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Viaggi ai luoghi della fede: Montserrat, la Regina sugli abissi che dispensa grazie

I LUOGHI DELLA FEDE
Montserrat, la Regina sugli abissi che dispensa grazie


Da Monistrol la strada sale in stretti tornanti. È un’apparizione improvvisa, a una curva, il massiccio di Montserrat: splendido, tanto che accosti, ti fermi, per restare a guardare. Una schiera di guglie color oro, una accanto all’altra come sorelle; le forme più bizzarre – bambole, frati, teschi. Ma tutte arrotondate, limate da milioni d’anni di vento; da quando, qui, le acque del mare si ritirarono, e lasciarono indietro questo conglomerato di roccia, come un immenso trono. Come se si aspettasse una regina. In cima, il santuario. La facciata degli anni Quaranta, dura, d’impronta littoria, fa pensare a una fortezza. Ma in fondo alla navata centrale, in alto, c’è la cappella della Vergine. È nera e bella, austera; vestita d’oro, il Bambino in braccio. Nella mano destra regge il cosmo. Senza alcuno sforzo; come se naturalmente le appartenesse.

I pellegrini dalle prime ore del mattino si incolonnano. Quanti, pensi stupita, e sì che è un giorno feriale. Ragazzi, bambini, settantenni e fanciulle in short. Non t’aspettavi, nella Spagna di Zapatero, un’ora di coda, un lunedì mattina, per la Vergine di Montserrat. La messa delle undici, poi il Salve Regina delle voci bianche della antica Escholania. Ora la grande chiesa è stracolma. La limpidezza vertiginosa delle voci infantili nella penombra lucente di ori; poi, i cinquanta bambini in veste nera lasciano l’altare, ordinati, in fila – le braccia nascoste sotto la cotta bianca, come ali riposte. La processione dei pellegrini riprende: dalla navata li vedi lassù davanti alla Vergine, che sfilano, e la accarezzano con una mano. C’è chi, soprattutto i ragazzi, si ferma solo un istante, e chi indugia, come non volendo andar via, come volendo spiegarsi, e insistere. Forse, ti viene il pensiero, quell’attardarsi è il segno di un dolore, è l’implorare ostinato una grazia.

Grazie, ne fa questa Madonna catalana, venerata dall’880. Quando dei pastori videro una sera una luce sopra a una grotta. Tornarono insieme ad altri, e anche gli altri videro la luce. Dentro a un antro ostruito dai detriti trovarono una immagine della Vergine. Oltre mille anni fa. Le leggende affondano nel buio del tempo, si intrecciano, si sovrappongono.

Era, quella Madonna, la icona che secondo un’altra tradizione i cristiani di Barcellona avevano nascosto 170 anni prima, per salvarla all’avvicinarsi dei Turchi? Quelli che nascosero quella Madonna, narra la leggenda, furono tutti uccisi in un’imboscata dell’invasore. Chi indicò allora ai pastori, quasi due secoli dopo, la grotta?

Era da sempre, il massiccio svettante sulla aspra dolcezza della Catalogna, un posto singolare. Un posto da eremiti, che amavano il silenzio e le rocce del Montserrat. Così lunari, in alto, verso Saint Jeroni; così diverse ciascuna dall’altra, tanto che un monaco solitario poteva bene affezionarsi a ognuna, e chiamarla, ti immagini, per nome, nel gran silenzio rotto solo dal vento nelle gole. Fu anzi da uno di quegli eremi che nacque il monastero di Montserrat, nell’undicesimo secolo, generato dall’abbazia di Ripoll. Il filo della fede qui non si è mai interrotto. Quando l’esercito napoleonico salì fin qui e incendiò e rase al suolo ogni muro, la storia forse sembrò finita. Ma i monaci sono tornati. Ancora oggi qui ci sono i benedettini. Sono in settanta. Il più vecchio ha 96 anni e a settembre arriverà un novizio ventenne. La storia continua.

