Merton Viaggio alla ricerca dell’uomo

«L’ultimo giorno di gennaio del 1915, sotto il segno dell’Acquario, in un anno di una grande guerra, al confine con la Spagna, all’ombra di monti francesi, io venni al mondo. Fatto a immagine di Dio, quindi libero per natura, fui tuttavia schiavo della violenza e dell’egoismo, a immagine del mondo in cui ero nato. Quel mondo era il quadro dell’inferno, pieno di uomini come me, i quali amavano Dio eppure lo odiavano, e, nati per amarlo, vivevano nel timore e nella disperazione di contrastanti appetiti». Così Thomas Merton all’inizio del suo lavoro forse più noto La montagna dalle sette balze, del ’48 (portata in Italia da Garzanti, editore di molte sue opere), ricordando il giorno della sua nascita, a Prades, da Owen, neozelandese, e da Ruth Jenkins, statunitense, pittori globe-trotter. 

Un anniversario da rimarcare per più di una ragione che ha riempito una vita di soli cinquantatré anni, ma intensa e originale come la sua spiritualità. Scrittore che richiama un po’ il visionario William Blake, Merton è stato protagonista di un coraggioso impegno per la pace (fonte di diatribe con i superiori, poi valorizzato da Giovanni XXIII e da Paolo VI con i quali ebbe scambi epistolari), nonché un punto di riferimento per il movimento non-violento per i diritti civili, analista di una «pace sulla terra» fondata su ragioni evangeliche e affidata alla testimonianza («una parte essenziale della buona novella è che le misure nonviolente sono più forti delle armi: con armi spirituali, la Chiesa primitiva ha conquistato l’intero mondo romano») che resta in tutta la sua attualità come mostra il suo saggio La pace nell’era postcristiana (Qiqajon).

Ancor prima però, Merton è stato soprattutto un monaco inquieto, ma che ha trasformato l’eremo, con la penna, in un pulpito senza confini, e, con la preghiera, in un tabernacolo dove custodire insieme all’Eucarestia ogni fratello; un trappista difensore della vita monastica eremitica e comunitaria, convinto di «tener viva nel mondo moderno l’esperienza contemplativa e mantenere aperta per l’uomo tecnologico dei nostri giorni la possibilità di recuperare l’integrità della sua interiorità più profonda». Sino a trasformare la sua stessa parabola in un racconto incessante della ricerca di Dio, vivendola tra solitudine e comunione, contemplazione e azione. 

Merton, inoltre, va ricordato come uomo dell’ecumenismo e del dialogo, rispettoso delle differenze e concentrato sull’essenziale. Nel dialogo interreligioso, più esplorativo che funzionale, fu pronto ad aprirsi a induisti, buddisti, ebrei, islamici, a cercare le fonti vitali delle altre religioni («Se affermo di essere cattolico solamente con il negare tutto ciò che è musulmano, ebreo, protestante, indù, buddista, alla fine troverò che non mi è rimasto molto da affermare per dimostrare che sono cattolico. Certamente non avrò il soffio dello Spirito con cui affermarlo»), e con una spiccata attenzione alle espressioni orientali: si vedano le sue riflessioni raccolte da William H. Shannon (L’esperienza interiore, San Paolo) o la sua raccolta che reinterpreta uno dei Padri del Taoismo (La via semplice di Chuang Tzu, che le edizioni Paoline ripresentano ora in una nuova edizione). 
Ancora, il dialogo con i non credenti, declinato nella capacità di vedere segni di «fede inconscia» negli atei o di «ateismo inconscio» nei credenti («Il grande problema è la salvezza di coloro i quali, essendo buoni, pensano di non aver più bisogno di essere salvati e immaginano che loro compito sia rendere gli altri buoni come loro»). Una vita contemplativa, la sua, mai isolata dalla realtà. E una vita consacrata concepita come porta aperta all’amore. Un itinerario, quello di Merton, che dopo molti profili tradotti ha trovato ora un suo "racconto italiano", grazie ad Antonio Montanari, Maurizio Renzini e Mario Zaninelli (dell’Associazione Thomas Merton Italia) autori del volume Il sapore della libertà (Paoline).
Rimasto orfano giovanissimo insieme al fratello John Paul (perse la madre nel ’21, poi nel ’31 il padre), Thomas, trascorsa parte dell’infanzia negli Usa e della sua formazione in Francia e in Inghilterra (ma, diciottenne, visitò anche Roma, «la città trasformata dalla Croce»), raggiunse New York nel ’34 completando gli studi alla Columbia University. Approdato al cattolicesimo nel ’38, lasciandosi indietro anche periodi vissuti da libertino gaudente («la mia conversione fu aiuto di Dio, come ogni conversione e da parte mia fu studio e ricerca»), tre anni dopo, durante la seconda guerra mondiale, entrò nell’abbazia di Nostra Signora del Gethsemani nel Kentucky tra i cistercensi di stretta osservanza e nel ’49 fu ordinato sacerdote.
Un "traguardo" dopo un percorso segnato da studi, viaggi, sbandate, incontri, dal continuo interrogarsi sul senso della vita, sino all’attrazione per il chiostro. Un percorso le cui tappe si riflettono in tante pagine mertoniane talora tormentate ma orientate nella direzione della Grazia, sparse fra Nessun uomo è un’isola (del ’53); Il segno di Giona (’52), Semi di distruzione (’66), Diario di un testimone colpevole (’67), tradotti da Garzanti, senza dimenticare Semi di contemplazione (del ’49, ora nel catalogo Lindau) e altri scritti, dove la vita contemplativa non è mai fuga dal mondo, bensì modo per entrare in un dialogo profondo con l’uomo.

