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A Venezia riapre Palazzo Diedo con Janus


VENEZIA - Nel grande androne a pianoterra ci sono le porte d'acqua che fanno da filtro al rumore unico della città, mentre dalle finestre dei piani affacciati sulla fondamenta i tetti di Venezia paiono quasi portati dalla luce abbagliante dentro le stanze con parte dei soffitti coperti da un'arte che parla la lingua dell'oggi ma si confronta con il passato.

È a uno spazio aperto al continuo divenire dell'arte, a una creatura viva in dialogo con la vitalità mai spenta di Venezia, quello che il collezionista e filantropo Nicolas Berggruen pensa quando parla del presente e del futuro di palazzo Diedo.

Un palazzo a cinque piani del XVIII secolo realizzato da Andrea Tiralli per la famiglia Diedo, passato poi al Comune per diventare scuola elementare poi sede del Tribunale di Sorveglianza: chiuso per un decennio, è stato acquisito alcuni anni fa da Berggruen. Oggi, dopo due anni quasi di restauro, con gli ultimi ritocchi ancora in corso, il palazzo, sede della fondazione benefica creata dal collezionista per approfondire i rapporti tra l'arte contemporanea e i secoli passati, tra Oriente e Occidente, è stato riaperto per ospitare l'esposizione "Janus" (Giano). La mostra riunisce i lavori, temporanei e in parte permanenti, ideati da undici artisti in diretto rapporto con l'architettura dell'edificio e in dialogo con le tradizioni dei mestieri d'arte veneziani. L'esposizione, dal 20 aprile al 24 novembre, le stesse date della Biennale d'Arte, è stata l'occasione per aprire le porte, per dare il segno iniziale - è stato ricordato - di un palazzo vivo. Lo spirito è chiaro: non idee museali, ma luogo di produzione, di incontri, di residenze per artisti chiamati a operare in loco e in stretto contatto con la realtà lagunare. L'assaggio è una esposizione che presenta lavori di personalità come Urs Fischer - splendido il riflesso della luce veneziana sulle 600 gocce di vetro soffiato, "Omen" - Mariko Mori, Ibrahim Mahatma, Sterling Ruby, Jim Shaw, Liu Wei, Aya Takano. Sospesi nel tempo e nello spazio i monocromi che paiono fatti di luce di Hiroshi Sugimoto (c'è anche una teca con il libro di Newton del 1704 che dà il titolo alle opere). Ipnotici i lavori di Lee Ufan (suo su un soffitto un'opera permanente e sui soffitti le fermanti anche di altri artisti coinvolti nella mostra). Se Holler opera sulla scala e Ruby sull'illuminazione dell'androne, Pietro Golia, quasi a simboleggiare il divenire di un palazzo dell'arte, ha fissato per novembre la realizzazione di un lavoro-pavimento veneziano al pianoterra.
    Intanto, per tutta la durata della mostra, ci saranno nella sala i sacchi con il materiale e gli operai che lo faranno.
    L'esposizione si articola anche in due progetti speciali: uno dell'artista Rhea Dillon l'altro della Polaroid Foundation "20x24". 

ansa.it


Biennale Venezia. Padiglione vaticano: quello che c’è da sapere, dalla prenotazione alla visita

 
L'installazione di Sonia Gomes nella cappella del carcere femminile della Giudecca, tappa finale del Padiglione della Santa Sede alla 60a Biennale di Venezia - Ansa

Da oggi 20 Aprile è aperto al pubblico il Padiglione della Santa Sede alla Biennale di Venezia. Intitolato “Con i miei occhi” e curato da Bruno Racine e Chiara Parisi, è ambientato all’interno della Casa di reclusione femminile della Giudecca. Si tratta di un percorso unico e senza precedenti: le opere sono il frutto dell’incontro tra gli artisti e le ottanta detenute e la stessa visita è un incontro tra il pubblico avviene e le ospiti dell’istituto di pena.

Come si accede al Padiglione vaticano?
Proprio per la particolarità del contesto, la visita richiede di essere preparata in anticipo. Non è possibile presentarsi semplicemente davanti all’ingresso (all’indirizzo Fondamenta della Convertite 713, Giudecca) ma è necessario prenotarsi su una piattaforma web. Ogni giorno è previsto l’accesso di quattro gruppi di 25 persone, alle 11, alle 12, alle 15 alle 16. Il Padiglione vaticano è aperto tutti i giorni tranne il mercoledì, con una chiusura straordinaria domenica 28 aprile, in occasione della storica visita di papa Francesco, la prima di un pontefice in una Biennale. Non è possibile portare all’interno effetti personali e cellulari (di fatto è una vera e propria visita in carcere), che verranno riposti al momento della accettazione dentro cassette di sicurezza. L’esclusione dei cellulari, oltre a essere una questione “tecnica”, è anche provvidenziale. “Con i miei occhi” richiede una partecipazione totale e la disponibilità a condividere un’esperienza forte. L’assenza dello smartphone obbliga a una immersione con tutto il corpo. A guardare con i propri occhi, lasciando fuori dalla porta ogni giudizio e pregiudizio, per non riprenderlo più.

Come avviene la visita del Padiglione?
Si accede all’interno della Casa accompagnati dal personale penitenziario e si viene accolti da un gruppo di detenute, vestite con una divisa bianca e nera disegnata e realizzata da loro stesse nei laboratori del carcere. Saranno loro ad accompagnarci, restituendoci con i loro occhi l’esperienza dell’arte, le domande che suscita e il suo potenziale liberatorio. È importante sapere che è possibile, anzi auspicabile, dialogare con le guide ma è vietato fare loro domande sui motivi della loro reclusione. Proprio a motivo della relazione che si instaura tra visitatori e ospiti, ogni visita è destinata a essere unica: quello che leggerete qui sono le parole raccolte nelle visite dei giorni inaugurali.

Cosa accade durante il percorso?
La sola opera visibile dall’esterno è il grande dipinto di Maurizio Cattelan sul muro della cappella, la riproduzione della fotografia di due piedi sporchi e polverosi. È un’iconografia allusiva, che rimanda istintivamente al Compianto sul Cristo morto di Andrea Mantegna e ai piedi dei pellegrini di Caravaggio (o, perché no, ai piedi di Cristo lavati dalla Maddalena, la santa a cui è dedicata la cappella) ma l’artista non ha cercato una precisa corrispondenza, lasciando che l’opera risuoni in modo diverso in ognuno. Sono piedi che proiettano il corpo all’interno del carcere. Per una delle ospiti “i piedi, insieme al cuore, portano la stanchezza e il peso della vita”.

