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Hai mai fatto il Check-in online? Cinque consigli dagli esperti.

Secondo un sondaggio condotto dal motore di ricerca viaggi globale Skyscanner, ben il 94% dei viaggiatori vorrebbe poter stampare o scaricare le carte d'imbarco già a casa, al momento stesso della prenotazione del volo (48%) o almeno 30 giorni prima della partenza (26%). Tuttavia, il web check-in non è sempre disponibile con tale anticipo ed esistono notevoli differenze fra le compagnie aeree rispetto ai tempi di fruizione di questo servizio. In vista del picco di partenze di ferragosto, Skyscanner ha verificato le regole per il check-in online delle maggiori compagnie aeree internazionali che operano in Italia e le ha raccolte in un unico documento dove i viaggiatori internazionali in partenza per le vacanze possono trovare tutte le informazioni essenziali su quando effettuare il check-in online.
    "Esistono notevoli differenze nella disponibilità del servizio di check-in online a seconda della compagnia aerea e della rotta scelta, il che spesso crea confusione o dubbi ai viaggiatori - spiega Filippo De Matteis, Marketing Manager per l'Italia di Skyscanner. Alcune compagnie infatti offrono la possibilità di effettuarlo al momento stesso della prenotazione o con un anticipo di 30 giorni rispetto all'orario di partenza previsto, mentre altre attivano il servizio solo 23 ore prima del volo. Per questo abbiamo pensato di realizzare una guida che offra una panoramica dei regolamenti delle principali compagnie aeree operanti in Italia in modo che i viaggiatori possano facilmente verificare le tempistiche ed effettuare il check-in con quanto più anticipo possibile rispetto al proprio volo".
   Chi vola low cost può effettuare il check-in online prima
In generale le compagnie aeree di linea permettono di effettuare il check-in online solo relativamente all'ultimo momento, ad esempio Alitalia apre il servizio da 48 ore prima del volo, Air France da 30 ore prima, Etihad e British Airways da 24 ore prima. Invece, le compagnie low cost offrono mediamente maggiore flessibilità, come ad esempio easyJet che rende il servizio disponibile da 30 giorni prima, o Volotea che permette il check-in online subito dopo la prenotazione per chi acquista un posto a sedere a scelta, o da 7 giorni prima per avere un posto assegnato gratuitamente.
Perché esiste tanta differenza nei tempi del check-in online?  Sorprendentemente, un minor tempo a disposizione per il check-in online è un vantaggio per il consumatore. Infatti, limitare la possibilità di effettuare il web check-in pochi giorni o ore prima della partenza permette da un lato maggiore flessibilità nella distribuzione dei posti, dall'altro riduce le possibilità di effettuare il check-in per il volo sbagliato.
Aprendo il check-in solo a ridosso della partenza, le compagnie aeree possono rimanere flessibili nella pianificazione e sono in grado di rispondere meglio ad esempio a un aumento nella richiesta di posti in classe business, specialmente quando si tratta di compagnie di linea che dispongono di diverse tipologie di aerei nella loro flotta. Inoltre, a incidere sui tempi di disponibilità del servizio, sono anche fattori esterni come le regole specifiche dei singoli Paesi, o le tipologie di passaporti e visti.

