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Ecco i migliori museum restaurant e caffè per la bella stagione

di Daniela Giammusso

Menù stellati o brunch veloci, all'insegna di Leonardo o del design d'avanguardia, con vista sul Tamigi o tra i grattacieli di New York. L'arte si gusta anche così, tra una mostra e una pausa nelle più belle caffetterie e ristoranti dei grandi musei, che con la bella stagione scoprono terrazze, serre e giardini pensili. Che siate gourmant, esperti d'arte o semplici viaggiatori, ecco qualche consiglio per una pausa al sole.

    MILANO - Alla vigilia dell'Expo, la Triennale di Milano, che in questi giorni ospita la mostra ''Arts and Foods'', ha restaurato la sua Terrazza panoramica. Il progetto, firmato dallo Studio OBR, l'ha trasformata in una serra trasparente completamente apribile, immersa nel verde di Parco Sempione e con vista sull'intero skyline della città. Il menù stellato è dello chef Stefano Cerveni. All'ombra del Duomo, invece, ci si può tuffare nelle atmosfere Art Decò di Giacomo Arengario, il ristorante del Museo del Novecento, con dehor nella loggia sulla piazza. O a Palazzo Reale, dopo l'omaggio a Leonardo, meritata la pausa tra gli alberi del suo Caffè letterario.

ROMA - Se siete nella capitale per la prima volta, tappa d'obbligo ai Musei Capitolini per il Marc'Aurelio e la Lupa con Romolo e Remo, ma anche alla Terrazza Caffarelli curata da Relais le Jardin, con vista fino alla cupola di S. Pietro.
    Panorama sui Fori invece dalla Caffetteria sulla Terrazza delle Quadrighe del Vittoriano. Break d'autore a Palazzo delle Esposizioni, che nella Serra ospita OpenColonna, ristorante tutto vetri dello chef Antonello Colonna. Tra Sironi, Burri e Carrà, molto in voga il Caffe' delle arti alla Galleria d'Arte moderna, bellissimo edificio di inizio Novecento nel verde di Villa Borghese. Abbronzatura inclusa nel prezzo. E ancora, aperitivo tra le Sibille di Raffaello nel bistrot del loggiato superiore del Chiostro del Bramante o cena romantica sul Tevere a Le Terrazze in cima al Museo Nazionale di Castel S. Angelo.

FIRENZE e VENEZIA - Dopo un giro tra Giotto, Botticelli, Michelangelo e Raffaello, agli Uffizi il caffè si prende sul terrazzo sopra la Loggia dei Lanzi, a un palmo di naso dalla Torre di Arnolfo. Alla Collezione Peggy Guggenheim di Palazzo Venier dei Leoni a Venezia, che questa primavera racconta l'arte di Jackson e Charles Pollock, si può prendere uno spuntino veloce al Museum Cafè con veranda sul Giardino delle Sculture Kasher. O optare per il ristorante sulla terrazza Marino Marini, tra le gondole del Canal Grande e una vista che va dal ponte dell'Accademia a San Marco.

TORINO - Il più celebre Restaurant-Museum della città è il Combal.zero del Museo d'Arte Contemporanea di Rivoli, due stelle Michelin e tre forchette Gambero Rosso, grazie al talento dello chef Davide Scabin. Con la bella stagione, al Museo Nazionale della Montagna si pranza nel giardino alberato del Ristorante Monte dei Cappuccini. Ed è un tripudio di colori e profumi il raffinato Caffè degli Argenti della Reggia di Venaria, con terrazza sui Giardini del Gran Parterre e marmellate del Potager Royal dello chef Alfredo Russo.

NEW YORK - Non è solo il Museo di arte moderna più celebre al mondo. Il Moma vanta anche uno dei bar-ristoranti più cool di Manhattan. E' il The Modern, sul giardino delle sculture del museo e molto frequentato dalle celebrities. Qui lo chef Abram Bissell ha vinto una Stella Michelin e tre dal The New York Times, con un menù che cambia sempre, perché, dice ''Il cibo è vita. E la vita non sta mai ferma''. Vista mozzafiato e atmosfera informale, invece, al Roof Garden Café and Martini Bar del Metropolitan, quinto sopra la Galleria europea, per uno snack addirittura seduti sul prato.