E il respiro di Montserrat ha i ritmi della preghiera benedettina. Alle 7 e trenta le lodi, poi la messa, il rosario, i vespri. Guardi i monaci seduti nel coro della chiesa. Cantano. «<+corsivo>Luminis fons, lux et origo lucis<+tondo>», recita l’inno questa sera, mentre fuori il sole tramonta. Come un cerchio, la preghiera monastica compie l’arco del giorno, e attende l’alba. Non ci sono più invece, sulle cime, gli eremiti. Ma il visitatore che sale a Saint Joan e più oltre, fra le rocce spoglie e i lecceti, si imbatte ancora in piccole cappelle, o in grotte o rovine, dove per secoli uno dopo l’altro dei monaci hanno vissuto. Restano, di quelle capanne, quattro mura davanti all’abisso. È estate, eppure fa quasi freddo. Com’era l’inverno degli eremiti, quando la nebbia attorno cancellava ogni cosa? Te li immagini magri e ischeletriti come il san Geronimo di Caravaggio esposto al museo dell’abbazia. Di cosa vivevano quegli uomini? Di preghiera, radici e dell’eco delle campane, come una voce amica che arriva fin quassù.

Strano posto, davvero, consideri fra te, mentre contempli queste cime misteriose come Dolomiti, ma più domate, soggiogate dal tempo. Da qui in alto Montserrat pare il luogo di un confronto titanico fra la roccia, la materia opaca e gibbosa lasciata dalla Creazione, e il nulla, davanti; il luogo della lotta fra la materia e il nulla. Un uomo normale, qui, prova un po’ di paura; ha l’istinto di tornare a valle, fra i suoi simili, nel caldo delle case degli uomini. Ma in questo incrocio di abissi una Madonna si è insediata, domina e regina; di quella mole di pietra ha fatto un trono. E in una storia infinita di lotte, distruzioni, cacciate, guerre, gli uomini continuano a tornare dalla regina di Montserrat. Tornano, a domandare.

Fuori dal santuario e anche accanto alla Santa Cova, la grotta del ritrovamento, c’è il libro dei pellegrini: pagine e pagine di parole scritte fitte. Ci sono gli ex voto: noti nel cesto un ciuccio, e la fotocopia di un compito di trigonometria, e degli scarponi da montagna, lisi. Che grazie fa la Madonna di Montserrat? Sorride padre Josep-Enric Parrellada, ex rettore del santuario: «Prima di tutto, la grande grazia di andare avanti nella fatica quotidiana. Noi benedettini siamo chiamati ad accogliere i pellegrini come accoglieremmo Cristo. Poi la gente torna a casa, e racconta cosa ha visto; e c’è una rete di fede che si allarga da qui, una rete che non si vede, ma opera». Oltre due milioni di persone ogni anno. Pellegrini o turisti? Padre Parellada crede poco alla distinzione: chi può sapere, risponde, che cos’ha nel cuore il visitatore apparentemente più distratto?

Già, la questione è il cuore. Cosa domanderà il giovane padre che allunga la sua bambina di due anni più vicina che può, proprio addosso alla Vergine? E la vecchia signora sola, ultima a andarsene questa sera, dopo i vespri? E cosa dice in realtà il grande organo della basilica, sotto le mani nervose di un organista sconosciuto? Nella navata buia e semivuota prima del rosario, in quelle note avverti inquietudine e domanda; sembra un discorso, e vorresti restare lì fino a notte a ascoltare, e forse, pensi, capiresti allora la lingua di Montserrat.

