Aosta. Che impressione i pittori tedeschi

Fino al 25 ottobre, al Museo archeologico una mostra sugli sviluppi germanici della corrente fondata da Monet & C. Ma è ora o di rimettere in discussione le categorie e gli stereotipi critici

Ulrich Hübner, “Travemünde I” (1920)
Avvenire

Le due parentesi entro le quali leggere l’interpretazione che da un secolo ruota attorno alla superiorità della pittura francese dell’Ottocento rispetto a quanto si è visto in Europa e oltre tra gli ultimi decenni del XIX secolo e i primi del XX, potrebbero essere rappresentate - per rimanere alla critica italiana - da Roberto Longhi e Federico Zeri. Il primo non aveva dubbi che nessun macchiaiolo potesse competere con i grandi dell’impressionismo francese, da cui anche il 'Buonanotte, signor Fattori'; al contrario, il suo discepolo eretico, Zeri, invece era straconvinto che la nostra pittura di quell’epoca non avesse quasi nulla da invidiare ai francesi e fu uno dei promotori più assidui della riscoperta dell’Ottocento italiano (e non solo: ricordo che nel 1998, pochi mesi prima di andarsene, durante un breve soggiorno a Mentana mi decantò, per esempio, la grandezza paritaria di Alma-Tadema). In questi ultimi decenni il mercato dell’Ottocento italiano è molto cresciuto, anche se non ha raggiunto le vette quasi idolatriche dell’impressionismo francese. È inutile girarci attorno: i francesi aprirono una strada, ma furono anche quelli che la percorsero fino in fondo rimanendo primatisti del genere. Si può dunque parlare di "impressionismo tedesco" come titola la mostra in corso ad Aosta, nel Museo Archeologico Regionale? Fino a un certo punto. In ogni caso, non ci si deve nascondere che il titolo ha un valore di marketing: l’impressionismo, come sappiamo, è un volano formidabile per attirare pubblico, se poi si aggiunge l’aggettivo "tedesco", si promettono nuove scoperte a chi voglia recarsi al museo per vedere questa mostra curata da Daria Jorioz. E qui si pone la seconda ragione della mostra: praticamente sono state spostate in blocco settantadue opere del Landesmuseum di Hannover. Confesso che se da un lato m’intrigava il titolo, dall’altro ero molto perplesso nell’apprendere dagli apparati della comunicazione che si trattava dell’ennesimo tentativo di spacciare per mostra di studio ciò che invece è frutto di un accordo fra musei - di cui non voglio sindacare i motivi -, secondo uno schema che dura da vent’anni e più, ed è diventato un costume a mio parere molto discutibile. Milano, nella fattispecie Palazzo Reale, propone da tempo mostre a ripetizione nate dallo schema del prestito museale complessivo.

Mi soffermerò, dunque, soltanto sull’evocazione intrigante del titolo e sul tentativo, non so se claudicante ma certamente poco probatorio, di dimostrarlo con le opere. La curatrice, che è anche direttrice del Museo, ha subito messo in chiaro che l’espressione "impressionismo tedesco" è una categorizzazione cara alla parte germaanica, ma si tratta di una scelta che lei stessa condivide, e lo motiva - anche in catalogo (Silvana editoriale) - chiamando in causa, per così dire, un orizzonte più vasto che dovrebbe illuminare una rete planetaria dove il fenomeno dell’impressionismo si confermi come il primo movimento artistico internazionale, quindi non soltanto europeo, ma anche russo, americano, canadese... Idea che riapre un dibattito interminabile, ma che si potrebbe riassumere con una domanda paradossale: 'E se l’impressionismo fosse solo un’astrazione e come poetica pittorica non esistesse affatto?'. Anche la curatrice della mostra ricorda che il termine ebbe una origine negativa: fu partorito dalla penna di un giornalista francese davanti al quadro di Monet Impression, soleil levant (1872) oggi visibile come "feticcio" del Museo Marmottan di Parigi. Si potrebbe dire, dunque, che l’impressionismo sia nato da un quadro dipinto all’alba, che rappresenta il porto di Le Havre avvolto in una nebbiolina di quelle che, nel Nord della Francia, rendono il paesaggio struggente e fascinoso. In realtà, Monet e Pissarro erano emigrati a Londra mentre infuriava la guerra franco-prussiana, e lì fra Turner, le prime nebbie londinesi dipinte da Whistler e la scoperta decisiva che le ombre proiettate sulla neve riverberavano sulla superficie "impressioni" colorate, tornarono a Parigi a guerra finita rielaborando le loro intuizioni.

Certamente l’en plein air è una delle connotazioni fondamentali di ciò che chiamiamo impressionismo, ma in quell’intorno d’epoca, anche fuori dalla Francia, altri sentivano il bisogno di lasciare lo spazio chiuso dell’atelier per aprirsi al nuovo verbo di un rapporto con la natura da tradurre in valori pittorici. Basta questo per dire che l’impressionismo ha diffuso ovunque il suo modus operandi? Daria Jorioz cita, fra le teste di serie francesi, Monet, Pissarro, Renoir, Manet (che non si considerava affatto un impressionista, nonostante il Déjeuner), Sisley e... Degas. Ma quest’ultimo ha rifiutato l’impressionismo come categoria e come appartenenza, per lui la pittura era arte di convenzione e la risolveva solo nel suo atelier, che aveva i vetri annebbiati dallo sporco perché il pittore non amava gli effetti della luce diretta (e a proposito degli artisti che dipingevano all’aperto e alla moda dell’en plein air, disse che c’erano troppe correnti d’aria nell’impressionismo). Degas, ma anche Manet, sono i principali esponenti di una discontinuità rispetto all’impressionismo.

La studiosa evoca, tra i critici italiani, Renato Barilli, il quale diciotto anni fa curò a Brescia proprio una mostra sull’"impressionismo italiano". E dieci anni prima, cogliendo il vento di rilancio dell’Ottocento sul versante mercantile (ma anche come riscoperta di un orgoglio pittorico italico), aveva allestito una retrospettiva sui nostri pittori che operarono nella prima metà del XIX secolo. È evidente che se si vuole sostenere qualche consentaneità coi francesi sarebbe forse più opportuno cercarla fra gli scapigliati - e il loro precursore, il grandissimo Giovanni Carnovali più noto come Piccio - anziché fra i macchiaioli (la verifica si potrà fare di nuovo fra poco vedendo la mostra che si aprirà a Padova, a Palazzo Zabarella, sul gruppo toscano). Ma il vento della critica segue le mode proficue. Non a caso, nel 2013, l’Orangerie di Parigi allestì, con uno staff di curatori quasi esclusivamente italiano, la mostra: Les Macchiaioli 1850-1874: des impressionnistes italiens? La risposta al punto interrogativo poteva essere del tutto paradossale: certo, però a patto che ammettiamo tutti che l’impressionismo non esiste. Esiste tuttavia un modo di dipingere, che magari si avvale dell’esperienza nella natura - ma il ciclo delle Ninfee dipinto da Monet a Girverny va ben oltre qualsiasi ipotesi impressionista, poiché sarebbe facile collegarlo con le visioni alchemiche di qualche esoterico cultore dei segreti del cosmo e delle forze oscure dell’universo (comprese quelle della bellezza, della luce - materia ineffabile - e della simbiosi fra pittura e natura, che non determina una poetica naturalistica, ma esattamente il contrario: la visionarietà).

E qui, concludendo, torniamo alla mostra, la cui struttura è tripartita: pionieri del paesaggismo tedesco; focus sui tre maggiori "impressionisti tedeschi" (Liebermann, Slevogt e Corinth); infine i discepoli e gli epigoni di questa poetica. Manca, a mio modo di vedere, qualche esempio che documenti meglio i precedenti nel realismo tedesco. La prima sezione, dove è esposto un bellissimo paesaggio di Anselm Feuerbach che raffigura la Manneporte presso Etretat del 1860, per quanto lo si voglia considerare "tradizionale" rispetto all’idea impressionista, è tuttavia un frutto distillato di esperienza e costruzione mentale che non ha nulla di anacronistico per l’epoca (certo sarebbe stato molto diverso se accanto a quadro di Feuerbach ci fosse stato quello di Monet, con lo stesso soggetto, conservato al Museo D’Orsay); splendidi anche i due piccoli paesaggi di Blechen e Bromels che hanno per tema le rocce di Tiberio a Capri e le paludi Pontine; la prima apertura al tema si ha con un dipinto di Hans Thoma (1891), dove l’impressionismo è come suggerito dal movimento del viandante che sembra salire verso il cielo, ma il modo impressionista è dato piuttosto dalla forma del banco di nuvole all’orizzonte. Un discorso a parte meriterebbero le opere grafiche di Liebermann e di Corinth, ma riguardo alla pittura di quest’ultimo è più difficile parlare di impressionismo solo per il modo di operare del pennello che destruttura le forme: il ritratto femminile intitolato Rococò - dove è evidente che il titolo ha trasferito la propria sostanza dall’intaglio della cornice alla divertente connotazione pittorica del personaggio - ci dice che il rococò è ormai un tema più dell’umano che del gusto estetico. Il gruppo di paesaggi più interessante dipinto da Liebermann è del 1915, cioè molto avanti per ricadere nell’impressionismo (rispetto al quale, del resto, sembrano assai autonomi).