Cinque consigli degli esperti di Skyscanner per il check-in online:
1. Verifica con anticipo le regole della tua compagnia aerea
Meglio verificare in anticipo quali siano le tempistiche per effettuare il check-in online previste dalla compagnia aerea con cui si vola. Per molte compagnie i tempi variano in base all'aeroporto di partenza, alla destinazione o al fatto che l'itinerario includa voli in connessione o effettuati da un'altra compagnia.
2. Stampa o scarica le carte di imbarco a casa
Se possibile, è bene stampare o scaricare le carte d'imbarco già a casa, per evitare ad esempio possibili disguidi dovuti a scarsa copertura internet durante il viaggio. Un'ottima alternativa sono le carte d'imbarco per i dispositivi mobili, che possono essere facilmente gestite utilizzando app come Passbook (per dispositivi iOS) e PassWallet (per Android).
3. Usa le app in viaggio
Le app sono la soluzione più pratica quando si è in viaggio e la connessione internet non è ottimale, in quanto sono più semplici da utilizzare e richiedono meno copertura internet per funzionare. Consigliamo di scaricare la app della compagnia aerea prima della partenza in modo da evitare difficoltà dovute alla scarsa copertura internet durante il viaggio.
4. Internet all'estero è meno costoso di quel che credi
Grazie alla nuova regolamentazione europea, dal 1 luglio 2014 i prezzi del mobile web all'interno dell'Unione Europea si sono notevolmente ridotti. Si paga solo un massimo di € 0,20 per megabyte, ma esistono molte offerte a seconda dell'operatore telefonico e del Paese di soggiorno.
5. Approfitta degli hotspot wi-fi gratuiti
Anche se l'hotel che hai scelto non offre Wi-Fi gratuito, esistono molte alternative nei luoghi pubblici, a partire ad esempio dai negozi dei principali brand - come McDonald's, Starbucks o Apple - che mettono a disposizione connessione internet gratuita, spesso accessibile anche dalla strada nelle immediate vicinanze.
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Turismo: Rimini di moda su media cinesi


Rimini è di moda sui media cinesi: sono quattro le testate giornalistiche del Paese asiatico che si sono interessate alla città romagnola, raccontandola come una meta turistica di grande interesse.
    "Dove nascono le delizie italiane", titola il mensile Elle Travel (distribuzione 920.160 copie) descrivendo un viaggio del gusto fra Rimini, Bologna, Ravenna, Parma e Modena alla scoperta del "paradiso gastronomico d'Europa". "Lo stile di vita italiano nella città natale di Fellini" è il lungo reportage di Xia Qiu per 'Modern Weekly' (settimanale con una distribuzione di 940.000 copie) che parte da Rimini per raccontare i borghi italiani. Con una passeggiata fra il bimillenario ponte di Tiberio, il simbolo del rinascimento di Leon Battista Alberti, la Domus del chirurgo e il Museo della città, dove si può sfogliare anche il libro dei sogni di Fellini. Anche il mensile di viaggi 'Travel+' (distribuzione: 475.000/Mese) e il quotidiano in lingua inglese 'Shanghai Daily' hanno dedicato ampi servizi a Rimini, come scrigno da scoprire e da gustare fra testimonianze dell'antichità e prelibatezze gastronomiche.
    Gli autori dei reportage hanno partecipato ad educational tour organizzati nell'ambito del progetto di promozione turistica e valorizzazione territoriale che il Comune di Rimini, assieme ad Apt Servizi Emilia-Romagna e all'Unione Costa, sta portando avanti come iniziative promozionali previste nella 'Campagna Riviera di Rimini sul mercato cinese'. (ANSA).

Calano i fedeli, la nuova vita delle chiese

Piste per skate. Librerie. Persino una discoteca. Negli Usa e nell'Europa del Nord è già un fenomeno noto: le strutture non più destinate al culto per mancanza di fedeli si trasformano. E tornano al servizio della comunità con altri usi. Dal Garden Museum di Londra al Domenicanen Bookstore di Maastricht
espresso.repubblica.it
L’odore di incenso non si sente più, però quello di birra è forte. Oggi il Church Brew Works di Pittsburgh è uno 
dei pub più famosi della Pennsylvania. Tutto diverso 
da quando tra i banchi non 
si vedeva nessuno: anche durante le funzioni la grande navata centrale (che ora ospita il bancone) rimaneva vuota. Oggi, lì dove c’era l’altare si accalcano in tanti.

«È un fenomeno nuovo. Mai 
si era avuta una così forte e diffusa secolarizzazione delle comunità, e di conseguenza anche dell’architettura», ragiona Jeanne Kilde, che studia questo intreccio all’università del Minnesota. In passato era successo, ovviamente, che i templi diventassero chiese, 
ma oggi assistiamo alla trasformazione in palestre, supermercati, case private 
e bar. Gli esempi sono tanti nel mondo e non fanno che crescere, anche in Europa.