Fuori ora la notte va riempiendo lo strapiombo, i pellegrini se ne sono andati, e resta solo il vento. Fa freddo. L’unico tepore viene dai mille ceri accesi accanto alla chiesa, come un esercito schierato e implorante. Là in fondo, in alto sopra all’altare, sola, scintilla d’oro la Vergine nera. È così regale e in pace, col mondo in una mano e il Bambino nell’altra; di ogni cosa, fra la materia e l’abisso, regina.
Marina Corradi - avvenire.it

Turismo Religioso. L'Amiata si prepara a festeggiare il centenario della Croce sulla Vetta

L'Amiata si prepara a festeggiare il centenario dell'elevazione della Croce sulla vetta, avvenuta nel 1910. L’appuntamento è per domenica 25 luglio con una giornata che vedrà protagonista il Monte, sui due versanti senese e grossetano, e il suo patrimonio paesaggistico e naturalistico, con una serie di appuntamenti religiosi e culturali dalle ore 10 fino a sera, quando sarà eseguito, per la prima volta, l’Inno composto per lo speciale anniversario. A partire dalle ore 20 saranno presenti sulla Vetta anche le telecamere di TeleIdea, che riprenderanno in diretta la fase finale dei festeggiamenti.

Le celebrazioni sono organizzate sulla base di un protocollo d’intesa firmato lo scorso maggio per valorizzare l’Amiata e per rilanciare le politiche di promozione turistica del territorio con una stagione estiva ricca di iniziative: da pellegrinaggi a mostre, da concerti a escursioni fino alle degustazioni di prodotti tipici locali. Gli appuntamenti sono promossi sotto il coordinamento della Comunità montana Amiata Val d'Orcia, insieme alla Comunità montana dell’Amiata Grossetano, al Parco Museo delle Miniere dell’Amiata, al Comune di Abbadia San Salvatore, alla Società Macchia Faggeta, al Consorzio Forestale dell’Amiata, alle amministrazioni provinciali e alle Apt di Siena e di Grosseto.

Domenica 25 luglio. La giornata si aprirà alle ore 10 ad Abbadia San Salvatore con l'accoglienza nella Basilica del Santissimo Salvatore del Cardinale Angelo Comastri, Vicario generale per lo Stato della Città del Vaticano. Alla cerimonia saranno presenti Lorenzo Avanzati, sindaco di Abbadia San Salvatore; Giuliano Simonetti, presidente della Comunità montana Amiata Val d'Orcia e il Vescovo della Diocesi di Montepulciano-Chiusi-Pienza, monsignor Roberto Cetoloni. Alle ore 12 seguirà la Santa Messa, officiata dal Cardinale Angelo Comastri sulla Vetta e accompagnata dalla Corale “G.P. da Palestrina” di Abbadia San Salvatore. All’apertura delle celebrazioni parteciperà anche Rosy Bindi, vicepresidente della Camera dei Deputati.

Le celebrazioni riprenderanno nel pomeriggio, a partire dalle ore 15.45, con l’intrattenimento musicale dell’Associazione culturale Formula Nuova Arcadia, che eseguirà alcune tra le più famose canzoni del “Festival Amiatino” degli anni Sessanta. Alle ore 17, poi, è prevista la Via Crucis sul tratto Pianello – Vetta. Alle ore 20 sarà la volta del concerto curato dall'Arcadia Wind Orchestra insieme alle corali “Arcadia Choir” e “G.P. da Palestrina” di Abbadia San Salvatore, “Giuseppe Verdi” di Arcidosso e “Padre C. Vestri” di Santa Fiora. Alle ore 21 la Croce sarà illuminata, per un suggestivo saluto dalla Vetta, prima della chiusura ufficiale della giornata con l’esecuzione dell’Inno alla Croce dell’Amiata per coro e orchestra, composto e diretto dal maestro Francesco Traversi.

Variazioni alla circolazione. In occasione della giornata di celebrazioni, la strada di collegamento con la Vetta sarà chiusa su entrambi i versanti dalle ore 9.30 alle ore 24 e l’accesso sarà consentito solo ai mezzi autorizzati e ai pullman turistici per permettere loro di far scendere e salire i visitatori. Per tutti gli altri visitatori, sarà possibile lasciare il proprio mezzo al Secondo Rifugio e al Primo Rifugio, sul versante senese, o al Prato della Contessa e Prato Macinaie, sul versante grossetano, per poi usufruire del bus navetta in servizio dalle ore 9.30 alle ore 24. Per l’intera giornata, sarà attivo anche l’impianto di seggiovia, con partenza dal Secondo Rifugio - Cantore e Prato delle Macinaie - Contessa.

