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Mostre. I pellegrini di Alinka Echeverría all'interno del festival internazionale di fotografia e arte sul Mediterraneo PhEST - See Beyond the Sea

«The Road to Tepeyac» (2010) di Alinka Echeverría

«Illumina il mio cammino» è solo una delle frasi devozionali che accompagnano il pellegrinaggio a Tepeyac in Messico. Un viaggio di fede e speranza che ogni anno vede protagonisti venti milioni di persone – donne, uomini, bambini e anche fedelissimi amici a quattro zampe, come si vede nella suggestiva installazione The Road to Tepeyac (2010) di Alinka Echeverría (Città del Messico 1981) dove c’è anche un pastore tedesco ammantato di azzurro.

NEL SALONE di Palazzo Palmieri a Monopoli, cuore della IV edizione del festival internazionale di fotografia e arte sul Mediterraneo PhEST – See Beyond the Sea che sotto la direzione artistica di Giovanni Troilo e la curatela di Arianna Rinaldo (con il sostegno della Regione Puglia – assessorato industria turistica e culturale, Teatro pubblico pugliese e comune di Monopoli) propone un percorso all’insegna di Religioni e Miti (fino al 3 novembre), il fondo bianco scelto dall’autrice è l’emblematico scenario che suggella l’intensità della devozione.
Artista visiva messicano-britannica, Echeverría ha studiato antropologia sociale all’Università di Edimburgo e fotografia all’Icp di New York vincendo numerosi premi, tra cui Foam Talent 2017, Prix Elysée 2018 e la recente borsa di studio della Fondazione Mast di Bologna. Interessata alla «relazione filosofica, psicologica e socio-culturale tra immagine e credo», impiega due anni per realizzare The Road to Tepeyac (2010), utilizzando linguaggio fotografico e video (To See Her and Let Her See Me) per dare un volto alla «cecità reale e metaforica».
Cresciuta in una famiglia atea, quando Alinka Echeverría si reca il 9 dicembre 2008 al santuario della Madonna di Guadalupe a Città del Messico, lì dove tra il 9 e il 12 dicembre 1531 la Virgen morenita (Vergine meticcia) apparve all’indio messicano Juan Diego Cuauhtlatoatzin (canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002), viene travolta dall’intensità del flusso continuo di pellegrini in movimento che ritrae in cammino, mentre trasportano sulla schiena riproduzioni dell’icona della Vergine.

«L’ESPERIENZA fenomenale del pellegrinaggio dove il devoto porta quelle che sembrano infinite rappresentazioni della Vergine sulla schiena mi ha portato a mettere in discussione il rapporto tra immagine e fede – afferma l’artista – Mi è sembrato già così ricco di domande il semplice fatto di trasportare una riproduzione dell’immagine sacra, che ho deciso di focalizzarmi esclusivamente su quello fotografando le spalle dei pellegrini che trasportavano la loro personale rappresentazione della Vergine.
Questi oggetti spaziano da riproduzioni minuziosamente realizzate a mano a produzioni industriali, e si manifestano in maniere infinite. Il valore non sta nella materialità, ma nel valore che il pellegrino gli dà. I devoti portano le immagini da casa, ovunque essa sia, fino alla ’vera’ immagine della Vergine appesa in basilica».

ANCHE NELLA MOSTRA Seeing Mary, allestita nelle sale del Castello Carlo V e realizzata dal National Geographic, nella mappatura mondiale delle apparizioni della Vergine Maria c’è la foto scattata da Diana Markosian nel 2014 di un devoto diretto alla basilica di Nostra Signora di Guadalupe con l’altarino sulle spalle. Ma se in questo caso si è di fronte a un prodotto di reportage, nello sguardo di Echeverría emerge una caleidoscopica rappresentazione in cui sacro e profano convivono sincreticamente.
Il viaggio e il peso della religione e della storia trovano l’apice nell’ultimo tratto del percorso che l’artista affida al video di 11 minuti in cui i pellegrini possono finalmente godere per quaranta secondi della suggestione del luogo, nella silenziosa contemplazione dell’immagine sacra, trasportati dal tapis roulant. «La vedono, e, con la stessa importanza, Lei vede loro».
La storia ci ricorda che la memoria dell’apparizione è affidata alle pagine delNican Mopohua (Qui è Detto), un testo manoscritto in nahautl classico, il linguaggio dell’impero azteca parlato prima dell’arrivo dei conquistadores e che il mantello (tilmàtli) di Juan Diego, sul quale è raffigurata l’immagine di Maria con i capelli sciolti, il manto con le 46 stelle, la cintura e l’angelo con le ali di quetzal, è conservato proprio nel santuario di Tepeyac che sorge nel luogo in cui gli aztechi veneravano Tonantzin o Coatlicue.
Il Manifesto

