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Palloni a gas e mongolfiere sfida in volo

Un aprile dedicato al volo e una "tre giorni" di sottile adrenalina tra fascino, emozione e spettacolo va in scena a Villa Mirabello nel Parco della Reggia di Monza. Iniziativa organizzata da una firma d'autore, Marco Majrani, fotografo professionista, giornalista scientifico, nonché curatore della nuova sezione di aerostatica presso il Museo di Volandia, Parco e Museo del Volo di Malpensa sotto la regia del Club Aerostatico Italiano e il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza.
Eleganti palloni a gas e coloratissime mongolfiere ad aria calda si sfidano per l’occasione dopo 46 anni in un emozionante contest di volo libero. Tra essi l’I-OECM di Aeronord Aerostat, unico italiano, e alcuni provenienti da altri paesi europei. Sarà possibile provare gratuitamente l’emozione del volo, insieme a tutta la famiglia, grazie ai voli frenati con le mongolfiere.
Un evento “au ballon”, ricco di storia e tradizione, un’emozione da prendere... al volo! Un gran finissage alla Mostra unica e intrigante dedicata al Volo, aperta a Villa Mirabello dall'1 al 25 aprile, per celebrare un percorso inedito sugli aerostati ("i più leggeri dell'aria"), con oggetti storici esposti per la prima volta in Italia. Un viaggio che ripercorre gli scenari incantevoli delle prime esplorazioni, dai racconti entusiasmanti di Jules Verne al primo favoloso volo organizzato dai fratelli Montgolfier, ai giorni nostri. Una location quella di Villa Mirabello all’interno del Parco della Reggia di Monza, scelta per almeno due (bellissimi) motivi. In primo luogo perché la Lombardia ha alle spalle nel suo palmares numerosi primati mondiali, ma in particolare l'organizzazione della grande Esposizione Internazionale di Milano del 1906, che vide il trionfo della tradizione aeronautica della città e dell'intera regione, fatto storico che il Festival del Volo vuole ripercorrere nel ricordo. Secondo perché Villa Mirabello, mirabile esempio di architettura e dimora più antica del Parco della Reggia di Monza, costruita verso la metà del XVII secolo dalla famiglia Durini, fu la sede del primo esperimento aerostatico italiano. Infatti il Marchese Marsilio Landriani, poliedrico scienziato e studioso, il 15 novembre 1783 lanciò in volo nella stessa identica area due palloni, "uno di 16 pollici e l'altro della foggia di un sacco alto circa 3 piedi, a cui essendo notte attaccossi un lumicino che sollevò seco e per lungo tratto sostenne" (Carlo Amoretti, Giornale del Volo). Cuore della mostra è la sezione legata alla storia dei "giganti più leggeri dell'aria" con oggetti esclusivi di collezioni private, in collaborazione con i principali musei aeronautici italiani come Volandia, Vigna di Valle, Museo Caproni di Trento e con altre "raccolte", dal Vittoriale all'Aeronautica Militare. Saranno esposti inoltre quadri, stampe d'epoca, suppellettili di fine Settecento ispirate alla moda "au ballon" e la più completa collezione italiana di medaglie con soggetti aerostatici. Tra i preziosi documenti autografi dei grandi aeronauti del passato c'è la lettera originale di Joseph Montgolfier, in cui si annuncia il nuovo tentativo di volo umano. Datata 17 novembre 1783, viene considerata alla pari di un "Sacro Graal dell'aerostatica".
Per i bambini e le famiglie non mancano i laboratori, modellini, gigantografie e oggetti dalle dimensioni maxi a cura di Creda e Libro Giocando. Nella postazione multimediale dedicata al Codice del Volo di Leonardo da Vinci il pubblico può sfogliare il manoscritto del genio toscano in alta definizione e comprendere il funzionamento delle macchine volanti ivi progettate grazie ad accurate ricostruzioni 3D. Lo studio del codice e lo sviluppo del software sono stati curati dal centro studi Leonardo3, organizzatore della grande mostra Leonardo3 - Il Mondo di Leonardo allestita fino al 31 dicembre 2016 in Piazza della Scala (ingresso Galleria Vittorio Emanuele) a Milano. A completare la kermesse del volo, numerose automobili d'epoca chiamate a rinverdire la tradizione del "Rally ballon" che, dal 1920 al 1940, premiava l’auto che per prima giungeva nel luogo dove i palloni atterravano . Il Festival del Volo invita tutti al suo spettacolo..