A SPASSO PER L'EUROPA - Cosa c'è di meglio di un tè a Londra? Un tè nel suo museo più celebre, la Tate Gallery, che fino ad agosto ospita le personali su Sonia Delaunay e Marlene Dumas. Al quinto piano, la terrazza tutta vetri del Tate Modern Restaurant offre lunga lista di dolci, premiata carta dei vini del sommelier Hamish Anderson e affaccio sul Millenium Bridge. A Parigi, sul tetto del Centre Pompidou, Le Georges ha scalato le classifiche dei ristoranti grazie a Chateaubriand e vista da cartolina su Notre Dame e Tour Eiffel. A Lisbona, al Centro Cultural de Belém, si rischia di dimenticare il resto del mondo seduti al bar Terrao sul fiume Tago o tra gli ulivi del ristorante Jardim das Oliveiras. E ancora, terrazza sul Bosforo per l'Istanbul Modern Restaurant, gioiello della capitale turca.

FASCINO D'ORIENTE - Se vi siete spinti fino in Giappone, il Tokyo National Museum, oltre alla sua sterminata collezione d'arte asiatica, offre cucina internazionale all'Okura Garden Terrace. Ma potete anche chiedere un take away e trovare un posto all'esterno, tra i ciliegi del Parco di Ueno, dove i Tokyoti vengono a mangiare, ridere e cantare, in piena tradizione hanami.
   
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In giro per il 1 maggio: 10 idee dalla birra alle terme

Ammirare le bellezze della natura, partire per un week end alla scoperta delle feste tradizionali in Scandinavia, dedicarsi all’arrampicata in montagna: per il ponte del primo maggio ce n’è per tutti i gusti e per tutti i portafogli, dal viaggio oltreconfine all’iniziativa gratuita in città. Ecco dieci idee dove trascorrere la festa dei lavoratori.

Natura e colori – Gli splendidi giardini sul lago di Como (Villa Carlotta a Tremezzo, Villa Melzi d’Eril a Bellagio, Palazzo Gallio a Gravedona e Villa Monastero a Varenna) accolgono i visitatori con “Camelie sul Lario”. In particolare, la protagonista di Villa Carlotta è la Camellia sinensis, la pianta dalla cui foglie si ricava il tè: “L’ora del tè fumante”, questo il titolo dell'iniziativa, preso in prestito dalla poesia di Paul Verlaine “Nell’adorata attesa”, che prevede laboratori, esposizioni e percorsi olfattivi. Anche a Villa Monastero, oltre alla collezione di camelie storiche, ci sarà una mostra di antichi servizi da tè e, in relazione al tema di Expo 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, presenterà un approfondimento legato al consumo del tè, del caffè e della cioccolata nel corso dei secoli.

Percorsi Enogastronomici – Tra i borghi più belli d’Italia cominciano già a sentirsi i profumi delle prelibatezze locali: a Treia, in provincia di Macerata, è in programma la “Magnalonga”, una passeggiata enogastronomica che permette ai partecipanti di sostare nei punti di ristoro con assaggi di prodotti tipici della tradizione locale, conciliando l'attenzione a prodotti alimentari di qualità con l'interesse per il paesaggio ed il rispetto dell’ambiente. A Cison di Valmarino, “Assaporando Cison” prevede un goloso viaggio tra i sapori del territorio trevigiano, guidati da oltre sessanta espositori. Tenere, fresche, gustose e coloratissime saranno anche le “Primizie di primavera": un itinerario di piacere e di sensazioni nel borgo medioevale di Brisighella, nel cuore dell’Appennino tra Firenze e Ravenna, porterà alla scoperta delle verdure e dei legumi che si risvegliano dopo il lungo gelo invernale.

Terme libere - Oltre ai lussuosi stabilimenti termali ci sono una serie di terme naturali e vasche libere dove immergersi e godere del relax è completamente gratuito. Nella baia di Sorgeto, nell’isola di Ischia, le sorgenti di acqua termale formano delle piscine marine naturali. Sono a ingresso libero anche le terme Carletti, nel viterbese, e a Saturnia, in provincia di Grosseto, sulla strada che da Scansano conduce a Manciano. Se la balneazione nella vasca centrale del paese è vietata, anche a Bagno Vignoni, antico borgo di pietra nel comune di San Quirico d'Orcia, in provincia di Siena, ci sono terme libere: ci si può immergere nei canali che percorrono il Parco dei Mulini dove è stata costruita anche una piscine che raccoglie le acque termali.