Gli altri autori - segnalo un piccolo paesaggio di barche nel porto di Travemünde (Lubecca) di Ulrich Hübner (1920) - non seguono affatto la lezione francese, se non in senso lato, e questo ripropone la questione di fondo che presiede alla mostra: non esiste un impressionismo internazionale, esistono declinazioni nazionali e personali di un nuovo modo di mettere in rapporto la natura, la modernità e la pittura. Per cui l’unica mostra oggi auspicabile sarebbe quella che decostruisca l’impressionismo fino alla sua negazione, ovvero nelle dissonanze, personali e nazionali, e ricomponga i pezzi del mosaico in una nuova rivelazione del modo di vedere il mondo in Europa e oltre in un’epoca che va dal 1870 al 1915. Il resto è la facile moltiplicazioni di uno stereotipo fortunato, ma sempre meno consistente.

La mostra. Robert Breer: film come musica, sculture come coreografie

La Fondazione Antonio Dalle Nogare, a Bolzano, propone la prima retrospettiva in Italia sull'artista americano, per il quale il movimento è tutto


La mostra di Robert Breer alla Fondazione Antonio Dalle Nogare, Bolzano - Fondazione Antonio Dalle Nogare
Avvenire

Sembrano versioni in miniatura del “panettone” di Enzo Mari ma i Floats di Robert Breer sono esattamente l’opposto del paracarro di cemento (creato dal designer dieci anni dopo). Come piccoli animaletti queste sculture si muovono seguendo orbite imprevedibili, urtandosi e riprendendo il loro cammino. Nella sua versione gigante l’Osaka, creato per una installazione nel padiglione americano all’Expo del 1970, è un oggetto ingombrante, misterioso e impacciato, una specie di ordigno alieno da B-movie. L’elemento ludico ricorre nei lavori dell’artista americano, considerato tra i pionieri delle tecniche di animazione cinematografica, a cui la Fondazione Dalle Nogare a Bolzano dedica la prima retrospettiva in una istituzione italiana.

La mostra, a cura di Vincenzo de Bellis e Micola Brambilla e aperta fino al 5 gennaio, raccoglie un’ampia selezione di dipinti, film sperimentali e sculture realizzati dai primi anni 50 fino al 2011, anno della scomparsa. Figlio di un importante ingegnere della Chrysler, Breer si accosta alla pittura astratta per poi dedicarsi all’animazione, sviluppando presto una tecnica di montaggio serratissimo che bombarda lo spettatore di immagini. Presto, all’inizio con l’aiuto di Jean Tinguely, avvia la produzione di oggetti dotati di meccanismi, prima messi in moto dallo spettatore e poi autonomi: questi ultimi possono assumere molte forme, dal “porcospino” al ”tamburo, dalla colonna di Borne ai "panettoni".

Le forme sempre più essenziali che assumono queste sculture sembrano far rientrare Breer nel gruppo minimalista. In realtà la parentela dada e Fluxus è molto più forte – il che spiega perché Donald Judd si sia espresso in modo piuttosto netto su Breer. Anche il volume più semplice ha sempre in sé un patina di imprecisione, una sorta di inquietante tenerezza (le sculture di Breer rientrano nella grande categoria della cultura americana che è il freak), una tecnologia low-fi lontanissime dall’oggettività e dalla massa dei minimalisti.

Per comprendere davvero il lavoro di Breer bisogna però passare per la produzione video. A colpire è soprattutto la qualità “musicale” dei film, costruiti come una partitura visiva, secondo i principi della nuova musica. Non a caso Fistfight (1964) – dove per la prima volta l’artista adotta un montaggio al limite del subliminale – scorre in parallelo alla performance di Originale di Stockhausen, alla cui prima newyorkese Breer aveva partecipato come cameraman all’interno di un cast che vedeva tra gli altri Allan Kaprow, Nam June Paik, Charlotte Moorman e Allen Ginsberg.

Proprio Stockhausen, che appare nel fotogramma di apertura, aveva parlato per la partitura di «momenti autosufficienti legati in base al loro grado di intensità, alla loro durata, densità, quoziente di rinnovamento, sfera di influenza, attività, simultaneità, sequenza». È il modo con cui Breer imposta le sue sequenze, pausate da momenti di nero/ silenzio. Del tutto assente una narrazione, anche non lineare. Anche le sue sculture mobili allestiscono delle coreografie basate sull’impredicabilità propria dell’estetica di John Cage, dove è il caso il principio che determina le direzioni della composizione. Performance lentissime (altra caratteristica cageana), esattamente all’opposto dei film: ma in entrambi i casi l’esito è portare il tempo al limite della percezione.

Il covid blocca, di nuovo, le domeniche gratis nei musei italiani

 

È stata pubblicata lo scorso 26 settembre sulla Gazzetta ufficiale l’ordinanza del Ministero della Salute che sospende le domeniche gratuite al museo. Il provvedimento è stato preso a seguito della segnalazione da parte del Mibact della necessità, in attuazione delle misure di riduzione e contenimento del rischio connesso all’emergenza sanitaria da covid-19, di sospendere l’efficacia delle disposizioni regolamentari sull’accesso gratuito ai musei e agli altri istituti e luoghi della cultura la prima domenica del mese.
L’ordinanza del Ministero della Salute è motivata in considerazione dell’evolversi della situazione epidemiologica a livello internazionale e il carattere particolarmente diffusivo dell’epidemia da covid-19. L’iniziativa è stata lanciata nel 2014 riscuotendo un costante successo e si è fermata soltanto durante i mesi in cui il Paese era in lockdown.

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Abu Dhabi sempre più destinazione per i business event

 

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L’emirato celebra 2 nuovi risultati significativi nel settore degli eventi d’affari, dopo che l’Abu Dhabi Convention & Exhibition Bureau (ADCEB) ha annunciato la scalata della capitale delle classifiche relative alle destinazioni business divulgate da due prestigiose organizzazioni.

Sia la Union of International Associations (UIA), che la International Congress and Convention Association (ICCA) hanno confermato il miglioramento della posizione di Abu Dhabi nei rispettivi ranking. In base al rapporto UIA, nel 2019 Abu Dhabi si è classificata al 22 ° posto nel mondo e al 6° in Asia tra le destinazioni con il maggior numero di eventi. Rispetto all’anno precedente, gli eventi sono aumentati del 68%, determinando il piazzamento del paese come destinazione con il maggior numero di eventi nella regione MENA.

Inoltre, Abu Dhabi ha scalato 41 posizioni nelle classifiche ICCA, che considerano il numero totale di convegni tenuti in una destinazione insieme al numero totale di partecipanti in un dato anno, aggiudicandosi il 56° posto. La capitale ha registrato l’anno migliore di sempre in termini di numero totale di delegati che hanno partecipato alle convention organizzate nel paese.

“Nel 2019, abbiamo raggiunto un altro risultato ambizioso relativo alla business events industry – ha affermato Mubarak Al Shamisi, Direttore dell’Abu Dhabi Convention & Exhibition Bureau – Le nuove classifiche rappresentano una prova tangibile del duro lavoro e dell’impegno profuso per elevare il profilo della nostra destinazione nel campo degli eventi aziendali e, a nome del team ADCEB, vorrei ringraziare i nostri partner e stakeholder che hanno avuto e ricoprono tuttora un ruolo significativo nello sviluppo di questo settore ad Abu Dhabi. L’attività incessante e la collaborazione messe in campo negli ultimi dieci anni ci hanno aiutato a raggiungere il nostro intento comune e non vediamo l’ora di ottenere ulteriori risultati in futuro”.

Nonostante la battuta d’arresto imposta dalla pandemia globale, il settore degli eventi aziendali ad Abu Dhabi sta assistendo ad una graduale ripresa, espressa dalla pianificazione di una serie di iniziative nel prossimo futuro.

Il covid fa riscoprire la barca, al via il Salone Nautico con stand galleggianti

 Isole galleggianti per ospitare una parte degli stand, trasferiti sull’acqua per lasciare più spazio libero in banchina in modo da consentire la gestione dei flussi dei visitatori. Le postazioni in mare sono una delle novità che si troveranno davanti i visitatori del 60° Salone Nautico di Genova che si apre oggi, inaugurato dal ministro dei Trasporti Paola De Micheli, per concluderi martedì 6 ottobre.