LO SAI CHE… 
ALCUNI PRIMATI AERONAUTICI DI MILANO
1783, novembre - Primo esperimento di aerostatica in Italia, uno dei primissimi al mondo. Marsilio Landriani a Monza, davanti a Villa Mirabello.
1784, gennaio – a Milano viene pubblicato il Giornale Aerostatico, primo periodico di aviazione al mondo.
1784, 25 febbraio – Primo volo al di fuori della Francia, quarto assoluto mondiale, il conte milanese Paolo Andreani a Brugherio.
1847, 13 giugno – Prima gara tra aerostati a Milano. Tre palloni in gara: vinse chi riuscì a salire più in alto.
1848, marzo – Cinque Giornate, primo trasporto aereo postale.
1877 – il milanese ing. Enrico Forlanini fa volare per la prima volta al mondo un proto-elicottero. Era la prima volta che un velivolo più pesante dell’aria riusciva a innalzarsi.
1895 – la casa editrice Hoepli pubblica “teoria del volo”, di Aristide Faccioli, primo libro di aeronautica. Faccioli costruirà nel 1909 il primo aeroplano italiano.
1902, 2 giugno – nasce a Milano l’Aeroclub d’Italia.
1904, 19 gennaio – nasce a Milano la SAI, Società Aeronautica Italiana.
1906 – Durante l’Esposizione Internazionale di Milano vengono disputate 16 gare tra aerostati. E’ la prima volta al mondo che si assiste a una tale concentrazione di competizioni aeronautiche.
1906, 11 novembre – il milanese Celestino Usuelli valica le Alpi per la prima volta da est a ovest, vincendo la coppa messa in palio dalla Regina Margherita per chi fosse riuscito nell’impresa.
1909 – La casa editrice Hoepli pubblica il primo manuale di volo.
1910 – Nasce nel quartiere Taliedo di Milano la prima vera industria aeronautica al mondo e italiana, ad opera di Gianni Caproni.
1910 – L’ing. Porro Lodi, milanese, fabbrica la prima teleferica aerostatica al mondo a Viareggio.
ansa