C’è l’avveniristica libreria del Dominicanen Bookstore, a Maastricht, ricavata da un convento del XIV secolo 
con gli scaffali tra le navate; sempre in Olanda, dove 
si stima saranno chiusi più 
di 2000 portoni sacri nei prossimi dieci anni, c’è la ex chiesa di San Giuseppe ad Arnhem, che oggi funziona come pista da skate, e la Oude Kerk che oggi ospita 
la cerimonia di premiazione del World Press Photo.

A Munster, in Germania, 
San Sebastiano ora veglia 
sui bambini dell’asilo; oltremanica, a Bristol, la settecentesca cattedrale di Saint Paul è oggi una scuola di circo, mentre a Londra, a pochi passi dal Parlamento, ha da poco aperto i battenti 
il Museum of Garden History in quella che un tempo era Santa Maria di Lambeth.

È impossibile contare ristoranti, alberghi 
e case private nate dalla trasformazione di edifici 
un tempo sacri. A New York c’è persino una discussa discoteca, il Limelight (più volte chiusa per spaccio) al posto della Chiesa episcopale della Santa Comunione. Una manciata di esempi per un trend molto più diffuso e che negli anni, guardando alle statistiche sui fedeli e sulle vocazioni, non potrà che crescere.

In Germania per esempio, dal 2000 a oggi, hanno chiuso i battenti circa 400 chiese cattoliche e 100 protestanti. Destino comune per centinaia di migliaia di edifici in Danimarca, Gran Bretagna, Irlanda, Francia e Spagna. Che farne allora per non lasciarle in abbandono? Alcune diocesi si sono improvvisate agenti immobiliari. In Scozia è nato il sito churchofscotland.org.uk, in Francia patrimoine-religieux.fr, in Olanda reliplan.nl.

Un mercato, o un business che i fedeli non sempre capiscono. Anzi, non mancano i casi di parrocchiani saliti sulle barricate. «Per loro non si tratta mai di un passaggio indolore: lo spazio dedicato 
al culto è considerato sacro, inviolabile, ha molto 
a che fare con l’identità», riprende Kilde: «qualunque trasformazione viene considerata una profanazione». Il caso 
più celebre di “resistenza parrocchiale” è quello 
della diocesi di Boston. 
Dopo che il cardinale 
Sean O’Malley ha deciso 
di venderla per pagare 
i risarcimenti dovuti 
nelle cause per pedofilia, 
è stata occupata e ancor 
oggi tutto resta bloccato.
Diverso il caso delle decine di chiese e sinagoghe diventate moschee, o templi Hindu o Buddhisti, confessioni il cui numero di fedeli è in grande ascesa. Celebre quello di Jersey City dove lo stesso edificio è nato cattolico, poi è passato a una congregazione ebraica e nel 2001 si è trasformato in moschea.

Piccoli borghi, antichi villaggi, cittadine signorili, fortezze medievali

ORTA SAN GIULIO – Piccoli borghi, antichi villaggi, cittadine signorili, fortezze medievali. L’Italia è un colorato, sorprendente e magico luogo, tappezzato di paesi suggestivi, dove il tempo sembra essersi fermato.