Il Recovery fund, le risorse pubbliche italiane e le tradizionali risorse europee serviranno anche per finanziare la nautica e per rinnovare la flotta italiana, ha annunciato la ministra. “Da gennaio saranno finanziati già tre obiettivi – ha spiegato – la portualità con il miglioramento dei collegamenti stradali e ferroviari per passeggeri e mezzi nell’ultimo miglio, la infrastrutturazione green dei porti, e la sostituzione della flotta orientata a sostenibilità ambientale”. La ministra ha detto che “molte decisioni sono già state prese dalle aziende in termini innovativi, ora è necessario spianare la strada con queste risorse per accelerare i progetti. Abbiamo più fonti di finanziamento a disposizione: quelli italiani, le tradizionali risorse europee e il recovery fund”.

“Oggi tutto il mondo ci guarda, il sessantesimo Salone internazionale di Genova assume un significato speciale per le nostre aziende e la nostra filiera, e per Genova che oggi diventa la capitale europea e mondiale del mondo del saper fare italiano”, ha aggiunto il presidente di Confindustria Nautica Saverio Cecchi dal palco della cerimonia che apre il Salone Nautico. “Pochi mesi fa – ha aggiunto – è stato inaugurato ponte San Giorgio, oggi il primo salone internazionale in era Covid”. Il primo boat show in era Covid “è stato possibile grazie alla collaborazione di tutti, ha sottolineato Cecchi. Abbiamo sentito un abbraccio. Tutti volevano il Salone. Questo mi inorgoglisce, sono emozionato”. .

Studiata all’insegna della sicurezza senza pregiudicare il business, questa edizione ha allargato gli spazi a terra per garantire i distanziamenti e in una parte della darsena ha spostato appunto sull’acqua gli stand delle aziende che l’anno scorso erano sui moli. L’altra novità nel layout di questa edizione è che le superboat, cioè le imbarcazioni pneumatiche (i gommoni) di alta gamma avranno un’area dedicata.

Il primo boat show dell’era Covid-19 sancirà anche i risultati di una stagione, quella estiva, andata meglio delle stime, che a febbraio paventavano un calo del fatturato del 12% per il comparto nautico. Invece il calo è stato inferiore o non c’è stato, mentre si è registrato un interesse crescente per le vacanza in mare.

“Anzi, molte aziende di fuoribordo hanno incrementato a doppia cifra i fatturati”, ha sottolineato Alessandro Campagna, direttore generale de I Saloni Nautici, la società di Confindustria nautica che organizza il Salone di Genova. “La barca è diventata un po’ il simbolo di poter vivere in libertà le proprie emozioni: molti hanno messo la barca in acqua e tantissimi hanno cercato di comprarne una anche usata o l’hanno affittata – continua Campagna -. Persone insospettabili che non hanno mai avuto un’imbarcazione si sono avvicinate al mondo della nautica e ho ricevuto segnalazioni di molti che hanno già iniziato a ragionare sulla prossima stagione con barche importanti, da 60 o 70 piedi. C’è tanto lavoro da fare”.

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Tra vini e risi

 

A nord la Valpolicella  con le colline terrazzate, le celebri cantine, le pievi millenarie, le ville antiche, le corti rurali, le piccole contrade in cui ancora sono presenti i lavatoi in pietra di Prun e diversi fortini. A sud la bassa veronese con le risaie popolate da aironi dove si coltiva il vialone nano, le strade di campagna, i fiumi e i paesi ricchi di storia, in cui si trovano antiche residenze del Seicento e Settecento. È il Veneto che non ti aspetti da scoprire percorrendo le due strade che attraversano questo lembo della provincia di Verona: la Strada del vino Valpolicella e la Strada del Riso vialone nano veronese Igp, particolarmente affascinanti in questo inizio di autunno.

Il viaggio può iniziare da un piccolo gioiello poco conosciuto:  il borgo di San Giorgio di Valpolicella, uno tra i più belli d'Italia che  ospita una Pieve Longobardo-Romanica edificata  in pietra locale nell’VIII secolo. Qui si ammirano il monumentale campanile, il chiostro e gli scavi archeologici che hanno documentato l'esistenza in quest'area di un abitato preistorico e di un santuario romano. Nel vicino Antiquarium sono conservati i reperti epigrafici degli Arùsnates, una misteriosa popolazione di probabile origine etrusca che aveva mantenuto proprie divinità e tradizioni di culto anche dopo l'arrivo dei romani.  Un altro bell'esempio di arte romanica in Valpolicella è la Pieve di San Floriano, edificata tra l’XI e il XII secolo  sui resti di un antico cimitero romano.

Nel territorio di Dolcè, che nella frazione di Volargne, lungo l'antica Via Tridentina, sulle rive del fiume Adige  (dove è anche possibile praticare il rafting), va assolutamente visitata Villa del Bene (XV-XVI secolo), dove nella seconda metà del ‘700, l’accademico Benedetto Del Bene  condusse i primi studi enologici, in particolare sul vino rosso passito dolce Recioto. L’edificio  è articolato in più corpi di fabbrica, ricco di pregiati affreschi nei saloni interni e con un maestoso portale d'ingresso di fine Quattrocento. Belle le ville settecentesche che si ammirano nel comune di Negrar mentre a Sant'Anna di Alfaedo si visita l’imponente Forte Tesoro,  fortificazione italiana costruita agli inizi del Novecento e recentemente restaurata che riserva ai visitatori panorami mozzafiato.

Un’altra fortificazione, questa volta  austriaca a ricordo della dominazione d'Oltralpe qui presente fino al 1866, è il Forte di Ceraino nel comune di Dolcè. Lasciate le colline della Valpolicella e dirigendosi a sud per una cinquantina di chilometri si arriva a Isola della Scala, cuore pulsante della risicoltura veronese, dove in località Vo’ sorge isolata l’imponente Villa Pindemonte. Edificata nel Settecento è abbellita da numerose statue con dei e personaggi mitologici e da un ampio parco.

Numerose le ville, vecchie case patronali successivamente trasformate il luoghi da vacanza, presenti tra la le risaie. Tra le più belle spiccano Villa Gherardini a Sorgà, già appartenuta ai Gonzaga, dove si possono ammirare gli affreschi dell’architetto-pittore Giulio Romano, e la vicina   Corte Bugna, detta "Belvedere", che conserva il suo impianto quattrocentesco con la sovrapposizione di interventi cinquecenteschi nella distribuzione interna e settecenteschi nei profili delle finestre e dei portali. La cosiddetta "Stanza di Cesare" con affreschi del pieno Cinquecento, richiama il gusto manieristico che venne affermandosi a Mantova sulla scia dell’opera di Giulio Romano.

A Mozzecane si può visitare la settecentesca Villa Vecelli-Cavriani con molte decorazioni dei Bibiena e di Francesco Lorenzi; a Nogara la secentesca Villa Marogna,  mentre a Nogarole Rocca e a Salizzole si ammirano antichi castelli. Per rivivere il modo di vita dei contadini comprendendo anche l’evoluzione di utensili ed attrezzature utilizzate in campagna si possono  infine visitare il Museo della Civiltà Contadina a Corte Brà di Bonferraro e quello di Corte Lando, a  Levà di Gazzo Veronese. Da vedere anche la la Pila Vecia della Riseria Ferron a Isola della Scala (località Saccovener), che fu costruita  al 1650 per lavorare il riso. Tra una visita e l’altra vale la pena provare la cucina locale, ovviamente a base di riso, nei numerosi ristoranti e agriturismi della zona. 

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Valorizzazione dei percorsi escursionistici: patto tra Mibact e Cai

 

Il nuovo protocollo per il turismo montano sostenibile e responsabile è stato firmato dal ministro Dario Franceschini assieme al presidente generale del Club Alpino Italiano, Vincenzo Torti, presso il Salone del Ministro al Collegio Romano. Il protocollo rinnova l’accordo firmato il 30 ottobre 2015, centrato sulla potenziamento della rete sentieristica e dei rifugi montani, e prevede una serie di azioni condivise tra il Mibact e il Cai per la promozione, in ambito nazionale e internazionale dell’offerta turistica, nello specifico di quella montana, attraverso la valorizzazione dei percorsi escursionistici.

“La nuova intesa con il Club Alpino Italiano – spiega il ministro – metterà a disposizione molti strumenti innovativi agli escursionisti italiani e stranieri che scelgono le nostre montagne, favorendo un turismo pienamente consapevole, sostenibile e intelligente. Il piano strategico del turismo – continua il ministro – prevede la moltiplicazione degli attrattori di turismo e valorizzazione di forme ti turismo sostenibili e cosiddette “minori” ma non è giusto chiamarle così. Mentre l’emergenza ha fatto scomparire il turismo internazionale e ridurre quello europeo e abbiamo visto purtroppo le città d’arte passare dal sovraffollamento al deserto (e abbiamo approvato misure per aiutarle), gli italiani che prima andavano all’estero sono rimasti qui. E si sono messi alla ricerca di una vacanza percepita come più sicura. Ecco che sono cresciute le mete di montagna e il turismo legati ai cammini e ai borghi. In modo traumatico ci è stata indicata che era la strada giusta da percorrere. In Italia ci sono 100 cammini di Santiago di Compostela che attraversano bellezze e patrimoni incredibili per un turismo colto, sostenibile, rispetto dell’ambiente che valorizza i luoghi minori”.