Nasce la Cretan way, un nuovo cammino europeo

Nel bel mezzo del Mediterraneo è nato un nuovo cammino che si aggiunge ai grandi Cammini Europei: si tratta della via Cretese, "Cretan way" in inglese, “I Strata tis Kritis” in greco, un percorso di 500 chilometri nell'isola di Creta, in Grecia, a cui per cinque anni hanno lavorato spontaneamente volontari di tutto il mondo insieme alla Compagnia dei Cammini, associazione di turismo responsabile, da anni impegnata in questo progetto. 
"Cretan Way" nasce dalle tracce della E4, il nome che l'associazione dei Ramblers europei aveva dato al sentiero lungo oltre 10mila chilometri, che attraversa l'Europa da Ovest a Est, dalla Spagna a Cipro, passando anche per Creta, dove il cammino era, però, stato abbandonato. Proprio per questa ragione La Compagnia dei Cammini, che già da anni proponeva tra i suoi viaggi questo itinerario con il suo coordinatore Luca Gianotti, ha deciso di ripristinare l'antico cammino insieme a volontari provenienti da tutto il mondo. Il lavoro, iniziato nel 2010, ha via via portato alla definizione e alla tracciatura di sentieri, segnaletica, tracce GPS e alla ricognizione dei luoghi in cui sostare per la notte: tutte informazioni raccolte nel libro The Cretan Way di Luca Gianotti (edizioni Anavasi), appena pubblicato e indispensabile per chi desidera intraprendere il viaggio in solitaria.
"Sono stato a Creta 29 volte in viaggio itinerante con il mio zaino e, dopo aver visto che non si poteva accedere a uno dei cammini più belli del mondo, ho deciso di attivarmi per renderlo fruibile - ha dichiarato Luca Gianotti, coordinatore della Compagnia dei Cammini –. Per la sua bellezza potrebbe realmente divenire uno dei percorsi più amati in Europa, al pari del GR20 in Corsica, il Cammino di Santiago e la Via Francigena. Ho cercato di assicurarmi, quindi, che divenisse accessibile a tutti, fornendo tracce GPS e una descrizione dettagliata del percorso che vi consiglio di seguire con attenzione, soprattutto nelle sezioni in cui il sentiero non è segnalato".
Come molti cammini, anche la Cretan Way parte da Est, in particolare dalla bellissima spiaggia di Kato Zakros, e arriva a Ovest, al monastero di Chrisoskalitisa, a picco sul mare. Per completarlo sono necessari 28-29 giorni di cammino ma si può percorrere anche in singoli tratti, da soli o in gruppo con la Compagnia dei Cammini che lo ha inserito tra i suoi prossimi viaggi. L'associazione proporrà, infatti, ogni anno un tratto diverso del percorso, cosicché in 4 anni consecutivi, sarà possibile percorrere uno dei più cammini belli del mondo.
Per chi vuole conoscere il primo tratto della Via Cretese sarà, quindi, possibile partecipare al viaggio itinerante dal 20 al 28 aprile con La Compagnia dei Cammini. Il percorso, dedicato a camminatori esperti prevede una media di 20 chilometri al giorno, in ambienti sempre diversi tra loro, sostando in villaggi sperduti, in cui la vita è ancora quella di una volta. Si partirà dal punto più a Est dell’isola alla scoperta di boschi, gole, affacci sui due mari, chiesette e tante persone ospitali e allegre. Buona motivazione, voglia di condivisione e spirito di adattamento saranno necessarie per questo tipo di cammino che parte dal mare e arriva fino a 2000 metri.
Un'altra occasione per intraprendere un altro tratto di questo viaggio è prevista per l’autunno, dal 14 al 23 ottobre, periodo in cui l’isola regala spettacolari fioriture che da sole valgono il viaggio. Il percorso, di media difficoltà, è un viaggio di deep walking, la camminata meditativa che segue le tradizioni del buddismo zen e dello sciamanesimo tolteco. Il trekking percorrerà i sentieri che si affacciano sul mare, è un tratto nella parte Ovest dell’isola, sulla Via Cretese; si toccano i villaggi dell’interno e si percorrono le gole di Aradena, dando la possibilità di ammirare le chiese bizantine, le gole di Samaria e di Agia Irini e le rovine di Lissos, fino alla penisola di Paleohora, dove termina il viaggio.
ansa

Itinerari Alla riscoperta dei luoghi di Francesco

da Avvenire

Seguendo Francesco. Dall’incanto mistico della tosca e petrosa la Verna alla silva e reatina Poggio Bustone, (borgo oggi forse più noto per aver dato i natali al cantautore Lucio Battisti), sono oltre 200 km di “cammino” percorrendo la consolare, la vecchia statale Flaminia. Un percorso dell’anima Sulle tracce di san Francesco (Il Mulino, pagine 148, euro 14) titolo omonimo del gustoso e peripatetico saggio a firma di Attilio Brilli e Simonetta Neri. 

È un viaggio alla “riscoperta” dei luoghi francescani, così come fecero illustri - e meno noti - viaggiatori agli inizi del ’900. Si deve a un gruppo di scrittori, artisti e intellettuali, in prevalenza stranieri, questo meraviglioso “salvataggio” dall’oblio in cui erano precipitati quei luoghi che, cambiando e talora cedendo - almeno parzialmente - ai tempi moderni, conservano comunque ancora l’impronta francescana. «Nessuno può sperare di conoscere san Francesco senza conoscere e amare i luoghi in cui visse», ha scritto il caposcuola della moderna storiografia francescana Paul Sabatier, indicando l’iter sacrale verso «questi piccoli romitori, abbastanza isolati perché vi si possa fuggire ogni distrazione, ma abbastanza vicini alla città per potervi andare a predicare, si trovano ovunque è passato Francesco». Al pastore protestante francese, la Verna parve «un immenso monolite caduto dal cielo, e andato ad arenarsi sulle alture del Casentino, a somiglianza dell’Arca di Noè sul monte Ararat». Dinanzi al maestoso Sasso Spicco, lo scrittore scozzese Joseph Forsyth nel suo viaggio in Italia, annota: «Qui regna il volto terribile della natura». Il drammaturgo americano Julien Green, conoscendo la storia delle stimmate ricevute dal Poverello di Assisi sul sacro monte, vide nell’abisso delle grotte in cui si rifugiò «rocce frantumate in cataclismi immemorabili» che, al cospetto di Francesco, «raffiguravano ai suo occhi le ferite di Cristo». Secondo la biografia di Tommaso da Celano, san Francesco riparò a la Verna nel 1224, assieme a pochi compagni perché «fossero custodi amorosi della sua quiete». Una quiete distolta da questo luogo che al poeta danese Johannes Jørgensen lasciò un senso di «oscuro e profondo». 