Aspettando un editore pronto a presentare la versione integrale dei suoi diari si può magari riaprire Scrivere è pensare, vivere, pregare (Garzanti) curato da fratel Patrick Hart e Jonathan Montaldo, una sintesi il cui risultato è dato da una silloge di "sette stanze", da attraversare seguendo il filo di quel diario che Merton iniziò a scrivere sedicenne e dal quale si staccò solo alla morte. Dalla stanza al n. 35 di Perry Street a Manhattan e dalle camere d’albergo occupate a Miami e Cuba dove visse dopo la conversione nel ’38, sino al bungalow di Bangkok dove un ventilatore lo fulminò il 10 dicembre ’68 (si trovava là per un convegno sul monachesimo e come documenta il Diario Asiatico ora riproposto da Gabrielli Editori vi si era ben preparato), passando per i luoghi a lui familiari nell’abbazia di Gethsemani (l’infermeria, la cripta dei libri rari dove scriveva, il deposito scelto come romitorio), la sequenza di interni irradia i pensieri del monaco «viandante di Regni» nato cent’anni fa. Così lontano e così vicino.
avvenire.it

Tra castelli e musica dance ad Elsinore in Danimarca

ELSINORE. Il centro culturale Yard
di Eugenia Romanelli

   Fino alla fine di febbraio il programma del Rehab e del Mobildiskoteket di Helsingor (Elsinore), in Danimarca, è all’altezza del Club Space di Miami, del Cavo Paradiso di Mikonos, del Pacha di Ibiza, del Cococricò di Riccione, del Berghain di Berlino o del Fabric di Londra. Insomma, anche se in pochi lo sanno, Helsingor si sta candidando per entrare a far parte del parterre della top ten delle cattedrali mondiali della musica dance. Stiamo parlando di una città portuale fondata nel 1200 nella Selandia del Nord a soli 45 chilometri da Copenhagen. In realtà però, Elsinore si trova più vicina alla Svezia, distando solo 5 chilometri e trovandosi sullo stretto tratto di mare che separa la costa nordorientale della Danimarca dall’altro stato. Densa di viuzze pittoresche e pedonali, chiese gotiche, casette tipiche, è un centro molto frequentato (soprattutto il porto) dai giovani e dalla classe radical-chic di Copenhagen. Bar, pubs, ristorantini, locali, regalano una straordinaria vitalità serale, e decisamente in crescente fermento.


   Il suggestivo castello cinquecentesco di Kronborgdove Shakespeare ambientò l’Amleto,aggiunge fascino al fascino, così come le belle spiagge e la campagna circostante, ricca di fortezze (tra cui, da vedere almeno una volta nella vita, i castelli di Fredensborg, di Frederiksborg, di Marienlyst, di Gurre Slot e Vor Frue Kloster). Oggi a sfidare il castello, storico simbolo della città, c’è il nuovo Centro Culturale Yard, costruito nel 2010 proprio di fronte a Kronborg. L’idea era di far dialogare tradizione e innovazione e, diciamolo, è riuscita con stile: il passato trasuda dalle pareti del vecchio edificio che un tempo ospitava un cantiere navale mentre il presente dirompe dalla struttura moderna e funzionale (la facciata triangolare, bell’esempio di architettura contemporanea, è stata inserita sulla muratura di un capannone industriale). I 17 mila metri quadrati con vista mozzafiato sul maestoso dirimpettaio ospitano il Museo Marittimo Danese, una biblioteca, una sala concerti, un ristorante, una sala giochi e un centro congresso (tutto declinato anche per i più piccoli). Le trasparenze dell’edificio giocano un ruolo importante sia architettonicamente, rafforzando il rapporto tra interno ed esterno, sia a livello economico (riducono la domanda di energia per la climatizzazione del palazzo).