Gli altri appuntamenti. Le celebrazioni per il centenario della Croce dell’Amiata andranno avanti fino al mese di dicembre con numerose iniziative in programma ad Arcidosso; Santa Fiora; Piancastagnaio e nella frazione di Saragiolo. Tra gli appuntamenti, saranno proposti pellegrinaggi, mostre, concerti, ma anche escursioni e degustazioni di prodotti tipici locali per valorizzare l’Amiata e le sue ricchezze culturali, paesaggistiche ed enogastronomiche.

Luglio. Sabato 24 luglio, dalle ore 8 alle ore 20, Abbadia San Salvatore sarà animata da un’edizione straordinaria del mercatino “Polvere e Tarli in Piazza”, in Viale Roma, mentre sotto i portici del Comune saranno esposti i quadri che hanno partecipato al concorso di pittura “La Croce del Monte Amiata”. Alle ore 21, poi, sarà premiato il dipinto vincitore nella Sala del Consiglio. Giovedì 29 luglio a Santa Fiora si svolgerà la Festa delle Sante Flora e Lucilla, patrone del paese, e alle ore 17 è prevista la Santa Messa e la processione con i figuranti vestiti in abiti medievali. Sabato 31 luglio Abbadia San Salvatore ospiterà il musical "I semi della Pace”, mentre sabato 31 luglio e domenica 1 agosto a Piancastagnaio ci sarà la Festa della famiglia al Santuario della Madonna di San Pietro. Domenica 1 agosto anche Santa Fiora sarà animata dall’XI Festival Santa Fiora in Musica, con il concerto alle ore 21.30 nella Chiesa Sant'Agostino dal titolo “CHOPENIANA” Pianista, eseguito da Nazzareno Carusi con le musiche di Listz e Chopin.

Agosto. Lunedì 2 agosto a Saragiolo, frazione di Piancastagnaio, sarà la volta della tradizionale Festa del Perdono di Assisi al Leccio delle Ripe, con le confessioni alle ore 16.30 e la Santa Messa alle ore 17.30. Giovedì 5 agosto a Santa Fiora si svolgerà la Festa della Madonna della Neve, con la processione che partirà alle ore 21 dalla Chiesa della Peschiera e, a seguire, la Santa Messa nella Pieve delle Sante Flora e Lucilla. Da venerdì 6 a domenica 8 agosto l’Amiata senese sarà animata da un doppio appuntamento per riscoprire le tradizioni religiose e storiche della zona. A Piancastagnaio si svolgerà la quarta edizione della mostra-scambio Rosso Cinabro, dedicata alla memoria mineraria, mentre ad Abbadia San Salvatore sarà la volta del Viaggio dello Spirito, inserito quest’anno nelle Veglie Francigene, manifestazione promossa dalla Regione Toscana, dall’Associazione Toscana Vie Francigene e dall’Associazione Europea Vie Francigene per rievocare il fascino del Medioevo e della via di pellegrinaggio che attraversa la Toscana.

Sabato 7 agosto per le vie di Abbadia è prevista anche la processione della Statua di Padre Pio, mentre la giornata di domenica 8 agosto nel capoluogo badengo si aprirà alle ore 10 con la mattinée con brani su arie celebri per bande e orchestre di fiati, con la partecipazione della Filarmonica “G. Puccini” di Abbadia San Salvatore, la Banda “P. Mascagni” di Iolo Prato, la Corale “G. Verdi” di Arcidosso e la Corale di Lucca. Il concerto sarà diretto dal Maestro Alessio Stabile. Alle ore 10.45, poi, seguirà la presentazione nella Chiesa di Santa Croce dell'affresco dell'Altare di Padre Pio a ricordo del Centenario, eseguito dalla pittrice Francesca Capitini.

