Case sugli alberi trasformate in hotel: dalla foresta ai campi di lavanda ecco le più belle



Un rifugio segreto che ogni bambino ha sognato almeno una volta, magari dopo un litigio con un amico o un rimprovero da parte dei genitori. La casa sull’albero è il regno inespugnabile dell’infanzia, quel “castello” perfetto che molti padri hanno costruito con tanto amore e che ha segnato i primi ricordi indelebili nella mente dei figli. In giro per il mondo, per gli adulti, non c’è più spazio per quei luoghi ristretti dove volare con la fantasia tra le fronde. Oggi esistono dei veri hotel dotati di ogni comfort per trascorrere vacanze lontano da tutto e da tutti.

Le più belle del mondo
 

  • Sudafrica, a due passi dagli animali selvatici: al Pezulu Tree House Lodge di Hoedspruit il contesto è scenografico, mentre nell’aria si sentono i richiami di qualche animale che in lontananza annuncia la propria presenza. Chi giunge da queste parti scopre una cultura antichissima che lega la natura alle tradizioni ancestrali e selvagge. E, nel frattempo, può consumare i pasti a pochi metri da animali che di sicuro non si incontrano tutti i giorni, a cominciare dalle giraffe. Le abitazioni sull’albero hanno tre diverse tipologie, a seconda di quello che offrono. Si può, quindi, scegliere quella con vista tra i colori accesi dell’alba, quella che rende più facile esplorare la fauna del territorio o preferire un tuffo in piscina a poca distanza dal Kruger National Park.
  • Francia, in un castello da fiaba sospeso: un hotel di lusso perfetto per tutti perché permette di fare un vero e proprio viaggio nel tempo. Le Chateaux dans les arbres, in Dordogne, sembra una fortezza extra lusso dove tutto è incantato. Se gli adulti possono godere di una full immersion nella natura, i bambini possono rincorrere le anatre, circondati dalla magia  dei dintorni. Si può scegliere tra diverse tipologie di casa sull'albero e persino quella "sull’acqua". Hanno guglie, torrette, finestre caratteristiche, vasca idromassaggio e sono in tutto cinque. Il Cabane Hautefort è la casa sull’albero più grande della tenuta, dove possono soggiornare un massimo di 6 persone.
  • Italia, la casa sui campi di lavanda: anche nel nostro Paese è possibile trovare delle case sull’albero, soprattutto nel cuore  in provincia di Viterbo e vicino il Lago di Bolsena. La Piantata offre due eleganti alternative che sono la Suite Bleue immersa nella natura, mentre vicino all’esclusiva piscina c’è la Black Cabin. In questo caso, non mancano gli oggetti hi-tech e gli elementi di design.
  • Bali, nella villa di bamboo: si chiama Sunrise House ed è una struttura con vista panoramica dalle finestre circostanti vicino a Ubud. Tra i lussi di questa casa sull’albero, anche la possibilità di contare su uno chef che prepara piatti a seconda dei gusti degli ospiti.
  • Svezia, la casa di design nella foresta: sugli alberi, in questa parte di mondo, la fantasia e la creatività la fanno da padrone. Sono tutti progetti folli che vanno dal nido d’uccello fino al cubo a specchio e diventa persino difficile scegliere quale si preferisce prenotare. Il contesto del Treehotel ad Harads poi, è molto scenografico perché le luci del Nord sono sempre uniche e regalano colore con le loro sfumature.
  • In Canada, nelle sfere di legno sospese nell’aria: case sull’albero sicuramente uniche, quelle di Vancouver. Nell’hotel Free Spirit Spheres si trovano queste soluzioni quasi galleggianti, fissate da tre cavi fissati a diversi alberi che seguono il movimento del vento. L’esperienza è speciale e non si dimentica facilmente.
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Nuovi itinerari in Terra Santa e uno scalo internazionale per il Negev


