L’autore di questo post è Luca Martucci, consulente ed esperto di marketing di destinazione (secondo di due articoli) –
Nel suo secondo cinquantennio l’Enit, l’Agenzia nazionale del
Turismo, è sopravissuta a se stessa. Nonostante i recenti miglioramenti,
resta ancora molto da fare per coprire il gap con la concorrenza.
La sede Enit in via Marghera a Roma
ENIT, cambiando pelle di tanto in tanto, è passata indenne attraverso
i numerosi governi, accusata di essere un carrozzone inefficiente, o di
scandali vari come quello del finanziamento illecito del partito
socialista od il più recente caso di Promuovi Italia. Oggi il suo ruolo è
assai ridimensionato rispetto agli anni d’oro del suo esordio, ma ENIT potrebbe dare ancora molto al Paese. A certe condizioni.
L’abrogazione del Ministero dello Spettacolo e Turismo (1993) e la
riforma costituzionale del 2001, che ha reso il turismo materia di
competenza “esclusiva” delle Regioni, hanno complicato la vita e la
missione di ENIT. L’ente non ha avuto più pace, rimbalzando tra
Presidenza del Consiglio e vari dicasteri, importanti come quello delle
Attività Produttive o pittoreschi come quello di MV. Brambilla. Un
peregrinare ben riassunto nella lista sempre attualizzata di Officina Turistica.
L’ ENIT oggi è un ente pubblico economico, risanato e più efficiente.
Nel 2005, pur conservando il vecchio acronimo, ENIT ha cambiato di nuovo nome in
Agenzia Nazionale del Turismo. Sorvoliamo sul triste decennio che è seguito, ben rappresentato dalla vergognosa saga del sito
Italia.it, per arrivare ai giorni nostri, anzi alla svolta di
cinque anni fa, quando l’ Agenzia è stata
trasformata in ente pubblico economico. Un
passaggio importante, almeno sulla carta. Senza dubbio molte cose sono
cambiate, come dimostra anche il fatto che i media hanno smesso di
spararle addosso.
L’ attività e la comunicazione dell’Agenzia sono migliorate negli
ultimi due anni, grazie ad una presenza più incisiva sui mercati ed un’
immagine più curata, anche se limitate alle fiere, a qualche evento B2B
in più ed al ricorso massiccio a campagne affissionistiche. Si tratta
però più di facciata che di sostanza; possiamo dire che
è migliorata la componente soft, mentre quella hardware, lascia ancora molto a desiderare.
A partire dal sito, che dovrebbe essere il principale biglietto da
visita di una destinazione. Possibile che il potenziale turista
americano, che vede il display
in Times Square o all’aeroporto di Francoforte, ottenendo le
informazioni basilari su come raggiungere l’Italia, trovi ancora AirOne o
Meridiana, mentre per i treni manca Italo?
Sul
sito, che doveva diventare ecosistema digitale o piattaforma hub, non
se ne parla più, sembra scesa una rassegnazione generale. Una sfida che
nessuno sembra più voler accettare. Così certe campagne perdono molto di
efficacia e consistenza.
Le risorse ci sono: ENIT non è più un carrozzone mangiasoldi.
È radicalmente cambiato anche il conto economico:
il bilancio 2018
ha chiuso con un attivo di quasi 9 milioni, dopo un risultato positivo
di due anni precedenti pari a totale a circa 19 milioni. Il costo del
personale è stato ridotto grazie sopratutto alla soppressione di
posizioni dirigenziali all’ estero, mentre con un processo selettivo
durato quasi due anni sono state immesse nuove risorse. Purtroppo come
si legge nella relazione dei revisori degli ultimi bilanci il risultato
positivo è frutto dell’incapacità di spendere quanto previsto.
Se il contributo statale è utilizzato solo in parte ancora una volta
la colpa è di burocrazia e politica. L’iter di definizione della
convenzione triennale con il ministero vigilante , la sua approvazione
della Corte dei Conti, fa sì che passino mesi, anzi semestri , rendendo
inevitabili i differimenti all’ esercizio successivo.
Putroppo l’ennesimo passaggio di ministero non promette bene.
Un buon segnale viene invece dall’ incremento della voce ricavi per
prestazioni di servizi (ie. a favore di regioni o privati) in linea con
la nuova natura di ente pubblico economico ed obbiettivi di
autofinanziamento, che però resta ancora ben al di sotto delle sue
effettive potenzialità.
Il dimensionamento e le risorse rispetto ai concorrenti.
Nella relazioni dei revisori si evidenzia anche una certa criticità
in tema di carenza del personale, sopratutto amministrativo, ma il gap
con la concorrenza è lampante nella rete degli uffici periferici. In uno
studio di Banca d’Italia datato Dicembre 2018 si legge : “
La
compagine dell’ENIT (108 addetti nel 2017) risulta peraltro
significativamente sottodimensionata rispetto agli analoghi organismi
presenti nei principali competitors europei (Atout France conta 356
addetti; Turespaña e Agència Catalana de Turisme, 461)”.