   Anche il mare è un vero protagonista ad Elsinore, e per questo non va tralasciato il Museo Marittimo: inaugurata di recente, la nuova sede vanta una intelligente riqualificazione della banchina prosciugata. Tra gli oggetti in mostra anche tanti elementi connessi alla vita dei marinai, ed è divertente soprattutto la parte sui tatuaggi. Mostre temporanee di giovani artisti contemporanei sono spesso allestite tra l’auditorium, le aule, gli uffici, e il bar, spesso ospitando avvenieristiche istallazioni interattive. I cinque padiglioni del Museo della Tecnica sono invece altra cosa: creato nel 1911, ancora oggi gli ottomila metri quadrati di invenzioni tecnologiche e apparecchiature elettroniche sono capaci di fare impazzire gli appassionati che si troveranno a zigzagare tra veicoli antichi, motori a vapore, automobili, biciclette, elettrodomestici, 30 diversi aeromobili tra cui un jet da combattimento oltre a tantissime bizzarre invenzioni e meraviglie dell’ingegneria ormai entrati a far parte della quotidianità come la televisione e la lavatrice.


  Più tradizionale invece è la visita alla chiesa di Santa Maria di Helsingor, costruita tra il 1430 e il 1500: la struttura medievale era un monastero che, con la riforma del 1536, stava per essere demolito se gli olandesi e i tedeschi che abitavano lì non fossero riusciti a salvarla trasformandola in chiesa tedesca. Su tutto spiccano stupendi affreschi, capaci di esaltare come non mai questo perfetto esempio di gotico danese fatto di mattoni rossi e lapidi nel pavimento (memoria delle famiglie benestanti della città). La Cattedrale di Sant’Olav poi, restaurata nel 2000, è famosa per essere il più antico luogo di Elsinore: fu fondata nel 1200, insieme alla cittadina stessa, quando esisteva soltanto un debole agglomerato di pescatori. Infine, ovviamente, il castello di Kronborg: la magnifica struttura rinascimentale, dal 2000 patrimonio UNESCO, vale una visita anche solo per le sue sale. Su tutte, la Piccola Sala nell’ala ovest, la cosiddetta “Suite scozzese”, ma anche gli appartamenti di Frederik V all’ultimo piano dell’ala nord e il quartier generale dei soldati.


  Per una gita fuori città, vale la pena raggiungere il palazzo Marienlyst. Originariamente (1587) era stato concepito per Federico II come padiglione di Kronborg per la caccia. Nel 1758 fu però comprato dal conte Adam Gottlob Moltke che lo trasformò, secondo lo stile francese, dotandolo di fontane, laghetti e viali pieni di siepi. Il parco, per come appare oggi, fu modificato durante i primi del Novecento: neoclassico, esattamente come il palazzo.
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In Austria sul set di James Bond