Il primo ambiente a cui si accede all’interno della Casa è la caffetteria, in cui sono esposte opere di Corita Kent, una suora americana che negli anni 60 e 70 realizzava esplosivi manifesti pop su temi sacri e contro la guerra e la violenza. Segue un lungo corridoio all’aperto con una serie di lastre di lava sulle quali l’artista Simone Fattal ha dipinto poesie e testi, brucianti, delle detenute: “I nostri sentimenti sono scritti qui – commentano a voce – un pezzo di noi è scritto su queste opere d'arte”.
Al termine del corridoio, fissato a una torretta di guardia, si trova la prima delle due opere del collettivo Clarie Fontaine. È un neon che rappresenta un grande occhio attraversato da una sbarra. Per la nostra guida simboleggia “le cose che non si vogliono vedere. Le persone preferiscono chiudere gli occhi, o peggio guardano, ma hanno una cecità dentro”.
Grosse chiavi di ottone aprono e chiudono pesanti porte blindate. Una stanzetta si apre sull’orto attraverso un finestra: “Guardate che bello – dice la nostra ospite mentre la spalanca – è la sola senza sbarre di questo luogo. Qui possiamo sognare altre cose; possiamo quasi dimenticare di essere in prigione”. Si arriva nel cortile dell’ora d’aria, dove campeggia un secondo neon di Claire Fontaine: “Siamo con voi nella notte”. È la ripresa di una scritta apparsa fuori dalle carceri italiane negli anni Settanta, in sostegno dei detenuti per ragioni politiche, ma portata all’interno ha una potenza inedita. “Di notte illumina tutto di blu, riempie le nostre celle”, osserva la nostra guida. Ma è anche un messaggio rivolto ai visitatori, una prospettiva ambivalente. Il carcere cessa di essere un mondo separato dal mondo.
Da un piccolo giardino con giochi per i bambini, allestito quando nel carcere c’era una sezione per detenute con figli, si accede alla saletta dove è proiettato il cortometraggio dell'artista Marco Perego e dell’attrice Zoë Saldaña, sua moglie. È il toccante racconto dell’ultimo giorno di una donna da detenuta, girato all’interno della Casa della Giudecca con la partecipazione delle ospiti, che così si mettono a nudo. La star di Hollywood osserva che il lavoro è stato concepito “non come un documentario ma abbiamo incoraggiato le detenute a fare un'opera d'arte con noi”. Questo è vero per tutto il percorso: “Il Padiglione della Santa Sede – sottolineano le donne che ci accompagnano – ci ha dato la possibilità di essere protagoniste e non solo spettatrici passive, di essere parte di qualcosa, anche se di temporaneo. Ci siamo messe in gioco e abbiamo vinto. Vincere significa sentirsi liberi, anche se per un istante”.

Siamo all’ultimo tratto del percorso. In una piccola stanza bianca troviamo appesi una serie di ritratti realizzati da Claire Tabouret a partire dalle foto delle detenute da bambine. Immagini serene, uguali a tante altre a noi famigliari, di vite che appaiono ancora tutte da scrivere. “Questa sono io con mia madre a 11 mesi – ci fa notare con la voce rotta una delle nostre guide – sono i miei primi passi”. Da lì si accede alla cappella. Un edificio quadrato, alto, dalla decorazione ottocentesca. Dal soffitto sono sospese sulle nostre teste le morbide e colorate sculture di Sonia Gomes. C’è chi farà poi notare che assomigliano alle corde di lenzuola per evadere. Nel gruppo c’è anche l’artista, che ha seguito per tutto il tempo in silenzio. Abbraccia le accompagnatrici e prende la parola: “È uno dei momenti più emozionanti della mia vita, un punto irripetibile della mia carriera. Mi sono resa conto grazie a questa installazione di quale sia il senso dell’arte. Queste sculture sono per ricordare alle donne qui residenti di guardare in alto”. Alziamo anche noi lo sguardo e l’occhio cade sopra l’iscrizione incisa sull’architrave di un coretto: REMITTUNTUR EI PECCATA MULTA QUONIAM DILEXIT MULTUM. I suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato.
Restiamo soli. Usciamo, dietro di noi si chiude l’ultima porta.

avvenire.it

Capitali o città d’arte, dove andranno gli italiani per i Ponti?

 

Con la primavera tornano i ponti e gli italiani si organizzano per ritagliarsi una vacanza tra giorni di ferie, feste comandate e weekend. Quali sono le mete e le date preferite per le partenze tra 25 aprile e primo maggio? eDreams ha indagato sulle destinazioni più prenotate e sulla durata dei viaggi per italiani ed europei nelle prossime settimane.

Oltre alle capitali e metropoli europee che non passano mai di moda – su tutte spiccano Barcellona, Parigi e Amsterdam – quest’anno le prenotazioni dall’Italia puntano forte anche sulla capitale albanese, Tirana. Le prime italiane in classifica sono invece Catania e Roma.
Per quanto riguarda la durata, ben il 37% dei connazionali ha scelto di concedersi una vacanza di 3 giorni mentre il 15% unirà le due festività per un break di 6 o 7 giorni. Ma quali sono le date più popolari per la partenza? I giorni più gettonati sono il 25 aprile (scelto dal 30% del campione) e il 26 (22%).

Secondo la tradizione, questi primi ponti di primavera saranno anche un’ottima occasione per i turisti e viaggiatori stranieri che verranno a scoprire le meraviglie nostrane. Anche nel 2024, la primavera sembra il periodo ideale per ammirare in particolare le città d’arte. Tra il 25 aprile e il primo maggio quest’anno – secondo eDreams – sceglieranno una vacanza in Italia prevalentemente i francesi (30%), seguiti dagli spagnoli (19%) e dai tedeschi (18%). Complessivamente quasi la metà dei turisti che visiteranno il nostro Paese ha prenotato un soggiorno di 3 o più giorni (il 27% di 3 giorni e il 26% di quattro), leggermente più alta degli italiani la percentuale di chi imposterà l’out of office per 6 o 7 giorni, del 19%. Le date più congeniali per la partenza degli europei saranno il 26 e 25 aprile.
Quanto alle destinazioni più amate, gli stranieri stilano così la loro top 5 delle città d’arte italiane: in testa Roma seguita da Milano, poi Venezia, Napoli e Firenze.

travelnostop.com


Venezia. Straniera e popolare, la Biennale guarda a Sud

 


Due sono i fili conduttori di questa nuova edizione della Biennale di Venezia dedicata all’arte: lo straniero e l’elemento popolare dell’arte. Dentro questi due “contenitori” semantici si trovano altri temi che rendono una nuova attualità a parole molto logorate dal tempo e dall’uso. Dentro straniero risuonano termini come diversità e differenza, ma anche intruso ed estraneo; e questioni che rientrano nel coloniale, vale a dire razzismo, discriminazione, risarcimento. Nel discorso popolare si trovano invece questioni che hanno una proiezione più culturale ed estetica: tradizione, modernità, idiomi e linguaggio, estetica e valori. Diceva Tolstoj che l’arte popolare deve avere all’origine, ma anche al punto di arrivo, un popolo. Baudelaire, nella Parigi che si vedeva come capitale della modernità, scrisse che l’arte si riconosce dal suo pubblico. Il popolo: come entità dotata di anima, lo troviamo ormai soltanto nei Paesi del Terzo e Quarto Mondo, dove ancora esiste una idea antica di comunità e resiste una tradizione antropologica peraltro assediata dalla famelicità del mercato globale. Il pubblico: è la bestia che viene provocata affinché s’ingozzi con tutto ciò che il sistema culturale produce ma, rispetto all’epoca di Baudelaire, si nutre in modo bulimico a causa della caduta di criteri di giudizio che hanno fatto del pop-kitsch la lingua delle società democratiche, dove è sempre più labile il gusto artistico. Non è un caso, allora, se oggi molti sono convinti che la critica d’arte è diventata superflua. Come nella democrazia, il numero ha sempre ragione sulla qualità, anche se con la possibilità di disastri.

