Le vacanze rappresentano spesso uno dei momenti più difficili da gestire nella relazione tra genitori e figli adolescenti. Se da un lato gli adulti desiderano riposo e tranquillità, dall’altro gli adolescenti cercano libertà, divertimento, stimoli, nuove esperienze e socialità. Bisogna mediare tra il loro desiderio di autonomia e il bisogno di trascorrere del tempo insieme in famiglia. Come fare? Lo abbiamo chiesto a Marinella Cozzolino, psicoterapeuta.
Quando si parla di adolescenti è importante ricordare che si tratta di una fascia d’età molto ampia. «Si va dai pre-adolescenti, dai 10 ai 13 anni, agli adolescenti veri e propri, dai 13 fino ai 18 anni – spiega Cozzolino -. Ci sono bisogno e desideri differenti, che vanno riconosciuti e accompagnati con consapevolezza. È un tempo che può generare conflitto, ma il conflitto è naturale e sano: segnala che l’adolescente sta cercando spazio e identità. Il primo passo che i genitori devono compiere è riconoscere i propri figli. Quando si parla di vacanze occorre capire che si sta partendo con una ragazza o un ragazzo con curiosità e passioni diverse dalle proprie, con un desiderio, più che lecito, di divertirsi e, perché no, sfrenarsi. Nulla a che vedere con la voglia di mamma e papà di riposarsi dopo un anno di lavoro. È allora importante giungere a un compromesso».
«Il compito di un adulto non è quello di intervenire solo quando il problema si presenta, ma di anticipare e prevenire – sottolinea l’esperta -. Le vacanze possono essere un’occasione preziosa per allargare i confini degli adolescenti, allenarli all’autonomia. In alcuni contesti di vacanza si permette loro di rientrare più tardi, si concede la prima discoteca, si dà il permesso di uscire anche dopo cena. Possono contare sulla bicicletta come mezzo proprio per muoversi autonomamente. Si cominciano a concedere queste libertà poiché il contesto più piccolo lo permette. Queste autonomie sono fondamentali per aiutarli a crescere: non diventano adulti come per magia soffiando le 18 candeline sulla torta. Crescere è un processo graduale che va accompagnato passo dopo passo, una conquista alla volta».
«Le vacanze ideali per un adolescente sono spesso in contesti contenuti e conosciuti, come un villaggio turistico, un piccolo paese o un luogo dove “tutti conoscono tutti” – consiglia Cozzolino -. In questi ambienti i genitori possono sentirsi più tranquilli nel concedere autonomia: andare a casa di un amico o un’amica, partecipare a corsi di surf o tennis, esplorare i dintorni in sicurezza. Se c’è possibilità bisogna evitare di far fare loro cose che non amano, come per esempio trascorrere la vacanza a casa della nonna in un paesino isolato, a meno che non ci sia un contesto familiare piacevole, dato magari dalla presenza di cugini della stessa età. Laddove la compagnia dei coetanei manca, per evitare che si annoino, bisogna giocare d’anticipo. Una buona idea può essere portare con sé un amico o un’amica, in modo che l’adolescente abbia qualcuno che gli faccia da spalla, un punto di riferimento con cui condividere esperienze, uscite, divertimento».
«Oggi i ragazzi sono cittadini del mondo. Hanno bisogno di uscire dal proprio ambiente scolastico e confrontarsi con persone diverse, provenienti da contesti culturali e geografici differenti. Le vacanze rappresentano un’occasione straordinaria per esplorare la diversità: fare amicizia con coetanei di altre regioni, ascoltare accenti diversi, confrontarsi su abitudini, modi di pensare e di vivere. Se ci sono le possibilità economiche, si può regalare ai ragazzi un’esperienza che rappresenti per loro un sogno: un viaggio in America, una settimana in barca, una meta lontana che hanno sempre voluto visitare. Potrebbe essere un perfetto regalo di compleanno o un regalo per l’intera famiglia. Nel posto dei loro sogni di sicuro non si annoierebbero ed i conflitti sarebbero ridotti a zero, al contrario si rafforzerebbe il legame familiare, anche attraverso la costruzione di ricordi comuni. Insomma la vacanza è un momento di “adultizzazione”, un percorso che piano piano li aiuti a camminare da soli», conclude Cozzolino.
Corriere della Sera
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