Turismo religioso, risorge il Cammino di San Michele



Saranno recuperati i sentieri del Cai e gli antiche percorsi legati a fede e storia Il progetto del comitato promotore ha trovato pieno appoggio da parte degli enti

Passerà anche dall’Alessandrino il «Cammino di San Michele», che unisce Mont Saint Michel in Normandia a Monte Sant’Angelo sul Gargano. Un percorso di 1450 chilometri attraverso antiche strade e sentieri, borghi storici e città, e che (nelle speranze) porterà tanti turisti anche in provincia, coinvolgendo agriturismi e bed and breakfast, sulle tracce dell’arcangelo protettore dei pellegrini. Il progetto è promosso dal giornalista Sandro Vannucci, già conduttore della trasmissione di Rai Uno «Linea Verde», che ha presentato l’itinerario alla Provincia, incontrando poi tutti i Cai alessandrini, e il sindaco Federico Chiodi e l’amministrazione comunale di Tortona, che hanno dato pieno supporto all’iniziativa.

Domenica 22 settembre, in collaborazione con il Comitato promotore del Cammino di San Michele presieduto da Vannucci, si terrà a Tortona la presentazione del tratto piemontese e sarà organizzata una camminata Tortona-Volpedo sulla «Via dei Malaspina». Poi il gruppo degli organizzatori raggiungerà Bobbio in bicicletta. Iniziative utili a promuovere anche nel nostro territorio il turismo lento e sostenibile.

«A settembre con un gruppo di persone partirò dalla Sacra di San Michele, in Val di Susa - dice Vannucci - e in 6 giorni arriveremo a Bobbio. Nel mezzo ci saranno varie manifestazioni, tra cui quella di Tortona. Il comitato promotore con il Comune coinvolgerà tutte le associazioni locali che vorranno partecipare e che saranno custodi del percorso nel loro territorio». Il primo pezzo del percorso sarà lungo la futura ciclabile tra Tortona e Viguzzolo, per proseguire lungo la collina fino a Monleale e scendere a Volpedo. «Le ricadute turistiche ci saranno sicuramente - aggiunge Vannucci - e già nella prossima stagione il percorso sarà segnalato con i cartelli e pubblicizzato a livello internazionale».

L’itinerario che inizia a Mont Saint Michel arriva in Italia dal Passo del Moncenisio, tocca la Sacra di San Michele, attraversa Torino e, da Superga, scende nel Monferrato seguendo il sentiero Cai per Vezzolano, Crea e San Salvatore. Poi, Alessandria, Spinetta Marengo fino, appunto, a Tortona, dove c’è la chiesa San Michele Arcangelo, in via Emilia. Da qui procede con un nuovo tratto denominato «Via dei Malaspina» per Volpedo - dove, nel catino absidale della pieve di San Pietro, del X secolo, c’è l’immagine dell’arcangelo Michele -, fino a Bobbioda dove procede lungo la «Via degli Abati», percorso già conosciuto da Etruschi e Longobardi fino a Pontremoli, Lucca, Volterra e Roselle(Grosseto), fino a Saturnia. Quindi l’ingresso nel Lazio fino a Roma per procedere infine sui tratturi del Molise verso la Grotta dell’Arcangelo Michele sul Gargano, in Puglia.

Un lungo itinerario religioso, ma anche storico e culturale, che unisce i luoghi dedicati al culto di San Michele. «San Michele Arcangelo - spiega Vannucci - è capo supremo dell’esercito celeste, degli angeli fedeli a Dio che sconfiggono il Male. La grotta del Gargano, luogo della sua prima apparizione, è da quindici secoli meta di pellegrinaggi».

tratto da ilsecoloXIX - segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone
Turismo Culturale

Bisaccia del Viandante per turismo slow Dedicato a prodotti eccellenza lungo i cammini per pellegrini