Percorsi dedicati a Maria e alle donne della Bibbia visitando la città di Magdala in Galilea; Acri, l’ultimo avamposto dei crociati, città di incontro, di dialogo e di spiritualità; il Gospel Trail in Galilea; Zippori con le sue influenze assire, ellenistiche, giudee, babilonesi, romane, bizantine, islamiche, crociate, arabe e ottomane; Haifa, culla dei Baha’i, con il monastero carmelitano di Stella Maris, il convento cattolico costruito sul Monte Carmelo che la tradizione narra fondato su una grotta dove abitò il profeta Elia; i percorsi di spiritualità nel deserto del Negev, quelli a piedi, sulla via di Francesco, alla scoperta dei luoghi che furono percorsi dal santo di Assisi, ricordando l’anniversario degli 800 anni della presenza francescana in Terra Santa; i nuovi percorsi archeologici di Gerusalemme con le scoperte portate alla luce dal paziente lavoro realizzato dalla Israel Anquities Authority. E ancora. Cesarea e Masada.

Sono queste le novità e le proposte inedite presentate a Roma durante l’incontro dedicato alla Terra Santa. E’ stato un importante momento di approfondimento dedicato al pellegrinaggio e al Turismo religioso in Israele promosso dal Ministero del Turismo israeliano in Italia con il patrocinio dell’Ufficio Cei Tempo libero, turismo e sport diretto da don Gionatan De Marco. All’incontro, tenutosi presso l’Istituto delle Suore Orsoline di San Carlo a Roma e realizzato anche grazie al supporto organizzativo del Tour Operator di Roma Istituti Religiosi, ha partecipato anche l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Oren David che ha ricordato il significato del turismo religioso e del pellegrinaggio come momento di dialogo e di reciproca conoscenza.


Sulle tradizioni comuni delle civiltà che si affacciano sul Mediterraneo e su come queste possano rafforzare gli scambi culturali tra popoli ha posto l’accento don Gionatan de Marco, direttore dell’ufficio Cei turismo, pellegrinaggio, tempo libero e sport. Il Mediterraneo quindi come ponte tra le tradizioni dove la Terra Santa è l’apice della ricerca della propria spiritualità: «Chi va in Terra Santa parte come cercatore, si scopre pescatore e ritorna come trovatore». Per il turismo religioso, gli operatori di settore prevedono una crescita del 20 per cento. Un dato questo che, «confidiamo, contribuirà a mantenere il flusso di crescita raggiunto fino a questo momento», ha detto Avital Kotzer Adari, direttrice dell’Ufficio nazionale israeliano del turismo.



Oltre agli 80 voli settimanali che ogni giorno collegano l’Italia con Israele, la Adari ha ricordato infatti gli eccezionali numeri di crescita verso Israele: «Nel periodo gennaio-maggio 2018 si è registrato un aumento complessivo del 41 per cento di turisti rispetto al 2017, fattore che ha contribuito in maniera più che positiva all’economia dell’intera nazione». E non solo. Oltre ai nuovi percorsi di spiritualità, l’ente israeliano ha in serbo delle grandi novità per mostrare il cuore del Paese: il deserto del Negev, la distesa di sabbia e roccia, dune e pietraie, oasi e crateri, che occupa il 60 per cento del territorio di Israele. «Da quest’anno abbiamo iniziato a promuovere il deserto del Negev, un deserto unico al mondo per la sua geologia, la sua storia e la sua archeologia: per il Negev passa la via dell’incenso (patrimonio Unesco) e ci sono poi le chiese bizantine. Una campagna è prevista per la fine dell’anno per l’inverno ma già da qualche mese abbiamo iniziato a lavorare su questa destinazione. Gli italiani adorano il deserto con i suoi paesaggi unici al mondo: non ci sono le classiche dune ma è un deserto scolpito dal vento e dall’acqua, con 48 parchi nazionali, antiche chiese bizantine e insediamenti monastici dei padri della Chiesa». 



E per raggiungere questo, ancora in parte, inedito paradiso dello spirito verrà aperto alla fine di quest’anno un nuovo scalo, l’aeroporto Ramon. Al momento nel deserto è in funzione il piccolo aeroporto di Ovda con due voli a settimana dal nord Italia.