Da diverse edizioni la Biennale cerca di far emergere le culture messe ai margini. Esiste una lunga storia dei “non dominanti” – che vennero anche definiti “minoranze” e che oggi paradossalmente trovano una loro centralità, persino sproporzionata talvolta – dove poteva accadere, come nell’edizione scorsa dedicata all’Architettura curata da Lesley Lokko, che l’Africa diventasse “laboratorio del futuro”. Lasciamo stare la questione dei nuovi diritti sociali, presenti quasi come un dato acquisito anche in questa nuova edizione, e consideriamo che nel titolo Stranieri ovunque scelto dal curatore brasiliano Adriano Pedrosa, si tenta una rivincita di quei popoli troppo a lungo penalizzati da un sistema dell’arte – che, in fondo, è stato quasi una forma di discriminazione coloniale attraverso il mercato -, al punto che la maggior parte degli artisti scelti dal direttore sono presenti con opere mai prima esposte in una Biennale e la clausola viene ripetuta sotto ogni cartellino che le identifica. Stranieri alla storia della Biennale, perché mai esposti prima, ma nuovi comunque per un immaginario fortemente popolare (che interseca storia sociale e politica, dissenso e diaspora: c’è anche una grande sala dove artisti italiani che hanno vissuto più o lunghe esperienze all’estero, vengono raccolti sotto il titolo “Italiani ovunque”). Esiste anche un “Nucleo storico” nella mostra come sempre divisa fra Arsenale e Palazzina dei Giardini, che partecipa per la prima volta alla Biennale e si tratta in genere di artisti vissuti nel Novecento, anche morti, e in questo modo si vuole risarcirli di una mancata attenzione al loro lavoro. Possiamo dire che questa edizione, più delle precedenti, ha una chiara impostazione antropologica, dove l’arte è il mezzo con cui gli artisti parlano di una storia che non è soltanto la loro, ma delle comunità e dei popoli, un idioma visivo spesso “popolare”: tra naïf e fantastico, tra primitivo e simbolico, tra racconto e immaginario sociale. Spesso si sente il peso delle dittature, dei regimi e dell’imperialismo, di una cultura della cittadinanza che se da un lato risente di arretratezze politiche e dall’altro conserva ancora costumi considerati preziosi per l’identità di quei popoli grazie alle tradizioni. Pedrosa, che dirige il Masp di San Paolo, creato da Pietro Maria Bardi quando venne via dall’Italia, ha una formazione che lo porta a dare molta importanza al messaggio, quindi alla comunicazione, rispetto all’emergenza formale e artistica. Nell’insieme vediamo opere di autori che rappresentano bene la loro provenienza dalle loro culture, che in molti casi scopriamo per la prima volta, e di cui possiamo dire, con il metro dell’arte, che pur essendo interessanti quasi mai spiccano per genialità. Quello che vediamo appartiene spesso e generalmente alla “creatività” e si radica in una storia quasi “estranea” all’Occidente.

avvenire.it

 

Street artists a Venezia, non c'è solo Banksy

 


Tutto parte dal "Bambino Migrante", l'opera dello street artist Banksy, tracciata a pelo d'acqua sul muro di un edificio sul rio di San Pantalon, apparsa d'incanto in un mattino dell'estate 2019 e subito diventata evento mediatico mondiale.

Fu infatti l'immediato clamore mediatico suscitato dal "Bambino Migrante" a far sospettare a Maria Botter che, mischiati tra innumerevoli scarabocchi, sui muri delle case veneziane si celassero anche autentiche opere d'arte, anche se di artisti meno celebri di Banksy.

Così Botter, editorial web veneziana, si è messa in marcia per le vie della città, fotografando tutto quello che vedeva disegnato sui muri delle case, coadiuvata dal figlio Simone e dalla collaboratrice editoriale Maria Cristina Bernardi, durante il periodo più buio della storia recente, il lockdown per il Covid.
Ne è uscita una vera e propria mappatura dei siti dove sono ancora visibili le opere di autentici urban artist, noti ai conoscitori di questa particolare forma espressiva, e che il trascorrere del tempo cancellerà, perché realizzate su carta e con pigmenti vegetali. La pioggia li laverà via, senza danno per l'ambiente. Questi i più famosi, che contattati da Maria Botter, hanno dato l'assenso a rivelare lo propria identità artistica: c'è il fiorentino Blub, che realizza piccole riproduzioni su carta di capolavori di arte classica, o scene iconiche di film immortali, raffigurate immerse nell'acqua, con i personaggi che indossano una maschera da sub, a significare che nei momenti di crisi dobbiamo galleggiare e imparare a nuotare: ecco così riprodotti Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nel bacio della Dolce Vita, e il Giuseppe Verdi del ritratto di Giuseppe Boldrini, altri oramai sono andati perduti. L'artista Ache 77 è anche lui fiorentino, crea maschere normografiche con la tecnica dello stencil, cioè vernice spruzzata attraverso mascherine, in questo caso su carta, che attirano, penetrano fino a smarrirlo lo sguardo dello spettatore. Dell' artista peruviana Bronik, che vive a Barcellona, è rimasta solamente una donnina blù, tipica della sua produzione: realizzata su carta con la tecnica stencil, è accucciata su un muro lungo il rio di San Giovanni Grisostomo, nel sestiere di Cannaregio.

Wanderlust, il mindful festival fa tappa a Milano, Roma e Venezia

 

C’è ancora tempo, dato che l’evento è atteso dopo l’estate, ma sono appena state aperte le iscrizioni con l’acquisto dei biglietti: parliamo dell’appuntamento dedicato alla consapevolezza targato Wanderlust che farà quattro tappe a settembre.

Alle date di Milano e Roma si aggiunge infatti Venezia. Wanderlust torna in Italia riconfermando il format Wanderlust 108: una giornata di unione e consapevolezza dedicata al benessere, mentale e fisico. L’occasione perfetta per praticare insieme alla community il Mindful Movement.