Arroccati su monti, immersi tra le verdi colline, nascosti tra le montagne. Sono veramente numerose le meraviglie e i tesori del Bel Paese pronti a farsi scoprire. Nel ricco mosaico di bellezze che l’Italia ha da offrire si trova anche Orta San Giulio, un piccolo comune in provincia di Novara.
Orta San Giulio è un luogo dall’imperdibile fascino che sorge sulle sponde del lago d’Orta, inserito nel circuito dei Borghi più Belli d’Italia ed insignito della bandiera arancione da parte del Touring Club Italiano. Il caratteristico paese, fronteggiato dalla stupenda Isola di San Giulio è da sempre, intriso di spiritualità, arte e architettura.
“Il luogo, bizzarramente si chiama Orta. Uno che sapeva guardare, dice mio padre, l’ha definito un tempo un acquerello di Dio” M.Werner
Anticamente il nome latino del lago sul quale Orta si affaccia era Cusius, riferendosi ai suoi primi abitanti gli Usii, ma poi in epoca medievale prese il nome di lago di San Giulio, dal santo evangelizzatore. Il nome della cittadina, invece, ancora impresso sullo stemma del comune e visibile sulla facciata del Broletto, deriva dal latino Hortus Conclusus, che significa giardino chiuso. Orta infatti è un vero e proprio giardino immerso nella natura, tra il cristallino specchio d’acqua e la Riserva Naturale del Sacro Monte di Orta, parco definito da Nietzsche come uno dei luoghi “più suggestivi del mondo”.
Orta San Giulio è anche una località di grande misticismo, con alle spalle un’antica storia e leggenda.
La leggenda narra infatti che l’isola, distante pochi centinaia di metri dalla riva di Orta, un tempo fù uno scoglio roccioso, infestato da serpi, draghi e terribili mostri. Nel 390 d.c. approdò sulla piccola isola, San Giulio, fuggito dalla Grecia per scampare alle persecuzioni, e dal quel momento tutto cambiò. San Giulio, volendo costruire a tutti i costi la sua centesima chiesa cristiana, si spinse fin sulle rive del lago e affascinato dal luogo rimase a contemplare l’isola. Il santo, non trovando una barca, attraversò le acque del lago stendendovi sopra il proprio mantello e camminandoci sopra, guidato nella tempesta dal suo bastone, raggiunse l’isola. Scacciati draghi e serpenti con la sola forza della parola, iniziò a costruire la chiesa, nella quale scelse poi di essere sepolto. Da questo momento in poi l’isola divenne il centro di evangelizzazione di tutta la regione.
Al di là di questa affascinante leggenda, la storia legata alla cittadina lacustre è ben più cruenta e drammatica.
Orta e l'isola di San Giulio furono infatti teatro di feroci assedi e di battaglie sanguinose. Si crede che Onorato, vescovo di Novara dal 490 al 500, abbia iniziato le opere di difesa che, continuate nei secoli successivi, ne fecero un inespugnabile municipium. Divenne ducato longobardo e nel 590 il re longobardo Agilulfo vi fece uccidere il duca Minulfo con l'accusa di tradimento. Nel 957 Berengario II, in lotta con i vescovi-conti di Novara si rinchiuse nell'isola che fu assediata per 2 mesi dalle truppe di Ottone I. Ancora assediata nel 962, venne poi restituita al vescovo di Novara. Tra alterne e drammatiche vicende Orta e l'isola rimasero sotto la dominazione dei vescovi di Novara fino al 1817, anno in cui la Chiesa novarese vi rinunciò per sempre a favore di Vittorio Emanuele I, riservando al vescovo il castello e i palazzi dell'isola.
Oggi una serie di viuzze strette e tortuose, ricche di palazzi signorili di epoca rinascimentale e barocca, e alcuni giardini magnifici fanno della piccolo paese il gioiello sull'Orta.
Si entra nel borgo tra eleganti palazzi coi loggiati aperti sui giardini digradanti a lago. Piazza Motta è un salotto chiuso su tre lati dai portici, all´ombra dei quali si articolano diversi negozietti mentre le terrazze dei caffè si spingono con i tavolini a lambire l´acqua. Lo sguardo viene subito catturato dal Palazzo della Comunità della Riviera, simbolo del lungo autogoverno che caratterizzò questa comunità. Proseguendo per via Olina, s´incontrano Casa Olina, l´Ospedale del 1602 e, all´incrocio con una piccola salita, Casa Monti Caldara, dalle caratteristiche balconate in ferro battuto, elemento presente in molte case del borgo. Poco oltre, la seicentesca Casa Bossi, oggi sede del Comune, con l´ingresso che si apre su un giardino che termina a lago.
Più avanti sorgono diverse dimore sette-ottocentesche e via Bersani, ricca di scorci medioevali. La Salita della Motta ha sul lato destro la quattrocentesca Casa detta dei Nani mentre quasi di fronte, a sinistra, il Palazzo De Fortis Penotti dalla bella facciata neoclassica e sulla destra Palazzo Gemelli, tardo rinascimentale. Il culmine della salita è rappresentato dalla Chiesa di S. Maria Assunta, edificata nel 1485, dallo stupendo  portale di pietra di Oria con capitelli a motivi floreali e figure di animali. Costeggiando le mura di palazzo Gemelli ci si avvia lungo la salita che porta al Sacro Monte. Ultima tappa, l´Isola di San Giulio, che sorge a circa 400 m dalla riva. Visti dal lago, l´alto campanile della Basilica, i giardini, le linde casette sembrano formare un palazzo fiabesco. La maggior parte della superficie dell´isola è occupata dal Seminario. La Basilica ha subito modifiche in tempi diversi. Sul luogo della primitiva chiesa fondata da S. Giulio nel 390, fu costruita nell´anno 800 un´altra chiesa, poi danneggiata nel sec. X. Uscendo dalla chiesa, una strada percorre ad anello tutta l´Isola. Verso il lago si trovano le antiche case dei canonici, oggi residenze private.
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Glamping, lodge tents e sun lodge: se il campeggio è lusso