Nello specifico il protocollo prevede: il completamento entro il 2021 del Catasto nazionale dei Sentieri (Infomont), grazie all’aggiornamento costante dei tracciati rilevati con il metodo di geolocalizzazione gps; l’impegno da parte del Mibact per uno stretto confronto con Regioni ed enti locali per uniformare interamente la segnaletica orizzontale e verticale in tutta Italia, in modo coerente con quella ufficialmente predisposta e adottata dal Cai; una particolare attenzione al Sentiero Italia Cai, spina dorsale del Sentiero dei Parchi che attraverso i suoi oltre 7000 km, unisce tutte le regioni italiane, con il fascino, la bellezza e le tradizioni dei loro territori interni; un impegno comune per facilitare la realizzazione di una rete di strutture per l’accoglienza su tutto il territorio nazionale per camminatori ed escursionisti.

Per assicurare ancora maggiore sicurezza nella frequentazione dei percorsi escursionistici e dei cammini, l’accordo definisce un percorso che ha come obiettivo l’attivazione gratuita per tutti dell’applicazione GeoResQ – da installare sul proprio smartphone e gestita dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) – che consente l’immediata geolocalizzazione in caso di incidente e la conseguente attivazione del soccorso. Il Database completo del Catasto nazionale dei Sentieri sarà disponibile sul portale della Direzione Generale del Turismo del Mibact.

“Il protocollo – aggiunge il presidente generale del CAI Vincenzo Torti – apre nuove prospettive di collaborazione tra Mibact e Cai. Basti pensare al Sentiero Italia CAI che, attraversando tutte le regioni del nostro Paese, avvicinerà un turismo lento e rispettoso alle bellezze e alle culture dei nostri territori”.

“La firma del protocollo – sottolinea Lorenza Bonaccorsi, sottosegretaria al Turismo – suggella una collaborazione che abbiamo intensificato molto in questi mesi. Gli italiani – come dimostrano anche i dati di quest’estate – hanno riscoperto la montagna e il turismo dei sentieri. Come tutta la parte che riguarda l’outdoor e il turismo all’aria aperta c’è stato quest’anno un forte aumento di flussi ed è il segmento che è cresciuto di più in proporzione rispetto alle altre mete di vacanza. Crediamo che anche nei prossimi anni la montagna e i cammini diventeranno centrali e per questo stiamo lavorando per sistemare e valorizzare lo straordinario patrimonio nazionale. Il Sentiero Italia Cai, con i suoi 7.200 km e oltre 260 tappe ha le potenzialità per diventare il percorso a piedi più bello al mondo. La sua lunghezza, la sua varietà e le sue possibilità offerte dai diversi territori italiani, dalla Sardegna al Friuli, lo rendono un posto unico e tutto da scoprire”.

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Franceschini: dall’era covid prendere il meglio, a partire dalla nuova idea di vacanza

 

“Finito il lockdown e l’emergenza, tutto questo periodo si chiuderà come una parentesi e tutto tornerà come prima o questo passaggio ci lascerà un segno permanente? Io credo nella seconda ipotesi”. A dirlo, il ministro di beni culturali culturali e turismo Dario Franceschini, intervenendo al Festival delle città 2020.

“Siamo sicuri – domanda il ministro – che il piacere del luogo affollato tornerà anche quando non avremo più il timore del contagio? Torneremo a darci la mano? Il dovere che abbiamo come governo – spiega – è prendere le parti migliori di questo periodo, ad esempio il comportamento che abbiamo avuto durante le vacanze. C’è stata – dice -una crescita enorme del turismo di montagna, dei luoghi naturali, dei borghi e dei cammini. Perché tornare indietro quando fino a gennaio scorso questi erano gli obbiettivi da raggiungere per liberare dal sovraffollamento le città d’arte? Quando il turismo tornerà imponente com’era a gennaio dovremmo esserci preparati a distribuire meglio quei numeri”, esorta.

“Altro tema – aggiunge – per il turismo, soprattutto quello internazionale, è l’adeguamento delle infrastrutture. Se arrivi dalla Cina e hai l’alta velocità da dentro l’aeroporto, andrai più volentieri a vedere i bronzi di Riace. In questo, il gap del nostro paese non è solo Nord Sud, ma anche Adriatico-Tirreno. Molte delle cose che abbiamo imparato in questo periodo devono diventare strategie per il futuro del Paese”.

“Mi fa molto piacere – spiega il ministro – vedere decisori politici che in questo difficile periodo” di emergenza e lockdown “si sono resi conto che investire in cultura e turismo è una priorità economica del paese. Abbiamo visto tutti cosa vuol dire città d’arte vuote, i cinema e i teatri chiusi, i concerti annullati. Si è capito cosa vuol dire investimento e difesa dei luoghi della cultura e del turismo. Temi ora in discussione anche nell’ambito del Recovery Fund”, perché, conclude, “investire in cultura non è solo un dovere costituzionale, ma un grande contributo alla ripartenza del paese”.

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A rischio 1,3 mln di posti di lavoro nel turismo, l’allarme di EBNT


Il 2019 era stato l’anno record per l’occupazione nel turimo, ma la pandemia ha fatto bruscamente invertire la rotta. Secondo il rapporto “Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo” redatto da Federalberghi e FIPE per conto dell’Ente Bilaterale Nazionale Turismo, solo ad agosto e solo per alberghi e ristoranti sono state autorizzate 44 milioni di ore di cassa integrazione, corrispondenti a 254mila mensilità a tempo pieno. Ancora più allarmante è quanto riportato nella relazione di accompagnamento al decreto agosto: da gennaio a maggio 2020 le assunzioni nei settori turismo e terme si sono ridotte dell’80% per i contratti di lavoro stagionale e del 60% per quelli a tempo determinato.Per i prossimi mesi, le previsioni non migliorano, infatti, da agosto a fine anno, il Governo stima una riduzione delle assunzioni nell’ordine del 70%.

Durante il lockdown pressoché tutte le aziende del settore hanno dovuto sospendere l’attività per quasi tre mesi per legge o sono state costrette a reinventarsi l’attività. Solo gli alberghi avevano la possibilità di rimanere aperti ma, non avendo ospiti, molti hanno dovuto chiudere. Da marzo a maggio 2019 la media mensile dei lavoratori dipendenti nel turismo è stata di 1.262.921 unità. Di queste il 59,8% aveva contratti a tempo indeterminato, e quindi tutelata dal blocco dei licenziamenti, ma il restante 40,2% erano lavoratori con contratto a termine o stagionali.

Chi ha visto scadere il proprio contratto difficilmente ha trovato altre occasioni d’impiego, specialmente all’interno del settore. Da qui un ulteriore elemento di preoccupazione: la dispersione di competenze e professionalità che rischia di impoverire il settore e compromettere le capacità di ripresa.

Sebbene gli italiani non abbiano rinunciato del tutto alla vacanza ed abbiano avuto modo di scoprire meglio i propri territori, preoccupa l’approssimarsi dell’autunno. Con la riapertura delle scuole, la stagione estiva è ufficialmente conclusa e il settore non può sostenere i costi di un intero anno con i proventi di appena tre mesi di lavoro. Senza contare poi che mancano all’appello i turisti stranieri, cioè il segmento di mercato a maggior valore aggiunto in termini di spesa.

Dall’esame dettagliato della situazione occupazionale del 2019, fotografata dal XII rapporto “Osservatorio sul mercato del lavoro nel turismo” redatto da Federalberghi e FIPE per conto dell’Ente Bilaterale Nazionale Turismo, si possono comprendere le enormi ricadute che l’emergenza Covid ha avuto e avrà.

Nel 2019 gli occupati dipendenti nel settore turistico sono stati nella media dell’anno 1.300.512, con un aumento rispetto al 2018 del 4,7%. In particolare, si trattava di donne (52,6% sul totale) e i giovani (il 60,1% ha meno di 40 anni).

Il numero delle aziende turistiche con lavoratori dipendenti è pari a 200.388 (media annua), di queste 27.365 appartengono al comparto ricettivo, 166.723 ai pubblici esercizi, 5.852 all’intermediazione, 252 al comparto termale e 196 ai parchi di divertimento.

L’organico nel settore turismo è in media pari a 6,5 lavoratori dipendenti per azienda. In particolare, nel comparto ricettivo hanno lavorato 9,7 dipendenti per azienda e in quello dei pubblici esercizi 5,9 dipendenti per azienda. Nell’intermediazione, invece, i dipendenti per azienda sono stati 5,5, mentre nel comparto termale e nei parchi di divertimento sono stati rispettivamente 29,9 e 7,5.

Nelle aziende del settore i lavoratori dipendenti assunti come dirigenti ammontano a 790 unità (media annua), di cui nel comparto ricettivo se ne sono registrati in media 282, nei pubblici esercizi 339, nell’intermediazione 123, nel termale 32 e nei parchi di divertimento 15.