L’evento, ospite dei parchi nelle città italiane, avrà quest’anno quattro appuntamenti: Milano, sabato 21 e domenica 22 settembre presso il parco di City Life, Venezia, sabato 28 settembre presso il Parco di San Giuliano, affacciato direttamente sulla laguna, Roma, sabato 5 ottobre, presso il Parco degli Acquedotti.

In programma un mindful triathlon per un’esperienza all’aria aperta composto da corsa, yoga e meditazione. Si inizia con un carico di energia grazie alla corsa di 5km guidata da runner professionisti: un’attività adatta a tutti, con la possibilità di camminare e di godersi una passeggiata o di seguire un’attività alternativa di mindful fitness direttamente dal main stage. A seguire una sessione di yoga flow di 60 minuti seguita da una sessione di meditazione guidata. A condurre le attività dal main stage ci saranno talent e maestri spirituali che guideranno i partecipanti attraverso le loro pratiche, con dj set e musica dal vivo ad accompagnare tutte le attività.

Nel pomeriggio, al termine del Mindful Triathlon, si potrà partecipare alle attività “The Uncommons” incluse nel biglietto: sessioni esperienziali, workshop, speech. Yoga in the Dark, Cerimonia del cacao, Thai Chi, Sound Bath, Yoga flow & Sound Healing Journey sono alcune delle attività andate per esempio in scena l’anno scorso.

All’interno del village, aperto a partecipanti e visitatori, sarà possibile visitare il Kula Market, il tradizionale mercatino olistico e l’area True North Cafè per concedersi una pausa ristorativa.

lagenziadiviaggimag.it - viaggiooff.it

(Post a cura di Giuseppe Serrone - turismoculturale@yahoo.it)

Biennale. Il Padiglione Vaticano a Venezia: l’arte intreccia cultura e società

 
Calle di ingresso, Padiglione della Santa Sede presso la casa di reclusione femminile Venezia-Giudecca - Marco Cremascoli, 2024

La visita di papa Francesco a Venezia del prossimo 28 aprile «sarà un momento storico». Infatti sarà il primo Pontefice a visitare la Biennale. E questo «dimostra chiaramente la volontà della Chiesa di consolidare un dialogo fecondo e ravvicinato con il mondo delle arti e della cultura». Lo ha ribadito con forza e argomenti il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’educazione, presentando ieri in sala stampa vaticana il Padiglione della Santa Sede alla prossima Biennale di Venezia, sul tema “Con i miei occhi”, visitabile dal 20 aprile al 24 novembre su appuntamento. «Non è un caso - ha fatto notare il porporato portoghese - che la Santa Sede abbia scelto di presentare il suo padiglione alla Biennale di Venezia – nell’anno in cui questa celebra la sua sessantesima edizione – in un luogo apparentemente inaspettato, come lo può essere il Carcere femminile dell’Isola della Giudecca».

E «non è certo un caso che il titolo del padiglione, “Con i miei occhi”, voglia focalizzare la nostra attenzione sull’importanza di come, responsabilmente, concepiamo, esprimiamo e costruiamo il nostro convivere sociale, culturale e spirituale». Infatti «viviamo in un’epoca, marcata dal predominio del digitale e dal trionfo delle tecnologie di comunicazione a distanza, che propongono uno sguardo umano sempre più differito e indiretto, correndo il rischio che esso rimanga distaccato dalla realtà stessa». Così la contemporaneità «preferisce metaforizzare lo sguardo», invece «vedere con i propri occhi conferisce alla visione uno statuto unico, poiché ci coinvolge direttamente nella realtà e ci rende non spettatori, ma testimoni».

Ed è proprio questo è ciò che «accomuna l’esperienza religiosa con l’esperienza artistica», difatti «nessuna delle due smette di valorizzare l’implicazione totale e anticonformista del soggetto». Il cardinale de Mendonça a questo proposito ha sottolineato che l’anno in cui la Biennale Arte celebra il suo sessantesimo anniversario segna anche i 60 anni dalla prima esibizione del film Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, proiettato per la prima volta a Venezia. E lo ha fatto con un richiamo alla consonanza tra i temi pasoliniani e il tema della misericordia, a partire dal capitolo 25 del Vangelo di Matteo, «uno dei testi biblici più commentati da Papa Francesco e che possiamo certamente associare alle linee portanti del Suo pontificato».

A questo proposito il porporato ha rimarcato che le opere di misericordia «non sono temi teorici», ma «testimonianze concrete», che «obbligano a rimboccarsi le maniche per alleviare la sofferenza». «A noi, dunque, - ha spiegato - è richiesto di rimanere vigili come sentinelle, perché non accada che, davanti alle povertà prodotte dalla cultura del benessere, lo sguardo dei cristiani si indebolisca e diventi incapace di mirare». E questo vale anche per gli artisti. Da qui la scelta del luogo che ospiterà il Padiglione vaticano. Luogo del tutto eccezionale e «apparentemente inaspettato»: il Carcere femminile dell’Isola della Giudecca. Idea nata dall’esigenza di tradurre nella pratica le parole del Papa, a partire soprattutto dal suo Discorso agli artisti, pronunciato il 23 giugno scorso nella Cappella Sistina, dove li invitava a non dimenticare i poveri, chi vive condizioni di vita durissime, che non hanno voce per farsi sentire e quindi invitandoli a «farvi interpreti del loro grido silenzioso». Tra questi i carcerati.

Nel corso della conferenza stampa il cardinale de Mendonça ha rivelato che quando ha mostrato a papa Francesco il progetto del padiglione, Francesco - prendendo spunto dal tema scelto - gli ha risposto: «Andrò anche io con i miei occhi». Il prefetto del Dicastero per la Cultura ha poi ringraziato le «autorità italiane per la loro indispensabile collaborazione», e «in particolare» il ministero della Giustizia nella persona del capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nazionale, Giovanni Russo. Ringraziamento esteso ai curatori Bruno Racine e Chiara Parisi, «che formano una squadra straordinaria che, ne sono certo, elaborerà una proposta ispiratrice». Quindi il grazie a «coloro che stanno collaborando alla realizzazione del padiglione: COR architetti, e in particolare l’Architetto Roberto Cremascoli». E poi ha espresso gratitudine al «principale partner», la banca Intesa-San Paolo. Ed infine il grazie al Patriarcato di Venezia guidato da monsignor Francesco Moraglia, «con il quale intrattengo una stretta ed amichevole collaborazione». Alla conferenza stampa hanno partecipato Russo, i curatori Racine e Parisi, e Paolo Maria Vittorio Grandi, Chief Governance Officer di Intesa Sanpaolo.