di Eugenia Romanelli

Il mondo, oltre che tra grassi e magri, buoni e cattivi, di destra e di sinistra, si divide in turisti che amano o odiano il campeggio. Già da qualche anno però, il “glamping” pone rimedio e, se proprio non riesce ad accordare i buoni e i cattivi, almeno attutisce qualche attrito di coppia. Si tratta di una nuova tipologia di vacanza che concorda il campeggio con il lusso, proponendo tende cinque stelle tra soffitti trasparenti sotto cieli stellatissimi, arredi glam (appunto), stanze travolte dal design, e tanta aria aperta con scorci mozzafiato (mare, montagna, campagna, deserti, etc). Su glamping.it c’è già una vasta selezione per puntare dritto al top italiano, come pure su topcampings.it.

Questa estate ne vanno di moda due o tre, e in particolare uno. Ma facciamo un passo per volta. Il Gruppo Baia Holiday, nato 40 anni fa dalla passione che la Famiglia Vezzola nutriva per il turismo all’aria aperta, è sicuramente uno dei punti di riferimento del panorama internazionale in quanto a campeggi di lusso: in Italia, nello specifico, ne conta sei tra Sardegna, Venezia, Trieste, e Lago di Garda. In effetti, qui, la parola “campeggio” non è associabile a una vacanza avventurosa e priva di comfort, ma, anzi, a un modo per sentirsi parte della natura senza rinunciare allo stile di vita tipico dell’umanizzazione del territorio. Parliamo di “lodge tents” e di “sun lodge”, cioè di moderne e lussuose strutture arredate con cucina e veranda, camere da letto e bagno con doccia. Rialzate da terra con pareti interne rigide e pavimentazione in legno (mentre il rivestimento esterno è tipico delle tende), possono raggiungere i 35 metri quadrati e ospitare anche un’intera famiglia.

Anche il camping Molino a Fuoco, a Cecina, in Toscana, non è male, soprattutto per la “sky lodge tents”, ossia una tenda a due piani con la camera di sopra dotata di un romanticissimo tetto trasparente (con terrazza) per ammirare le costellazioni prima di addormentarsi. Gli “chalet mare”, poi, del camping Grande Italia, vicino Chioggia, sono forse tra i più carini mai visti, colorati e design, con tanto di spiaggia riservata dotata di vip corner, gazebi con lettoni matrimoniali, musica rilassante. Lo Sportin Club Village, a Mazara del Vallo, nel cuore della costa occidentale della Sicilia, non è da meno: completamente immerso in un’oasi naturalistica protetta dal WWF, è affacciato direttamente su un mare da capogiro.

