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Festival Internazionale Musica da Camera - Clarinettissimo oggi 10 agosto a Tortorici (ME)

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per dormire:

AGRITURISMO LE DUE PALME C.da Pullo, 11 - 98078 Tortorici (ME) Tel. 0941 430778 
Cell. +39 320 8288480 -333 7329944 -329 4332661

Tortorici. Notevole successo per il concerto jazz di Teo Ciavarella e i solisti dell'Alma Jazz Orchestra

Un trionfo di pubblico, ieri sera, nella splendida cornice della villa Falcone - Borsellino per i solisti dell'Alma Jazz Orchestra di Bologna.

L'intenso verde della vegetazione circostante, le antiche costruzioni del centro storico ed il clima frizzante, che solitamente accompagna le serate estive di Tortorici, hanno creato un perfetto scenario per Teo Ciavarella e la sua orchestra che ha eseguito brani di Gershwin, Antonio Carlos, Jobim, Bruno Martino, D’Anzi, Simonas, Steele, Riccardo Del Turco, Luis Miguel e David Weissi.

A completare la magica atmosfera, la calda voce di Agata Leanza, (siciliana d'origine) e che in occasione di un provino a Bologna ha musicalmente innamorato Teo Ciavarella.

L'orchestra, che ha accolto con piacere l'invito dell'Amministrazione comunale di Tortorici, si è complimentata per la perfetta organizzazione dell'evento, e ha esaltato la bellezza e l'adeguata

acustica della location scelta per l'occasione e che sicuramente, visto il successo, sarà in futuro utilizzata per altri concerti.

L'evento fa parte del cartellone del festival internazionale di musica da camera, che avuto avvio il 17 luglio scorso e si concluderà con gli ultimi due concerti nella chiesa Batia il 10 e il 15 agosto prossimi con i Clarin Opera Ensemble di Roma ed il Quartetto Enesco di Parigi.

fonte: tempostretto.it

Albi, la porta del paradiso

Da poco patrimonio dell'Umanità Unesco, la città del sud della Francia riflette la sua storia di baluardo della cristianità. Dalla cattedrale di Santa Cecilia ai mercati, alle case a graticcio al museo Toulouse-Lautrec, eccola
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CULTURA
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Il paradiso è più vicino che mai. In questo caso si trova ad Albi, in Francia, a meno di 60 chilometri da Tolosa, nel profondo sud. Il suo nome è passato alla storia. All'inizio del 1200, ricevette le attenzioni di Papa Innocenzo III, che lanciò una crociata contro gli eretici, nel 1277 venne costruita la cattedrale di Santa Cecilia in onore della martire che rifiutò di rimanere vergine nonostante la religione cattolica glielo impedisse, anni dopo venne fortificato il Palais de la Berbie, poi la chiesa di S. Salvi, il ponte vecchio ed in fine uno scriptorium, grazie al quale la città divenne in un batter baleno un prestigiosissimo centro culturale, punto di riferimento per tutta la Francia meridionale. Ecco perché, l'Unesco ha da poco deciso di dichiarare Albi patrimonio mondiale dell'umanità. Selezionata da una super lista di trenta luoghi, la cittadina di poco più di 51mila abitanti circa, rappresenta il "the best of" della cultura. Una cartolina meravigliosa, quella di Albi, frutto dell'architettura e del patrimonio culturale di cui dispone. Ma non solo.

Papa Innocenzo III ha fatto della città anche un luogo di memoria. Le decine di migliaia di morti caduti durante la crociata appartengono infatti ormai alla storia. Alla stessa storia che ha lasciato ad Albi le antiche case a graticcio, i vicoli stretti e labirintici, il castello che ospita il museo Toulouse-Lautrec, il chiostro della collegiata di S. Salvi, ornato con capitelli romanici e gotici.

Dei tempi antichi, ad Albi, è stato conservato tutto. La Cattedrale di S. Cecilia testimonia, per esempio, la fede cristiana ma rappresenta in ogni particolare l'arte gotica meridionale. La Cattedrale è la più grande costruzione di mattoni al mondo e faceva parte del sistema difensivo della città che, insieme al Palazzo de la Berbie, avrebbe dovuto poter proteggere tra le sue mura più di 6.000 albigesi. Il Palais deve il suo il nome ad una deformazione dell'appellativo Bisbia che, in francese, significa évêché (vescovato). L'edificio è organizzato, ad ovest, attorno ad un locale adiacente alla torre feudale di Saint-Michel, sede del tribunale e delle prigioni ecclesiastiche. Rispetto al progetto originale, a distanza di secoli, il palazzo è stato ristrutturato molte volte. Ma se lo si osserva dal Ponte Vecchio (Pont Vieux) ancor oggi utilizzato dopo un millennio dalla sua costruzione, niente sembra esser cambiato.