«Il carcere è un luogo inaspettato, ma dove l’attesa è una condizione permanente», ha detto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. «Il nostro compito – ha proseguito Russo descrivendo l’emozione provata alla notizia della visita di Francesco, primo papa a visitare la Biennale – è quello di aiutare i detenuti, in questo caso le detenute, a ricostruire il proprio vissuto dopo gli errori che, per svariate ragioni, sono stati compiuti nella loro vita precedente. Le detenute sono state chiamate non solo ad ospitare, ma anche a collaborare attivamente alla costruzione del Padiglione, e ciò ha avuto un importante ruolo riparativo, un modo per vivere in concreto la generosità, la solidarietà, e tutti quei valori che sono tipici del cristianesimo e che loro nella loro vita passata avevano per ragioni diverse calpestato».

Per Bruno Racine «trovare un luogo che sia già in sé un messaggio» è stata la prima sfida che si è dovuta raccogliere per il Padiglione della Santa Sede, allestito alla Giudecca che prima di essere un carcere è stato il Convento delle Convertite, e oggi è «il luogo simbolico di una proposta artistica, ma anche relazionale» tra artisti e detenute, a cui il visitatore potrà accedere lungo un percorso guidato dalle detenute stesse. E questa «sarà un’esperienza per gli artisti, le detenuti e i visitatori, che dovranno capire che attraversano un confine, in sintonia con il tema generale della Biennale, “Stranieri ovunque”». Da parte sua Chiara Parisi, che intervistiamo in questa pagina, ha parlato della «doppia creatività» degli artisti e delle detenute, che ha portato frutti come un docufilm girato nel carcere, a cui hanno partecipato una ventina di detenute, ed opere ispirate alle foto di famiglia delle recluse o a poesie scritte da loro.

Tra gli artisti che animano lo spazio della Biennale allestito dalla Santa Sede c’è anche Maurizio Cattelan, che 25 anni dopo la sua opera esposta sempre qui alla Biennale del 1999, dal titolo Mother, realizzerà un’altra opera ispirata alla figura materna. Nel 1999 l'opera di Cattelan La Nona Ora, provocatoria statua raffigurante Giovanni Paolo II colpito da un meteorite, aveva suscitato critiche e imbarazzi nel mondo cattolico. «Quella di Cattelan - ha spiegato Parisi - non è un arte provocatoria, lui lavora sui tabù, è molto malinconico e ha una diffidenza per cui mai accetta inviti e invece ha detto sì in modo spontaneo». «Una poetessa europea ha scritto che “l’iconoclasta ricostruisce l’icona”», ha commentato il cardinale de Mendonça. «A volte - ha precisato - interrogativi che possiamo in un primo momento giudicare come radicali sono modi di ricostruire la visione del sacro, e questo fa parte dell’incontro della Chiesa con il mondo artistico, le sue categorie, le sue logiche». Perché – ha puntualizzato – «non è che la Chiesa si aspetti che gli artisti siano cassa di risonanza immediata dei suoi valori e delle sue idee, un dialogo è polifonia, incontro nell’inatteso, ma un vero incontro».

Oltre a Cattelan gli altri artisti coinvolti sono Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret. Tranne Corita Kent, scomparsa nel 1986, tutti saranno a Venezia per curare e allestire le proprie opere. «Gli artisti sono toccati dall’estrema disponibilità di papa Francesco», ha testimoniato Parisi, precisando che sono ottanta le detenute che a titolo volontario collaborano con l’allestimento del Padiglione e fanno da guida ai visitatori. «Sicuramente si apriranno per loro molti benefici penitenziari», ha assicurato Russo, spiegando che la selezione delle detenute è stata fatta con la direzione del carcere e che si è registrata «una grandissima adesione, con alcune esclusioni solo per motivi sanitari o di sicurezza».

avvenire.it

Le vie dello shopping, il nuovo volto dei centri città

 

In uno scenario che vede molteplici alternative di shopping a disposizione dei turisti (e non solo), le vie dei centri città se caratterizzate da un’offerta e un’organizzazione di buon livello, vengono spesso preferite da coloro che decidono di recarsi nel nostro Paese per fare acquisti. Shopping Tourism ha riunito i rappresentanti dei principali “distretti” italiani per capire quali siano i punti di forza, ma anche le problematiche.

Roma e Milano

“La nostra realtà è nata 12 anni fa con l’obiettivo di valorizzare e tutelare l’Area del Tridente e degli esercizi commerciali che vi si trovano. -afferma Maria Letizia Rapetti, presidente dell’Associazione Via del Babuino Roma– Nel corso della nostra attività siamo riusciti a ottenere alcune migliorie nella nostra area come la piantumazione di 60 alberi, l’allargamento dei marciapiedi e un presidio fisso di vigili urbani per combattere l’abusivismo, c’è ancora il grande scoglio della spazzatura, ma ci stiamo impegnando per la risoluzione di questo problema. La zona, inoltre, entro il 2025 si arricchirà di numerose nuove aperture soprattutto per quanto riguarda il comparto dell’hotellerie”.

5Vie Art+Design Milano è il più antico distretto di Milano e da 11 anni è attivo nel capoluogo lombardo. “Il Comune ha cambiato approccio e ha lasciato sempre più margine a una sorta di autorganizzazione che ha agevolato le azioni di attività come le nostra. -afferma il presidente Emanuele Tessarolo- Il nostro obiettivo è mettere insieme piccole realtà per dialogare con le istituzioni. Milano è in una fase molto forte di sviluppo che coinvolge positivamente anche le periferie, purtroppo ci sono ancora alcuni disagi legati al traffico tuttavia il grande traino degli eventi rende vive diverse aree della città tutto l’anno.

Firenze e Venezia

Da 14 anni, invece, a Firenze opera lAssociazione esercizi storici fiorentini che raggruppa le botteghe con oltre mezzo secolo di storia alle spalle. “Tra le nostre nuove iniziative, la formazione del personale alberghiero per promuovere ai clienti la visita nei nostri negozi o laboratori ai quali possono partecipare” dichiara il presidente Gabriele Maselli.

Nel corso dei 32 anni di attività ha avuto la capacità di evolvere e svilupparsi insieme alla città che ultimamente è diventata, suo malgrado, l’emblema dell’overtourism. Si tratta dell’Associazione Piazza San Marco Venezia e ne parla il presidente Claudio Vernier. “La nostra lungimiranza consiste nell’aver avvicinato i turisti allo shopping sì, ma di settori estremamente differenti tra loro. Ad oggi contiamo oltre cento soci, 3500 dipendenti, siamo riconosciuti come associazione no profit impegnata nella tutela della città e riusciamo ad avere continuità nonostante l’avvicendarsi delle diverse amministrazioni che hanno anche preso esempio da alcune nostre iniziative come la formazione di steward per aiutare i turisti in città”.