BOLOGNA - Un progetto dedicato ai prodotti d'eccellenza del territorio lungo i cammini per pellegrini dell'Emilia-Romagna: si chiama 'Bisaccia del Viandante' e viene presentato domenica 5 novembre alla Tartufesta di Sasso Marconi (Bologna). L'evento rientra tra le iniziative del Turismo Esperienziale delle Vie, Percorsi e Cammini dei Pellegrini realizzate in collaborazione con l'Assessorato regionale all'Agricoltura per valorizzare il turismo slow e l'enogastronomia del territorio. La Bisaccia del Viandante partirà nel 2018 dalla Via degli Dei e nel corso dell'anno coinvolgerà progressivamente tutte le 14 storiche Vie dell'Emilia-Romagna.
    La 'Bisaccia del Viandante' valorizzerà i prodotti Dop, Igp, Doc e le tipicità locali di qualità che si possono trovare lungo il cammino prescelto, tenendo conto della loro stagionalità. Di volta in volta potrà essere, a scelta, un "packed lunch", un menù dedicato da degustare nelle strutture di accoglienza e di ristorazione lungo il percorso o un "souvenir" alimentare. Saranno i singoli cammini a informare i turisti viandanti della proposta di volta in volta disponibile. Dal prossimo anno la Bisaccia del Viandante interesserà inizialmente la Via degli Dei, il percorso millenario risalente agli Etruschi, che collega Bologna a Firenze attraverso l'Appennino tosco-emiliano. Poi nel corso del 2018 l'iniziativa si estenderà anche alle altre 13 Vie regionali che vorranno aderire all'iniziativa, valorizzando tutti i prodotti tipici dell'Emilia-Romagna, che vanta un paniere di 44 eccellenze tra Dop e Igp, un vero record.
    Gli antichi Cammini, percorsi e Vie dei Pellegrini dell'Emilia-Romagna offrono molte opportunità di conoscere arte, paesaggi e sapori del territorio. Sono 14 (dalla Via Francigena, candidata al riconoscimento Unesco, alla Via Romea Germanica fino alla Via di San Francesco), e attraversano tutta la regione, collegandola all'Europa e a Roma per oltre 2000 km di itinerari. Si possono percorrere non solo a piedi, ma anche in bicicletta e a cavallo. Per "accompagnare" il turista è nato un Circuito regionale che coinvolge 24 operatori specializzati. Tra le iniziative del Circuito regionale ci sono oltre 30 pacchetti-soggiorno, presenti sul sito www.emiliaromagnaturismo.it, con escursioni giornaliere a piedi o in bici e soggiorni da 1 a 7 notti con o senza guida, tra natura incontaminata, luoghi di culto e borghi storici, antiche pievi. In molti casi i turisti viandanti possono contattare direttamente dal sito il tour operator per costruire una vacanza personalizzata. (ANSA).

