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Un italiano all'Opera dell'Oman

 © ANSA


(di Daniela Giammusso) (ANSA) - MUSCAT, 21 MAG - Chissà se quando, ormai dieci anni fa, il sultano dell'Oman Qaboos bin Said Al Sai decise di donare al suo popolo una vera Royal Opera House, la prima (e ancora unica) della penisola arabica, aveva mai pensato che a guidarla sarebbe stato qualcuno che la tradizione del melodramma la portava scritta nel passaporto. Fatto è che oggi, mentre ci si avvicina all'immensa ROHM di Muscat, costruita con il profilo di una fortezza e il bianco assoluto dei marmi a riflettere i 40 gradi del sole rovente del deserto (ma dentro il fascino di uno dei paesi più ricchi al mondo), ancora un po' sorprende di ritrovarsi faccia a faccia con Umberto Fanni, italianissimo (anzi, come dice lui, ''metà sardo, con casa a Brescia''), dal 2014 alla guida del fiore all'occhiello della capitale omanita. Inaugurata nel 2011 con la Turandot di Zeffirelli, terza al mondo per grandezza, con tanto di galleria di negozi superlusso e l'Al Angham, il ristorante più esclusivo della città, la ROHM a settembre aprirà la sua ottava stagione con Placido Domingo, star ormai di casa, accompagnato dall'Orchestra Fondazione Arena di Verona in un Gala di romanze, duetti e trii della tradizione spagnola della zarzuela. ''Era il 2014 e pensavo sarei andato da tutt'altra parte, quando venni qui per un incontro per il posto di direttore artistico'', racconta Fanni, al tempo già al Verdi di Trieste e poi all'Arena di Verona. ''Dopo tre giorni mi arrivò la lettera di conferma.
    Dopo qualche mese la nomina anche a direttore generale''. Il suo contratto dice che rimarrà qui fino al 2020, ma i progetti in ballo sono tanti. ''Quando sono arrivato - racconta - la scommessa era trasformare un performing art center in teatro che produce Opera. Il nostro primo titolo è stato The Opera: 24 arie del più popolare repertorio operistico, dal barocco al contemporaneo, sul filo narrativo di Orfeo ed Euridice. In scena c'erano 13 cantanti dal Centro di Valencia, Placido Domingo, la partecipazione del Cirque du soleil, per la regia di Davide Livermore. Alla fine gli omaniti piangevano in platea. Il successo è stato tale che lo porteremo anche in Italia''.
    Ci si guarda intorno, tra il trionfo di scalinate e arabeschi, gli strumenti antichi in mostra nelle teche, la sofisticatissima tecnologia a disposizione della sala da 1.100 posti, e viene da pensare, come ricorda Fanni, ''che 47 anni fa qui c'era solo deserto''. A cambiare tutto, la scoperta del petrolio e un percorso ragionato del sultano (cresciuto in Europa), che in un paese da sempre considerato la ''Svizzera della penisola arabica'' attraverso la cultura vuole costruire ponti con il resto del mondo.
    La nuova stagione 2018-2019 firmata da Fanni correrà dunque sul doppio binario della tradizione occidentale e araba, in un mix di generi che abbraccia la classica come il pop. Tra gli altri arriveranno, Juan Diego Florez con il soprano egiziano Fatma Said, il tenore Vittorio Grigolo, Kristine Opolais con la European Union Youth Orchestra. Sei i titoli d'Opera tra cui spicca la Lakmé di Delibes firmata Livermore, con Jordi Bernàcer alla guida dell'Orchestra e coro del Carlo Felice di Genova (realizzata in collaborazione anche con l'Opera di Roma, Los Angeles, Astana, Cairo, Shangai, Sidney, Pechino e Arena di Verona), che debutterà a Muscat a marzo 2019 per poi girare il mondo fino al 2025. E poi ancora, Valery Gergiev con l'orchestra del Mariinsky, Mahler con la Slovak Philarmonic Orchestra, il fado di Claudia Aurora e il blues di Zucchero.
    ''Le differenze con l'Europa? Qui abbiamo 237 lavoratori, il 70% sono omaniti e tutti molto giovani - risponde Fanni - In Oman l'età media è 28 anni, è un paese giovane, dinamico, stimolante.
    Bisogna insegnare loro il mestiere del teatro. Il pubblico? Agli spettacoli d'Opera il 21% è arabo, il resto sono turisti, con il 95% di riempimento sala nelle ultime due stagioni''. Merito anche di una politica di prezzi molto accessibile, dai 10 ai 140 euro. ''E' un teatro aperto, voglio che lo sia. Il teatro per me non ha senso se non si apre al territorio''. Quanto alla cultura islamica, ''mai avuto limiti - assicura il direttore - Quando abbiamo ospitato la Traviata, anziché una meretrice, abbiamo puntato sul fatto che fosse una donna malata. Il brindisi, non è importante fosse alcool. Era una bibita''. E da parte del blasonato mondo della lirica, nessuna ostilità? ''Nel mondo dell'Opera tutto è vero e tutto non lo è. Quello che importa è l'empatia tra pubblico e palcoscenico. Nessuno mi ha mai detto 'io non vengo'. Anzi, in questi anni abbiamo ospitato quasi tutte le fondazioni lirico sinfoniche italiane. E tutti quelli che arrivano, poi vogliono tornare''. Unico rimpianto, ''non essere a casa. Noi italiani siamo i migliori al mondo in quasi tutto, ma spesso non sappiamo valutarlo''.
   

