MUSEI VATICANI (ROMA) - La grande Madonna di Giaquinto Palmezzano tornata a indossare il suo manto blu e l'autoritratto di Casanova, con il marmo ancora ricoperto di una patina gialla.
Il trecentesco Polittico Bolsi le cui tavole hanno smesso di tirare l'oro della pittura, ma anche l'altare del contemporaneo Eduardo Cillida o i temibili scudi cerimoniali delle tribù della Papua Nuova Guinea in attesa di tornare a incutere terrore.
Tutto proprio sotto le grandi stanze affrescate da Raffaello o a pochi passi dalla Cappella Sistina. Per una volta, i Musei Vaticani aprono le porte del loro "dietro le quinte", svelando storie, aneddoti e immagini inedite del terzo museo più visitato al mondo nel volume "Musei Vaticani Arte - Storia - Curiosità", a cura di Sandro Barbagallo e presentato oggi insieme al direttore dei Musei Antonio Paolucci, del direttore di Focus Storia Jacopo Loredan e Gigi Proietti (ed. Musei Vaticani e Focus Storia).
E consentendo, eccezionalmente, alla stampa di varcare quelle porte "segrete", che, quasi museo nel museo, sono i laboratori di restauro dove dal 1923, si lavora per ridare voce e colore non solo alle opere custodite nei 7 chilometri di gallerie dei Musei, ma anche a tutti capolavori dei Palazzi del Papa, delle chiese, delle nunziature apostoliche. Al lavoro 60 operatori, più decine di collaboratori esterni, divisi per sezioni: Pitture, Marmi, Carta, Ceramiche e metalli, Arazzi, Polimaterico.
"Ma dobbiamo stare attenti, perché il maggior pericolo per le opere sono proprio i restauratori", racconta Guy Devreux, responsabile del Laboratorio sui marmi. Basta scendere una rampa per lasciarsi alle spalle tutto il fragore dei sei milioni di turisti l'anno e ritrovarsi davanti all'Artemide Efesina che ha appena riconquistato la sua fierezza o al sarcofago egizio, arrivato ricoperto da una patina grigia causata dalla colla e che grazie al laser ora svela accesissimi azzurri e rossi. "Oggi - prosegue - siamo fortunati perché qui abbiamo a disposizione tutte le tecnologie all'avanguardia, dalla diagnostica alla nanotecnologia ai materiali di ultimissima generazione. Si lavora scambiando esperienze e scoperte. Ma soprattutto agli elementi chimici qui ai Vaticani preferiamo sostanze naturali, olii essenziali e materiali atossici, che rispettino anche l'ambiente e l'uomo".
Capita spesso che l'opera ringrazi, svelando con la pulitura segreti custoditi per secoli. Come nell'Adorazione dei magi che sul cavalletto del laboratorio dei dipinti, proprio sotto il sovrano più anziano prostrato ai piedi del Cristo neonato, ora lascia intravedere una delle rarissime firme autografe di Lorenzo Lotto. O l'imponente Madonna della cintola, entrata nella collezione papale nell'800, ma mai esposta proprio per il terribile stato di conservazione. Il restauro, racconta Maria Ludmila Putska "non solo l'ha riportata ai suoi colori originali, ma ha finalmente permesso l'attribuzione a Vincenzo Pagani". C'è poi "l'uomo dei brevetti", Massimo Alesi, che ha inventato un sistema di molle tarate per far "respirare" le tavole senza che "rompano" la superficie pittorica. O le restauratrici-mediatrici culturali del laboratorio polimaterico che "curano" la collezione etnografica avviata da Stefano Borgia. "Noi - racconta Stefania Pandozy - lavoriamo a stretto contatto con popoli e culture fuori dai confini, a volte ancora misteriosi. Non ci occupiamo di artisti famosi, ma abbiamo la responsabilità di popolazioni indigene che non hanno loro musei".
ansa
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