Ma il top dell’estate 2015 è il Campeggio di Capalbio, e il motivo c’è. Non solo, infatti, ovunque si sente il fragore del mare, non solo la spiaggia è lunga e incontaminata, non solo le “lodge tents” promettono privacy, comfort e relax. Le strutture, infatti, hanno un vero e proprio sapore gobal, dato che, pur dotate di arredi design all’occidentale, sono tende magrebine capaci di trasportare il turista in una atmosfera esotica e nostalgica degna della vacanza più sognante. La location, inoltre, è perfetta per trascorrere qualche giorno mixando il piacere del recupero di un rapporto diretto con la natura e quello della movida radical delle estati chic fuori porta. Infatti il campeggio è adiacente a una delle quattro postazioni più upper class della zona, lo stabilimento (e ristorante con chef) La Dogana.

Niente male, quindi, pendolare tra la spiaggia libera e gli ombrelloni beige in stile safari lì a due passi, con un pranzo in costume confusi insieme alla nobiltà internazionale in incognito. “Da cinque anni – spiega Nicola Alocci, il responsabile, gentile, accogliente, e con un fare internazionale – abbiamo trasformato questa postazione in un unicum assoluto. Dal design degli arredi, opera di un artista fotografo, alla cucina, all’accoglienza informale che garantisce l’assoluta privacy a una clientela intercontinentale d‘essai, offriamo un’esperienza isolata nel suo genere”.

Un degno competitor del vicino e arcinoto Ultima Spiaggia, a circa 100 metri, dove si può gustare un aperitivo in ciabatte tra l’intellighentia nostrana. I meno pigri potranno anche prendere la macchina e raggiungere il più frugale Macchiatonda, terzo e ultimo stabilimento-ristorante dei lunghi chilometri (una ventina) del litorale. Molto suggestivo il forte diroccato attaccato allo stabilimento, soprattutto al tramonto. Infine, la Locanda Rossa (locandarossa.com): non è sul mare, ma vanta un ristoro (ristorante e alloggio) da far girare la testa ai più pretenziosi.
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Gran Paradiso, i 10 animali +1 da non perdere

Paesaggi incontaminati, montagne, praterie e laghi che danno vita a un ecosistema unico che molti animali hanno eletto a dimora. E' il parco del Gran Paradiso. Ecco alcuni suoi abitanti:

1. Il re, simbolo di queste montagne: lo stambecco! Corna maestose, manto marrone utile a mimetizzarsi, lo stambecco vive nelle praterie d'alta quota e sulle pareti rocciose. Ha rischiato l'estinzione alla fine del XIX secolo e si è salvato solo nelle valli che oggi compongono il Parco Nazionale Gran Paradiso. L’ente parco protegge e tutela questo animale con numerose attività. Se volete avvistarlo, occhi aperti, ottimo binocolo e voce bassa. Per conoscere tutte le curiosità che lo riguardano, non si può perdere la visita al museo Homo et Ibex di Ceresole.

2. La marmotta vive nelle praterie alpine, in particolare sui pendii esposti a sud, in zone dove le condizioni del terreno consentono la costruzione di profonde tane. Trascorre l’inverno in letargo e in primavera si risveglia affamata e va alla ricerca di germogli, semi, frutta, bacche, radici, senza disdegnare però insetti, piccoli mammiferi e uova di uccelli. Si avvista facilmente in tutto il parco, in particolare sull’altopiano del Nivolet e sulle praterie del Vallone del Lauson, di Benevolo e di Levionaz. Come trovarla? Basta seguire il caratteristico fischio!