Lunedì 9 agosto, alle ore 21, è previsto un nuovo appuntamento ad Abbadia San Salvatore con il concerto finale eseguito dalla Filarmonica “G. Puccini” di Abbadia San Salvatore, dalla Banda “P. Mascagni” di Iolo Prato, dalla Corale “G. Verdi” di Arcidosso e dalla Corale di Lucca, diretti dal Maestro Alessio Stabile. Da sabato 21 a domenica 29 agosto, poi, Abbadia ospiterà la mostra fotografica "La montagna e le sue risorse", allestita presso la sede della Società Macchia Faggeta, in Via della Pace, 70.

Il calendario di celebrazioni per il centenario della Croce si chiuderà con un doppio appuntamento ad Abbadia San Salvatore, in programma il 27 novembre e il 12 dicembre, con la Missione Popolare.

La storia della Croce
La Croce dell’Amiata è un monumento in ferro battuto alto 22 metri, eseguita tra il 1900 e il 1910 dalle officine senesi Zalaffi, su incarico dell’Episcopato toscano per attuare le indicazioni di Papa Leone XIII sulle celebrazioni dell’Anno Santo del 1900. Il Pontefice, infatti, propose di innalzare segni della redenzione sulle montagne più alte d’Italia. L’opera fu completata grazie al contributo di generosi benefattori e alla tenacia degli abitanti locali che, ogni giorno, dopo il turno di lavoro, portavano, in spalla, pezzi di ferro fino alla vetta. La Croce fu inaugurata il 18 settembre 1910.

Il 17 giugno 1944, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, la Croce fu abbattuta dai bombardamenti tedeschi in ritirata. Il restauro iniziò subito e il simbolo amiatino venne nuovamente inaugurato il 24 agosto 1946, con un discorso radiofonico tenuto da Papa Pio XII, durante il quale vennero accese anche le mille lampadine presenti sulla struttura in ferro. Pochi anni anni fa, nel 1996, venne celebrato anche il 50esimo anniversario della rielezione della Croce, con la lettura di un messaggio inviato da Papa Giovanni Paolo II e l’impartizione della sua benedizione apostolica.
fonte: sienafree.it

Matrimonio di pellegrini a Santiago de Compostela

Vivere quel giorno senza preoccuparsi del vestito, del ricevimento, degli invitati, per ritornare ad un esperienza spirituale umile e semplice. Un blog raccoglie le loro storie

Il giorno del matrimonio è per il credente il momento in cui la sua comunione con la persona amata viene consacrata davanti a Dio e, come tale, esso assume per chi lo vive un intenso valore spirituale. Per cogliere appieno il significato di questa scelta alcune coppie, già da anni, celebrano il loro matrimonio al termine di un pellegrinaggio verso luoghi significativi per la cristianità.

Tra le mete preferite da questi “sposi pellegrini” c’è la città di Santiago de Compostela nella regione spagnola della Galizia che fin dal Medioevo è stata la destinazione ultima di un cammino di forte esperienza religiosa.
«Nel fascino del cammino di Santiago – dice Francesco Dragoni, il primo ad essersi sposato a Santiago - si colloca la storia di tanti sposi pellegrini. Desiderio comune a tutti è vivere le nozze in completa intimità con se stessi e con Dio, aggirando le convenzioni sociali e le prosaicità che in genere circondano la celebrazione del matrimonio, anche di quello religioso».