Giubileo dell'Opera Romana Pellegrinaggi: intervista con mons. Andreatta

Nell’anniversario della prima apparizione della Madonna di Fatima ai tre pastorelli, il 13 maggio 1917, si è tenuto oggi a Roma con la partecipazione di oltre mille persone il Giubileo nazionale del Pellegrino dell’Opera Romana Pellegrinaggi. In processione, oltre alla statua della Madonna Pellegrina, anche le reliquie dei Beati Francesco e Giacinta. Luca Collodi ne ha parlato con mons. Liberio Andreatta, amministratore delegato dell’Opera Romana Pellegrinaggi. (da Radio Vaticana)
R. – Sono 12 anni che facciamo la Giornata Mondiale dei Pellegrini per Opera Romana Pellegrinaggi a Roma. Quest’anno, con l’Anno Santo Straordinario della Misericordia, abbiamo voluto far vivere anche ai nostri pellegrini il Giubileo nazionale sul tema: “Maria, testimone della Misericordia di Dio”. Siamo partiti dalla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme e percorrerendo, secondo le indicazioni della lettera del Papa di indizione del Giubileo, un cammino a piedi, che quest’anno diventa proprio un percorso giubilare, siamo passati tutti per la Porta Santa della Cattedrale di Roma.
D. – Pensiamo ai pellegrinaggi che organizzate in Medio Oriente: come li cambia la paura del terrorismo?
R. – In due modi: in primo luogo, diminuiscono i gruppi, perché i parroci e le comunità faticano ad aggregarli. Quindi aumentano molto di più i singoli pellegrini, che, nell’ambito di una loro fede interiore e di una loro serenità per quanto riguarda la vivibilità e la fattibilità del pellegrinaggio, decidono di partire. Di conseguenza, sono sempre di più gli individuali e sempre di meno i gruppi. Il secondo elemento è che si iscrivono tutti all’ultimo minuto; quindi, molte volte, a causa delle imposizioni delle compagnie aree e di servizi che ci obbligano a dare la conferma 60 giorni prima, siamo costretti a dover annullare il pellegrinaggio perché in quest’arco di tempo non riusciamo ad aggregare il numero sufficiente per confermare i posti. E questo ci mette in grande difficoltà. Iscrivendosi all’ultimo minuto, non trovano più il pellegrinaggio organizzato e devono poi spostare le loro iscrizioni in date successive. Ma devo ribadire con forza che non vi sono pericoli né rischi per i pellegrinaggi in Terra Santa.
D. – C’è una ricaduta negativa sui cristiani di Terra Santa?
R. – C’è una grande ricaduta negativa. Infatti, molti se ne vanno perché non hanno più un posto di lavoro. Perché il pellegrinaggio creava anche un grande indotto economico per la sopravvivenza delle nostre piccole comunità cristiane di Terra Santa. Quindi il pellegrinaggio ha un duplice valore: è un cammino interiore, un’esperienza personale, un’esperienza – direi – straordinaria nei luoghi di Gesù; ma anche una grande solidarietà per tutti i fratelli cristiani che testimoniano, con la loro presenza, la continuità del messaggio evangelico.
D. – Mons. Andreatta, che novità ci sono per i cammini giubilari a Roma?
R. – Per quanto riguarda i cammini giubilari, il cammino mariano, il cammino papale, il cammino della misericordia, abbiamo creato una App che si può scaricare gratuitamente, chiamata “Iubitinera”. Questa è la prima novità: per cui si può percorrere il cammino con i telefonini, grazie a questa App che dà tutte le spiegazioni, con le tappe, gli orari e le informazioni utili. Ad esempio, chi è stanco può salire sull’open bus “Roma Christiana” o può trovare lungo il percorso dei punti di assistenza e di informazione. Poi c’è la seconda novità, che posso annunciare in anticipo attraverso Radio Vaticana, perché sarà presentata nei prossimi giorni. Con i giovani di don Rosini abbiamo percorso, domenica 1° maggio, l’itinerario mariano al mattino alle 5: c’ erano circa 200 giovani; e l’8 maggio, con 400 giovani, abbiamo percorso il cammino della Misericordia da San Giovanni in Laterano a San Pietro. In queste occasioni abbiamo realizzato un video – un video straordinario! – con una musica di sottofondo e un canto dell’”Ave Maria” meraviglioso! Tra qualche giorno, dal sito dell’ORP, si potrà scaricare un meraviglioso video dei cammini giubilari dedicato al Giubileo della Misericordia a Roma.

Pellegrini all'alba

Galizia, Spagna, aprile 2010 - Ci mettiamo in strada che ancora è notte. Sul Camino Inglés venticinque chilometri a piedi, anche oggi - verso Santiago. La terra dei sentieri è molle di umidità a quest'ora, nei villaggi deserti le imposte serrate. C'è una luna inquieta fra le nuvole, alla cui luce fredda gli alberi spogli sembrano anime ischeletrite. Avanziamo in fila, alla luce delle torce, recitando il Rosario.
Il buio è ancora fondo quando un gallo canta, stridulo. È bello sentirlo, promessa nell'oscurità. Continuiamo ad andare, di buon passo. Nei campi, le corolle dei fiori ancora chiuse. Da est si allarga un chiarore rosa. Un velo di nebbia si alza dalla terra, fantasmatico, e svanisce.
Il sole si leva all'orizzonte: lento, rosso, regale. Come a un segnale, gli uccelli prendono a cantare. Un'imposta si apre, nelle case si accendono le luci. Il nuovo giorno che si alza ci commuove - i nostri passi ora più veloci, e più certi. Quelle che sotto la luna sembravano anime in pena si rivelano chiome di alberi ancora nude, ma già coperte di gemme. Dall'oceano nuvole gonfie scaricano sui campi, come una benedizione, una pioggia fresca. Splendono le calle selvatiche, sul sentiero per Santiago. Che miracolo, questa luce di alba che ha vinto la notte, una volta ancora. 
avvenire.it

Matrimonio di pellegrini a Santiago de Compostela

Vivere quel giorno senza preoccuparsi del vestito, del ricevimento, degli invitati, per ritornare ad un esperienza spirituale umile e semplice. Un blog raccoglie le loro storie

Il giorno del matrimonio è per il credente il momento in cui la sua comunione con la persona amata viene consacrata davanti a Dio e, come tale, esso assume per chi lo vive un intenso valore spirituale. Per cogliere appieno il significato di questa scelta alcune coppie, già da anni, celebrano il loro matrimonio al termine di un pellegrinaggio verso luoghi significativi per la cristianità.