(di Ida Bini)
   In queste settimane il più famoso agente segreto del mondo sta girando in Tirolo alcune scene di Spectre, l’ultimo film di James Bond, con Daniel Craig nei panni dell’agente 007. Sölden e Obertilliach sono le due località austriache, rispettivamente a Ötztal e nell’Osttirol, scelte dalla Eon Productions e dal regista Sam Mendes per girare tra le Alpi le scene d’azione più avventurose del 24esimo film della spia con licenza di uccidere. In particolare la vallata di Ötz è stata apprezzata per i bellissimi paesaggi e le infinite piste perfettamente innevate che regala: più di 300 chilometri di tracciati lungo 200 vette alpine, attraversate da 70 impianti di risalita d’ultima generazione e puntellate da decine di rifugi avveniristici con piattaforme panoramiche costruite in acciaio e cristallo. Il luogo corrisponde perfettamente all’ambientazione dei film di spionaggio ad alta densità adrenalinica del famoso agente segreto britannico. La scelta del Tirolo è arrivata dopo un’attenta selezione di numerose location di montagna, tra cui l’Italia e la Norvegia, e, oltre che per la bellezza naturalistica, è stata probabilmente influenzata dal fatto che lo scrittore Ian Fleming, autore dei romanzi di James Bond, sia vissuto negli anni Venti a Kitzbühel, proprio nel Tirolo austriaco. Per girare le scene la produzione americana si è avvalsa della collaborazione della società britannica B24 e di Cine Tirol, la più importante casa cinematografica tirolese. 
  Sul set del film, accanto all’attore Daniel Craig, recita un cast di attori internazionali, tra cui Ralph Fiennes, Christoph Waltz e l’attrice italiana Monica Bellucci. Durante i momenti di pausa è possibile incontrarli sulle piste da sci, nelle Spa o nelle baite in quota, in particolare nel ristorante gourmet Ice Q di Sölden, locale di design che sorge a 3mila metri d’altezza - il più alto d’Europa - con terrazze panoramiche per viste mozzafiato sulla montagna del Gaislachkogl. Gran parte del cast ama rilassarsi nelle piscine futuristiche di Aqua Dome, resort termale tra le Alpi della Ötztal, una delle mete après ski più frequentate, dove ci si immerge in vasche pensili a forma di disco volante, in semplici saune al fieno o nelle grotte saline.
  Non è la prima volta che la storica casa di produzione britannica sbarca in Austria per girare scene dei film di Bond: ne La spia che mi amava (1977) la spettacolare discesa con gli sci è stata girata sulle Alpi, nel cuore del Paese, e tra le tante location di Quantum of Solace, del 2008, c’è un inseguimento a Bregenz, nel Voralberg.
   Finora il film, che uscirà nelle sale cinematografiche a fine anno, è stato ambientato negli studi Pinewood di Londra e in città come Mexico City e poi a Roma; dopo le scene girate in Tirolo, a febbraio il cast si trasferirà in Marocco. Da sempre la scelta di location esotiche e suggestive, che fanno da sfondo alle avventure dell’agente segreto 007, ha contribuito ad aumentare gli effetti scenografici e a far entrare i suoi film nella storia del cinema, oltre che a creare ottimi affari per il turismo locale.
   Già dalla celebre scena della spiaggia giamaicana di Agente 007 – Licenza di uccidere, film del 1962, con l’uscita dalle acque di una splendida Ursula Andress davanti a uno sbigottito Sean Connery si capì l’importanza dell’ambientazione nei film di James Bond. Da allora la spiaggia Crab Key Beach, a nordest della Giamaica, è conosciuta come la James Bond Beach, una delle attrazioni più visitate dai turisti che sbarcano nella bellissima isola caraibica. L’ambientazione del secondo film, Agente 007 – Dalla Russia con amore (1963), si spostò a Istanbul con bellissime riprese nella basilica di Santa Sofia e una colluttazione nel vagone letto del treno Orient-Express in viaggio verso Trieste; proseguì poi a Zagabria e in un albergo di grande charme a Venezia. Il terzo film Agente 007 – Missione Goldfinger (1964) venne ambientato negli Stati Uniti, tra Miami e il Kentucky, a Ginevra e a Porto Rico. L’anno seguente, per il quarto film Agente 007 – Thunderball, operazione tuono si scelsero le esotiche Bahamas, in particolare Paradise Island, nelle cui acque cristalline si girarono alcune delle più celebri riprese subacquee di tutta la serie. Il quinto film Agente 007 – Si vive solo due volte (1967) venne ambientato all’interno di un vulcano spento nell’affascinante regione di Kyushu, in Giappone, mentre nel 1969 per il film Agente 007 – Al servizio segreto di Sua Maestà si scelsero le Alpi svizzere dove la temibile Spectre operava sul Piz Gloria, una clinica-rifugio tra le cime imbiancate e la vallata del Lauterbrunnen. Il settimo film Una cascata di diamanti (1971) venne ambientato nella lucente Las Vegas tra casinò e mega alberghi, mentre per Agente 007 – Vivi e lascia morire (1973) la location rimase negli Usa: prima a New York, poi in Louisiana con una folle corsa in motoscafo tra le paludi infestate dai coccodrilli, per finire sull’isola caraibica di Sainte Monique. Per il nono film L’uomo con la pistola d’oro (1974) la produzione si trasferì in estremo Oriente tra Hong Kong, Macao, Bangkok e Phuket, isola thailandese poco conosciuta all’epoca ma perfetta per ambientarvi un film d’azione. Da allora l’isolotto di Ko Khao Tapu, nella baia di Phan Nga, è diventato per tutti la James Bond Island. Location mozzafiato anche per il film La spia che mi amava (1977) con un inseguimento in Egitto e un viaggio in treno in Sardegna. Il film del 1979 Agente 007 – Moonraker – Operazione spazio venne ambientato a Rio de Janeiro sulla spiaggia di Copacabana e sul tetto della funivia che sale al Corcovado, simbolo della città; alle cascate di Foz do Iguazú, tra Argentina e Brasile, e nella romantica Venezia con inseguimenti tra i canali. Tra le tante location del film si scelsero anche il Guatemala, Los Angeles e il castello francese di Vaux-le-Vicomte. Con Agente 007 – Solo per i tuoi occhi (1981) la troupe tornò in Italia, in particolare a Dobbiaco, e sulla pista da bob di Cortina. Il resto del film venne realizzato in Albania, sull’isola greca di Corfù, in particolare sulla spiaggia Issos Beach, e alle Meteore, tra gli spettacolari monasteri tra le rocce. Numerose furono le location per il film del 1983, Octopussy – Operazione piovra: Cuba, Berlino Ovest (quando ancora c’era ancora il muro che divideva la città in due zone) e Udaipur, in India. Nel 1985 per il film 007 - Bersaglio mobile si scelsero le nevi d’Islanda con uno spettacolare inseguimento sugli sci, la cittadina di Ascot e Parigi con un lancio in paracadute dalla cima della Tour Eiffel. Poi il film si spostò a Chantilly, sempre in Francia, e a San Francisco con un dirigibile sopra il Golden Gate. Tante le location anche per il film Agente 007 – Zona pericolo del 1987, girato a Gibilterra, Bratislava, Vienna e in Afghanistan che per problemi logistici venne trasferito in Marocco. Il sedicesimo film, Agente 007 – Vendetta privata (1989), si girò in America, precisamente in Florida e in Messico con location esotiche tra la costa e i siti archeologici. Per lo spettacolare salto della prima scena del film GoldenEye (1995) venne scelta l’altissima diga Verasca, presso Locarno, dove ancora oggi ci si lancia per emulare James Bond. Poi il film si ambientò a Montecarlo, a San Pietroburgo, in Siberia e a Cuba (che in realtà era Porto Rico).
   Le scene d’azione divennero sempre più spettacolari: Il domani non muore mai (1997) venne girato sul passo indiano di Khyber tra Afghanistan e Pakistan (ricostruito però sui Pirenei francesi), ad Amburgo, in un circolo da golf di Londra, in Vietnam, a Cadice, nel sud della Spagna, a Bangkok e ad Amburgo. Ancora Spagna per Il mondo non basta del 1999, girato al Guggenheim di Bilbao, nella città magica di Cuenca, tra labirinti di pareti di roccia e archi naturali, e nell’Anatolia turca. Il film successivo La morte può attendere (2002) venne girato sull’isola hawaiana di Maui, a Cuba, a Londra e in un hotel di ghiaccio in Svezia, a Jukkasjärvi (anche se nel film era l’Islanda). Casino Royale del 2006 venne quasi interamente girato negli studi Mondray a Praga, in un casinò del Montenegro (in realtà era Karlovy Vary, nella Repubblica Ceca), ancora a Venezia sul Canal Grande, nelle Bahamas e sul lago di Como. Per il film successivo, Quantum of Solace, del 2008, si scelse ancora l’Italia e, in particolare, il lago di Garda, le cave di marmo di Carrara e la piazza del Campo durante il palio, a Siena. Poi si girò in Bolivia, nel deserto cileno di Atacama e a Bregenz. Skyfall, il ventitreesimo film, è ambientato tra Shangai, Londra e Istanbul.
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Dieci viaggi in treno da fare almeno una volta nella vita