Sono stati 5.064 gli occupati inseriti nel turismo in qualità di quadri. Nei servizi ricettivi ne risultano 2.209 (media annua), nei pubblici esercizi 1.921, nell’intermediazione 846, nel termale 76 e nei parchi di divertimento 13.

I lavoratori registrati in questa categoria professionale sono risultati 125.799 di cui 53.561 unità hanno lavorato nel comparto ricettivo, 42.940 nei pubblici esercizi, 25.959 nell’intermediazione, 3.084 nel termale e 255 nei parchi di divertimento.

Nel turismo hanno lavorato mediamente 1.067.948 operai, di cui 200.486 appartengono al comparto ricettivo, 858.883 ai pubblici esercizi, 3.199 sono occupati nell’intermediazione, 4.299 nel termale e 1.081 nei parchi di divertimento. Nella qualifica di operai confluiscono la stragrande maggioranza delle figure professionali del settore fatta di cuochi, personale di sala, addetti ai piani e facchini.

Il numero degli apprendisti operanti nel turismo risulta pari a 100.752 unità. Nel ricettivo si registrano 12.944 apprendisti, nei pubblici esercizi 85.201, nell’intermediazione 2.313, nel termale 83 e nei parchi di divertimento 211.

I lavoratori assunti a tempo indeterminato nel 2019 sono stati 754.891 (il 58,0% del totale), il maggior numero, 614.537 unità, lavora nei pubblici esercizi, 107.812 nel comparto ricettivo, 26.875 nell’intermediazione, 5.114 nel termale e 553 nei parchi di divertimento.

I contratti a tempo determinato sono stati 360.621, di cui 54.195 sono propri del comparto ricettivo, 301.210 dei pubblici esercizi, 3.866 dell’intermediazione, 966 del termale e 385 dei parchi di divertimento.

Gli stagionali sono stati nel 2019 185.000, di cui 107.523 inseriti nel comparto ricettivo, 73.608 nei pubblici esercizi, 1.739 nell’intermediazione, 1.494 nel termale e 637 nei parchi di divertimento.

I lavoratori assunti con contratto intermittente sono stati in tutto 143.159, di cui 17.811 unità impiegati nel comparto ricettivo, 124.452 nei pubblici esercizi, 488 nell’intermediazione, 222 nel termale e 186 nei parchi di divertimento.

Sono stati 698.161 i lavoratori part-time occupati nelle imprese del turismo nel corso del 2019. Di questi 593.708 sono registrati come operai e 44.915 come impiegati. Nel ricettivo i lavoratori a tempo parziale sono stati 75.805, di cui 58.489 inquadrati come operai e 13.426 come impiegati. Nei pubblici esercizi gli occupati part-time sono stati 607.980, di cui 532.091 operai e 21.175 impiegati. Nell’intermediazione sono risultati in media 11.847 lavoratori a tempo parziale, di cui 1.477 operai e 9.563 impiegati. Nel termale i part-time sono stati in media d’anno 1.819, di cui 1.135 operai e 651 impiegati. Nei parchi di divertimento, infine, i lavoratori part-time sono stati 710, di cui 516 operai e 100 impiegati.

L’età media dei lavoratori del settore turismo è di 37 anni. In particolare, nel ricettivo essa è pari a 40 anni, nei pubblici esercizi a 36, nell’intermediazione è pari a 40 anni, nel termale a 46 e nei parchi di divertimento a 33.

Nel turismo il numero delle lavoratrici supera quello dei lavoratori: 684.206 donne contro 616.306 uomini, con una percentuale pari al 52,6%. Nel ricettivo è donna il 54,2% delle persone occupate (145.970 lavoratrici in tutto) mentre nei pubblici esercizi il 51,5% (509.293 donne).

Nell’intermediazione la percentuale di lavoro femminile tocca il 72,5% (23.554 donne). Nel termale la percentuale delle donne occupate è pari al 61,6% (4.662 donne) mentre nei parchi di divertimento è del 46,1% (726 donne).

Nel settore turismo nel 2019 hanno lavorato in media 324.775 lavoratori stranieri (pari al 25,0% dell’occupazione dipendente complessiva).

Il picco massimo di occupazione è stato registrato nei mesi estivi ed in particolare a luglio, con 1.523.184 lavoratori occupati, e ad agosto con 1.515.418 unità. Il numero più basso di lavoratori, invece, si è concentrato nei mesi invernali con 1.084.348 occupati a febbraio e 1.105.735 a gennaio (cfr. tabella 1).

La Lombardia è la regione con più lavoratori dipendenti nel turismo con 234.795 unità. La seconda regione è l’Emilia-Romagna con 132.770 lavoratori, terzo il Lazio con 128.834. Seguono, il Veneto che occupa 128.400 lavoratori dipendenti e la Toscana che ne registra 95.833.

La provincia con più occupati nel turismo è quella di Milano con 111.708 lavoratori su un totale di 1.300.512 dipendenti. Al secondo posto si è classificata la provincia di Roma con 106.118 dipendenti. Terza la provincia di Napoli con 49.159 lavoratori nel turismo. Quarta la provincia di Venezia che ha registrato 37.332 dipendenti e quinta la provincia di Bolzano con 36.264 dipendenti.

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Alla Reggia di Caserta eventi fino a Natale

 

REGGIA CASERTA -  Tre martedì di apertura straordinaria a dicembre per venire incontro alle sollecitazioni del territorio, visite serali e tante iniziative rivolte a tutte le fasce e categorie di visitatori, bambini compresi. E' il calendario delle iniziative previste per i prossimi tre mesi dal Piano di valorizzazione della Reggia di Caserta; un calendario presentato questa mattina in una conferenza stampa tenuta online alla presenza del direttore Tiziana Maffei. Il programma ha come principio ispiratore l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei Paesi membri dell'ONU. A seguito dell'emergenza Covid 19, la Direzione ha scelto di procedere con cautela nell'organizzazione delle diverse attività. Per questo i dettagli di tutte le iniziative (orari, contingentamento e modalità di accesso) saranno oggetto di valutazione di volta in volta in relazione alle necessarie misure anti contagio. L'accesso alle varie iniziative non sarà gratuito e prevede in quasi tutti i casi la prenotazione online.
    Si parte il 5 ottobre con l'iniziativa "Coltiviamo il Museo! Horticultura", con protagonisti i bambini, per i quali saranno approntati laboratori didattici. Il 14 novembre ci sarà la Notte dei Musei, con l'apertura serale degli Appartamenti Reali, visite accompagnate e focus tematici. Il 23 novembre è in programma l'iniziativa sui 40 dal terremoto dell'Irpinia; prevista l'apertura serale degli Appartamenti e l'esposizione lungo i corridoi di alcune opere della collezione Terrae Motus.
    Il 27e 28 novembre torna la "Notte europea dei ricercatori", con l'apertura serale degli appartamenti, e il workshop nel Cannocchiale. Ed infine ecco i tre martedì di dicembre in cui la Reggia aprirà, facendo eccezione alla regola storica che vuole che il martedì sia giorno di chiusura del museo: si tratta dell'8, del 22 e del 29 dicembre. Confermato lo stop invece, causa Covid, alle iniziative delle domeniche gratuite al museo; una decisione presa dal Ministero. (ANSA).

Viaggio sensoriale nella vita di Frida Kahlo 'Il caos dentro' a Milano esplora dimensione artistica e umana

 

MILANO  Apre il 10 ottobre a Milano negli spazi della Fabbrica del Vapore la mostra "Frida Kahlo - Il caos dentro", un percorso sensoriale altamente tecnologico che immerge il visitatore nella vita della grande artista messicana, esplorandone la dimensione artistica, umana, spirituale.
    Prodotta da Navigare con il Comune di Milano, con la collaborazione tra gli altri del Consolato del Messico di Milano e della Camera di Commercio Italiana in Messico, la mostra è curata da Antonio Arévalo, Alejandra Matiz, Milagros Ancheita e Maria Rosso e rappresenta una occasione unica per entrare negli ambienti dove la pittrice visse, per capire, attraverso i suoi scritti e la riproduzione delle sue opere, la sua poetica e il fondamentale rapporto con Diego Rivera, per vivere, attraverso i suoi abiti e i suoi oggetti, la sua quotidianità e gli elementi della cultura popolare tanto cari all'artista.
    La mostra, dopo una sezione multimediale con immagini animate e una cronistoria raccontata attraverso le date che hanno segnato le vicende personali e artistiche della pittrice, entra nel vivo con la riproduzione minuziosa dei tre ambienti più vissuti da Frida a Casa Azul, la celebre magione messicana costruita in stile francese da Guillermo Kahlo nel 1904 e meta di turisti e appassionati da tutto il mondo: la camera da letto, lo studio realizzato nel 1946 al secondo piano e il giardino.
    Segue la sezione "I colori dell'anima", curata da Alejandra Matiz, direttrice della Fondazione Leo Matiz di Bogotà, con i ritratti fotografici di Frida realizzati dal celebre fotografo colombiano Leonet Matiz Espinoza (1917-1988). Al piano superiore, una sezione dedicata a Diego Rivera: qui troviamo proiettate le lettere più evocative che Frida scrisse al marito.
    Nella sezione 'Frida e il suo Doppio' sono esposte le riproduzioni in formato modlight di quindici tra i più conosciuti autoritratti che Frida realizzò. Il modlight è una particolare forma di retroilluminazione omogenea, in cui ogni dipinto, precedentemente digitalizzato, viene riprodotto su uno speciale film mantenendo inalterate le dimensioni originali.
    (ANSA).