Ponte del 2 giugno? Tutti in Provenza per il festival Tinals Beck, Phoenix e tanti altri nei tre giorni di musica

L'Arena di Nimes di notte © Ansa

 Visitare la Provenza, nel periodo migliore dell'anno, e godersi un festival in una delle città più caratteristiche della regione, Nimes. L'occasione per un weekend lungo, sfruttando il ponte del 2 giugno, la offre il This Is Not a Love Song Festival, in programma dal 1 al 3 giugno prossimo. Sui palchi interni ed outdoor dell'auditorium Paloma, futuristico edificio progettato dall'architetto Jean-Michel Bertreux dello studio TETRARC, si alterneranno una serie di artisti di livello internazionale: i 'padroni di casa' Phoenix, guidati dal leader, e marito di Sofia Coppola, Thomas Mars, l'istrionico songwriter americano Beck, la band di cultoJesus & Mary Chain, uno dei songwriter più quotati in circolazione come Father John Misty, gli storici Sparks e gli alfieri del nuovo dream pop Cigarette After Sex, Vince Staples col suo hip hop venato di soul, la techno di The Black Madonna e decine di altri nomi.
Nimes, la città che ospita il Tinals, si trova nel cuore della Provenza, vicino alla Spagna, eppure deve molto all'antica Roma: il suo simbolo è un coccodrillo incatenato ad una palma, creato per ricordare che la città fu fondata dai legionari romani di ritorno dalle vittorie nelle campagne d’Egitto, e sono così tante le influenze dell'Impero che da molti il centro viene considerata una sorta di ‘Roma d’Oltralpe'. A testimoniarlo ci sono alcuni dei monumenti del periodo, conservati in modo stupefacente. L’Arena, costruita alla fine del I secolo d.C., è certamente tra quelle mantenute meglio in assoluto. Lunga 133 metri e larga quasi 101, può contenere fino a 24.000 spettatori ed è tutt'ora molto attiva, con la produzione di spettacoli, corride ed un seguitissimo evento tradizionale, la corsa dei tori delle Camargue. In perfette condizioni sono anche la Maison Carrée, tempio costruito da Marco Vipsanio Agrippa, marito di Giulia figlia di Cesare Augusto, e la Tour Magne, torre di 32 metri tra le più imponenti mai edificate dai romani, che domina il Monte Cavalier, da cui si gode uno splendida vista della città. Non meno affascinante è l'enigmatico Tempio di Diana, la struttura più antica di Nimes, separata dalla Tour Magne dai settecenteschi Giardini delle Fontane, i primi giardini pubblici d'Europa, oggi frequentatissimi dai locali e dai turisti per proteggersi dal sole durante le torride estati provenzali. A pochissimi chilometri dalla città c’è poi una delle opere più straordinarie dell'architettura romana, il Pont du Gard, un ingegnoso acquedotto dalla storia insolita. Quando venne costruito – tra il 40 ed il 60 d.C. - Nimes aveva circa 20mila abitanti e un numero di pozzi d'acqua più che sufficienti a soddisfare le esigenze della città. I romani, però, miravano ad ostentare il loro dominio della Gallia e così scelsero di realizzare l’opera più per alimentare il proprio prestigio che per fornire acqua alla popolazione. In pratica, il Pont du Gard fu utilizzato per rifornire le molte ornamentali che abbellivano la città: fontane, terme e giardini. Poco romano e con delle decise influenze spagnole, è invece l'incantevole centro storico cittadino, il cui fulcro è Place aux Herbes, un trionfo di profumi, colori e atmosfere tipicamente provenzali che vi accompagnerà tra bistrot con tavolini all'aperto, vinerie, ristoranti e piccole botteghe artigiane, dove consigliamo di dare un'occhiata ai tessuti locali. Tra tanta storia antica, infatti, Nimes vanta un primato che la collega ad uno dei simboli della moda: i jeans. Qui, intorno al 1400, venivano prodotti dei calzoni da lavoro cuciti con una tessuto color indaco, chiamato tela de-Nimes, definizione poi trasformatasi in Denim, ovvero il materiale con cui vengono prodotti praticamente i jeans che indossiamo oggi.
Raramente capita di poter godere di un connubio tanto fortunato tra musica e turismo, come sottolinea Céline Rousseau, a capo della comunicazione del Tinals e tra i fondatori della manifestazione: “il nostro è un festival primaverile e la maggior parte delle pubblico, durante i giorni di svolgimenti, si gode all’aria aperta luoghi splendidi come l’Arena di Nimes, la Maison Carrée, il Pont du Gard, così come la spiaggia, alcuni villaggi meravigliosi, la natura della Camargue. Noi, d’altra parte, lavoriamo a stretto contatto con l'ufficio turistico per assicurarci che le persone scoprano le bellezze della nostra regione”. Come mai avete scelto di creare Tinals in un centro come Nimes? “Tinals è partito nel 2013 da un gruppo di amici, tutti grandi fan della musica indie, che volevano creare il festival a cui avevano sempre sognato di partecipare. Nîmes sembrava molto lontana dai principali itinerari musicali francesi, ma sapevamo che poteva funzionare e così è stato. Tanto che il prestigioso quotidiano Liberation recentemente ha scritto: ‘grazie al Tinals, Nîmes è diventato uno dei luoghi principali per la musica in Francia’”. Da ‘local’, quali itinerari fuori dai percorsi più noti suggerisci ai lettori dell’ANSA? “Un consiglio, che non troverete nelle guide turistiche, è quello di fare una gita in barca a Sylvéréal, punto di partenza per visitare 35 km di canali e godersi le caratteristiche tipiche della Camargue: cavalli bianchi, campi di riso, rose di ogni genere, tori neri e molto altro. Poi vi consiglio di andare a visitare i villaggi intorno a Nîmes, come Vauvert e Saint-Gilles, e spingervi fino alla spiaggia protetta ‘L'espiguette'. Da Nimes si raggiunge in un’ora, purtroppo si pagano 8 euro per il parcheggio ma ne vale davvero la pena: il paesaggio è straordinario e l’acqua è cristallina”.
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Arte green di Andreco racconta le piante a Roma la mostra De Herbis, poi Biennale Venezia