di Ida Bini

Transiberiana in Russia Percorre la strada ferrata più lunga del mondo il treno della Transiberiana, che parte dalla stazione Yaroslavsky di Mosca e arriva a Vladivostok, al confine con Cina e Corea del Nord, quasi diecimila chilometri. E’ il viaggio in treno più famoso del pianeta, lungo e piuttosto costoso, da compiere interamente o solo in parte e da prenotare presso le agenzie specializzate, che organizzano anche le visite guidate a ogni fermata. Il treno attraversa per sette giorni parte dell’Europa orientale e il grande continente asiatico, effettuando quasi mille fermate e passando per gli Urali, la Siberia, il lago Bajkal, la Mongolia e la Manciuria: la vastità dei paesaggi è vertiginosa e il senso della lunghezza del viaggio è data anche dai sei fusi orari che si devono affrontare. Dal finestrino dello storico treno si susseguono paesaggi vasti e sempre diversi: dall’infinita pianura siberiana alle montagne e ai laghi ghiacciati asiatici. Costruire la Transiberiana fu un’impresa grandiosa: voluta strenuamente dallo zar Alessandro III e poi dal figlio Nicola II, venne completata soltanto nel 1916. Da allora unisce città, paesi, civiltà e culture molto diverse tra loro in un viaggio che ha il fascino di un epoca lontana.

Treno “Crucero” in Ecuador E’ un convoglio spettacolare, un vero prodigio dell’ingegneria che, dal 1873, compie un tratto quasi verticale di 41 chilometri sulla ripida collina di Nariz del Diablo, in Ecuador, fino alla costa. Lo chiamano “il treno difficile”, proprio per la complessità del tragitto che parte dalle montagne andine di Quito e arriva al mare di Durán, dopo 4 giorni di viaggio. I suoi quattro vagoni, di color rosso fuoco e dalle linee decisamente vintage, hanno ancora un grande fascino, anche se i viaggiatori che occupano le poltrone sono ormai solo turisti, affascinati dal paesaggio che, durante il tragitto, regala la spettacolare vista di 14 vulcani, delle Ande innevate e delle esotiche coste del Paese equatoriale. Durante le fermate del convoglio, che offre diversi tragitti, c’è la possibilità di fare escursioni organizzate con guide che parlano spagnolo e inglese. Info: www.trenecuador.com

