ROMA - La ricerca della dimensione spirituale che ha idealmente accomunato due maestri del '900, Giacomo Manzù e Lucio Fontana, è al centro di una grande mostra allestita dall'8 dicembre al 5 marzo nelle sedi di Castel Sant'Angelo e del Museo Manzù di Ardea (Roma). Esposte quasi 70 opere, provenienti da importanti raccolte pubbliche e private, in grado di restituire il dialogo profondo e vissuto tutto a distanza tra questi protagonisti della scena internazionale, che, ognuno a suo modo, si sono interrogati sulle implicazioni e potenzialità dell'arte sacra con esiti potenti.
Con il titolo 'Manzù. Dialoghi sulla spiritualità, con Lucio Fontana', la rassegna è stata organizzata dal Polo Museale del Lazio con il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura e in collaborazione con il comune di Ardea e la Fondazione Giacomo Manzù, nonché con l'università la Sapienza, il dipartimento di Architettura e Progetto e lo Csac-Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma. Se la cura scientifica della mostra è di Barbara Cinelli (università di Roma Tre) insieme a Davide Colombo (università di Parma), l'allestimento di indubbia suggestione è di Pisana Posocco e Filippo Lambertucci, con il coordinamento di Sonia Martone (Polo Museale del Lazio). Non era infatti semplice presentare al pubblico sculture, disegni, acquarelli concepiti in solitudine sia da Manzù sia da Fontana, turbati dalla tragedia della guerra e dagli orrori dell'Olocausto, tanto da ricercare, proprio attraverso la spiritualità, la rinascita dell'uomo.
La scelta espositiva è stata quindi quella di mantenere la separazione fisica dei due maestri, ospitando l'opera di Manzù negli spazi di Castel Sant'Angelo, mentre i capolavori di Fontana si possono ammirare nel museo di Ardea, fortemente voluto dallo scultore bergamasco. "Lo scopo - ha spiegato la curatrice intervenendo alla vernice per la stampa - era di dare al pubblico un'immagine della produzione di Manzù fuori dagli stereotipi". Dell'artista, che è soprattutto ricordato per la serie dei celeberrimi 'cardinali' e per la realizzazione (partecipa al concorso nel '49 e la porta a termine nel '64) della Porta della Morte della Basilica di San Pietro, "viene data spesso - ha detto la Cinelli - una lettura in chiave religiosa e autoreferenziale, intesa in modo astorico". Invece Manzù, prosegue la studiosa, approfondisce la sua riflessione fin dal '39, alla vigilia del conflitto mondiale che lo scuote al punto di interrogarsi su quell'assenza di umanità. Perciò approda a un nuovo sentire legato alla passione di Cristo e realizza una serie di formelle che, esposte per la prima volta a Milano nel 1941, destano scandalo per la rappresentazione anti-canonica delle vicende sacre. In questo tentativo di stabilire un dialogo vivo e fruttuoso con l'arte contemporanea (come dimostra la partecipazione al concorso per la porta di San Pietro), la strada di Manzù non è dissimile dalla scelta di Lucio Fontana, che, nello stesso periodo, tenta di rispondere a interrogativi molto simili proponendosi nel 1950 per le porte del Duomo di Milano.
Il Museo di Ardea, rinnovato per l'occasione, riunisce 30 fra sculture e disegni di Lucio Fontana. Significativi, fra gli altri, due bozzetti e una formella per la Porta del Duomo di Milano, dai Musei Vaticani, come pure una serie di altri importanti lavori concessi in prestito dalla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Grazie al numero e soprattutto alla qualità, le opere di Fontana stabiliscono dialoghi inediti e fruttuosi con i capolavori della collezione permanente di Manzù.
ansa