Il boom di Napoli

Tra i centri dello shopping c’è anche il Distretto Chiaia Napoli. “Nella nostra città il centro storico non coincide con il cuore del commercio, si tratta quindi di un contesto un po’ speciale. -conclude Maura Pane, membro del direttivo- Il dialogo con le istituzioni è in divenire per risolvere ancora alcune questioni legate al decoro urbano che inevitabilmente influiscono sull’offerta. Napoli si sta affermando sempre più come destinazione turistica e non solo come punto di arrivo e di transito verso le isole, ma come vera e propria meta. I dati lo confermano, nel 2023 l’aeroporto di Napoli-Capodichino ha registrato 23 milioni di pax. Attualmente siamo al lavoro su un nuovo portale che raggruppi tutta l’offerta e allo stesso tempo valorizzi i nostri prodotti legati a shopping, cultura, food e ricettività”.

guidaviaggi.it

Crociere a Venezia

Numeri in crescita per la stagione crocieristica. E’ questo il quadro per il 2024 di Venezia, che continuerà ad operare in modalità di “porto diffuso” a Marghera. La stagione si aprirà ufficialmente il prossimo 24 marzo con l’arrivo di Msc Sinfonia, e prevede un incremento dei pax movimentati – stimati in 540.000, in crescita del 9% circa rispetto al 2023 – e degli scali, con le compagnie che quest’anno garantiranno 242 toccate, di cui il 95% saranno effettuate in modalità “Home Port”.

A Venezia quest’anno ci saranno 20 compagnie operative con 39 navi che faranno scalo presso gli approdi diffusi in area Porto Marghera (alle banchine Liguria e Lombardia), presso le due banchine disponibili a Fusina e gli accosti a San Basilio e della Marittima (per le navi fino alle 25mila tonnellate di stazza). Il 90% delle compagnie in arrivo appartengono al segmento premium e luxury confermando la tendenza dell’attrattività di Venezia per questo “nuovo” tipo di turismo e tipologia di passeggeri che, unitamente alla quota di Home Port, portano ulteriore valore aggiunto al turismo in città e a tutta la filiera economica collegata alla crocieristica.

Sul fronte delle crociere fluviali i risultati attesi nel 2024 sono in linea con quelli realizzati lo scorso anno. Quest’anno saranno infatti 2 le compagnie operative in Laguna per oltre 70 scali e circa 13.000 passeggeri.

Questo risultato è reso possibile anche grazie agli investimenti realizzati da Vtp nel corso del 2023 e quelli previsti nel 2024 per un totale di circa 6,3 milioni di euro mirati alla realizzazione del terminal a Fusina e i lavori accessori presso i relativi accosti, l’acquisto di attrezzature per adeguare ulteriormente i servizi di safety e security, il rinnovamento dei sistemi hardware e software a servizio dell’attività di gestione delle navi e dei passeggeri e in generale per apportare le migliorie necessarie ai terminal esistenti.

Nel breve e medio periodo poi, l’Autorità di sistema portuale del mar Adriatico settentrionale intende proseguire nella programmazione di investimenti e nell’adozione di azioni rivolte ad incrementare la sostenibilità del comparto crocieristico. Sono infatti previsti investimenti totali per 90 milioni di euro per l’elettrificazione delle banchine – fra cui quelle di Marittima e Fusina – oltre ad attività, operative e infrastrutturali, di sostegno allo sviluppo del settore.

A queste si aggiungono le opere commissariali che, al 2023, vedono già impegnati 21 milioni di euro per sostenere il settore crocieristico di cui 6 milioni di euro già spesi per lavori già completati sulle banchine “Liguria” e “Lombardia” e 15 milioni di euro impegnati per attività di progettazione, studi e indagini ambientali relativi ad interventi di manutenzione del canale Malamocco-Marghera e del canale Vittorio Emanuele III oltre ad interventi propedeutici agli approdi previsti per il nuovo Terminal Canale Nord.

Il presidente dell’Autorità di sistema portuale del mar Adriatico settentrionale, Fulvio Lino Di Blasio, ha dichiarato: “I numeri del 2023 sono frutto di un lavoro incessante svolto dalla struttura commissariale e dell’Autorità di Sistema Portuale per assicurare alle compagnie un ventaglio di possibilità alternative di approdo, in attesa della realizzazione del nuovo terminal a Porto Marghera previsto entro il 2026, e per conseguire una serie di interventi volti al miglioramento dell’accessibilità nautica, nel rispetto del principio generale di salvaguardia della Laguna. Il 2024 vedrà una sostanziale conferma di queste cifre che consentono a Venezia di rimanere in assoluto tra i primi 15 porti crocieristici d’Italia, con un rapporto tra toccate e passeggeri che testimonia il cambio di passo concreto verso una crocieristica più sostenibile, anche in relazione alla forte presenza di navi di tipologia medio-piccola, spesso appartenenti al segmento luxury”.

Fabrizio Spagna, presidente e a.d. di Venezia Terminal Passeggeri, ha sottolineato: “La costruzione del nuovo modello di crocieristica diffusa, compatibile con la città e con il traffico merci, prosegue e vede la stretta collaborazione tra tutte le autorità locali, regionali e nazionali per garantire il rispetto delle normative vigenti e promuovere una gestione responsabile del turismo crocieristico.Venezia Terminal Passeggeri, anche grazie a un cospicuo piano di investimenti, sta lavorando per predisporre tutte le strutture e le facilities che permettano a compagnie e passeggeri di poter usufruire di un servizio che garantisca un approdo sicuro e agevole affinché si preservi la funzione di Home Port e si dia piena attuazione al modello degli approdi diffusi. A tal proposito, sono iniziati i lavori per la realizzazione del terminal di Fusina che dovrebbe entrare in funzione ad agosto, rendendo così possibile la gestione in loco delle operazioni di Home Port con notevole miglioramento dell’esperienza di viaggio dei passeggeri. Stiamo riscrivendo il presente e il futuro delle crociere a Venezia, nel tentativo di bilanciare le diverse esigenze in gioco, in modo tale che l’arrivo di navi e passeggeri possano contribuire positivamente alla crescita economica della città”.

guidaviaggi.it

Si pagherà per entrare a Venezia

AGI -  La Giunta comunale ha dato il via libera all'emendamento con il testo finale della delibera che istituisce il "Regolamento per l'istituzione e la disciplina del Contributo di accesso, con o senza vettore, alla Città antica del Comune di Venezia e alle altre Isole minori della Laguna". La delibera ora sarà inviata alle commissioni competenti e andrà in Consiglio comunale per la sua approvazione il prossimo 12 settembre.

"Il provvedimento - è scritto in una nota - fissa le linee guida per l'introduzione di un nuovo sistema di gestione dei flussi turistici, con la definizione di principi generali, esclusioni, esenzioni, controlli e sanzioni, attraverso una piattaforma multicanale e multilingua che sarà resa disponibile a breve. L'obiettivo è quello di disincentivare il turismo giornaliero in alcuni periodi, in linea con la delicatezza e unicità della Città.

La sperimentazione per il 2024 sarà per circa 30 giornate, che verranno definite dalla Giunta con un apposito calendario nelle prossime settimane. In linea generale, si concentrerà sui ponti primaverili e sui week end estivi".

