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Sei Vie per Santiago – Walking the Camino: recensione

Viaggiare significa lasciare a casa una parte di sé, per cercare tra le vie del mondo tutte le risposte intrappolate nei meandri del cuore; e al nostro ritorno, non saremo più gli stessi.
Lydia B. Smith vuole raccontare proprio questo attraverso il documentario Sei Vie per Santiago – Walking the Camino, in cui la filosofia del viaggio acquista un plus valore poiché va ad amalgamarsi nel contesto sacrale del pellegrinaggio, del cammino fatto a piedi, in una strada aspra e meravigliosa, che da Saint Jean Pied de Port attraversa il territorio francese e spagnolo, passando da Pamplona a Burgos, dal Convento di Sant’Antonio a La croce di Ferro e così via per ben 800 km, fino a raggiungere Santiago Di Compostela. Un tragitto conosciuto fin dal Medioevo, tra l’altro dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, in cui la regista riversa, come sulla tavolozza di un pittore, personalità differenti, ognuno con la propria battaglia, ognuno perso in una strada che ha bisogno di esplorare, spesso senza volerlo o senza saperlo.
Così Annie si lascia guidare dalla spiritualità e dalla competitività di stare al passo con gli altri, rendendosi infine conto che il suo corpo necessita di un passo lentissimo e meraviglioso, perché la vita va assaporata a piccoli sorsi. Per Wayne percorrere il Cammino di Santiago equivale ad onorare la memoria della moglie e nel rimembrare la sua assenza si fa accompagnare dal prete JackMisa ha intrapreso la sua lunga passeggiata pensando di ritagliarsi un momento per sé e restare sola, ma William sembra averle scombinato i piani! La tenace brasiliana Sam ha bisogno di ritrovare la forza e prendere in mano la sua esistenza; Thomas lo fa per sport, mentre Tatiana è spinta da una fede incrollabile e con coraggio si cimenta in questo viaggio col figlio di 7 anni e col fratello ateo Alexis, che spera di cambiare, ma alla fine sarà lei a trovarsi diversa.
Lydia B. Smith durante il Cammino
Lydia B. Smith (nella foto) ha sentito il bisogno di fare il documentario dopo aver percorso il Cammino di Santiago
La macchina da presa si muove con poetica destrezza tra i fili d’erba commossi di rugiada, prati illuminati dal sole, distese di grano che danzano al vento e piccoli ostelli in cui rifugiarsi con l’anima e il corpo, condividendo non solo il cibo, ma anche ansie, dolori, aspettative e gioie.
Credo di essere nata per fare questo film – racconta la Smith –Percorrendo il Cammino mi sono resa conto di quanto sia magico e sacro… non pensavo che sarei stata in grado di captare la sua magia. È un cammino verso il cuore, verso quello che c’è dentro.
La pellicola sa convogliare gli spettatori verso il ghirigori della storica via dei pellegrini, con l’aiuto di unacolonna sonora spirituale, in grado di sintonizzarsi perfettamente al battito del cuore. Fa venire voglia di abbandonare tutto il caos della routine quotidiana, mettere da parte i rancori accumulati, le imprecisioni di una vita già programmata; azzerare il rumore del bla bla bla di fondo e alzare unicamente il volume della vita che scorre dentro: fluida, libera, già conscia di quale sia la sua meta.
La regista americana sa prenderci per mano e insegnarci che ognuno ha il suo passo, ma che tutti alla fine raggiungono la vetta; sa farci capire, senza giri di parole e filosofie trascendentali, che la tutta la nostra vita è un viaggio alla scoperta di noi stessi e che dietro la fine si cela sempre un nuovo inizio.
 Sei Vie per Santiago è distribuito da Cineama e sarà al cinema dal 4 giugno 2015.
http://www.cinematographe.it/

Matrimonio di pellegrini a Santiago de Compostela

Vivere quel giorno senza preoccuparsi del vestito, del ricevimento, degli invitati, per ritornare ad un esperienza spirituale umile e semplice. Un blog raccoglie le loro storie

Il giorno del matrimonio è per il credente il momento in cui la sua comunione con la persona amata viene consacrata davanti a Dio e, come tale, esso assume per chi lo vive un intenso valore spirituale. Per cogliere appieno il significato di questa scelta alcune coppie, già da anni, celebrano il loro matrimonio al termine di un pellegrinaggio verso luoghi significativi per la cristianità.