Quattro anni prima dell’isolamento eremitico, la quarantena de la Verna, e del mistero dell’«ultimo sigillo», affinché in modo misericordioso si compisse in lui la volontà del Padre celeste», Francesco al capitolo generale dell’Ordine aveva tuonato contro il nuovo indirizzo condiviso dalla maggioranza dei confratelli. Questi contravvenivano alla Regola dettata da Francesco che gli chiedeva espressamente «di non appropriarsi di alcun luogo, né di contenderlo ad alcuno». La delusione per non voler sposare in toto, come egli fece «sorella povertà», lo condusse allo sconforto. «D’ora in avanti sono morto per voi», proferì amaramente Francesco. 

Così, per volontà di papa Innocenzo IV quell’oscuro romitorio della Verna già dal 1250 venne proclamato luogo santo. Forse questo avrebbe immalinconito ancor più il Poverello. E quella santa melanconia si ritrova nei versi del poeta di Marradi, Dino Campana, salito fin lassù, al Sasso Spicco, per descrivere la «chiesetta francescana» e la «tristezza del chiostro: e pare il giorno dall’ombra, giorno piagner che si muore». La morte echeggia nell’eremo di Montecasale in Valtiberina, detta la «Verna in miniatura» che in una grotta conserva i teschi dei briganti («taglieggiatori dei viandanti»), qui ospitati da Francesco secondo un altro dettame fondante della Regola: «Accogliere con bontà chiunque verrà, da amico o nemico, da ladro o brigante». Nascondigli di preghiera, pertugi ammantati dal bosco in cui «insieme alle rocce, le foreste insegnano cose che non s’apprendano nemmeno dai maestri della scienza», ammonisce san Bernardo. 

Il più oscuro e nascosto dei luoghi francescani di Toscana restano le Celle di Cortona, a un’ora abbondante di cammino dalla città aretina. Talmente celate le Celle che nel suo ritratto del Poverello d’Assisi - fanno notare gli autori di Sulle tracce di san Francesco «se ne dimenticò persino un amante della Toscana come il cattolico Edward Hutton». Qui Francesco, di ritorno dalla Verna, fece sosta, diretto per l’ultima volta ad Assisi. Dopo aver abbandonato quella del padre, il mercante di stoffe Pietro di Bernardone, l’altra casa - «il primo ricetto o nascondiglio» - assisiate di Francesco divenne la grotta sovrastante la piccola chiesa di san Damiano, in mezzo agli «uliveti di Galilea». 

Dopo l’«uscita dal mondo», a San Damiano, Francesco diede prova di essere un restauratore, costruendo «pietra su pietra», la cappella e quel luogo di clausura delle Povere Dame, dove l’amata sorella Chiara visse per quarant’anni fino alla morte. Vite parallele e di penitenza quelle del Poverello e di Chiara d’Assisi e poi di tutti coloro che nei secoli varcarono l’Eremo delle Carceri dove ebbe sede il primitivo oratorio e la Grotta di san Francesco. Questa è la «tebaide eremitica del Subasio», collegata con il «tugurio», il lebbrosario di Rivotorto, non lontano da quella piccola porzione di terreno che diede origine letteralmente (il «pezzettino») alla Porziuncola. È qui che il 4 ottobre 1226 si concluse il cammino terreno di Francesco e del suo corpo malandato e non curato che soleva chiamare «fratello asino». 