3. Il gipeto, comunemente noto come "avvoltoio barbuto" o "avvoltoio degli agnelli", è uno dei più rari avvoltoi d'Europa. Scomparso dal Parco nel 1913, il gipeto sta ritornando sull'arco alpino grazie ad un progetto di reintroduzione internazionale: alcuni individui di questo avvoltoio hanno nidificato nell'area protetta e dato alla luce due piccoli nell'estate del 2012.
È particolarmente ghiotto di midollo osseo, che estrae dalle ossa delle carcasse. De gustibus.

4. L’aquila reale, uno dei rapaci più potenti e robusti al mondo, nidifica su pareti rocciose, oltre i 1400 m di quota, lontana da altri animali e dall'uomo. L’apertura alare -di circa 2 metri- e gli artigli possenti le consentono di attaccare con successo le marmotte, i piccoli mammiferi e i giovani di ungulati di cui si nutre. L'aquila nidifica in tutte le valli del Parco, che ne ospita 27 coppie: per avvistarla occorre … un occhio di falco!

5. Il camoscio è l’abitante tipico della media e alta montagna. Ha dimensioni medie e piccole corna ad uncino. Predilige vivere su versanti molto ripidi, dove si muove con estrema agilità grazie alla particolare conformazione degli zoccoli. È presente su tutto il territorio dell’area protetta, dove si avvista molto facilmente. Il periodo delle nascite va da metà maggio a metà giugno: durante l’estate non sarà quindi difficile vedere le mamme con i cuccioli.

6. Il lupo, lo spauracchio delle fiabe, è tornato da poco nel territorio del Parco. È un animale molto schivo ed è difficilissimo avvistarlo: piuttosto, sarà lui ad avvistare voi! Se vi interessa conoscerne caratteristiche e segreti, vi consigliamo di visitare il Centro Visitatori di Valsavarenche, dove è allestito uno “spazio lupo”.

7. La salamandra è un piccolo anfibio, molto simile ad una lucertola. Ha la pelle liscia e lucente, cosparsa di piccole ghiandole che secernono un muco battericida che riduce la disidratazione e ha un gusto repellente per gli eventuali predatori. Le salamandre che vivono al Parco sono pezzate e le macchie gialle servono da avvertimento ai predatori: la salamandra non è commestibile! Secondo una diceria popolare –totalmente falsa- questo anfibio sarebbe in grado di sopravvivere se gettata nelle fiamme tanto che, nella mitologia celtica, la salamandra dà il nome a una categoria di fate del fuoco.

8. Il salmerino è il nemico numero 1 dei laghi del PNGP. Questo pesce della famiglia dei salmoni, introdotto negli anni Sessanta in Piemonte e Valle d’Aosta, è un super predatore che ha fatto strage dei piccoli abitanti dei laghi, causando una drammatica perdita della biodiversità. I ricercatori del PNGP stanno cercando di liberare gli specchi d’acqua da questa piaga, grazie al progetto “Life+ Bioaquae”.

9. Le farfalle. Decine di specie di lepidotteri multicolore vivono nel Giardino Botanico Alpino Paradisia di Valnontey, una frazione di Cogne, a 1700 m di quota. Il giardino ha infatti allestito l’imperdibile giardino delle farfalle, un’area di Paradisia con specie di fiori dai colori accesi che attirano in modo particolare questi insetti. Un autentico angolo di magia.

10. Livrea rosso ruggine, addome, zampe ed antenne di colorazione bruna, grandi mandibole: ecco l’identikit della formica rufa, altresì conosciuta come formica rossa. Se vi addentrate nei boschi di aghifoglie, vi capiterà con facilità di vedere mucchi di aghi alti anche mezzo metro: quelli sono i suoi formicai, che offrono uno spettacolo di piccola ingegneria e di operosità. Bello da vedere, ma assolutamente NON toccare!

E infine ….
11. La volpe Caterina. Come non menzionare l’animale mascotte del PNGP?! Si aggira nei dintorni del lago Serrù, sul versante piemontese del Parco, approfittate della manifestazione A piedi tra le nuvole: impossibile non avvistarla!
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