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San Giovenale, festeggiamenti a Chia (VT) nel borgo caro a Pier Paolo Pasolini

(Trittico di Chia)

Le vie del paese vestite a festa con le bandiere dei rioni appese alle finestre di ogni casa; l’inconfondibile odore del dolce tipico sfornato dalle signore del posto. Un sapore che sa di tradizioni decennali, quelle che rappresentano appartenenza e identità; che custodiscono il genius loci.

E’ tutto pronto nella piccolissima frazione di Chia per le celebrazioni in onore del patrono San Giovenale: la festa per eccellenza di tutti i residenti. Quella per cui, il Comitato festeggiamenti in carica, lavora un anno intero organizzando iniziative e proposte finalizzate alla raccolta fondi per l’organizzazione degli appuntamenti, con il supporto dell’amministrazione comunale e degli sponsor. Si inizia domani alle 17 con la funzione religiosa nella chiesa Santa Maria delle Grazie; per proseguire alle 21,30 in piazza Garibaldi (teatro di tutti gli appuntamenti) con il concerto di Sama; alle 22, nel paesino all’ombra dei Cimini, farà tappa Gianni Bismark nell’ambito del tour “Andata e Ritorno”. Ultimo evento della serata, alle 24, il djset di Carlo Giganti.

Sabato mattina le celebrazioni religiose, con la sfilata della banda musicale di Vitorchiano per le vie del paese accompagnata dalle majorettes, la messa alle 10,30 e, a seguire, la processione con la statua di San Giovenale portata a spalla dai ragazzi del Comitato festeggiamenti; mentre le ragazze, come da tradizione, porteranno una candela, considerata simbolicamente il “dono” offerto al Santo. Il pomeriggio, alle 17, lo spettacolo del Gruppo storico spadaccini di Soriano nel Cimino e l’aperitivo, sempre in piazza Garibaldi. La sera, alle 22, è in programma il concerto dei Ramiccia. Domenica l’ultima giornata di festa: durante la mattinata le celebrazioni religiose e, il pomeriggio, spazio al divertimento per i più piccoli con gonfiabili, giochi musicali, spettacoli di magia, baby dance, e tanto dolcissimo zucchero filato. Per tutta la durata della manifestazione sarà inoltre presente lo stand del Comitato.

civonline.it

Libro: San Giovenale e il castello di Chia

Come tutti i santi patroni d’Italia, anche Giovenale è particolarmente amato dai fedeli di Chia, in provincia di Viterbo.

Un legame secolare, inveterato, che affonda le radici nei primi anni di vita delle comunità cristiane a cavallo fra il Lazio e l’Umbria, che accolsero con affetto e devozione il medico africano nominato da papa Damaso I vescovo della diocesi di Narni. E la venerazione del “gregge pastorale nei confronti del Santo è tale da aver spinto Giuseppe Serrone, teologo e giornalista free lance, a ricomporre in un volume, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, la vita, le opere e il culto dell’uomo di fede.

Ma l’opera letteraria non raccoglie solo testimonianze relative a San Giovenale, con l’iconografia, le chiese a lui dedicate e il culto professato in suo onore a Chia, oltre che a Benevento, Cagliari e Fossano, ma costituisce anche un prezioso compendio della storia religiosa cittadina, grazie alla raccolta di notizie, documenti, atti ed anche bolle papali che rendono giustizia al glorioso passato della parrocchia laziale, sorta tra la fine del terzo e l’inizio del quarto secolo. Cenni speciali vengono poi riservati da Giuseppe Serrone alla prima visita pastorale a Chia, effettuata nel 1571, e allo statuto della Confraternita di San Rocco, sorta nel 1730. La parte relativa all’arte e all’architettura  di matrice religiosa è stata invece illustrata da Angela Goletti, docente di Storia dell’Arte a Viterbo.     