All’insegna dell’adrenalina – A Gardaland il primo maggio è la giusta occasione per sperimentare l’Oblivion - The Black Hole, il primo dive coaster in Italia e il più lungo in Europa. Con un’altezza di 42,5 metri, un percorso lungo ben 566 metri, una velocità che sfiora i 100 chilometri orari e una discesa in picchiata verticale, la nuova attrazione del parco divertimenti sorge in un’ area di ben 13.000 metri quadrati. Effetti speciali, suoni, giochi di luce e innumerevoli LED screen di ultima generazione accompagneranno i temerari lungo il percorso, ricco di test e prove, che li condurrà verso il viaggio a bordo dello “shuttle” Oblivion. Per un centinaio di secondi di pura adrenalina il contatto con la realtà svanirà: attraverso capovolgimenti, torsioni a testa in giù e rotazioni a 360° si avrà l’impressione di essere risucchiati in una “spirale”.

Hobby e artigianato – Gli appassionati della manifattura si ritrovano a Piazza Ghiaia, a Parma, dove il tradizionale mercatino dell’artigianato festeggia il primo maggio offrendo la possibilità di passeggiare tra creazioni di artigianato artistico con i maestri della lavorazione dei materiali naturali. Un mercatino variopinto e curioso con espositori provenienti da tutta Italia che propongono ai visitatori le loro realizzazioni e creazioni più originali a cui si affiancheranno hobbisti e artisti dell’ingegno. Dall’oggettistica (cuscini e tende ricamati a mano, anfore decorate, quadri su legno, candele create con materiale di riutilizzo), alla bigiotteria e agli accessori (gioielli in pietra dura, amuleti e spille in ardesia, creazioni in pasta di fimo, foulard impreziositi, sciarpe e cappelli di lana, borse in cotone e patchwork), dai profumi naturali per l’ambiente ai prodotti di cosmesi naturale.

Arrampicata nel borgo - A Cusano Mutri, in provincia di Benevento, sono in programma tre giorni dedicati a sport e natura con la prima edizione della “Festa dell’Arrampicata e dell’attività di montagna”. Competizioni e dimostrazioni sportive vedranno protagonisti atleti professionisti e semplici appassionati esibirsi su tracciati che si svilupperanno sul territorio di Cusano Mutri ma anche all’interno del centro storico dell’antico borgo medievale: i percorsi interesseranno arredi urbani, portali, architravi, muri e colonne e tutto ciò che è arrampicabile. Il free climbing rappresenta infatti per il territorio di Cusano Mutri, data la presenza di numerosissime pareti rocciose e gole concentrate in un’area relativamente ristretta, una delle principali attività outdoor del territorio.

A tutta birra - All'interno dei Giardini Margherita di Bologna il “Garden beer” è la giusta occasione per rilassarsi in compagnia di una birra. Dalla mattina fino alla mezzanotte, tre birrifici del territorio faranno assaporare i propri prodotti artigianali e racconteranno al pubblico i procedimenti di elaborazione della birra tra spettacoli di artisti di strada e musica live. Non mancheranno le specialità tipiche della tradizione regionale, dalle tigelle bolognesi alle piadine di filiera romagnola certificata, proposte con abbinamenti mirati alle birre presenti. Un primo maggio in città senza farsi mancare nulla: buon cibo, birra di qualità e intrattenimento musicale.

Musei aperti – Se gli Uffizi resteranno chiusi, in occasione della Notte Bianca a Firenze e della festività del primo maggio, molti musei saranno aperti in via eccezionale. Si parte la sera di giovedì 30 aprile, quando tutta la città sarà invasa dai tantissimi eventi della Notte Bianca: il Museo Nazionale del Bargello, il Museo delle Cappelle Medicee e il Cenacolo di Ognissanti saranno visitabili in notturna dalle 20.00 alle 24.00. Venerdì primo maggio si potrà fare una passeggiata al Giardino di Boboli, visitare il Bargello, il Museo di Palazzo Davanzati o ancora la Chiesa di Orsanmichele e il Cenacolo di Andrea Del Sarto. La festa dei lavoratori sarà, inoltre, un’occasione perfetta per una gita nelle splendide ville medicee fiorentine: sarà aperta la Villa La Petraia, la Villa medicea di Cerreto Guidi, al Villa medicea di Poggio a Caiano e lo splendido Giardino della Villa medicea di Castello.