Riapre il Guggenheim e riparte dal Murale di Pollock

 

GUGGENHEIM  NEW YORK - Dopo la chiusura forzata per la pandemia di Covid-19 il Guggenheim di New York riapre il 3 ottobre e riparte esponendo l'opera più monumentale di Pollock.
    'Away from the Easel: Jackson Pollock's Mural' (Via dal cavalletto: il Murale di Jackson Pollock) è appunto dedicata principalmente al primo dipinto monumentale del pittore americano (1912-1956) ma comprende altre tre opere minori. E' la prima volta in 20 anni che l'opera viene esposta a New York così come è la prima volta che arriva al Guggenheim. Il Murale fu commissionato da Peggy Guggenheim per la sua casa di Manhattan nell'estate del 1943 e fu completato nello stesso anno. Largo quasi sette metri e altro circa due metri e mezzo, l'opera è il dipinto su tela più grande di Pollock e rappresenta una svolta nella sua carriera artistica. "Peggy Guggenheim vide qualcosa in lui - ha spiegato all'ANSA la curatrice della mostra Megan M. Fontanella - e nel commissionare l'opera gli diede carta bianca, gli indicò solo le misure della parete della sua casa. Pollock non solo ebbe la possibilità di esprimere se stesso ma anche di sperimentare sulla tela. Inoltre grazie al sostegno della Guggenheim, l'artista riuscì a fare il pittore a tempo pieno perché gli fu dato uno stupendo mensile.
    Dopo il Murale ebbe anche la sua prima mostra al Guggenheim lo stesso anno".
    Oltre a Pollock in mostra anche 'Knotted, Torn, Scattered: Sculpture after Abstract Expressionism', con la quale si esplorano i diversi modi in cui alcuni artisti degli anni '60 e '70 risposero ai risultati degli esponenti dell'Espressionismo astratto per formulare strategie uniche della pratica scultorea.
    (ANSA).

Tra '900 e XXI secolo le mostre del weekend

 

Il prossimo sarà un weekend che si muove tra le inquietudini del Secolo Breve e quelle del mondo contemporaneo, con tanti e diversi appuntamenti con artisti italiani e internazionali.
    BERGAMO - Due le mostre in programma dal 1 ottobre al 14 febbraio negli spazi della Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo - GaMec: la prima, intitolata "Ti Bergamo - Una comunità", a cura di Lorenzo Giusti e Valentina Gervasoni, è una raccolta di testimonianze tra opere d'arte, immagini fotografiche, filmati, gesti e pensieri di autori che hanno raccontato Bergamo nei momenti più difficili dell'emergenza sanitaria dovuta al coronavirus; il progetto "In The Forest, Even The Air Breathes" del curatore indiano Abhijan Toto, presenta invece i lavori di sette artisti internazionali (Khvay Samnang, Soe Yu Nwe, Sung Tieu, Karl Castro, Robert Zhao Renhui, Joydeb Roaja, Nguyen Trinh Thi), per immaginare nuove forme di politica e pedagogia che rendano più intimo il rapporto dell'uomo con le terre che abita.
    ROMA - "Un mondo fluttuante. Opere su carta di Anna Onesti" è la mostra in programma alla Casina delle Civette, Musei di Villa Torlonia, dal 3 ottobre al 10 gennaio. Nel percorso otto arazzi e otto aquiloni tutti realizzati su carta washi, "carta giapponese", utilizzando tecniche decorative ispirate alla tintura tradizionale dei tessuti e apprese nei periodi di studio trascorsi dall'artista in Giappone, come l'itajimezome, lo shiborizome e il katazome. Fino al 13 dicembre la mostra "Radici", di Benedetto Pietromarchi, curata da Paolo Falcone al Museo Bilotti: inaugurata lo scorso 15 settembre nell'ambito della rassegna "Back to nature", l'esposizione presenta tre grandi installazioni ambientali, realizzate con le radici divelte di alberi (una di cipresso, presa proprio da Villa Borghese) su cui l'artista ha lavorato, intervenendo con materiali come la ceramica, il bronzo e il ferro. Dal 2 al 10 ottobre il Maxxi presenta "Alberto Boatto. Lo sguardo dal di fuori", un focus (a cura di Stefano Chiodi) sull'attività intellettuale di uno dei più importanti critici d'arte del '900, con materiale proveniente dal suo archivio personale. Ancora al Maxxi, dal 2 ottobre al 1 novembre "Omaggio a Claudia Gian Ferrari", a cura di Anne Palopoli: in occasione del decennale dalla scomparsa della studiosa, gallerista e collezionista il museo romano le dedica una sala con opere, oggetti, sculture e video appartenenti alla sua collezione privata. Alla Fondazione Baruchello dal 30 settembre al 19 dicembre la collettiva "Prove Di R(i)esistenza", a cura di Ilaria Conti: Laura Cionci, Danilo Correale, Retake, Salvatore Iaconesi e Oriana Persico sono gli artisti coinvolti nella mostra, che offriranno, ognuno attraverso il proprio linguaggio artistico, le riflessioni e le inquietudini nate in seguito alla pandemia. PARMA - Un cielo di 200mila fiori che dialogano con la pittura: è la prima personale italiana dell'artista britannica Rebecca Louise Law, allestita all'Oratorio di San Tiburzio dal 2 ottobre al 19 dicembre nell'ambito del progetto Pharmacopea del Gruppo Chiesi e Davines. L'installazione è costituita da una cascata naturale in costante e organico mutamento, composta dalla coabitazione di 200mila fiori, dall'Achillea millefolium al Tortum.
    NAPOLI - Si intitola "Deep trance" la personale di Camillo Ripaldi che aprirà il 3 e 4 ottobre alla Nina Gallery Open Space, nell'ambito della seconda edizione di Open House. A cura di Marina Guida, la mostra (visitabile fino al 30 novembre) presenta al pubblico una grande installazione a parete e una decina tra dittici e trittici di fotografie digitali di medie dimensioni, dalle quali emerge - tra alchimie e sinestesie - un'approfondita indagine degli archetipi e dei loro rapporti. A Palazzo Scarpetta, sede della Fondazione Eduardo De Filippo, "Il Sindaco del Rione Sanità", fino al 4 dicembre e a cura di Francesco Tenaglia: la mostra, ispirata all'omonima opera teatrale di De Filippo, riunisce i lavori degli artisti Piero Golia, Marco Pio Mucci e Matteo Pomati che presentano un corpus di 26 tavole disegnate in cui le autorialità si intrecciano, sino a confondersi. 

ACCOGLIENZA Turismo: Ass. Ospitalità religiosa italiana, il 10 e l’11 ottobre al via gli “open weekend”

 “Il 10 e l’11 ottobre decine di case dell’ospitalità religiosa in Italia aprono le porte ai loro ospiti con uno sconto del 30% per incentivare la conoscenza della loro accoglienza e il loro modo di interpretare la familiarità di un servizio messo a disposizione di tutti”. Lo annuncia un comunicato dell’Associazione Ospitalità religiosa italiana. “Sarà possibile soggiornare in tanti luoghi del nostro Paese e toccare con mano l’esperienza di un fine settimana diverso, immergendosi in un clima di convivialità”, spiega il presidente Fabio Rocchi.

La mappa delle strutture disponibili e le modalità di prenotazione sono indicate sul sito ospitalitareligiosa.it alla voce “offerte speciali”. Nel primo weekend dell’iniziativa vengono messi a disposizione circa 3.500 posti letto. Gli ospiti potranno liberamente scegliere tra l’approfondire la conoscenza delle comunità ospitanti o visitare le bellezze dei luoghi in cui le strutture si trovano. Gli altri weekend in cui sarà promossa l’iniziativa sono 7-8 novembre e 12-13 dicembre 2020, 9-10 gennaio, 13-14 febbraio e 13-14 marzo 2021.
“Gli introiti di queste attività di ospitalità sono in gran parte destinati a sostenere le attività caritatevoli di ordini, diocesi e associazioni che si occupano dell’assistenza dei più bisognosi in Italia e nel mondo”, ricorda Rocchi.
Realizzata dall’Associazione Ospitalità religiosa italiana, con il patrocinio dell’Ufficio nazionale Cei per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport, l’iniziativa vede la collaborazione di importanti realtà del mondo religioso e laico, come il Cits (Centro italiano turismo sociale), il Ctg (Centro turistico giovanile) e il Cnec (Centro nazionale economi di comunità).