Tra le mete preferite da questi “sposi pellegrini” c’è la città di Santiago de Compostela nella regione spagnola della Galizia che fin dal Medioevo è stata la destinazione ultima di un cammino di forte esperienza religiosa.
«Nel fascino del cammino di Santiago – dice Francesco Dragoni, il primo ad essersi sposato a Santiago - si colloca la storia di tanti sposi pellegrini. Desiderio comune a tutti è vivere le nozze in completa intimità con se stessi e con Dio, aggirando le convenzioni sociali e le prosaicità che in genere circondano la celebrazione del matrimonio, anche di quello religioso».

Il giorno del matrimonio spesso si accompagna a preoccupazioni per il ricevimento, gli invitati, la lista dei regali, l’abito e le bomboniere col risultato di mortificarne il senso religioso della celebrazione a favore di una mondanità dilagante anche nelle scelte forti della vita. «Sono in tanti – sottolinea Francesco - a manifestare disagio verso un simile modo di intendere il matrimonio e che desiderano invece più sobrietà. Celebrare le nozze al termine del cammino di Santiago è certamente una rottura rispetto alla tradizione, ma non si tratta di mera insofferenza verso la prosaicità che circonda il giorno delle nozze. Dietro la decisione di sposarsi a Santiago c’è la volontà degli sposi di tenere la consacrazione del loro rapporto affettivo isolata dal resto del mondo in modo da assaporare in maniera esclusiva i sentimenti, la semplicità, il profondo significato del momento senza dar peso all’esteriorità» .

Per cui questi sposi convolano a nozze vestiti come tutti i giorni, davanti al solo sacerdote officiante ed al massimo qualche altro presente, spesso un pellegrino conosciuto sul cammino o qualche diretto parente. Si vuol sottolineare che la celebrazione pur coinvolgendo amici e familiari nella gioia, alla fine è un momento che riguarda unicamente i futuri coniugi.
“In questo gesto non c’è nessun atteggiamento egoista o snob, per tenere alla larga parenti ed amici che si aspettano nozze tradizionali – ribadisce Francesco. L’affetto e la stima rimangono immutati e non vengono minimamente scalfiti dalla scelta di un matrimonio pellegrino, solo si assapora in confidenza sentimenti e sensazioni irripetibili».

Il cammino verso Santiago, diventa pure un esame della vita di coppia, che nel corso degli anni, potrà presentare insidie e difficoltà ma è col sostegno reciproco che potranno superarsi. L’avercela fatta, durante il cammino, trasmette fiducia e forza anche per le eventuali prove del futuro.

Ma chi sono nella quotidianità questi sposi pellegrini? «Non sono degli originali, ma persone la cui vita non è diversa da quella della maggior parte di noi, a conferma che si possono compiere scelte coerenti senza bisogno di essere dei superuomini o degli strambi». Ogni coppia che si è già sposata a Santiago porta un bagaglio di solidarietà, che gli è stata espressa lungo il cammino, ma che li fa sentire uniti anche con tutti gli altri che come loro hanno perseguito questa scelta. Da qui l’idea di un blog (http://ilcamminodeglisposi.blogspot.com), creato dai pionieri di quest’esperienza: Francesco e Michela Dragoni di Grosseto, oggi anche genitori della piccola Irene.

Nelle pagine web sono ospitate tante storie di coppie pellegrine: Marco e Monica da Bergamo Fabio e Laura di Piacenza, Maristella e Christian da Verona, Filippo e Tania da Nuraghe , Dino e Nadia di Brebbia (Va) , Claudia e Ivano di Alessandria, Lorenzo e Francesca di San Lucido, Diego e Stella di Ivrea, Diana e Mario e molti altri. C’è poi una sezione dedicata alle indicazioni pratiche per quanti vogliono seguirli in questa scelta.

«Alcuni degli sposi pellegrini – conclude Francesco -, pur risiedendo in varie regioni d’Italia, dalla Toscana alla Calabria, dal Piemonte alla Sardegna, e non essendosi mai incontrati direttamente, si scrivono cartoline d’auguri, si fanno presenti per i nuovi matrimoni. Attraverso la mail si stabilisce un legame forte anche per il supporto ricevuto da persone apparentemente estranee, ma accomunate dalla stessa esperienza.

Decisivo per questi sposi pellegrini si è rivelato il ruolo dei parroci, che hanno caldeggiato le autorizzazioni, evidenziando le genuine esigenze spirituali che animavano i richiedenti. Qualche parroco è addirittura volato in Spagna per celebrare il matrimonio dei suoi fedeli e star loro vicino in quel giorno e persino l’arcivescovo di Oristano, mons. Ignazio Sanna, ha voluto celebrare la funzione di due sposi sardi Filippo e Tania, nella cattedrale di Santiago de Compostela.
cittanuova.it