Concerti – Tra eventi e iniziative del primo maggio non possono mancare, infine, i concerti. A Roma si festeggia il venticinquesimo anniversario della manifestazione che dal 1990 richiama centinaia di migliaia di studenti e lavoratori in piazza San Giovanni. Tra gli artisti sul palco, ci saranno Goran Bregovic, Alex Britti, Noemi, Nesli, gli Almamegretta, i Kutso, lo Stato Sociale. Anche a Taranto è prevista la terza edizione del concerto organizzato per non spostare l’attenzione dalla drammatica situazione lavorativa e ambientale legata allo stabilimento dell'Ilva. Sotto la direzione artistica dell’attore tarantino Michele Riondino con il contributo di Roy Paci, sono annunciati, tra gli altri, Brunori Sas, Roy Paci & Aretuska, Subsonica, Marlene Kuntz, Caparezza. Non mancheranno anche interventi estranei alla musica, come quello del direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio.

Oltre confine – Il primo maggio in Svezia è all’insegna della tradizione con la notte di Santa Valpurga: nei parchi di tutte le cittadine, a partire dall’ora del tramonto del 30 aprile, si aprono lunghi festeggiamenti alla luce di grandi falò per scacciare i demoni. I fuochi spesso vengono accesi sulle alture per poter essere visti da lontano e il rumore della legna che arde è accompagnato dai canti tradizionali di cori locali che danno il benvenuto alla primavera. A Stoccolma si può partecipare alla festa in diversi posti, come nel museo all’aperto di Skansen. Nella città universitaria di Uppsala, gli studenti e gli abitanti festeggiano durante tutto il giorno gareggiando con imbarcazioni costruite da loro stessi, con picnic nei parchi e concerti di orchestre.
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1 maggio: 6 mln italiani in vacanza

 Un 1 maggio che dà qualche segnale di ripartenza del turismo e che fa vedere rosa anche per il primo week end dell'Expo. Secondo Federalberghi 6 milioni di italiani approfitteranno dei 3 giorni per concedersi una vacanza, il 93% resterà in Italia. Ben 190 mila approfitteranno per visitare l'Expo. Le località privilegiate saranno mare (43%) e le città d'arte (26%). La durata media della vacanza sarà di 2,6 giorni.
    Il giro d'affari si aggirerà su 1,7 miliardi (spesa media a persona di 290 euro).
   
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12 chiese abbandonate ma magnifiche

Dagli Stati Uniti all'India, passando per la Francia e l'Armenia, urbane o situate in luoghi isolati, queste chiese sono state costruite su una buona porzione della superficie terrestre. Per la loro presenza, il loro nome e la loro bellezza, ci ricordano che in ogni tempo e in ogni luogo l'uomo ha cercato di costruire edifici sufficientemente solenni per raccogliere le preghiere dei credenti, nonché degne di accogliere la presenza di Cristo sulla terra.


1. La chiesa inondata di Geamăna, in Romania

Oggi il campanile della chiesa del villaggio di Geamăna emerge dalle acque tossiche di colore rosso dopo che la valle è stata inondata accidentalmente dalle acque inquinate di una miniera di rame.


2. La chiesa di Kazan Theotokos, in Russia

La chiesa di Kazan Theotokos è l'unica chiesa russa a doppia cupola ed è stata costruita dal conte e generale russo Zakhar Chernyshev.


3. La chiesa di St-Etienne-le-Vieux, a Caen

Le magnifiche rovine della chiesa di St-Etienne-le-Vieux sono visitabili ancora oggi. La chiesa e gran parte della città vennero distrutte dai bombardamenti americani durante la II Guerra Mondiale.


4. La chiesa di San Bonaventura, in Italia

Le rovine della chiesa di San Bonaventura si elevano su quello che una volta era il paese di Monterano, incendiato dall'armata francese di Napoleone nel 1799. Il luogo ha fatto da scenario a molti film.


5. La chiesa perduta di Ross Island, in India

Ross Island è una delle isole Andamane e Nicobare. È stata occupata dai britannici e utilizzata come centro penitenziario tra il XVIII e il XIX secolo. Nel 1941 un terremoto ha scosso l'isola, allora sotto dominazione britannica, comportando un indennizzo e l'inevitabile abbandono del luogo.


6. La chiesa metodista di Gary, nell'Indiana (Stati Uniti)

Culla del gruppo musicale dei Jackson 5, la città di Gary era in pieno sviluppo. In vent'anni, circa un terzo delle case e degli edifici pubblici è stato abbandonato, com'è avvenuto a questa maestosa chiesa.