Il Palazzo continua a conservare la sua essenza antica e ad essere espressione di una potenza incontestabile: quella dei vescovi d'Albi. Accanto alla struttura, un giardino in stile francese accompagna i turisti lungo il passaggio pedonale, rende più "dolce" l'aspetto"massiccio" del fortino de la Berbie e accompagna i curiosi verso il palazzo episcopale, edificato nel tredicesimo secolo e abbellito con un'esposizione permanete del pittore Henri de Toulouse-Lautrec. Quella custodita ad Albi è la più importante collezione al mondo.

Non solo cattedrali, architetture antiche e dipinti. Albi è famosa per i suoi mercati coperti. Nel 1901, il consiglio municipale della cittadina lanciò un concorso per la loro costruzione. Il bando fu vinto da Monsieur André Jules Michelin, il futuro inventore dei pneumatici. Tutto un quartiere venne rasato al suolo. Oggi, il mercato coperto di Albi è un'enorme struttura in ferro che contiene 25 boutiques, 10 salumerie, 10 pescherie e 115 negozi tra maraîchers (dove si comprano le verdure), fruttivendoli e formaggerie. Nei pressi del mercato sorge la zona industriale. La Voa (Verrerie Ouvrière d'Albi) è la fabbrica più grande della città. Lì si tratta il vetro. Ma non solo. Da quella zona passano tutte le nuove tecnologie di riciclaggio. Anche quelle inedite che, una volta sperimentate, vengono diffuse nel resto della Francia.

In vacanza seduce l'italiano

Quali sono le curiosità più piccanti di quest’estate? Quella più interessante per noi è che l'italiano è stato eletto come la lingua più sexy per i turisti di tutta Europa.

“Ich liebe dich”? Meglio “Ti amo”
Francesi (31%), spagnoli (15%) e inglesi (23%) non hanno dubbi: è l’italiano l’accento più sexy dell’estate 2009. Per gli italiani (23%) invece è lo spagnolo l’accento più sensuale, seguito a brevissima distanza dal francese (22%).

Il tedesco conquista invece il primissimo posto fra gli accenti meno afrodisiaci, in grado di far perdere la libido alla maggioranza dei vacanzieri (al 35% dei francesi, al 34% degli spagnoli, al 28% degli italiani e al 22% inglesi). Anche l’accento cinese non riscuote il plauso dei viaggiatori europei, che lo votano al secondo posto fra gli accenti meno sexy (italiani 7%, spagnoli 4%, inglesi 11%).

Roma, la nuova “Mecca” italiana dell’Amore.
Invitati a ricordare le città italiane dove hanno trascorso i momenti più “caldi” con il/la proprio/a partner, i turisti europei hanno assegnato a Roma (18%) l’oscar fra le città italiane più romantiche.
A seguire Venezia (10%) e Firenze (9%), Milano (8%) e Rimini (7%), rispettivamente al quarto e al quinto posto. Vicenza e Ancona – votate a pari merito dall’1% dei rispondenti – sono invece fra le città meno favorevoli agli influssi di Cupido....

Cupido italiano

Passione d’estate: Inglesi al top, italiani fanalini di coda.
Tre turisti europei su quattro partiranno per le vacanze estive in compagnia del/della fidanzato/a e si prepareranno a trascorrere una vacanza davvero “hot”: l’effetto Viagra colpirà soprattutto i turisti inglesi (83%), che aumenteranno la frequenza dei momenti di intimità da vivere in coppia, seguiti dai francesi (62%), dagli spagnoli (60%) e, a sorpresa, dagli italiani (56%), fanalino di coda fra gli amanti in trasferta. E se i più disinibiti in vacanza sono i turisti francesi (55%), nella classifica dei più spregiudicati seguono gli inglesi (54%), gli italiani (48%) e gli spagnoli (47%).

Mai dire “flirt”
Gli italiani dichiarano nel 70% dei casi di aver avuto almeno un flirt durante le vacanze, seguiti rispettivamente dai francesi (62%), dagli inglesi (57%) e dagli spagnoli (52%). Unanimi nel riconoscere la maggiore facilità di allacciare nuove relazioni in vacanza, i rispondenti ricordano però che solo raramente i loro flirt estivi sono sopravvissuti nel lungo periodo (25% italiani e spagnoli, 38% francesi e 34% inglesi). E a questo proposito non possiamo fare a meno di parafrasare Groucho Marx, noto attore e comico statunitense, affermando che “in vacanza amo è la parola più pericolosa per il pesce e per l’uomo”.

