braccia alzate circondata da neri mostri marini. Quasi nulla rimane invece delle decorazioni parietali che pure dovevano essere di gran pregio.

Pochissime pure le pubblicazioni. Antonella Polito e Gaetano Tripodi firmano oggi uno studio, pubblicato da Regione Sicilia, assessorato alla cultura e soprintendenza ai beni culturali di Agrigento, che mette insieme tutte le conoscenze sul sito e ricostruisce la storia della casa, oggi di pertinenza del Parco della Valle dei Templi e del suo direttore Roberto Sciarratta: una parabola tanto affascinante quanto breve, visto che la ricca dimora, costruita nella prima metà del II secolo dopo Cristo, era probabilmente in disuso già nel secolo successivo. Ne viene fuori che il padrone di casa era forse l'esponente della seconda generazione di una famiglia di concessionari di miniere di zolfo, il minerale che aveva reso ricca l'antica cittadina mercantile di Agrigento. Un incarico di prestigio, il suo, che veniva direttamente dall'imperatore, proprietario delle miniere.

 Il legame con Roma era sottolineato del resto anche dall'appartenenza della famiglia alla tribù dei Voturi, che si estendeva sulla riva sinistra del Tevere e nel territorio di Ostia. Gli Annii erano insomma agiati imprenditori italici, grati ad Augusto che aveva offerto loro la concessione (e di questo c'è la prova in una iscrizione trovata vicino agli edifici pubblici dell'antica Agrigento romana). La bella casa sul mare di Publius doveva stupire e raccontare tutto questo.
    Una meraviglia che ora si può tornare a scoprire. (ANSA).