Prendiamo ad esempio il
Brasile. Un mercato
emergente e di dimensioni continentali, dove l’ Italia è al top delle
destinazioni europee. ENIT è presente solo da una ventina di anni,
mentre prima il mercato era seguito dalla sede di Buenos Aires. Per i
primi dieci anni si è trattato di un’ antenna, cioè una risorsa presa in
prestito dalla camera di commercio italiana (lo schema tutt’ora
utilizzato per l’ apertura di nuovi sedi) .
Solo dieci anni fa ENIT ha costituito il proprio ufficio, che conta
su due risorse, la storica rappresentante e sua sorella, mentre la
delegazione della Spagna, quinta destinazione europea per il mercato, ha
sei risorse.
Il contributo dei tour operator ed agenzie è ancora fondamentale in
Brasile, come in altri mercati emergenti, ecco perché Il marketing della
destinazione non può fare a meno di fare ricorso a strumenti digitali
di formazione quali
webinar e piattaforme di e-learning, oltre a
quelli tradizionali come sales book , guide , cartine o banche di
immagini per i cataloghi.
Non è quindi colpa delle due volenterose signore, oriunde sicilane e
ben conosciute nella comunità italiana, se recentemente in un sondaggio
del più importante travel magazine B2B brasiliano con i trenta maggiori
tour operator del mercato, l’Italia è risultata al primo posto tra le
destinazioni … che dovrebbero fare di più per promuoversi!
50 anni più giovani, ma bravi il doppio.
Se in passato abbiamo guardato alla Spagna, in questo contesto il confronto è con l’Inghilterra, che da alcuni mesi sta celebrando il cinquantenario di
Visit Britain. Più che all’abisso tra Italia.it e visitbritain.com , destinati al cliente finale, ci riferiamo ai rispettivi siti B2B per il trade turistico.
Quello inglese,
a nostro avviso il migliore tra le destinazioni europee, fornisce tutta
una serie di informazioni sulla destinazione e su come approfittare
delle varie iniziative di promozione, oltre ad essere anni luce avanti a
quello di ENIT, anche per quanto riguarda la commercializzazione e
l’autofinanziamento dell’agenzia.
Quest’estate VisitBritain ha lanciato la piattaforma B2B TXGB che
connette hotel ed operatori inglesi con distributori come Expedia o
Booking. Uno strumento ideale sopratutto per i piccoli player
eventualmente sprovvisti di proprio sito, e che permette a VisitBritain
di guadagnare una fee del 2,5 % sulle transazioni, che si aggiunge ai
milioni di sterline fatturati dallo shop on line.
Anche tra i due
site corporativi la differenza è enorme:
visitbritain.org offre una vasta gamma di opportunità, finanziamenti
agevolati , campagne ed iniziative di marketing sia gratis che a
pagamento, oltre informazioni con anticipo di un anno su i vari eventi ,
tra i quali un unico grande appuntamento per i buyer stranieri ( come
fanno anche Germania e Francia).
Lo
spazio dedicato al trade da ENIT
è veramente povero: si basa ancora sul vecchio Club Italia ed un datato
catalogo dei servizi (scaricabile in… pdf). Si sa poco o nulla sui
futuri eventi, mentre la parte istituzionale/amministrativa del sito è
talmente estesa in nome della trasparenza da trovare anche la gara per
la manutenzione degli ascensori della sede centrale!
La comunicazione al trade di ENIT è del tutto autoreferenziale, in
quanto “promuove la sua promozione” e non la destinazione, come invece
fanno le organizzazioni similari di altri paesi attraverso mailing
frequenti e mirate agli agenti di viaggi.
Gli inglesi ci danno una lezione anche per quanto riguarda le
informazioni sui mercati esteri con schede basate sulle statistiche
ufficiali, ma anche sui numerosi sondaggi svolti in collaborazione con
primarie aziende del settore che permettono poi di segmentare i turisti
in base alle loro reali motivazioni ed interessi. Inutile ricordare le
carenze di certe statitiche italiane e dell’attività di
intelligence
dei mercati, ben rappresentate dall’ Osservatorio Nazionale del
Turismo, la cui riforma ciclicamente rimane solo sulla carta dei
programmi.
La conferma definitiva che
il Turismo per gli Inglesi è “una cosa seria”è tutta nel
Tourism Sector Deal lanciato
lo scorso Giugno da Theresa May, dove si fissano obbiettivi per
infrastrutture, occupazione e competenze degli addetti ai lavori ,
sviluppo di nuove zone turistiche e leadership per il turismo MICE.
L’eterna dicotomia stato-amministrazioni locali
L’organizzazione degli enti locali è passata attraverso vari
tentativi di riforma, la prima nel 1960, seguita nel 1983 dalla nascita
delle APT e degli Uffici di informazione e Accoglienza turistica (IAT )e
dall’istituzione dei distretti turistici nel 2001.