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Chi va al mulino s'innamora

Eleganti, sperduti o diroccati: stanno diventando case per vip o di chi vuole cambiare vita
ROSELINA SALEMI - lastampa.it

MILANO
Nel mulino che vorrei, tanto per parafrasare il tormentone pubblicitario, ci sono quattro camere e cucina, tre bagni, una piscina e un bel prato. Optional: vista mare, anatre, istrici, ippocastani, torrenti incontaminati con trote. Beh, se volete un mulino, accomodatevi perché è il momento giusto per comprarne uno, ce ne sono in vendita 250, di tutti i tipi e di tutti i prezzi, da Milano a Pantelleria, da 24mila a cinque milioni di euro, e stanno scatenando un curioso fervore (il catalogo completo è su Immobiliare.it). Il loro tempo è finito, o forse sta per cominciare. Niente più farina, ma loft e agriturismo. O grandi alberghi, tipo il Molino Stucky Hilton. Costruito a Venezia, alla Giudecca, sulle rovine del convento di san Biagio e Cataldo, produceva 50 tonnellate al giorno: la sua storia è finita nel 1955 e ricominciata nel 2007, a cinque stelle. Sono rimaste le travi imponenti, i soffitti a forma di silos, le torrette appuntite e nella Penthouse Tower, il mosaico originale con Demetra, dea della mietitura.

Piace, il mulino, soprattutto ad acqua, perché evoca immagini di felicità nutrite da anni di spot, sogni di autarchia energetica, desideri di fuga. E ha più appeal di una villetta a schiera. Qualche volta conserva addirittura un pezzo di storia, che ha resistito alle ristrutturazioni avide e alle follie degli architetti. Uno, in vendita a Milano, (a Cassinetta di Lugagnano sul Naviglio Grande), è appartenuto alla famiglia Visconti: il meccanismo e le pale sono state progettate, si favoleggia, da Leonardo da Vinci. Costicchia, però: cinque milioni di euro. Un altro, a Licciana Nardi (Massa Carrara) risale al diciassettesimo secolo e porta ancora gli stemmi dei Marchesi Malaspina. Poi c'è quello di Monteriggioni (Siena) bella città «di torri incoronata», citato nel catasto napoleonico. Prezzo appropriato al rango: un milione e 400mila euro.

Ma seguendo il filo rosso dei mulini, qualcuno ancora attivo, qualcuno in cerca di un aspirante mugnaio, e non se ne trovano (a Castel Focognano, Arezzo, la ristrutturazione è già stata finanziata, e nessuno si fa avanti) molti chiusi, in attesa di un innamoramento fulmineo che li salvi dalla demolizione, si scopre un'Italia incantevole e minimalista. Certi annunci sono poetici. Descrivono i cedri, le civette, le lastre di arenaria e le tegole marsigliesi del tetto (a Badia Tedalda, Arezzo: viene voglia di trasferirsi subito). A Verghereto (Forlì) c'è un mulino recintato a prova di lupo, a Folgaria (Trento) il torrente privato è nel pacchetto tutto compreso, a Sorgà (Verona), la costruzione cinquecentesca e la perfetta ruota che gira sull'acqua, sono da cartolina. Definito «un posto da gnomi». Nel senso che non sarebbe strano incrociarne uno.

Il più chic è sull'Argentario e ha, com'è ovvio, tutto: mare, giardino, ruscello, terrazze. Per incontentabili. Il più conveniente, un saldo, è in provincia di Vercelli, messo un po' male, d'accordo, ma che cosa pretendete per 24mila euro? Il proprietario assicura che è sistemabile e lo consiglia «per le grigliate con gli amici o per pescare le rane». Il più originale è un dammuso a Pantelleria destinato a finire, per mezzo milione di euro, nelle mani dei rural-chic che frequentano la corte di Carole Bouquet o Giorgio Armani.

Non manca il filone degli ecologisti duri e puri che pensano al risparmio energetico, alla slow economy tanto invocata. A Nizza di Sicilia (il sogno di Taormina è appena a dieci chilometri) e a Piorarco (Macerata, ai confini con l'Umbria) l'investimento sposa la sostenibilità. I due mulini, che producono energia pulita, sfiorano orgogliosamente l'autosufficienza. Nizza offre il sole, il mare non lontano e due terrazze con vista. Prioarco è immerso un parco di 20mila metri quadrati punteggiati di laghetti, dove la caccia è vietatissima, perciò incontrate più facilmente volpi veloci come nei cartoni animati, faine furbissime, cinghiali e tassi, che esseri umani. Lo prendete a 450mila euro, il prezzo di un appartamento.