Hiram Bingham in Perú Sempre nel continente americano, in Perù, c’è un treno Belmond che ha preso il nome di Hiram Bingham, il professore di Yale che nel 1911 scoprì le rovine inca della città sacra di Machu Picchu, destinazione finale del percorso del lussuoso convoglio peruviano. Dai suoi finestrini per dieci, sette, quattro o due giorni, a seconda dell’itinerario che si vuole compiere, scorrono i paesaggi più incredibili e magici del mondo, alcuni dei quali sono così struggenti che è stato creata una zona esterna per poterli osservare meglio, magari ascoltando musica o sorseggiando un pisco sour. Si parte da Lima su comodi ed eleganti convogli blu e oro dall’atmosfera Belle Epoque e si raggiungono le alture del sito archeologico più famoso al mondo, passando per Cuzco e costeggiando il fiume Urubamba. Info: www.belmond.com

Royal Scotsman in Scozia Il lussuoso treno Royal Scotsman parte da Edimburgo e arriva nel cuore delle Highlands, dopo aver attraversato per una settimana affascinanti paesaggi di laghi e boschi e misteriosi castelli scozzesi. Sul retro del convoglio una carrozza scoperta permette di ammirare meglio la vista delle Highlands, nel nordovest della Scozia e, per completare l’atmosfera della storica regione britannica che attraversa, il personale di bordo intrattiene gli ospiti con racconti di misteriosi cavalieri e di antiche leggende. Durante il giorno il treno fa alcune fermate per consentire ai viaggiatori di visitare a piedi, in auto o a cavallo i castelli, le dimore storiche, Loch Ness con il suo famigerato mostro acquatico e le distillerie del miglior whisky scozzese. Info:www.royalscotsman.com

Shinkansen in Giappone E’ il padre dei treni ad alta velocità che a 300 chilometri all’ora unisce le città giapponesi di Tokio e di Osaka. Non ha nulla di eccezionale se non il fatto che la sua velocità ed efficienza sono datate 1964: da 50 anni, infatti, il treno viaggia come un proiettile – come spesso vengono chiamati i convogli di questa linea - nei bellissimi paesaggi nipponici. Comprando un Japan Rail Pass, valido per autobus, treni e traghetti, o i pacchetti “treno + hotel”, si può comodamente visitare il Paese, viaggiando sulla linea ad alta velocità Shinkansen e in particolare sul suo convoglio più famoso, pioniere dei TGV francesi o delle italiche Frecce rosse. Sulla tratta Osaka-Sinagawa, inoltre, è possibile viaggiare sulla ferrovia a levitazione magnetica Maglev che, nella prefettura di Yamanashi, detiene il record mondiale di velocità su rotaia, di ben 581 chilometri orari.

Maharajas’ Express in India C’era un tempo in cui i Maharaja più ricchi si facevano costruire opulenti palazzi su rotaie, in alcuni casi intere linee ferroviarie, per dimostrare la propria ricchezza e il proprio potere. Da qualche anno, nell’India settentrionale, sono stati recuperati e restaurati alcuni di quei vagoni, decorati con stucchi e velluti, per rivivere i fasti dell’epoca e viaggiare nella grandiosa e spettacolare natura del Rajasthan e tra i paesaggi della poco conosciuta regione del Gujarat. E’ senza dubbio il treno più caro al mondo, lungo il cui percorso sono previste fermate con visite guidate; in particolare sono stati creati cinque diversi e indimenticabili percorsi. Info: www.the-maharajas.com

Venice Simplon Orient Express in Italia Celebrato da scrittori, in particolare da Agatha Christie, immortalato da registi e amato da chi ricerca atmosfere lussuose ed esclusive, l’Orient Express è il treno più glamour del vecchio continente. Si parte da Venezia a bordo di vagoni dall’atmosfera art Deco, eleganti e accoglienti, e si arriva a Londra o a Budapest passando, rispettivamente, per Parigi o Vienna attraverso paesaggi affascinanti, città storiche, villaggi alpini, pianure e laghi di montagna. In alcuni periodi dell’anno il treno prosegue anche per Praga e Istanbul e dall’estate del prossimo anno effettuerà viaggi anche in Irlanda. Sull’isola verde l’esclusivo convoglio, composto da 13 carrozze di cui 2 vagoni ristorante e 1 vagone-bar panoramico, si chiamerà Belmond Grand Hibernian - antico nome latino attribuito all’Irlanda - e attraverserà la splendida campagna, le coste e le città del Paese in viaggi di 2, 4 o 6 notti. Saranno disponibili, come per gli altri treni Orient Express, escursioni giornaliere alla scoperta di dimore storiche, visite alle città e, per gli appassionati di sport, dei più bei campi da golf del mondo. Info: www.belmond.com