7. La chiesa collegiale di Lincluden, in Scozia

Le magnifiche rovine di questa chiesa collegiale sono situate alla periferia nord di Dumfries, in Scozia. Fondata verso il 1160, la chiesa è stata abbandonata nel XVIII secolo. Oggi l'edificio è tra i patrimoni architettonici protetti e aperti al pubblico.


8. Una chiesa di Detroit, nel Michigan (Stati Uniti)

Una volta decima città più importante degli Stati Uniti, Detroit si è svuotata della metà dei suoi abitanti nell'arco di vent'anni in parte a causa della crisi economica. Oggi molti edifici della città, come questa chiesa del XIX secolo, sono abbandonati.


9. La piccola chiesa di Bodie, in California (Stati Uniti)

La città di Bodie, nelle montagne della Sierra Nevada californiane, come molte città dell'Ovest americano ha conosciuto il suo sviluppo maggiore in occasione della corsa all'oro del XIX secolo. Oggi è una città fantasma degna di un film western.


10. Il monastero di Tatev, in Armenia

Secondo una leggenda, l'architetto del monastero non riusciva più a scendere dalla cupola allora in costruzione. Allora gridò “Togh astvats indz ta-tev”, che significa “Potesse Dio donarmi le ali”. Questo fatto all'origine del nome “Tatev”, molto usato in Armenia.


11. Il monastero di Santa Clara-a-Velha in Portogallo

Il monastero portoghese venne costruito nel XIV secolo sul fiume Mondego, nella città di Coimbra. L'edificio venne abbandonato nel XVII secolo a causa di inondazioni ripetute.


12. La chiesa incompiuto di Saint George a Bermuda

La chiesa incompiuta testimonia quello che avrebbe potuto essere la città di Saint George. Iniziata nel 1874, la costruzione dovette essere abbandonata dopo una gigantesca tempesta, venne poi abbandonata definitivamente e la popolazione decise di riparare la chiesa precedente. Oggi è Patrimonio Mondiale dell'UNESCO.


[Traduzione dal francese a cura di Roberta Sciamplicotti]
sources: ALETEIA

Colori di Luce tra arte e poesia blog di Enkelejd Ruci: giovane artista albanese

Note biografiche Enkelejd Ruci


Enkelejd Ruci vive a Spinea (VE).
Ha 49 anni è sposato ed è l'autore dei quadri inseriti nel blog.... La maggior parte dei quadri ha una misura reale di 50x70 cm... 

La tecnica di realizzazione è spatola su tela con colori ad olio.

Per contatti, maggiori informaioni e richieste per mostre 
contattare ufficio.press@yahoo.it
cell. 3429464459