Oggi questa magnifica chiesetta che conserva il bel quadro dell’Annunziata e una crocifissione “mutilata” del Perugino è incastonata all’interno della maestosa basilica seicentesca di Santa Maria degli Angeli. Siamo al centro dell’Umbria, nel cuore verde della spiritualità occidentale dove su suggerimento del Sabatier si spinse l’unica viaggiatrice straniera del ’900, Beryl De Selincourt. Accompagnata dalla fotografa Mildred Bicknell il loro reportage le portò a “riscoprire” sopra a Spoleto le grotte di Monteluco ove si fermò anche sant’Antonio da Padova, la Romita di Cesi e il convento fondato da Paolo da Foligno nel 1335. L’itinerario umbro si interrompe allo Speco di Narni, poi si entra nel Lazio nella Foresta, nell’«aspro eremo di Poggio Bustone» che affascinò Ernest Raymond e la Fonte Colombo dove, ricorda Guido Piovene arrivato nella Valle Santa, Francesco dettò ai suoi fratelli la Regola dell’Ordine. 

Quei fraticelli a lui cari, assieme ai pastori e i contadini del borgo sottostante al monte Lacerone, nel dicembre 1223 aiutarono san Francesco a celebrare il Natale di Greccio. Uno “spettacolo” che Edouard Schneider conoscitore del teatro e biografo di Eleonora Duse rivive descrivendolo estasiato: «La scena di Betlemme, improvvisata qui dal genio di Francesco è stata come una seconda nascita del cristianesimo».

Se il viaggio è "come natura crea". Tornare alle origini tra vulcani, laghi, fiumi e spiagge

Quando a guidare un viaggio è la natura, spettacolare ma anche paurosa, maestosa eppure fragile, si torna con occhi e polmoni nuovi e la città in cui si vive, che sia grande o piccola, diventa all'improvviso stretta e rumorosa.
E la natura è adatta quasi a ogni stato d'animo del viaggiatore: può essere la calma e la pace dei laghi ad attrarre oppure la furia dei vulcani. Ancora ci si può innamorare del silenzio e del candore della neve oppure del caldo e delle acque cristalline delle spiagge. Poi ci sono i canyon che fanno diventare la natura un quadro.

Anche il succedersi delle stagioni può far venire la voglia di viaggiare: dal foliage d'autunno ai viaggi per fiori di primavera, dalla vendemmia ai frutti d'estate. 
ansa

Innamorati di Napoli. Gli angoli più veraci della città accompagnati dalle voci di Lina e Lenù

Dal Rione Luzzatti al Rettifilo, passando attraverso il tunnel scrostato di via Gianturco e, ancora, Piazza Garibaldi, Piazza Municipio fino a Port’Alba. Visitare Napoli con gli occhi de L'amica geniale. Unica bussola i best seller di Elena Ferrante per attraversare la città di seguendo le tracce indicate dai suoi libri.
Dai vicoli più oscuri fino alle luci di Chiaia, il Decumano e il Petraio si snoda il viaggio guidato dai personaggi della misteriosa scrittrice, in un percorso che dalla periferia "scrostata" a Piazza dei Martiri passa dai bassifondi, fino ad arrivare a panorami da togliere il fiato.
Elena Ferrante diventa l’ideale guida di un itinerario letterario che il Romeo hotel, l’hotel di design di Napoli, ha trasformato in un tour che ripercorre la storia delle due amiche, Lenù e Lina, in quel continuo – e irresistibile - rovesciamento di destini che ha fatto innamorare di Napoli tutto il mondo.
Un percorso studiato attraverso i ricordi dei personaggi dei quattro romanzi di Elena Ferrante e filtrato dalla sapiente penna di un’estimatrice e studiosa dell’opera della scrittrice, la giornalista Titti Marrone, dedicato ai viaggiatori desiderosi di cogliere gli scorci più autentici della città, in un’esperienza eccitante e lontana dal turismo convenzionale. Così, abbandonati i soliti cliché, trionfano il fascino, i colori e i profumi di una Napoli dai mille volti e dalle storie avvincenti, una Napoli città-mondo che recupera il fascino e i contrasti dei luoghi cantati da Goethe in un passato rimasto indimenticabile.
Un ideale viaggio che fa della città la terza protagonista dei romanzi, un personaggio versatile, seducente, ricco di un’energia quotidiana da riportare alla luce, fatta di sapori, di odori, di rumori da cui lasciarsi travolgere per viverla come se si fosse parte di essa. Come nei libri, in cui la cornice della città accoglie il lettore per fargli vivere in prima persona l’intensità dei rioni e farlo sentire partenopeo, il tour accompagna gli ospiti alla scoperta degli angoli più suggestivi e segreti di Napoli.
"Davanti a noi, oltre lo stradone si allungava una via tutte buche che costeggiava gli stagni… A destra si distendeva il filo di una campagna senza alberi sotto un ciel enorme. A sinistra c’era un tunnel a tre bocche, ma se ci si arrampicava su fino ai binari della ferrovia, nelle belle giornate si vedeva, al di là di certe case basse e muri di tufo e una fitta vegetazione, una montagna celeste con una vetta più bassa e una più alta, che si chiama Vesuvio" è il passaggio che guida alla scoperta dell’odierno sottopasso scrostato del Gianturco attraversato dalle ragazzine nelle prime pagine del libro.
"Mi portò per corso Garibaldi, fino all’edificio che sarebbe stata la mia scuola. Mi mostrò piazza Carlo III, l’Albergo dei Poveri, l’Orto Botanico, via Foria, Il Museo…via Costantinopoli, Port’Alba, Toledo" prosegue, raccontando di quando Lenuccia si reca per la prima volta al suo Liceo Garibaldi. Sono alcuni dei passaggi della tetralogia che hanno aiutato la giornalista e critica napoletana a costruire, in collaborazione con il Romeo hotel, il percorso "Napoli con gli occhi de l’Amica Geniale".
Il Romeo hotel è stato progettato dallo stesso Kenzo Tange del Centro Direzionale che “si intravede” (il Centro Direzionale è stato in realtà costruito nel 1995) dal sottopasso scrostato del Gianturco. Il percorso sarà prenotabile a partire dagli inizi di aprile.
ansa