Ma chi abita in posti così? Non solo artisti, misantropi e collezionisti di seconde case. Sempre più gente, come quella affascinata dall'ecovillaggio (www.ecovillaggiosolare.it) di Jacopo Fo nel cuore dell'Umbria, si lascia tentare. Uno dei primi è stato Franco Cologni, lunga storia come top manager di Cartier, oggi anima della Fondazione «Mestieri d'arte» che porta il suo nome. Il «Mulino delle anatre», dove vive, è un angolo delizioso nel parco del Ticino. La costruzione è del 1815 (c'è scritto sul pilone) e lui l'ha cercata, da milanese, «per un desiderio di integrazione completa» con il paesaggio che gli era familiare. Adesso è l'ora dei giovani professionisti. Andrea Galli e Mirella Rossi, ingegneri informatici, abbandonano felici la città. Nel loro progetto ci sono «bambini, galline e wi-fi». Cercano un mulino in Lombardia (e sul mercato ce ne sono almeno 20). Magari non sarà Bianco, non sarà sul Po letterario di Riccardo Bacchelli, non sarà a vento (dimentichiamo don Chisciotte). Però sarà il loro mulino. Proprio come nella pubblicità.

DUE STILI DI VACANZA E UNA SENSIBILITÀ PERDUTA. In vetta bando alle mode la montagna ci indica Altro

 GIORGIO PAOLUCCI  - avvenire.it
 M
ai come in questi giorni le montagne sono affollate. Alberghi, ristoranti, rifugi, malghe, sentieri brulicano di turisti. E può persino capitare di dover fare la coda per salire su una cima. La montagna è sempre di più oggetto di un consumo di massa, e negli anni si è andata smarrendo la valenza profondamente educativa che racchiude in sé. Sono tante le tribù che in questi giorni si muovono in alta quota. C’è la tribù degli arrampicatori che concepisce la montagna come palestra dell’estremo e sfida alle capacità umane. C’è la tribù della funivia e della seggiovia che riduce al minimo indispensabile lo sforzo fisico, considerando la fatica fisica necessaria per raggiungere una meta come un incidente di percorso da ammortizzare con ogni mezzo a disposizione. E c’è la tribù della polenta col capriolo da mangiare nella malga 'à la page', per poter vantare con i colleghi in ufficio un tuffo nelle tradizioni locali.
  Turismo di superficie, al quale spesso tengono bordone le manifestazioni organizzate nelle località di villeggiatura, che finiscono con il proporsi come occasione di consumo e di business, più che come spunto per tornare a guardare la montagna per quel che vale. Già, il guaio è che siamo sempre meno capaci di uno sguardo adeguato, non possediamo più una mente e un cuore capaci di gustare la bellezza del creato, riverbero di una più grande Bellezza.
  Camminando lungo i sentieri, non mancano i segni che rimandano ad Altro: i colori di un fiore, l’eco
di un torrente, il rapace che si libra sulle nostre teste, la marmotta che ci scruta di lontano, le nuvole che rincorrendosi nel cielo svelano o celano ai nostri occhi la magnificenza di una vetta. E le centinaia di croci piantate nei secoli sulle cime dei monti, testimonianza silenziosa di un sacrificio che ha dato nuovo significato alla morte e alla vita.
  Sono i caratteri di un alfabeto che molti tra coloro che passano le vacanze in alta quota non sanno più leggere. Portando ai piedi la scarpa da trekking ultimo grido, saliamo e scendiamo per i sentieri incapaci di cogliere il significato di ciò che incontriamo.
  Informatissimi e profondamente ignoranti, ci crediamo padroni della realtà e siamo estranei a ciò che le dà senso. Abbiamo perduto i 'fondamentali', ma c’è ancora la possibilità di recuperarli se impariamo a guardare le cose con occhi nuovi. La montagna, con la sua maestosità, ci educa a capire quanto è piccolo l’uomo, è il segno che più potentemente di altri ci rimanda ad Altro, ci suggerisce che c’è un Mistero che fa tutte le cose. «Queste montagne suscitano nel cuore il senso dell’infinito», diceva un alpinista vestito di bianco, Giovanni Paolo II, che ha trascorso molte ore delle sue vacanze sui sentieri della Val d’Aosta e delle Dolomiti.
  L’imponente bellezza della natura che si offre ai nostri occhi distratti ma ancora capaci di coglierla, favorisce il rinnovarsi della domanda sull’essere, sull’ordine e l’armonia che presiede la realtà, desta quell’esperienza elementare di cui ogni uomo è capace e che si chiama senso religioso. È una grande palestra di vita e di umanità, la montagna. Proviamo a riscoprirla con occhi nuovi, impareremo di più chi siamo.