Ma è sopratutto grazie alla riforma costituzionale dello stesso anno che il caos regna sovrano.
Oggi, nonostante tutti i buoni propositi, il famoso
fare sistema con le regioni è ancora un traguardo lontano.
Così l’ENIT non solo va alle fiere più importanti( che tra l’altro sono
sempre più disertate dalla concorrenza) con poche regioni nel suo
stand, ma addirittura in quelle meno importanti non è presente, al
contrario magari di distretti turistici (spesso del Sud) che partecipano
grazie anche alla disinvolta gestione dei fondi comunitari.
Le fiere sono solo uno dei tanti momenti di sviluppo delle relazioni
B2B che devono essere mantenute oltre questi eventi, ma l’aspetto più
critico è che se a queste non ci sono le regioni, non c’è materiale
promozionale dell’ Italia! Per fortuna, e per grazia ricevuta, l’Italia
conta su pubblicazioni, immagini o video che, grazie alla sua bellezza
ed attrattività, arrivano per lo più in forma spontanea e gratuita.
Non è una questione di manager o di persone, ma di
sistema. Il presidente attuale ha una comprovata esperienza nel settore. Anche in passato ENIT, tra tanti boiardi e
grand commis incompetenti, o vip come
Matteo Marzotto o
Evelina Christillin,
ha avuto presidenti certamente esperti di turismo, in quanto
albergatori come Corona od Ottaviani, ma anche manager esterni come
Celli o Paoloucci (allora ceo di Microsoft Italia). L’Agenzia ha avuto
dirigenti storici come A. Mariotti o F. Paloscia, esperti autori di vari
libri, ed ai quali si deve la conservazione di dati statistici storici.
Senza scordare il contributo dei membri del Cda, la cui composizione è
variata nel tempo. Nel 2009 i consiglieri erano 17, tra i quali leader
di associazioni di categoria e rappresentanti delle regioni. Dopo la
riforma del 2014 il
board è stato ridotto a solo due membri.
Nell’ultimo triennio facevano parte del Consiglio un manager in forte
ascesa del settore aereo e lo stimato autore del libro “
Turismo Cambiamo Tutto!“,e
tra i dirigenti , anche se per un tempo limitato, ENIT ha potuto
contare sul contributo di una delle maggiori esperte di turismo digitale
.
Eppure anche questi non sono riusciti a cambiare molto, visto che
ENIT continua a fare le stesse cose di sempre ed ancora non riesce a
fare quanto fa la concorrenza. Nell’attuale Cda siede un’altra tra le
più importanti accademiche del turismo in Italia, che, seppure finora ha
mantenuto un basso profilo, si speri possa dare un effettivo e
risolutivo contributo.
Insomma se le competenze individuali non sono mancate in passato come
non mancano oggi, quello che ancora risulta deficitario è l’
output finale di tutto l’apparato.
Il ritorno del MIBACT e la cultura che schiaccia tutto
Il ritorno di ENIT sotto il MIBACT (Ministerodei Beni Culturali) non
fa presagire bene riguardo agli sviluppi desiderabili. Si parla di
riesumare il Piano Strategico Nazionale del Turismo, borghi e cammini
tornano alla ribalta, insieme alla demoetnoantropologia ed al focus
sulle industrie culturali e creative, con buona pace di quelle industrie
turistiche al plurale dell’acronimo iniziale di ENIT .
Non che con il breve intervallo sotto il MIPAAFT (Ministero delle
Politiche agricole) le cose fossero cambiate granché. L’ ex ministro era
partito pieno di buone intenzioni, promesse e volontà di restituire
importanza all’ENIT. Forse non ha avuto tempo di portare avanti i suoi
progetti, ma sul fatto che ci sarebbe riuscito qualche dubbio viene,
pensando all’eccessiva preoccupazione di trovare a tutti i costi la
quadratura tra agricoltura e turismo (tanto da chiedere alla povera
Agenzia di organizzare uno stand alla Fiera del Latte Bovino! ) o
l’insistenza sul sempreverde turismo di ritorno.
Non si vede all’ orizzonte quella svolta che, forse, potrebbe essere
possibile solo con una radicale trasformazione di ENIT, magari in una
società mista pubblico -privata. L’Agenzia deve guardare alla
concorrenza e deve essere messa in grado di lavorare in modo dinamico e
moderno, senza essere frenata o repressa dal ministero vigilante.
Non ci resta che fare i nostri auguri ad ENIT e a tutto il sistema
del Turismo del Bel Paese, sperando che quanto prima si possano
smentire, con i fatti, giudizi così severi come quello pronunciato
qualche anno fa da Dan Peltier di SKIFT:
”Italy is one of the most visited countries yet it´s one of the worst tourism marketers”.
Il Sole 24 Ore