Un fiore per un viaggio, dal ciliegio alla peonia

Rosa
Nel cuore della Bulgaria, tra Karlovo e Kazanlak, si apre tra le montagne l’estesa Valle delle Rose, famosa per l’imponente coltivazione floreale e per la maggior produzione mondiale di olio essenziale di rosa. Durante la fioritura, tra la fine di maggio e la prima metà di giugno, l’intera valle viene inondata da un forte profumo e ricoperta di coloratissime rose mentre nei villaggi della zona si celebrano le feste tradizionali in onore del raccolto dei fiori. La coltivazione risale a più di 350 anni fa, quando venne importata dal Medioriente e dal Nordafrica una specie antica di rosa che trovò un habitat perfetto in questa valle, protetta da un eccellente microclima. Da allora il processo di raccolta viene eseguito con tecniche tradizionali che richiedono destrezza e pazienza. Nella valle, inoltre, si coltivano due eccellenti qualità di rose: la delicata damascena nei colori bianco, rosa e rosso e la Trigintipetala o “rosa di Kazanlak” dal profumo persistente. Da queste due qualità viene prodotto un purissimo olio essenziale, venduto per usi erboristici e cosmetici. Nei dintorni, infatti, è possibile visitare le aziende profumiere e le tante distillerie, nate proprio intorno alla produzione delle rose, dove si possono fare acquisti di pregiate bottiglie di liquore o di estratto. Chi ama le regine dei fiori e non vuole recarsi così lontano, può visitare a maggio e a giugno il roseto di Roma sul colle Aventino: circa 10mila metri quadrati ospitano più di mille specie di rose provenienti da diversi Paesi, tra cui anche numerose specie rare e curiose come quella dai petali verdi, Rosa viridiflora, e la Chinensis mutabilis, che cambia colore con il passare dei giorni.
Fiore di ciliegio
Da marzo fino ad aprile i giardini e i parchi del Giappone si riempiono di boccioli rosa pallido e rossi che colorano le campagne e i luoghi verdi delle città. La fioritura dei ciliegi nel Paese nipponico, scenografica ed emozionante, merita un viaggio alla ricerca dei giardini più belli, carichi di colori e di profumi. L’ammirazione per i fiori appena sbocciati è per i giapponesi un rito collettivo importante – l’hanami - a cui sono dedicati festival e celebrazioni tradizionali; i due più attesi sono Mito no ume matsuri e Mito no sakura matsuri che invitano i cittadini a passeggiare nella natura, tra cerimonie del tè, pic-nic, spettacoli di danza e concerti di arpe all’aperto. Il primo festival – matsuri significa festa tradizionale - inaugura la stagione della fioritura dei ciliegi fino a fine marzo e il secondo, il più noto, dura fino al 15 aprile. Uno dei luoghi più famosi dove osservare la tradizionale fioritura dei ciliegi è il parco Kairakuen, nella città di Mito, a nordest di Tokyo: è uno dei giardini più belli del Giappone, realizzato nel 1842 dal regnante della regione che voleva condividere la bellezza dei fiori con i propri sudditi. In giapponese, infatti, il suo poetico nome significa Giardino per la gioia di tutti; il luogo in realtà è un parco di circa 13 ettari che ospita 3mila alberi di 100 specie diverse, che in queste settimane si colorano di rosa e di rosso. Altri incantevoli spazi dove poter ammirare la nascita delle piante in fiore sono il Kenrokuen a Kanazawa, a nordovest di Tokyo, e il Kōrakuen a Okayama, nel sud del Paese. Anche gli abitanti di Tokyo celebrano la primavera nel parco Ueno, con i suoi mille alberi, e nel giardino del palazzo imperiale, dove si può anche noleggiare una barca e navigare sui tanti canali. Nel parco Maruyama di Kyoto, invece, si può ammirare il rarissimo ciliegio piangente e a Yoshino, a sudovest del Paese, si passeggia tra i fiori sul monte di Yoshinoyama.