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Fare rete sul Turismo Religioso



Il messaggio lanciato da Antonio Troisi sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 13 luglio scorso agli Enti locali a “fare squadra” sul turismo religioso in Puglia, va condiviso e fortemente sostenuto. Il prof. Troisi ricorda che sin dal 2013 i Comuni di Bari, San Giovanni Rotondo e Monte Sant’Angelo gettarono le prime basi progettuali per la realizzazione di un piano riguardante il turismo culturale e religioso nel territorio pugliese. Al progetto si unì il Comune di Canosa di Puglia. I tre Comuni si impegnarono a promuovere iniziative congiunte tese a valorizzare le tradizioni religiose, culturali e storiche dei rispettivi territori, e programmare interventi con finanziamenti europei attraverso progetti mirati che potessero interessare anche le attività economiche connesse ai pellegrinaggi dei fedeli.
Solo il Comune di Foggia, successivamente, avanzò una richiesta-protesta per aver escluso dall’iniziativa il Santuario dell’Incoronata, meta di migliaia di pellegrini che, attraverso una devozione antichissima, raggiungono il Santuario per rinnovare i tradizionali sentimenti di fede.
E il Comune di Lucera?! Sembra che non sia stata presa alcuna iniziativa concreta al riguardo.
STRABISMO CULTURALE - Bisogna riconoscere che si è fatto poco o niente in questo particolare settore, che potrebbe essere la principale fonte reddituale per la nostra disastrata economia. Si tratta di vero “strabismo culturale” che non può indurre alla rassegnazione.
Occorre anche ammettere che per realizzare un valido piano progettuale, che dia la possibilità a tanta gente di visitare le bellezze artistiche e monumentali di cui la nostra terra è ricca, necessitano mezzi e strumenti, ma soprattutto uomini capaci, sorretti da una concreta volontà politica.
FARE RETE – Sul turismo religioso in Puglia e nella Daunia in particolare, tuttora le iniziative tendono a muoversi in ordine sparso, sebbene sia il Comune di San Giovanni Rotondo,  per la rilevante notorietà di San Pio da Pietrelcina, a dare un forte impulso e fare da capofila,  unitamente al Comune di Monte Sant’Angelo, per il Santuario di San Michele. Tuttavia le aspettative sono alquanto deludenti, come è stato riportato sulla Gazzetta del 16 luglio dagli operatori del settore della città dell’Arcangelo.
Bisogna quindi “fare rete” e coinvolgere anche quelle Istituzioni ed Enti che hanno tutto l’interesse per la tutela e la promozione di attività legate alla valorizzazione delle bellezze culturali e storiche dei loro territori.
E’ necessario  costruire ponti… come ripete Papa Francesco! In primis la città di Lucera, che primeggia per le sue bellezze artistiche e monumentali, finora rimasta fuori da ogni fattiva iniziativa, dovrebbe scuotersi! Infatti, la città federiciana non può rimanere nell’ombra con  le sue antiche chiese in stile barocco, la sua Cattedrale (1300- 1311) di architettura gotico-angioina, la Basilica Santuario di San Francesco (1301) di stile gotico-romanico. Lucera, oltre ad essere “Città d’Arte” per i suoi stupendi palazzi gentilizi, le sue piazze tra cui primeggia Piazza Duomo con  il Palazzo Vescovile e  l’annesso ricco Museo diocesano, la fortezza Svevo-Angioina (1200), l’Anfiteatro romano ( I sec. a.C.), il meraviglioso Teatro Garibaldi, etc., può essere considerata anche “Città dei Santi” per aver dato i natali a San Francesco Antonio Fasani (1681-1742), canonizzato da Papa Giovanni Paolo II nel 1986; a Genoveffa De Troia – Venerabile, al Servo di Dio don Alessandro De Troia, alla Serva di Dio Rosa Lamparelli.
Inoltre, a Lucera giacciono le spoglie dell’indimenticabile Padre Angelo Cuomo – Servo di Dio – per il quale è in corso la causa di beatificazione, del Beato Fra’ Giovanni da Stroncone (1350-1418) sepolto nella Chiesa di San Salvatore.e del Beato Agostino Casotti, croato, che fu Vescovo della città nel XIV secolo. Fa piacere che il nostro vescovo Mons. Giuseppe Giuliano abbia intitolato la “Scuola delle Cattedrali” al Beato Casotti: un chiaro messaggio per la cultura lucerina per lungo tempo in letargo! 
Come ha recentemente affermato il ministro dell’Agricoltura e del Turismo Gian Marco Centinaio, “Il turismo è il petrolio dell’Italia...”. 
Per il nostro territorio il turismo è ancora più importante in quanto, mai come ora, necessita di nuovi investimenti e posti di lavoro. E’ ora che la Politica faccia davvero la sua parte nell’interesse di questa terra, per lungo tempo rimasta orfana, senza cioè aver avuto una minima tutela necessaria per lo sviluppo delle infrastrutture e per l’incremento occupazionale. Anzi continua a subire scelte irrazionali, come è successo con la soppressione del Tribunale ed il notevole ridimensionamento dell’Ospedale. 
Nicola Chiechi
Già Direttore del Centro Culturale Cattolica
Diocesi Lucera – Troia 
(Luceraweb – Riproduzione riservata)