Il giorno del matrimonio spesso si accompagna a preoccupazioni per il ricevimento, gli invitati, la lista dei regali, l’abito e le bomboniere col risultato di mortificarne il senso religioso della celebrazione a favore di una mondanità dilagante anche nelle scelte forti della vita. «Sono in tanti – sottolinea Francesco - a manifestare disagio verso un simile modo di intendere il matrimonio e che desiderano invece più sobrietà. Celebrare le nozze al termine del cammino di Santiago è certamente una rottura rispetto alla tradizione, ma non si tratta di mera insofferenza verso la prosaicità che circonda il giorno delle nozze. Dietro la decisione di sposarsi a Santiago c’è la volontà degli sposi di tenere la consacrazione del loro rapporto affettivo isolata dal resto del mondo in modo da assaporare in maniera esclusiva i sentimenti, la semplicità, il profondo significato del momento senza dar peso all’esteriorità» .

Per cui questi sposi convolano a nozze vestiti come tutti i giorni, davanti al solo sacerdote officiante ed al massimo qualche altro presente, spesso un pellegrino conosciuto sul cammino o qualche diretto parente. Si vuol sottolineare che la celebrazione pur coinvolgendo amici e familiari nella gioia, alla fine è un momento che riguarda unicamente i futuri coniugi.
“In questo gesto non c’è nessun atteggiamento egoista o snob, per tenere alla larga parenti ed amici che si aspettano nozze tradizionali – ribadisce Francesco. L’affetto e la stima rimangono immutati e non vengono minimamente scalfiti dalla scelta di un matrimonio pellegrino, solo si assapora in confidenza sentimenti e sensazioni irripetibili».

Il cammino verso Santiago, diventa pure un esame della vita di coppia, che nel corso degli anni, potrà presentare insidie e difficoltà ma è col sostegno reciproco che potranno superarsi. L’avercela fatta, durante il cammino, trasmette fiducia e forza anche per le eventuali prove del futuro.

Ma chi sono nella quotidianità questi sposi pellegrini? «Non sono degli originali, ma persone la cui vita non è diversa da quella della maggior parte di noi, a conferma che si possono compiere scelte coerenti senza bisogno di essere dei superuomini o degli strambi». Ogni coppia che si è già sposata a Santiago porta un bagaglio di solidarietà, che gli è stata espressa lungo il cammino, ma che li fa sentire uniti anche con tutti gli altri che come loro hanno perseguito questa scelta. Da qui l’idea di un blog (http://ilcamminodeglisposi.blogspot.com), creato dai pionieri di quest’esperienza: Francesco e Michela Dragoni di Grosseto, oggi anche genitori della piccola Irene.

Nelle pagine web sono ospitate tante storie di coppie pellegrine: Marco e Monica da Bergamo Fabio e Laura di Piacenza, Maristella e Christian da Verona, Filippo e Tania da Nuraghe , Dino e Nadia di Brebbia (Va) , Claudia e Ivano di Alessandria, Lorenzo e Francesca di San Lucido, Diego e Stella di Ivrea, Diana e Mario e molti altri. C’è poi una sezione dedicata alle indicazioni pratiche per quanti vogliono seguirli in questa scelta.

«Alcuni degli sposi pellegrini – conclude Francesco -, pur risiedendo in varie regioni d’Italia, dalla Toscana alla Calabria, dal Piemonte alla Sardegna, e non essendosi mai incontrati direttamente, si scrivono cartoline d’auguri, si fanno presenti per i nuovi matrimoni. Attraverso la mail si stabilisce un legame forte anche per il supporto ricevuto da persone apparentemente estranee, ma accomunate dalla stessa esperienza.

Decisivo per questi sposi pellegrini si è rivelato il ruolo dei parroci, che hanno caldeggiato le autorizzazioni, evidenziando le genuine esigenze spirituali che animavano i richiedenti. Qualche parroco è addirittura volato in Spagna per celebrare il matrimonio dei suoi fedeli e star loro vicino in quel giorno e persino l’arcivescovo di Oristano, mons. Ignazio Sanna, ha voluto celebrare la funzione di due sposi sardi Filippo e Tania, nella cattedrale di Santiago de Compostela.
cittanuova.it