di Silvia Lambertucci
Oltre 95 mila chilometri quadrati di terreno agricolo persi negli ultimi cinquant'anni, trasformati in suoli urbani impermeabilizzati o semplicemente abbandonati, con boschi non più governati, pascoli cespugliati, seminativi inselvatichiti, sentieri e mulattiere invasi dalla vegetazione e dall'acqua. Parte anche da qui, dall'abbandono dell'agricoltura e dalla mancanza di manutenzione, il disastro Italia degli ultimi giorni e settimane. Senza parlare del cemento che incalza e che con le deroghe al Codice dei beni culturali previste nello Sblocca Italia potrebbe aggredire ancora di più. O i piani paesaggistici attesi ormai da decenni. Non c'è più tempo, avverte il presidente del Fai Andrea Carandini, "Renzi ha le palle, ma le deve esercitare in questo campo", lo Stato "punti su un'unica grande opera per la conservazione del territorio con il suo patrimonio".
L'occasione è la presentazione al Mibact del Rapporto messo a punto dal Fai su dieci anni di Luoghi del Cuore, il progetto di censimento e di aiuto ai gioielli più amati del territorio portato avanti con Intesa Sanpaolo. Un'idea che agli italiani è piaciuta, sottolinea il vicepresidente Marco Magnifico snocciolando i numeri di un successo che in 6 edizioni biennali, (l'ultima è ancora in corso e si conclude il 30 novembre) ha raccolto 1 milione 800 mila segnalazioni, con 31.105 Luoghi del Cuore votati, 5.964 comuni coinvolti, 45 interventi del Fai distribuiti in 15 regioni e 12.160 beni ambientali votati.
E il paradosso, o forse proprio la reazione a decenni di spoliazione del territorio, è che a fare la parte del leone tra i luoghi del cuore scelti dagli italiani, ci sono proprio i beni ambientali (12.160 luoghi, il 39,1% del totale) e molto spesso si tratta di parchi, giardini, orti dimenticati nei grandi centri metropolitani assetati di verde, da Milano a Taranto, da Roma a Napoli e Genova), così come una grande importanza viene attribuita all'eredità rurale, ai paesaggi agrari storici, che diventano fondali significativi per i luoghi del cuore più amati, come il piccolo Mulino di Baresi a Roncobello, sulle montagne bergamasche, secondo classificato nel 2003 nella prima edizione del censimento, che il Fai ha comprato e restaurato per poi ridarlo alla comunità.
Se la sensibilità è alta per le zone verdi, per i piccoli borghi, le spiagge, le chiese, le fontane, la sorpresa di questo rapporto è anche la scarsissima sensibilità degli italiani verso il patrimonio archeologico, la tipologia di beni "meno segnalata in assoluto" sottolinea la curatrice del rapporto e responsabile del progetto Federica Armiraglio. Un dato che ancora di più sostiene la necessità di un'adeguata politica di valorizzazione del patrimonio, rilancia il presidente Carandini che punta il dito sulle passate politiche dei beni culturali: "Il Mibact è baluardo nella tutela, ma è stato assente nella valorizzazione e nella gestione beni, il nostro è un paese in cui si è confuso il management con il maneggio". Accanto a lui l'advisor e saggista Roger Abravanel è dello stesso avviso: all'Italia, dice, serve un vero marketing della cultura, servono "manager culturali" correttamente formati e servono "veri imprenditori culturali", la riforma del Mibact firmata da Franceschini "va in questo senso, attuarla è essenziale". Il ministro apprezza .
"Il lavoro fatto da Fai e Intesa Sanpaolo - dice - è la rappresentazione naturale di quello che noi stiamo facendo al Mibact per la rottura di una serie di tabù", da quello del rapporto tutela valorizzazione al binomio pubblico-privato. Ma bisogna fare in fretta, incalza Franceschini, bisogna puntare su educazione e formazione. E "c'è da costruire in fretta un know how di esperienze enorme nel settore della valorizzazione".
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