Chi pagherà il contributo 

Chi dovrà pagare il contributo di accesso? Nello specifico si è stabilito che il Contributo di accesso dovrà essere corrisposto da ogni persona fisica, di età superiore ai 14 anni, che acceda alla Città antica del Comune di Venezia, salvo che non rientri nelle categorie di esclusioni ed esenzioni. In linea generale, il contributo sarà richiesto ai visitatori giornalieri.

Non dovranno pagare il Contributo di accesso i residenti nel Comune di Venezia, i lavoratori (dipendenti o autonomi), anche pendolari, gli studenti di qualsiasi grado e ordine di scuole e università che hanno sede in Città antica o nelle Isole minori, i soggetti e i componenti dei nuclei familiari di chi risulta aver pagato l'IMU nel Comune di Venezia. 

Sono esentati dal pagamento del Contributo di accesso coloro che soggiornano in strutture ricettive situate all'interno del territorio comunale (turisti pernottanti), i residenti nella Regione Veneto, i bambini fino ai 14 anni di età, chi ha necessità di cure, chi partecipa a competizioni sportive, forze dell'ordine in servizio, il coniuge, il convivente, i parenti o affini fino al 3 grado di residenti nelle aree in cui vale il Contributo di accesso, e una serie ulteriore di esenzioni previste nel Regolamento.

Dopo l'approvazione del Consiglio Comunale, infatti un'ulteriore delibera di Giunta definirà, oltre alle giornate interessate dal contributo, specifici dettagli e declinazioni, come ad esempio l'esenzione per tutte le isole minori della Laguna, le fasce orarie di validità del contributo e il valore dello stesso, che inizialmente sarà posto a 5 euro.

In quella delibera, la Giunta definirà anche le modalità di prenotazione obbligatoria per alcune categorie di esenzione, in modalità smart e telematica. Ad esempio, tutti i residenti in Veneto non pagheranno alcun contributo, ma avranno l'obbligo di prenotarsi sul portale apposito.

Venezia apripista a livello mondiale

"Dopo aver ascoltato i cittadini, attraverso una consultazione online, e aver recepito alcune indicazioni nella fase di confronto interna al Consiglio comunale abbiamo elaborato un'integrazione alla versione originaria del Contributo d'accesso - spiega l'assessore al Turismo, Simone Venturini - L'abbiamo fatto nella convinzione che l'idea di prenotabilità della città dovesse essere la più partecipata possibile. Ci poniamo così come apripista a livello mondiale, consapevoli dell'urgenza di trovare un nuovo equilibrio tra i diritti di chi a Venezia ci vive, ci studia o ci lavora e di chi visita la città".

"Per questo - prosegue Venturini - in determinati periodi e in alcune giornate, si rende necessaria una gestione dei flussi innovativa, in grado di porre un freno al turismo giornaliero. Da oggi inizia un percorso che intraprendiamo con umiltà, consapevoli che ci saranno problemi da risolvere e ostacoli da superare. Nessuno ci ha indicato la strada prima, la stiamo tracciando noi nella convinzione che la gestione del turismo è una priorità per il futuro della nostra città.

Una città che rimarrà sempre aperta a tutti. La sua prenotabilità non è infatti uno strumento per fare cassa (anzi, permetterà di coprire solo i costi del sistema) ma garantirà ai residenti una qualità della vita migliore e ai turisti pernottanti una visita in grado di regalare emozioni più vivide. Dopo un lungo e difficile iter è arrivato il momento di agire concretamente, come siamo abituati a fare". 

"Con la massima umiltà saremo pronti a correggere il provvedimento, con una serie di delibere di Giunta, finalizzate alla definizione delle modalità operative del Regolamento - prosegue l'assessore al Bilancio Michele Zuin - Si tratta di un punto di svolta rilevante nella gestione dei flussi turistici di Venezia, sperimentale, per questo avvieremo un confronto continuo e diretto con tutte le categorie economiche e sociali per monitorare assieme gli effetti a breve e medio termine, in un'ottica di coinvolgimento di tutti gli stakeholder.

Le esenzioni rispondono a norme di buon senso per garantire l'accesso a Venezia a chi lavora, studia, ha i propri affetti, ha esigenze sanitarie o deve recarsi per necessità nel capoluogo della regione, che ospita tantissime funzioni amministrative. Il messaggio che vogliamo dare è che Venezia è accessibile, aperta, ma i visitatori, sia nazionali che internazionali, devono comprendere che serve una programmazione per gestire al meglio l'equilibrio tra residenzialità e turismo". 

Alla Biennale di Venezia con ‘Sicincinema’ per raccontare la Sicilia che cambia

Giovedì 31 agosto alle 18.30, nell’ambito delle manifestazioni previste nel programma dell’80^ edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, nell’Italian pavillion dell’hotel Excelsior di Venezia si terrà l’evento ‘Sicinema – Un set a tre punte’.
All’incontro, organizzato dall’assessorato regionale del Turismo, dello sport e dello spettacolo, parteciperanno l’assessore Elvira Amata, il sottosegretario di Stato al ministero della Cultura, Lucia Borgonzoni, il dirigente della Sicilia Film Commission, Nicola Tarantino, il direttore del Centro sperimentale del cinema della Sicilia, Ivan Scinardo, e la presidente del Taobuk festival, Antonella Ferrara.
“Ringrazio il sottosegretario Borgonzoni – dice il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani – per aver voluto dedicare un panel alla Sicilia nella settimana del Festival del Cinema di Venezia. È una grande opportunità per ribadire il connubio fertile tra la nostra isola e la cosiddetta ‘settima arte’. La Sicilia è, insieme, protagonista e scenario naturale e impareggiabile per tante produzioni e le sue storie, la sua letteratura, i suoi autori, registi e attori, sono parte importante della storia del cinema nazionale e mondiale”.
“L’evento dell’Italian pavillion – aggiunge l’assessore Amata – sarà l’occasione per presentare le strategie del governo Schifani per incentivare e sostenere le nuove produzioni nell’isola, ma anche per illustrare gli straordinari risultati dei bandi pubblicati dalla Regione Siciliana e il ritorno, in termini di investimento e di immagine, che hanno fruttato. Siamo convinti che investire nel cinema e nella cultura in generale sia una scelta vincente per promuovere l’immagine di una Sicilia che cambia, che cresce e si rinnova, pur restando fedele alle sue radici, che scardina i luoghi comuni e gli stereotipi. Attraverso l’audiovisivo possiamo proporre luoghi, itinerari, stili di vita e ambienti che possono invogliare i turisti a farne tappa di un viaggio che diventa esperienza”.

travelnostop.com

Venezia . Al via i restauri della Basilica di San Marco

Partiranno nei prossimi giorni i restauri nella Basilica di San Marco per risolvere i danni causati dalle acque alte nelle aree del nartece e del transetto sud. Sono interventi che interessano vaste aree della basilica e si avvalgono di un corposo finanziamento di 3,3 milioni di euro ottenuto dal Ministero della Cultura nell’ambito del Piano Strategico 2021-2023 “Grandi Progetti Beni Culturali”.