Transcantábrico in Spagna Solo 28 passeggeri alla volta possono viaggiare a bordo delle 14 suite di questo treno, dall’atmosfera unica ed elegante, che attraversa i bellissimi paesaggi della Spagna settentrionale. Il Transcantábrico, infatti, viaggia su scartamento ridotto lungo le coste cantabriche della Penisola iberica, seguendo due itinerari: da San Sebastián e da León a Santiago de Compostela con fermate nelle località spagnole più famose del Nord e visite guidate alle principali città, ricche di storia e di fascino architettonico. Il viaggio su questo storico albergo di lusso su rotaie dura da 2 a 7 notti e raggiunge gli angoli e i paesaggi più belli e anche meno conosciuti della Spagna verde, che unisce le regioni dei Paesi Baschi, della Galizia e di Castiglia e León, tra scogliere, vallate e borghi di montagna. Info: www.renfe.com

Bernina Express in Svizzera E’ il treno rosso panoramico più famoso al mondo: il Bernina Express parte da Chur, la città svizzera più antica, a circa 100 chilometri da Zurigo, e si arrampica tra le alte cime alpine e i ghiacciai, da nord a sud del Paese, attraverso 55 gallerie e 196 tra ponti e valichi che superano le vette più spettacolari delle Alpi. Il piccolo e storico convoglio regala così tante emozioni durante il suo breve tragitto che l’Unesco l’ha inserito nel patrimonio mondiale dell’Umanità. Le sue grandi finestre consentono di ammirare meglio il maestoso paesaggio montuoso, i suoi laghetti ghiacciati, le fortezze medievali e le abbazie completamente immerse nella natura, che d’inverno regalano anche il fascino della neve immacolata. Info: www.rhb.ch

Rovos Rail in Africa E’ un’esperienza unica ed emozionante un viaggio a bordo del raffinato e costoso treno Rovos Rail “Pride of Africa”, considerato uno dei treni più eleganti del mondo, con un eccellente servizio e una cucina di alta qualità. Il treno, dall’atmosfera edoardiana, unisce molte città africane e attraversa i più spettacolari paesaggi al mondo. L’alto costo del biglietto, infatti, è ripagato dalle infinite meraviglie naturalistiche che si possono ammirare dai finestrini del convoglio e dai tour e safari guidati, organizzati a ogni fermata. Si viaggia da Il Cairo a Cape Town, passando per le cascate di Vittoria o il deserto della Namibia e da città come Pretoria. Info: www.rovos.com
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Con Matera 2019 nuovo paradigma: il Sud che offre

Rivisitiamo le tappe che hanno portato alla scelta della Città dei Sassi, superando un'agguerritissima concorrenza. Serafino Paternoster: "Abbiamo fatto in modo di trasmettere con forza l'idea di città onesta e trasparente, con una forte motivazione, partecipata dai cittadini e a dimensione europea". Due progetti chiave: l'Istituto Demo-Etno-Antropologico e l'Open Design School
Paola Scarsi - agensir
Matera capitale europea della cultura nel 2019. Per capire come la città dei Sassi sia riuscita a raggiungere questo ambizioso traguardo, ci facciamo aiutare da Serafino Paternoster, capo ufficio stampa del Comune di Matera e dell’intero progetto: “A Matera è da sempre molto viva l’attività culturale: non è un caso che alcuni importantissimi reperti e siti storici siano stati scoperti o riscoperti da ‘semplici’ cittadini appassionati di storia e riuniti in associazioni culturali, come nel caso della Cripta del Peccato Originale (una cavità rocciosa a strapiombo sulla rupe con scene affrescate dell’antico e del nuovo testamento in un ciclo risalenti al IX sec. d.C) scoperta dai soci de La Scaletta”. Anche la candidatura a Capitale europea della Cultura è inizialmente nata da un gruppo di ragazzi, costituitisi in associazione culturale nel 2008; l’anno successivo nacque il Comitato promotore e nel 2010, il Comitato di scopo.