Ferrara la rosa purpurea di Barcellona


Basterebbe la coppia di specchi di Antoni Gaudí realizzati per Casa Milà, che nel 2002 sono stati donati al Museo d’Orsay di Parigi, a far capire che il genio, quand’è grande, porta dentro di sé tutte le stigmate della sua origine terragna ma riesce, in virtù del proprio élan vital a far dimenticare il peso di una storia che ci consegna, come fu per Barcellona, il ricordo di un fervore moderno il cui fuoco fu alimentato dalle vite perdute di tanti che la rivoluzione industriale bruciò nel forno della nuova ideologia della produzione.
Il piano urbanistico di Ildefons Cerdà, approntato nel 1860 e iniziato con un decennio di ritardo, ridisegnò la faccia di Barcellona, occupando la piana che era rimasta libera fin dal Settecento; si presentava come una griglia razionale espressione del verbo funzionalista che si stava imponendo sulla spinta della nuova economia. L’impulso maggiore si ebbe dal 1880 e già nel 1910 la popolazione di Barcellona era quasi raddoppiata, avvicinandosi ai seicentomila abitanti.
Questi numeri, appoggiati su una panoramica delle questioni sociali (pesanti) indotte dalla modernizzazione, sono riassunti dal curatore della mostra apertasi a Palazzo dei Diamanti, Tomàs Llorens, dedicata alla «rosa di fuoco» (il titolo riprende quello di un saggio di Joaquín Romero-Maura uscito nel 1989 e recentemente ristampato, che faceva la storia dell’operaismo barcellonese fino al 1909, anno della sanguinosa “settimana tragica”, quando la rivolta popolare venne repressa dai militari e annegò nel sangue il sogno rivoluzionario.
Maura aveva a sua volta mutuato il titolo da una definizione dell’anarchico Antonio Loredo, che ai primi del Novecento disse: «Il luogo dove il popolo lottò con coraggio, arrivando a imporsi per mezzo del terrore, fu Barcellona, la Rosa di Fuoco, come la chiamiamo noi in America».
Quando guardiamo le opere degli artisti barcellonesi dell’epoca (la mostra parte idealmente dal 1888, anno dell’Esposizione universale, e si chiude appunto sul 1909), dobbiamo tentare di cogliere la tensione che si cela tanto nelle forme, quanto nella scelta dei colori, tendenti allo scuro, alla tumefazione, all’efflorescenza di sostanze crepuscolari, di luci che sembrano venire dal ventre della materia; e il blu di Picasso, che dà il nome al suo celebre periodo che inaugura il Novecento (nel 1904, ricorda Llorens, aveva già abbandonato la città), ne diventa l’allucinato riscontro.
La crescita urbanistica della città è frutto di una scommessa imprenditoriale dove alla tradizionale industria tessile si affiancano cartiere, cementifici, officine, impianti chimici. Si assorbe manodopera dalle campagne e aumenta il conflitto fra la tradizionale economia agraria e quella imposta dalle fabbriche (in pochi anni erano diventate più di mille). Il divario tra ricchi e poveri aumenta paurosamente: poche garanzie per gli operai, alcuni costretti a vivere in condizioni inumane, altri “rinchiusi” nelle Company town, cittadelle, o colonie industriali, imperniate sulla fabbrica e concepite in modo che gli operai abbiano meno distrazioni possibili, favorendo così un più alto tasso di produttività (qualcosa del genere fecero anche le industrie tessili di Eusebi Güell, il maggiore mecenate di Gaudí).
Il modernismo catalano prende forma in quegli anni nella pittura di Ramon Casas, Santiago Rusiñol, Adrià Gual, Julio González e Lluís Masriera. Su tutti si aleva Joaquim Mir, seguito a ruota dalle femmes fatales di Hermen Anglada Camarasa e dalla tenebrosa serie delle gitane di Isidre Nonell. I miserabili di Picasso sono già figure di un teatro esistenziale novecentesco, testimoniato dall’acquaforte del «Pasto frugale» (1904).
L’immaginario che vediamo sulle tele esposte a Ferrara costringe il furore e il dolore su cui la Barcellona modernista ha eretto il proprio orgoglio, sottopelle; lo lascia covare come braci che dovranno, quanto prima, riprendere fuoco della rosa rivoluzionaria e segnare la riscossa dei “miserabili”; sappiamo com’è finita. Il terrore che l’anarchico Loredo diceva essere l’arma del riscatto popolare, generò la “settimana tragica”. Picasso era già altrove, Gaudí continuava l’opera alla Sagrada Família, che aveva intrapreso nel 1883, subentrando all’architetto di Alfondo XII, costruendo prima la cripta e poi l’abside, infine ponendo mano alla facciata della Natività; nel 1926 improvvisamente morì finendo sotto le ruote del tram.
E mentre si guarda, all’inizio della mostra, la Sagrada Família nelle foto d’epoca di Adolf Mas e di Adolfo Zerkowitz, si capisce che cosa intendesse Le Corbusier quando disse che Gaudí era uno «scultore della pietra, del laterizio e del ferro». La chiesa incompiuta, che forse vedrà la fine nel 2026, si prefigurava, sotto le sue mani, come un frutto del sentimento neogotico e della tradizione del barocco ispanico, un’architettura fantastica fatta di sapienza tecnica, genio ornamentale e iconografia sacra. Gaudí modificava le sue idee in opera, il cantiere era il banco di prova per correggere il tiro; per questo la Sagrada Familia sarà sempre un’opera incompiuta, anche se in essa alita il suo spirito. Non sapremo mai come l’avrebbe condotta in porto, e i suoi disegni sono simili a una notazione musicale consegnata all’interpretazione di un direttore d’orchestra (che non è il compositore).
Ma i due specchi, evocati all’inizio, da soli mostrano quanta libertà poetica ci fosse nella mente e nelle mani di Gaudí, quanto visionario coraggio e raffinato senso della forma fu capace di esprimere, quanta cultura e arcaico sentimento del rapporto tra uomo e mondo. Ecco l’eredità “rivoluzionaria” della Rosa di Fuoco.
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
La Rosa di Fuoco
Fino al 19 luglio
avvenire