Poiché si trova nell'area più depressa dell'area della piazza, la basilica di San Marco ha sofferto e soffre particolarmente del fenomeno delle acque alte. Nel decennio precedente il 2019 (anno dell’entrata in funzione della prima difesa fino a +87 cm sul medio mare, seguita dall’installazione temporanea della barriera in vetro) la media delle invasioni si è aggirata intorno ai 110 eventi annui. Come spiega il "Proto" di San Marco (ossia l'architetto responsabile della tutela e del restauro della basilica) Mario Piana, «ogni invasione dovuta alla marea, sommergendo talvolta anche per oltre un metro la base dell'edificio, ha significato l'azione di notevoli quantità di acqua salata che hanno esasperato la degradazione delle pietre e dei marmi che la rivestono, fatto particolarmente preoccupante perché il loro spessore, esilissimo, di rado supera i 3 cm, ma anche degli apparati scultorei, delle pavimentazioni in opus sectile e tessellatum, degli stessi mosaici parietali... Tra le parti che hanno particolarmente sofferto dalla grande invasione del novembre 2019 ricadono le cruste lapidee e marmoree che rivestono le pareti interne dell’ala nord del nartece, e la pavimentazione in opus tessellatum attorno all’altare del Santissimo Sacramento».

I restauri del nartece

Sono proprio queste le aree interessate dagli interventi. I marmi del nartece, che soffrono anche a causa delle conseguenze delle malte impiegate nei restauri ottocenteschi, sono costituiti da marmo Proconnesio, Pietra d’Istria, Pietra d’Aurisina, Portasanta (marmo Chio), Bigio antico (marmo Lesbio), Verde antico di Tessaglia, marmo statuario Lunense, Rosso Ammonitico veronese, Pavonazzetto antico, Pomarolo (breccia di Arbe), Grigio carnico, Occhio di pavone, Nero assoluto, Cipollino rosso (marmo Iassense), Lumachella di San Vitale, oltre a un Marmo bianco e una Lumachella a megalodon, ambedue di provenienza incerta. Come spiega Piana, «l’intervento previsto – preceduto una campagna di analisi mineralogico-petrografiche e chimico-fisiche – si è posto due obiettivi fondamentali: da un lato rimuovere, nei limiti del possibile, le cause del degrado delle incrostazioni marmoree, dall’altro arrestare l’avanzare del degrado stesso che in forme e misura diversa le colpisce».

L’area pavimentale attorno all’altare del Santissimo, affacciato sul braccio meridionale del transetto, è costituita da una pavimentazione musiva di età medievale, probabilmente risalente al XII-XIII secolo. Composta da un tappeto centrale percorso da girali vegetali e contenente coppie di animali e contornato da una fascia di girali vegetali, guarnita nel suo lato breve rivolto a meridione, da una banda di filetti tra loro intrecciati, la superficie mosaicata ha subito nel corso dei secoli consistenti rifacimenti e restauri.

I mosaici del transetto

La superficie mosaicata presentava già forme di degrado che si sono esasperate a seguito dell’acqua alta del novembre 2019, con la comparsa di rigonfiamenti diffusi, la perdita di quasi 2 metri quadri di superficie, lo scalzamento e la dispersione delle tessere musive. Nei giorni immediatamente successivi la grande acqua alta, la pavimentazione è stata sottoposta a numerosi cicli di desalinizzazione, attuati mediante impacchi di carta giapponese e acqua distillata.

«Anche il mosaico pavimentale - spiega l'architetto Piana - verrà sottoposto a un impegnativo intervento che comprenderà il completo distacco del tappeto centrale, la rimozione delle malte compromesse e la ricollocazione delle superfici musive. Le sezioni distaccate verranno immerse in vasche e colme di acqua deionizzata, per rimuovere i sali presenti nelle tessere lapidee e nelle malte. L’area di pavimento distaccato verrà impermeabilizzata, per preservare il pavimento dall’acqua salmastra che impregna i terreni. La ricollocazione delle sezioni avverrà, nel rispetto delle ondulazioni e inclinazioni delle sue superfici iniziali. Le aree scomparse – grazie alla documentazione offerta da vecchie lastre fotografiche e a un calco di carta dell’area realizzato nel passato – verranno integrate riproducendone i motivi, con l’impiego di tessere lapidee e vitree di colorazione leggermente attenuata rispetto alle esistenti».

Chi conserva la basilica di San Marco?

Dalle origini e fino alla fine del XVIII secolo la basilica di San Marco è stata cappella ducale ed è perciò segnata dalla secolare storia civile e religiosa della Serenissima. Solo dal 1807, per volere di Napoleone Bonaparte, fu passata dallo Stato alla Chiesa, divenendo cattedrale della diocesi veneziana. La basilica è stata realizzata e conservata dai Procuratori di San Marco, la più alta magistratura della Repubblica Serenissima, che gestiva tutte le proprietà del Doge. Dopo la caduta della Repubblica Serenissima (1797) e la parentesi napoleonica, sotto il governo austriaco (1815-1866), la conservazione fu gestita da una Imperial Regia Commissione, che fu direttrice dei lavori fino al 1853, quando il ruolo fu affidato all’ing. Giovanbattista Meduna, che lo mantenne fino alla morte nel 1887.

Nel concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica del 1929 vengono definite le fabbricerie, organi di gestione i cui componenti sono nominati dal Ministro dell’Interno (5) e dal Vescovo (2) per un numero limitato di Chiese di particolare valore storico-artistico e con un particolare rapporto con le città che le ospitano. Molte di queste fabbricerie, tra cui quella di San Marco, si sono costituite successivamente come Onlus. Per regio decreto, la fabbriceria che gestisce la Basilica di San Marco assume il nome antico di Procuratoria e i componenti del Consiglio sono chiamati Procuratori. Essi svolgono il loro mandato triennale (rinnovabile), non retribuito, come volontari e in assenza di conflitti di interesse. La Procuratoria è l’ente cui compete la tutela, la manutenzione ed il restauro della Basilica.

avvenire.it

Biennale Architettura, Leone d'Oro al Brasile


 Il Brasile ha vinto il Leone d'Oro per la miglior partecipazione nazionale alla 18/a Biennale di Architettura di Venezia, con il padiglione "Terra" (Earth), ai Giardini.
    La proclamazione è avvenuta nel corso della cerimonia delle premiazioni dell'edizione 2023 della Mostra lagunare, intitolata "Il Laboratorio del Futuro", curata dall'architetto e scrittrice anglo-ghanese, Lesley Lokko.

Il padiglione brasiliano, curato da Gabriela De Matos e Paulo Tavares, si concentra sul ruolo del passato nella comprensione del futuro, con filo conduttore la terra.

ansa.it