Chia. Le cascate in cui Pasolini girò le scene del battesimo di Gesù nel “Vangelo secondo Matteo” (1964)


Quarantanove anni fa moriva Pier Paolo Pasolini. Con una celebrazione il 2 Novembre 2024 sarà commemorato l’anniversario della morte di Pasolini con una celebrazione ecumenica e interreligiosa, aperta a tutti online alle ore 16,30.
A Chia, mentre gira le prime sequenze del Vangelo secondo Matteo, Pasolini visita un fortilizio medioevale abbandonato. Se ne innamora. È la primavera del 1964. Nel 1966 scrive che vorrebbe andare a vivere dentro quella Torre che non può comprare, «nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta innocenza di querce, colli, acque e botri». Al poeta sembra che in quel luogo incantato la natura abbia giocato a fare il verso all’arte, illusa innocenza d’un cosmo perfetto e gioioso. L’acquisto del diruto immobile si realizza nell’autunno 1970. Pasolini vi soggiornerà spesso negli ultimi anni di vita. Spedirà da lì non poche delle sue Lettere luterane: l’estrema denuncia dell’apocalisse antropologica (le aberranti derive culturali indotte dal potere neocapitalista sul tessuto più intimo della vita nazionale, sul millenario patrimonio artistico, sul paesaggio agrario e sulla forma delle città). Intimamente connessa e necessaria a questo tema sarà l’appassionata, profetica invocazione del “Processo” alla corrotta casta democristiana, colpevole d’un «errore di interpretazione politica che ha avuto conseguenze disastrose nella vita del nostro paese».
Nella vita di ogni artista c’è un luogo dell’anima, un centro geografico tangibile dove l’ispirazione fluisce libera, aprendo la strada alla creatività. Per Pier Paolo Pasolini – scrittore, regista, poeta – questo luogo è stato Chia, un grumo di case così piccolo che per rintracciarlo su una carta stradale occorre una lente d’ingrandimento, ammesso che poi ci si riesca davvero a trovarlo, perché non è cosa facile: bisogna guardare nella provincia di Viterbo, laddove già questa declina verso l’Umbria, e seguire idealmente la Statale 675 che da Orte va verso Vitorchiano.


Irazoqui e Pasolini sul set di “Il Vangelo secondo Matteo”. Foto di Domenico Notarangelo
«A Chia, Pasolini ha lasciato un ottimo ricordo. Si recava spesso nelle case della gente, si intratteneva con loro, era gentile e disponibile. Fece molto per il paese, creò una squadra di calcio per i più giovani, istituì un premio per chi lo abbelliva…». A raccontare lo scrittore-regista nei suoi aspetti quotidiani, magari minimi, ma proprio per questo più veri, è Giuseppe Serrone. Lui non ha mai incontrato di persona Pasolini, ma la passione per questo luogo, che pare attrarre personaggi al di fuori degli schemi, li unisce al di là del tempo e dello spazio: «Quando arrivai a Chia sapevo ben poco di Pier Paolo… In realtà l’ho scoperto grazie ai racconti della gente, che tratteggiavano una personalità affabile e gentile, che mi ha subito incuriosito».
Giuseppe è stato parroco di Chia dal 1991 al 2001 ed è un prete dalle idee chiare, in grado di fare scelte impegnative come quella, tre anni fa, di metter su famiglia, sposarsi e cambiare vita. «Non è stato facile, e, proprio per aiutare i sacerdoti che come me hanno deciso di violare l’imposizione del celibato, ho fondato l’Associazione Sacerdoti Lavoratori Sposati…», racconta. La sede nazionale? Ovviamente, è a Chia. Giuseppe Serrone ha scritto tra l’altro (sul Viale della Torre di Chia…) un testo di omaggio nell’anniversario della morte di Pasolini dal titolo E la luna t’accompagna:

Una strada: le radici che non avevano alberi sono le vere strade di un bosco. La luna dava spazio a una stella e il vento, respirando tra le foglie, l’accarezzava e formava un triangolo senza base aperto verso l’infinito, e la luna ti accompagna. Pietre e pietre: il tempo rovina le cose e il rumore dell’acqua riporta la melodia delle cose e il passo d’un uomo solo sfiora la strada di radici.
Pier Paolo come il candore di una foglia la tua penna scrive e il tuo occhio immagina scene di storie passate, tra rami e rami secchi, tra felci e querce, le fessure dei muri, le buche di un masso, trapassi irrequieti di ore proibite!
Che cosa è il bene o il male? Forse la strada di un poeta o un artista o un regista si perde tra sogni e profeti di un tocco di blu!
T’accompagna la luna, Pier Paolo, e come la stella ricevi la luce da storie mai scritte o frasi non dette racchiuse tra un ago e la freccia veloce, la mano d’un re, tradito e rinato (di Giuseppe Serrone).


La mostra. Il set mai visto del Vangelo secondo Matteo di Pasolini

Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini a colori. E’ questa una delle chicche della emozionante mostra in corso sino al 25 agosto nel Centro studi Pasolini di Casarsa (Pordenone), dedicata alle foto di scena del rivoluzionario film a 60 anni dalla sua uscita. E poi ci sono i ritratti intensi del giovane Enrique Irazoqui, scelto da Pasolini per interpretare il Cristo, che osserva attentamente il regista mentre gli spiega la sceneggiatura, e quelli addolorati e celebri della madre Susanna Colussi, che il regista volle nella parte di Maria di Nazareth, ai piedi della croce, ancor più suggestivi poiché richiamano il profondo legame tra Pasolini e la madre. E poi la città di Matera, la Gerusalemme ritrovata di Pier Paolo Pasolini, le campagne di Barile che diventano Betlemme, i luoghi, i paesaggi di un’Italia meridionale che negli anni Cinquanta e Sessanta erano considerati il simbolo di un ambiente degradato ed emarginato e che assumono nel film un forte valore religioso.

Il curatore della mostra, Roberto Chiesi, critico cinematografico e responsabile del Centro studi-Archivio Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna, sottolinea come le foto di scena costituiscano «un modo per tracciare una sorta di mappa del film, e trattandosi di un’opera che turba, stimola alla riflessione e suscita emozioni, prolungano e approfondiscono questo tipo di processo». Molte foto fissano momenti che sono spesso colti dietro le quinte e «ci ricordano – aggiunge Chiesi - che sul set e fra gli interpreti ci sono molti degli amici di Pasolini, alcuni intellettuali di fama come Enzo Siciliano o un giovane Giorgio Agamben, Ninetto Davoli che qui debutta, addirittura la madre Susanna, c’è quindi la vita di Pasolini». La mostra è divisa per aree tematiche e, attraverso lo sguardo di Novi, scopriamo nuovi dettagli sul set e sul film stesso. Alcuni affascinanti scatti a colori (mentre il film è in bianco e nero) ci aiutano a cogliere meglio i riferimenti pittorici di Pasolini, come quelli a Piero della Francesca nei sontuosi abiti dei farisei i cui volti, per contro, popolani spiccano nella sezione “Volti e corpi”, o negli scenari assolati della Basilicata e nella sontuosità delle architetture del castello di Gioia del Colle in Puglia sede del Sinedrio in “La reinvenzione dei luoghi” e “La sacralità dei rituali”. Mentre nella sezione “La realtà del set”, come afferma Chiesi, le fotografie di Novi permettono allo spettatore di vedere cose che possono essere sfuggite, «come rendersi conto, per esempio, che Maria di Betania è Natalia Ginzburg o che sul set c’era anche Elsa Morante consulente per le musiche». E di scoprire che Pasolini usava delle lavagnette con le battute del film ad uso degli attori non professionisti o di vedere inquadrature che sarebbero state poi tagliate e che ci svelano altri segreti del “suo” Vangelo.

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