Dal 2009 al 2013, quindi in appena 5 anni, sono andati in fumo
22.600 posti di lavoro in Sicilia soltanto nel settore industriale.
Un’emorragia enorme che non conosce tregua. Al pari dell’edilizia anche
l’industria soffre enormemente questa crisi e non ci sono segnali
positivi in nessun fronte. La Cgil si è messa con numeri alla mano
parlando di “desertificazione industriale senza precedenti” nell’Isola.
In tutto questo c’è una sola agghiacciante verità: “La capacità
produttiva della nostra regione – sottolinea Michele Pagliaro,
segretario siciliano della Cgil - è diminuita di un terzo e non si vede
la luce in fondo al tunnel”.
Per l’anno in corso non si sono ancora dati certi ed omogenei ma
l’impressione è tutt’altro che favorevole: si contano all’incirca 7 mila
operai in cassa integrazione che rischiano di non mettere più piede
nelle loro fabbriche, molte delle quali nel frattempo smantellate. Da
cinque anni a questa parte le chiusure delle aziende si susseguono di
mese in mese: da Catania a Palermo, da Gela a Siracusa, i polmoni
produttivi della Sicilia sono in agonia. “Adesso Basta! – esclama il
deputato regionale Lino Leanza - Siamo stanchi di assistere al
disfacimento del patrimonio industriale e lavorativo siciliano. Non
vorremmo che si stia innescando un effetto domino che porti alla
chiusura delle nostre aziende l’una dopo l’altra. Il Governo della
Regione intervenga immediatamente per creare condizioni che consentano
alle acciaierie siciliane di restare nell’isola essendo competitive sul
mercato”.
Un riferimento principale che va ad un preciso comparto industriale,
quello delle acciaierie dove diverse aziende sane rischiano di andare in
crisi per effetto del costo esoso dell’energia in Sicilia. In tal senso
Leanza ha presentato una interrogazione urgente al Presidente della
Regione ed all’assessore alle Attività produttive per sapere “con quali
modalità e tempi s’intenda addivenire ad un’azione decisa e concertata,
col concorso dell’azienda e delle rappresentanze dei lavoratori, nei
confronti di Enel e del Governo centrale, perché venga superata
l’inaccettabile sperequazione sul costo dell’energia elettrica rispetto
ad altri stabilimenti sul territorio nazionale che contribuisce a
mettere in discussione il futuro produttivo dell’industria siderurgica
in Sicilia”. “Non possiamo permetterci il lusso – conclude Leanza – di
perdere altre aziende ed altra capacità produttiva. Occorre un
intervento deciso ed immediato per salvaguardare lavoro e produttività”.
Il settore industriale siciliano è in profonda crisi al punto che, come
fotografa il Dpef 2013-2017 approvato dalla Giunta regionale, “il
riacuirsi della crisi economica ha provocato una nuova fase flessiva
colta dalle ultime statistiche ufficiali che mostrano un valore aggiunto
del settore in contrazione del 2,2 per cento a consuntivo 2011”. Non
solo: l’andamento negativo sembrerebbe aggravarsi nel corso dell’anno,
con le stime che indicano un ulteriore vigoroso calo (-6 per cento
secondo Prometeia). Pertanto, non ci sono dubbi: l’economia della
Sicilia deve ripartire da quelle che sono le sue principali risorse
“naturali”: il turismo legato alle sue bellezze culturali e
paesaggistiche e l’agricoltura (soprattutto per la pduzione di
bioenergia). L’industria blu e quella verde devono diventare la prima
risorsa per la ripartenza dell’Isola.
Segnali sconfortanti per l’immediato futuro del settore
Dando ancora uno sguardo al Dpef 2013-2017 l’uscita dalla crisi non
sembra affatto dietro l’angolo, tutt’altro. “Il clima di fiducia delle
imprese manifatturiere – si legge -, che esprime in sintesi l’andamento
dei vari indicatori presi in esame da Istat, risulta a partire dal 2011
mediamente in calo in tutte le aree del Paese, ma nel Mezzogiorno e in
Sicilia il valore dell’indice si mantiene costantemente al di sotto
delle altre ripartizioni territoriali, passando da 93,6 a 84,9 da
gennaio 2011 a settembre 2012”. Secondo le informazioni provenienti
dalle Camere di Commercio, è in calo il numero di imprese industriali
attive, e nel settore manifatturiero la diminuzione appare ancora più
evidente in tutti i maggiori comparti della regione. C’è un dato che
dovrebbe far riflettere: attualmente in Sicilia nel settore industriale
ci sono 120 mila addetti, che sono equivalenti a quelli del settore
agricolo. In sostanza è come se la Sicilia fosse tornata indietro di
diversi decenni. Allo stato attuale i tre poli industriali più
rappresentativi dell’isola sono quello di Termini Imerese, dove fino a
poco tempo vi era uno stabilimento Fiat, la raffineria chimica di
Priolo/Augusta, e il polo tecnologico di Catania, denominato Etna
Valley.
Articolo pubblicato il 05 agosto 2014
di Michele Giuliano - qds.it
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