Matera candidata ufficiale. 
Del Comitato di scopo facevano parte i Comuni, la Camera di Commercio, l’Università della Basilicata, le Province: una partecipazione corale di tutta la Regione che nessun’altra città candidata poteva vantare. A dirigerlo venne chiamato Paolo Venti, manager di chiara fama già direttore del Salone del Libro di Torino, delle Celebrazioni per i 150 anni dell’Unita d’Italia e nel Comitato per la candidatura di Torino alle Olimpiadi Invernali. Ad esso venne affiancato un Comitato scientifico composto da materani tra cui Raffaello De Ruggieri, storico animatore de La Scaletta, Pietro Laureano consulente dell’Unesco e Franco Bianchini, docente di Politiche culturali e cultural planning all’Università di Leeds. Nel 2013, superata la prima selezione insieme alle città di Ravenna Siena Perugia Lecce e Cagliari, si decise di nominare un direttore artistico, dal momento che la selezione viene effettuata sulla base del miglior progetto culturale e non della bellezza cittadina. La scelta cadde su Joseph Grima, giovane architetto francese naturalizzato italiano, già direttore di Domus, con un enorme bagaglio di esperienze e portatore di una visione moderna, aperta e internazionale: è suo il progetto culturale che ha portato Matera alla vittoria. Nel frattempo il Comitato di scopo venne sostituito da una Fondazione cui venne assegnata una consistente dotazione economica. 

I perché della vittoria. “Lo scorso autunno - prosegue il racconto di Paternoster - i membri della giuria hanno visitato le città concorrenti; noi li abbiamo invitati a bere il succo di melograno e a veder fare il pane in un panificio come parte della performance di un’artista bulgara (anche Plovdiv sarà Capitale della Cultura 2019). Per offrire l’opportunità di vivere l’atmosfera tradizionale li abbiamo fatti pranzare nelle case di famiglie materane (anch’esse selezionate con bando pubblico). Infine, abbiamo visitato insieme il Museo Lanfranchi dove erano riunite 600 persone, giunte a piedi da tutta la Basilicata, per rafforzare ancor più l’idea di Regione davvero unita. Abbiamo fatto in modo di trasmettere con forza l’idea di città onesta e trasparente, con una forte motivazione, partecipata dai cittadini e a dimensione europea”. 

Il logo. Tutto è stato fatto nella maniera più ampia e coinvolgente possibile: anche il bando per il logo è stato lanciato nel portale internazionale specializzato BootB. Sono arrivate 695 proposte e la Commissione preposta, dopo numerose selezioni ha scelto quello della toscana Contesta: un logo che richiama la M di Matera, la W di Viva e riprende anche il tracciato dei cunicoli attraverso i Sassi. 

Progetti chiave. 
Ora inizia il lavoro più impegnativo con due progetti chiave: I-DEA l’Istituto Demo-Etno-Antropologico e ODS - Open Design School. Il primo vuole raccontare la storia attraverso gli archivi di cui quest’area è ricchissima (non dobbiamo dimenticare che Matera è uno dei pochi luoghi al mondo in cui la presenza dell’uomo è costante dal neolitico): una volta messi in rete questi archivi comunali, privati e pubblici forniranno, in una sorta di “memoria collaborativa”, la materia prima per il lavoro creativo di insegnanti, studenti, artisti e accademici”. L’Open Design School Matera, sarà la prima scuola di design in Europa a fondarsi sui principi dell’open culture: luogo di apprendimento e sperimentazione, intende fare tesoro del passato per l’individuazione di soluzioni nuove anche nel campo del design. Aprirà entro quest’anno e sarà ospitata nei Sassi, alcuni dei quali diventeranno laboratori attrezzati e aule scolastiche all’avanguardia. In calendario ci sono decine di altri progetti, tutti all’insegna della cultura, anche di nicchia, della partecipazione e del coinvolgimento dei cittadini. Significativo è che i prossimi due anni verranno dedicati alla formazione culturale dei cittadini per far sì che tutti imparino l’inglese e l’utilizzo del computer. “Con Matera2019 vogliamo contribuire a sfatare i miti negativi del Mezzogiorno che chiede, per diventare un Sud che offre”.

Patrimonio Mondiale dell'UNESCO: le Dolomiti... Per soggiornare Sporthotel Spoegler


Situato nel centro di Renon, ad un'altitudine di 1200 metri, lo Sporthotel Spoegler offre un centro benessere con piscina coperta e un giardino di 1000 m² con parco giochi per bambini e lettini. Le camere sono arredate secondo lo stile tipico alpino e dispongono di una TV LCD e di un bagno privato. Alcune sistemazioni vantano un balcone e alcune una vista sulle montagne. Ogni mattina allo Spoegler vi aspetta una colazione a buffet con pietanze dolci e salate, quali salumi, uova, formaggi, torte e marmellate fatte in casa. Il ristorante, aperto sia a pranzo che a cena, propone piatti della cucina del Sud Tirolo, da gustare in terrazza quando il tempo lo permette. Lo Sporthotel Spoegler, a conduzione familiare, offre senza costi aggiuntivi l'uso di servizi benessere, tra cui diverse saune. Il complesso fornisce, gratuitamente, il parcheggio e la connessione Wi-Fi nelle aree comuni e dista 100 metri dalla fermata degli autobus più vicina, con collegamenti per Bolzano.