Celebrando Porta Pia, lo zuavo e i bersaglieri

 

La statua di un ufficiale zuavo francese morente e i dipinti che ritraggono i bersaglieri.
    Soldati e ufficiali che avevano combattuto insieme in guerra di Crimea e nelle battaglie del 1859 ma che nello scontro di Porta Pia del 1870 si erano trovati su fronti contrapposti, in difesa del Papa e per unire l' Italia.
    E' un tuffo in un momento cruciale della storia di Roma e dell'intera nazione la mostra 'Lo zuavo e i Bersaglieri' fino al 20 ottobre nella galleria romana Apolloni, in via Margutta, inaugurata proprio nel giorno in cui sono stati commemorati i 150 anni della storica 'Breccia'. Quel militare 'papalino', scolpito a grandezza naturale nel marmo bianco, è il capitano Augustin Latimier Du Clésieux (Saint-Brieuc, Bretagna, 1844-1871), zuavo a Roma e poi volontario nella guerra franco-prussiana, ferito mortalmente nella battaglia dell'altipiano di Auvours l'11 gennaio 1871 e morto il 26 febbraio seguente a casa propria, in Bretagna, a 27 anni.
    A renderlo con realismo e cura dei dettagli straordinaria fu Victor Edmond Leharivel Durocher (1816-1878), scultore ufficiale che nel Secondo Impero collaborò con l'architetto Louis Visconti - figlio dell'archeologo romano Ennio Quirino - ad ornare l'ingrandimento del Louvre voluto da Napoleone III. Augustin era l'unico figlio di una famiglia bretone molto ricca e bene in vista. La madre, la contessa Du Clésieux, ordinò all'artista la scultura, firmata e datata 1873, che fu posta sopra la tomba del defunto nella cripta di una cappella dedicata a S.Agostinoa Saint-Brieuc. Distrutta la cappella nel 1971 per fare posto ad un parcheggio, la scultura è andata all'asta a Brest quattro anni fa. A comprarla, a un 'prezzo 'stracciato', l'antiquario romano Marco Fabio Apolloni ''proprio perché il giovane e nobile zuavo, già venuto a difendere papa Mastai contro 'L'Anticristo' Garibaldi, tornasse a Roma per trovarvi, si spera, una pace definitiva''. L'ufficiale è rappresentato semisdraiato su una chaise-longue, nell'uniforme tipica che traeva origine dall'abbigliamento dei guerrieri algerini che i francesi combatterono nel 1830, e che fu reso famoso dalle seguenti campagne militari in Crimea e in Italia durante la Seconda Guerra d'Indipendenza.
    Accanto alla scultura, i colori squillanti che il pittore napoletano Michele Cammarano (1835-1920), testimone oculare dell'entrata degli italiani a Roma, ha sparso in battaglia su una tela alta più di tre metri. Dell' artista è famosissimo il quadro 'ufficiale' del 1871 che raffigura i Bersaglieri a passo di carica, lungo più di quattro metri, conservato al Museo di Capodimonte. Quello in mostra a Roma è stato dipinto un anno prima, subito dopo la Presa di Porta Pia, mostrata in tutt'altro modo, più veritiero. I Bersaglieri, spiega Apolloni, si arrampicano concitati sul terrapieno formato dai detriti delle mura bombardate, confusi nel fumo dell'artiglieria. Le fisionomie sono stravolte, le uniformi strapazzate e coperte di polvere. Un trombettiere è a terra morto, un maggiore guarda negli occhi l' osservatore e sembra spronarlo a partecipare all'attacco. Diverso è il quadretto del fiammingo Carel Max Quaedvlieg (Valkenburg 1823 - Roma 1874), che inquadra le Mura e la breccia formicolante di Bersaglieri, con la morte del comandante Giacomo Pagliari sull'avanscena, e gli zuavi che sparano sullo sfondo di questa visione teatrale della Breccia.
    Vissuto a Roma per ventun anni e noto per i suoi paesaggi della campagna romana con butteri e contadini, l' autore con questo dipinto di Porta Pia firma un un documento storico figurativo di grande valore, acquistato da Apolloni alla fine degli anni ottanta in un asta che lo impegnò con un misterioso concorrente al telefono che poi si scoprì essere Bettino Craxi, grande appassionato di memorie garibaldine e risorgimentali. In esposizione , infine, c' è il bozzetto in scultura di Publio Morbiducci (Roma, 1889-1963) per il monumento al Bersagliere inaugurato alla presenza del Re d' Italia e di Benito Mussolini davanti a Porta Pia nel 1932. (ANSA).

Neandertal in terre più Ovest Europa prima di quanto creduto

 

 L'uomo moderno ha raggiunto la parte più occidentale dell'Europa tra 41.000 e 38.000 anni fa, circa 5.000 anni prima di quanto si era creduto fino ad oggi. La scoperta è stata riportata sulla rivista Pnas e deriva dall'analisi di reperti e di strumenti in pietra rinvenuti in una grotta chiamata Lapa do Picareiro, che si trova nel Portogallo centrale, vicino alla costa atlantica. In particolare, a determinare l'età delle prime occupazioni dell'uomo moderno e dei Neandertaliani nella grotta di Lapa do Picareiro è stata la professoressa Sahra Talamo dell'Università di Bologna.
    Gli strumenti rinvenuti in Portogallo, spiega una nota dell'Alma Mater emiliana, "collegano il sito di Lapa do Picareiro con reperti simili emersi in tutta l'Eurasia e indicano quindi una rapida dispersione dell'Homo Sapiens verso ovest, avvenuta nel giro di poche migliaia di anni dalla sua prima apparizione nell'Europa sudorientale. Non solo: questa scoperta documenta la presenza dell'uomo moderno nell'Europa occidentale in un'epoca in cui gli uomini di Neandertal erano forse ancora presenti nella regione".
    Nel dettaglio, utilizzando tecniche di analisi all'avanguardia, la studiosa bolognese "è riuscita a datare una serie di campioni di ossa animali che mostrano segni di macellazione e di rottura intenzionale per estrarre il midollo osseo, un alimento molto apprezzato e nutriente consumato dagli antichi. I risultati della datazione collocano l'arrivo dell'uomo moderno tra 41.000 e 38.000 anni fa, mentre l'ultima occupazione Neandertaliana del sito ha avuto luogo tra 45.000 e 42.000 anni fa" La grotta di Lapa do Picareiro è stata oggetto di scavi archeologici per 25 anni e ha prodotto tracce di occupazioni umane che coprono un periodo di 50.000 anni. Un team di ricerca internazionale - che sta attualmente indagando sull'arrivo dell'uomo moderno e sull'estinzione dei Neandertaliani nella regione - ha scoperto ricchi giacimenti archeologici che includono strumenti in pietra in associazione con migliaia di ossa di animali provenienti da attività di caccia, macelleria e cucina.

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Foto e manifesti, vacanze italiane in mostra online. L'esposizione curata dall'Enit e presentata da Alberto Angela

 