L’Emilia-Romagna investe ancora sul turismo religioso



Messi in sicurezza e ripristinati tre importanti cammini religiosi. Salgono a 14 le vie di pellegrinaggio in regione per un totale di 2mila chilometri di percorso
Con l’ulteriore stanziamento di 93 mila euro per la messa in sicurezza e la riqualificazione di tre percorsi religiosi, la rete regionale dei cammini dell’Emilia-Romagna sale a 2mila chilometri percorribili in 14 cammini e vie di pellegrinaggio, interessando 100 Comuni da Piacenza a Rimini.
Le nuove riqualificazioni riguardano la via Romea germanica a Forlì-Cesena, il cammino di San Vicinio nel territorio tra la medesima provincia e il riminese e la via degli Abati in provincia di Parma. Sulle prime due insistono 90mila euro che serviranno alla sistemazione di diversi tratti dei sentieri, alla ripulitura e messa in sicurezza di argini, all’allargamento delle banchine stradali per consentire il passaggio sicuro dei pedoni e al miglioramento della segnaletica. Gli interventi saranno coordinati dall’Unione dei Comuni della Valle del Savio.
I rimanenti 3mila euro, gestiti dal Comune di Bardi, consentiranno la messa in sicurezza del ponte sul rio Chiastroni sulla via degli Abati.

Questa particolare nicchia del mercato turistico è molto importante per la Regione Emilia-Romagna. Sul circuito regionale, promosso dall’Apt, l’Agenzia di promozione turistica dell’Emilia-Romagna, esercitano 24 operatori turistici specializzati nell’offerta di 34 pacchetti a tema: escursioni giornaliere a piedi o in bicicletta, soggiorni nella natura, luoghi di culto e antiche pievi e borghi storici. Su questo tema è di recente avvio il progetto Lover, in collaborazione con la Lombardia e il Veneto, che si basa sul turismo esperienziale e ha lo scopo di valorizzare e recuperare gli antichi tracciati devozionali delle tre regioni, per incrementare l’accoglienza e promuovere iniziative culturali e turistiche.
Inoltre l’Emilia partecipa con altre sei regioni - capofila la Toscana, poi Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio e Valle d’Aosta - alla candidatura della più famosa tra le vie dei pellegrini, la Via Francigena, a Patrimonio Unesco (World Heritage List). Il protocollo tra le sette regioni è stato siglato nel marzo 2017. Attualmente (luglio 2018) è in corso una specifica attività tecnico-scientifica finalizzata all’inserimento del tratto italiano della Via Francigena nella cosiddetta Tentative list UNESCO presso il MiBACT.
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