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 Che ruolo possono avere le piante in relazione all'inquinamento urbano? Come possono contribuire al miglioramento della qualità dell'aria e all'assorbimento degli inquinanti dal terreno? Sono alcuni degli interrogativi di Plantae, progetto ideato dall'associazione Climate Art Project dell'artista visivo e ingegnere ambientale Andreco, per apportare nuovo sapere alle tematiche legate al verde urbano e che fino al 26/5 porta laboratori, conferenze, passeggiate didattiche per la città di Roma. Cuore del progetto, la mostra De Herbis, a cura di Sara Alberani, che alla Biblioteca Angelica mette in dialogo disegni e sculture di Andreco con antichi volumi sulla botanica, come gli Erbari di Gherardo Cibo del XVI secolo, l'Hortus Sanitatis, un incunabolo del 1491 e l'Hortus Romanus del 1772 di Giorgio Bonelli.
    Dal 26/5 Andreco sarà poi tra gli artisti di Arcipelago Italia alla Biennale Architettura di Venezia, con un lavoro ancora top secret in collaborazione con lo Studio De Gayardon e Piccinini.

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Festa del teatro off! Dal 3 maggio al 10 giugno 2018 Roma

Giunto alla sua ottava edizione, il Festival Inventaria  - La festa del teatro off, organizzato da artisti per artisti, si è affermato come l'evento di chiusura della stagione teatrale capitolina mantenendo il proprio focus sulla drammaturgia contemporanea e sulla pluralità dei linguaggi ospitati.
Quest'anno il Festival avrà luogo nei quattro principali teatri off di tre diversi quartieri della Capitale: Teatro Argot Studio e Teatro Trastevere (Trastevere), Carrozzerie n.o.t. (Ostiense) e Studio Uno (Torpignattara) e si articolerà in quattro sezioni di concorso (Spettacoli, Monologhi/Performance, Corti teatrali e la nuova sezione Demo dedicata agli studi e ai progetti in itinere) e una fuori concorso.
Cinque gli spettacoli fuori concorso, mentre sono 21 le proposte selezionate tra le oltre 400 candidature pervenute da tutta Italia e dall'estero che si contenderanno le 25 date complessive messe a disposizione dai teatri partner del Festival nella penisola e diversi altri premi sotto forma di servizi gratuiti per lo spettacolo.
Tutto il programma su www.dovecomequando.net/inventaria2018spettacoli.htm

"L'eterogeneità è la cifra di Inventaria, una festa del teatro inclusiva per argomenti e linguaggi: nuovo circo, sperimentazione, teatro civile, teatro danza, riscritture di classici si alternano sui quattro palchi denunciando, interrogando, contemplando, ricordando, proponendo. 

Con la moltiplicazione degli schermi (e la riduzione degli schemi) di fruizione, decidere di uscire di casa e partecipare a un evento vivo, che inspira ed espira a pochi centimetri da te, diventa sempre più un regalo che si sceglie di fare a se stessi. La fruizione si fa esperienza. La prossimità, comunità. Lo spazio, immaginazione. Questa è la piccola, irripetibile bellezza del teatro off."