Tulipano
Regno incontrastato dei tulipani è la coloratissima Olanda e, in particolare, il parco Keukenhof di Lisse, piccolo villaggio di contadini a circa 30 chilometri da Amsterdam, nello Zuid Holland, che ospita 800 varietà di tulipano e oltre 7 milioni di bulbi fioriti. E’ il giardino dei tulipani più grande del mondo da attraversare in bicicletta, perdendosi tra i suoi colori e i profumi lungo i viali, le serre, i vivai, i 20 giardini espositivi, i laboratori di ricerca, il museo dei bulbi e ovviamente le strutture commerciali di vendita dei famosi fiori. Il colpo d’occhio è incredibile: distese colorate di giallo, rosso, viola, blu, arancio e rosa accolgono milioni di tulipani, narcisi, giacinti e crochi, che in questo periodo, da aprile a metà maggio, raggiungono l’apice della fioritura. La campagna che circonda il parco è anch’essa una tavolozza di colori, punteggiata da mulini a vento, canali d’acqua e piste ciclabili. Nel parco di Keukenhof, oltre ai tulipani, sono in mostra nei sette giardini a tema (tra cui quello rinascimentale, il giardino colorato, quello da roccia-ombra-acqua) piante ornamentali, specchi d’acqua e 2.700 alberi secolari.
Anche nel nostro Paese si possono ammirare un’infinità di tulipani alla mostra Tulipanomania, aperta fino al 30 aprile nel parco-giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio, in provincia di Verona. E’ l’esposizione di tulipani più importante d’Italia e la seconda in Europa: oltre ai tradizionali fiori olandesi sono esposti anche giacinti, muscari e narcisi che sbocciano nei 600mila metri quadrati del parco. Infine, dal 10 al 25 aprile tornano ai giardini botanici di Villa Taranto di Verbania le “settimane del tulipano” con oltre 80mila bulbose in fiore e uno spettacolare labirinto di 20mila corolle fiorite.
Fiore di lavanda
Viaggiare tra maggio e agosto in Provenza significa attraversare distese di campi color viola dal profumo inebriante. In particolare c’è una zona tra Vaucluse e le Alpi dell’Alta Provenza che lascia senza fiato: qui il colore dominante è il viola e disseminati lungo le strade che invitano al viaggio si trovano borghi medievali, musei e distillerie dedicati alla lavanda, pianta simbolo della Provenza stessa. Durante tutto l’anno le aziende profumiere e le botteghe artigianali dei tanti borghi offrono prodotti e souvenir profumati, legati al fiore della lavanda. Tra i centri che spuntano dai campi di lavanda ci sono Laborel, Sault, Apt, Simiane-la-Rotonde, Manosque e Digne-les-Bains: meritano tutti un’attenta visita anche solo per le botteghe e i tanti laboratori-musei che ospitano. Alla fioritura dei campi di lavanda, tra metà maggio e metà giugno, segue il raccolto che avviene ad agosto, quando nella regione francese si susseguono feste e celebrazioni popolari legati all’amata pianta floreale. Le fêtes de la lavande organizzano infatti sfilate, giochi e concerti all’aperto.