Tra le mete preferite da questi “sposi pellegrini” c’è la città di Santiago de Compostela nella regione spagnola della Galizia che fin dal Medioevo è stata la destinazione ultima di un cammino di forte esperienza religiosa.
«Nel fascino del cammino di Santiago – dice Francesco Dragoni, il primo ad essersi sposato a Santiago - si colloca la storia di tanti sposi pellegrini. Desiderio comune a tutti è vivere le nozze in completa intimità con se stessi e con Dio, aggirando le convenzioni sociali e le prosaicità che in genere circondano la celebrazione del matrimonio, anche di quello religioso».

Il giorno del matrimonio spesso si accompagna a preoccupazioni per il ricevimento, gli invitati, la lista dei regali, l’abito e le bomboniere col risultato di mortificarne il senso religioso della celebrazione a favore di una mondanità dilagante anche nelle scelte forti della vita. «Sono in tanti – sottolinea Francesco - a manifestare disagio verso un simile modo di intendere il matrimonio e che desiderano invece più sobrietà. Celebrare le nozze al termine del cammino di Santiago è certamente una rottura rispetto alla tradizione, ma non si tratta di mera insofferenza verso la prosaicità che circonda il giorno delle nozze. Dietro la decisione di sposarsi a Santiago c’è la volontà degli sposi di tenere la consacrazione del loro rapporto affettivo isolata dal resto del mondo in modo da assaporare in maniera esclusiva i sentimenti, la semplicità, il profondo significato del momento senza dar peso all’esteriorità» .

Per cui questi sposi convolano a nozze vestiti come tutti i giorni, davanti al solo sacerdote officiante ed al massimo qualche altro presente, spesso un pellegrino conosciuto sul cammino o qualche diretto parente. Si vuol sottolineare che la celebrazione pur coinvolgendo amici e familiari nella gioia, alla fine è un momento che riguarda unicamente i futuri coniugi.
“In questo gesto non c’è nessun atteggiamento egoista o snob, per tenere alla larga parenti ed amici che si aspettano nozze tradizionali – ribadisce Francesco. L’affetto e la stima rimangono immutati e non vengono minimamente scalfiti dalla scelta di un matrimonio pellegrino, solo si assapora in confidenza sentimenti e sensazioni irripetibili».

Il cammino verso Santiago, diventa pure un esame della vita di coppia, che nel corso degli anni, potrà presentare insidie e difficoltà ma è col sostegno reciproco che potranno superarsi. L’avercela fatta, durante il cammino, trasmette fiducia e forza anche per le eventuali prove del futuro.

Ma chi sono nella quotidianità questi sposi pellegrini? «Non sono degli originali, ma persone la cui vita non è diversa da quella della maggior parte di noi, a conferma che si possono compiere scelte coerenti senza bisogno di essere dei superuomini o degli strambi». Ogni coppia che si è già sposata a Santiago porta un bagaglio di solidarietà, che gli è stata espressa lungo il cammino, ma che li fa sentire uniti anche con tutti gli altri che come loro hanno perseguito questa scelta. Da qui l’idea di un blog (http://ilcamminodeglisposi.blogspot.com), creato dai pionieri di quest’esperienza: Francesco e Michela Dragoni di Grosseto, oggi anche genitori della piccola Irene.

Nelle pagine web sono ospitate tante storie di coppie pellegrine: Marco e Monica da Bergamo Fabio e Laura di Piacenza, Maristella e Christian da Verona, Filippo e Tania da Nuraghe , Dino e Nadia di Brebbia (Va) , Claudia e Ivano di Alessandria, Lorenzo e Francesca di San Lucido, Diego e Stella di Ivrea, Diana e Mario e molti altri. C’è poi una sezione dedicata alle indicazioni pratiche per quanti vogliono seguirli in questa scelta.

«Alcuni degli sposi pellegrini – conclude Francesco -, pur risiedendo in varie regioni d’Italia, dalla Toscana alla Calabria, dal Piemonte alla Sardegna, e non essendosi mai incontrati direttamente, si scrivono cartoline d’auguri, si fanno presenti per i nuovi matrimoni. Attraverso la mail si stabilisce un legame forte anche per il supporto ricevuto da persone apparentemente estranee, ma accomunate dalla stessa esperienza.

Decisivo per questi sposi pellegrini si è rivelato il ruolo dei parroci, che hanno caldeggiato le autorizzazioni, evidenziando le genuine esigenze spirituali che animavano i richiedenti. Qualche parroco è addirittura volato in Spagna per celebrare il matrimonio dei suoi fedeli e star loro vicino in quel giorno e persino l’arcivescovo di Oristano, mons. Ignazio Sanna, ha voluto celebrare la funzione di due sposi sardi Filippo e Tania, nella cattedrale di Santiago de Compostela.
cittanuova.it