(di Cinzia Conti) (ANSA) - ROMA, 29 SET - Il sorriso travolgente di una bambina circondata da un albero carico di frutti dorati dal sole. Le ragazze sedute sugli scogli che guardano un mare che non eguali al mondo. E poi i tanti meravigliosi manifesti storici di Dudovich, Cambellotti, Boccasile che invitavano i viaggiatori a fare Vacanze italiane. L'Agenzia Nazionale del Turismo svela virtualmente il proprio archivio storico con migliaia di ritrovamenti in un'esposizione globale totalmente digitale e anche in inglese intitolata "Enit e l'Italia. Una gran bella storia". Ad aprirla Alberto Angela che ricorda come "l'Italia abbia la maggiore biodiversità culturale presente sul Pianeta, 3 mila anni di civiltà ininterrotti, cosa che gli altri Paesi non hanno. Ed è nostro dovere conservare questo patrimonio affinché arrivi integro alle generazioni future, ancora non nate e che potranno sentirsi stimolate da questi collegamenti storici".
    "La forgia dell'ospitalità italiana passa da Enit. Il turismo oggi muove l'economia ed è un'attività scientifica, settorializzata e segmentata, diventando un prodotto che coinvolge non solo fattori materiali, tangibili (trasporti, ristoranti, ecc.), ma che comprende e valorizza anche fattori immateriali, come le tradizioni, la cultura locale, il senso di appartenenza, le emozioni" aggiunge il presidente Enit Giorgio Palmucci.
    A ricordare l'importanza di Enit tutte le ambasciate italiane all'estero intervenute per la presentazione del lancio della mostra dell'Agenzia Nazionale del Turismo. "Il ruolo di Enit - dice l'ambasciatore italiano a Mosca Pasquale Terracciano - emerge anche all'interno della Federazione Russa. L'Agenzia è presente con un ufficio di rappresentanza fino dal 1997 poco dopo il Crollo dell'Unione Sovietica. E ha sempre compreso le potenzialità di una popolazione di 150 milioni di abitanti tutti appassionati a quanto l'Italia può offrire. E grazie all'intensa attività Enit, che fa leva sul tradizionale amore che lega le nostre culture, è riuscita a far diventare la Penisola una delle prime tre nazioni preferite dai viaggiatori russi". "Già nel 1921 Enit aveva intuito la possibilità di influenzare i flussi turistici dall'estero attraverso campagne. Una strategia vincente e lo è ancora" sostiene l'ambasciatrice italiana in Francia Teresa Castaldo.
    "Enit rimise in circolo la cultura: per l'ente lavorarono grafici e pittori di fama diversa e provenienti da ambienti diversi" spiega la direttrice Marketing Enit Maria Elena Rossi.
    Fa i numeri del turismo il direttore Enit Giovanni Bastianelli: "L'industria dell'accoglienza segue una linea tendenziale ascendente: in 100 anni il movimento turistico è esploso da 900 mila visitatori nel 1911 a quasi 64 milioni di arrivi odierni.
    L'apporto al sistema economico dal 1924 ad oggi è passato da 2 miliardi e mezzo di lire a quasi 42 miliardi di euro".
    La mostra è un unicum perché è il risultato di un progetto di innovazione digitale dove un archivio storico dialoga direttamente con una piattaforma 3D. Ci si potrà muovere a 360 gradi e lanciare approfondimenti in audio guida e utilizzare materiali multimediali. Tra le opere anche i manifesti storici e le foto con estratti dei lavori documentaristici cinematografici commissionati da Enit al celebre regista italiano Luciano Emmer, che raccontavano le bellezze dell'Italia attraverso lo storytelling dei sentimenti. E poi le campagne pubblicitarie firmate dai migliori designer degli anni '30-'40-'50. La mostra è visibile sulla piattaforma www.mostrevirtuali.enit.it.
    L'evento celebra anche l'ente più antico d'Italia con il ruolo fondamentale svolto in oltre cento anni di storia di promozione turistica. L'Enit ha avviato inoltre la digitalizzazione di oltre 30 mila reperti ad oggi, su un patrimonio di 100 mila ritrovamenti di inestimabile valore storico e artistico, una parte di quali sono contenuti nel libro "Promuovere la Bellezza" il libro-evento con cui Enit ha festeggiato i 100 anni e curato dal ricercatore Manuel Barrese. 

La magia di Stromboli, con le guide sul vulcano fino a 400 metri

 

 La sabbia nera, il mare che incanta, l'odore di fiori che non ti lascia mai e ti entra nella testa, le 3 piccole chiese, la gente verace del posto (dalle signore che vendono i capperi appena raccolti ai pochi ma gagliardi pescatori locali). E poi il ricordo di una delle storie d'amore più intense e chiacchierate di sempre (quella tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini) mentre si sorseggia un bicchiere di vino al bar ritrovo dedicato alla grande attrice svedese appunto. Basterebbe questo per innamorarsi definitivamente di Stromboli ma non è finita. Alle spalle maestoso e per niente  silenzioso c'è Iddu, il grande e affascinante vulcano star delle notti ma degno del rispetto e dell'attenzione di tutti. Perché Stromboli è vivo e scatenato e ti rimane nel cuore per sempre se visitato in siurezza ma può fare paura e davvero male se si fanno sciocchezze.

Per questo nasce il Centro Coordinamento per dare il via alle escursioni fino a quota 400 metri e favorire immediate attività di soccorso in caso di rischio. Con una nuova ordinanza, il sindaco di Lipari autorizza le Guide Alpine e Vulcanologiche siciliane ad accompagnare i visitatori alla scoperta di uno dei vulcani più affascinanti del mondo e a gestire temporaneamente il flusso degli escursionisti. Oltre i 290 metri, infatti, sarà tassativamente vietato muoversi in libertà, lungo sentieri non privi di pericolo che solo chi è qualificato è in grado di percorrere in sicurezza.

I professionisti della montagna ai quali l’affascinante compito è affidato saranno proprio questi esperti di settore, inquadrati in un Ordine professionale di cui il Collegio Regionale Guide Alpine e Vulcanologiche della Trinacria è l’organo di autogoverno e disciplina. Sono stati mesi difficili quelli appena trascorsi, prima a causa dell’eruzione dell’estate 2019 e poi per via della pandemia da Covid-19, ma ora è tempo di guardare al futuro con fiducia come afferma il presidente, Cesare Bianchi: "Sono molto soddisfatto per la riapertura, seppure parziale, delle escursioni sul vulcano Stromboli. Per le nostre guide alpine e vulcanologiche è una boccata d’ossigeno dopo due stagioni estive in cui non abbiamo potuto lavorare a causa della chiusura conseguente agli eventi vulcanici del luglio e dell’agosto 2019. Il Collegio Regionale Guide Alpine e Vulcanologiche della Sicilia si schiera al fianco del Sindaco di Lipari facendosi garante del pieno rispetto delle indicazioni contenute nell’Ordinanza e conferma tutti gli impegni già presi nella “Regolamentazione per l’accompagnamento nell’area sommitale e nelle aree attive del vulcano Stromboli" con particolare riferimento alla gestione del Centro Coordinamento Escursioni, alla realizzazione della rete di comunicazione radio con copertura totale di Stromboli e alla collaborazione al fine di realizzare la rete di soccorso".

I visitatori escursionisti, dunque, potranno al momento superare la quota di 290 metri solo se da loro accompagnati sul tratto dei sentieri di "Punta Labronzo" e nel versante di Ginostra sul sentiero di Punta Corvi a partire da quota 130 e sino a quota 400 metri s.l.m, con un massimo di 20 persone, dalle ore 11 alle ore 24.

Dopo l’ordinanza, servono informazioni adeguate e una corretta segnaletica. "L’ordinanza è sicuramente un buon punto di partenza soprattutto per la programmazione del 2021, ma servono immediati interventi per risistemare i sentieri, per creare piazzole per l’osservazione dell’attività e, soprattutto, è urgente una corretta informazione per i visitatori. – ribadisce Mario Pruiti, Delegato delle Guide Alpine e Vulcanologiche a Stromboli - Noi lavoriamo con il 90% di turismo straniero, se manca una segnaletica chiara e precisa, rischiamo di vedere escursionisti sulla zona sommitale ignari del pericolo. La pandemia non ha aiutato e ha di fatto fermato i lavori della Forestale; adesso, dobbiamo fare tesoro degli insegnamenti passati e ricordarci che siamo di fronte a un vulcano esplosivo e il pericolo maggiore, in questi casi, sono gli incendi che si generano". 

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La luce del Barocco, da Bernini a Preti

 

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 La luce come motivo espressivo, formale e simbolico, come emozione e messaggio di speranza verso il futuro, ma anche come elemento capace di "plasmare" la materia e il colore, seguendo il racconto che nelle loro opere hanno fatto artisti di grande qualità e carattere, in primis Gian Lorenzo Bernini, ma anche Giovanni Baglione, Mattia Preti, Agostino Tassi, Gaspar Dughet, Sebastiano Conca, Pierre Subleyras. È questo il tema che anima la mostra "La luce del Barocco. Dipinti da collezioni romane", in programma dal 2 ottobre al 10 gennaio negli spazi di Palazzo Chigi ad Ariccia (Rm).

Ideata e curata da Francesco Petrucci, conservatore di Palazzo Chigi in Ariccia e direttore del Museo del Barocco Romano, e organizzata dal Centro Europeo per il Turismo con il contributo di Acea Spa, l'esposizione presenta una serie di lavori provenienti da collezioni private, in gran parte inediti o mai esposti al pubblico, espressione di vari generi pittorici, tra ritratti, pittura di figura a soggetto sacro e profano, paesaggi, vedute e nature morte.

Duplice l'obiettivo della mostra: da un lato c'è la volontà di raccontare l'essenza del Barocco in un luogo particolarmente adatto a farlo, non solo perché Palazzo Chigi è stato ideato da Bernini per la famiglia del papa Alessandro VII, ma anche perché è sede del Museo del Barocco romano e una della dimore barocche più importanti d'Italia. Dall'altro lato poi c'è il bisogno di comunicare al pubblico un messaggio salvifico, di speranza e ottimismo, proprio tramite il Barocco, movimento che nella storia dell'arte ha rappresentato una delle massime espressioni dei temi del cattolicesimo attraverso un uso sapiente della luce: nel percorso espositivo, osservando le opere di Bernini e della sua cerchia e i dipinti di artisti del '600 e del '700, si diffonde dunque l'idea di un possibile riscatto umano e sociale, di apertura all'altro e di risveglio dopo il "buio" e la paura degli ultimi mesi segnati dalla pandemia.

Oltre a offrire una larga panoramica sulla pittura romana per quasi due secoli, anche sottolineando il ruolo centrale del collezionismo, la mostra documenta (con una serie di pannelli didattici e il catalogo) anche il lavoro svolto da Acea nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale, attraverso alcune immagini fotografiche dei più importanti siti storico-artistico, di opere e di monumenti archeologici di Roma collegati al tema dell'esposizione e che sono illuminati dall'azienda.