Tra la primavera e l’estate anche Hvar, l’isola croata più lunga dell’Adriatico, si colora di viola: tra le colline e le vallate delimitate da muretti a secco fiorisce la lavanda che contrasta con il color indaco del mare in lontananza. Tutto è viola e in ogni angolo dell’isola croata, da Vrboska a Jelsa, da Brusje a Zastrazisce, si vendono sacchetti di fiori essiccati, acque di colonia e profumi, oli essenziali e persino liquori alla lavanda nei negozi e sulle bancarelle dei tanti mercatini. Fu un contadino negli anni Cinquanta a portare da un viaggio in Provenza i semi di lavanda, che subito attecchirono grazie all’ottimo clima e al sole che scaldano la fertile isola croata. Da allora Hvar, in italiano Lesina, è l’isola della lavanda, un vero business per gli abitanti della sottile striscia di terra croata, lunga 86 chilometri tra il canale di Hvarski a nord e quello di Korčulanski a sud.
Peonia
In Cina la peonia è considerata la vera regina dei fiori: ovunque si festeggia con festival e mostre floreali, in particolare nella città di Luoyang, nella provincia dello Henan occidentale, a lungo antica capitale della Cina, dove alla peonia viene dedicata una festa, organizzata nel Wangcheng Park, che richiama ogni anno da metà aprile a metà maggio decine di migliaia di visitatori. Qui, grazie a un eccellente microclima, crescono le peonie più belle – bianche, rosse, gialle e viola - che, a primavera, si possono ammirare non solo nei parchi e nelle esposizioni floreali ma anche in ogni giardino, sui davanzali e a ogni angolo di strada. Tra i luoghi più importanti dedicati alle peonie ci sono il Luoyang National Peony Garden, uno dei più antichi giardini cinesi diviso in due parti con oltre 1.200 varietà di peonie di grandi dimensioni e colori vivaci; il Shenzhou Peony Garden, dove crescono oltre 30 mila alberi di peonia, divisi in 380 specie diverse, e dove si organizzano spettacoli folcloristici popolari, e il Luoyang National Flower Garden dove si possono ammirare rare specie di peonie, tra cui quella rossa di 150 anni e quella color porpora, vecchia di 120 anni. 
La peonia arrivò in Occidente già nell’antichità e fu il filosofo e botanico greco Teofrasto a scoprirne alcune virtù medicinali. Le peonie ad arbusto, invece, arrivarono in Europa soltanto nella seconda metà del Settecento e in particolare nei giardini reali londinesi di Kew Gardens. L’Inghilterra continuò a coltivarle e a incrociarle con altri fiori, così come fecero in seguito anche Francia e Stati Uniti. Ma è proprio in Italia, al centro botanico Moutan di Vitorchiano, in provincia di Viterbo, che si trova la più grande collezione al mondo di peonie cinesi. Qui, fino alla fine di maggio, è possibile assistere alla fioritura di oltre 200mila piante e 600 diverse varietà di peonie cinesi arboree ed erbacee, messe a dimora con altre piante mediterranee, in un tripudio di colori e di profumi.
Fiore di lenticchia
Da metà giugno a metà luglio l’altopiano di Castelluccio di Norcia, nel parco umbro dei monti Sibillini, è un tripudio di colori, celebrati con l’Infiorata, la festa della fioritura, dove la monotonia cromatica del pascolo invernale viene spezzata da un mosaico di colori. Per un mese la piana diventa un giardino di fiori da campo, i cui colori disegnano un paesaggio da mozzare il fiato: i verdi delle graminacee e il rosso dei papaveri si affiancano al bianco dei narcisi e all’azzurro dei fiordalisi; il giallo dei ranuncoli, il blu delle genziane e lo scarlatto dei garofani selvatici si mescolano con il verde scuro dei prati e quello pastello dei pascoli. Dominano su tutti, i fiori delle lenticchie, pilastro dell’economia locale, che contribuiscono alla bellezza del paesaggio e alla varietà dei colori con piccoli fiorellini gialli e azzurrognoli.
ansa