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Covid: studio shock, 'ripresa turismo a Ny solo nel 2025'

 

 A causa della pandemia una ripresa completa del turismo nella città di New York potrebbe arrivare solo nel 2025. E' lo scenario che emerge da un rapporto di NYC&Company, l'ente che si occupa della promozione turistica della Grande Mela.

Un dato poco confortante per una città tra le destinazioni più popolari al mondo e che pone ulteriori pressioni sulla sua ripresa economica.
    Il settore del turismo, infatti, è uno dei pilastri fondamentali dell'economia di New York. Con oltre 66 milioni e mezzo di turisti nel 2019 ha generato introiti per 70 miliardi di dollari e creato 400 mila posti di lavoro. Se non ci fosse stata la pandemia una stima di NYC&Co nel 2018 prevedeva quasi 69 milioni di visitatori nel 2020 e oltre 71 milioni nel 2021.
    Attualmente, come si legge nel rapporto, le presenze turistiche sono calate del 66% rispetto all'anno scorso.
    Il crollo del turismo a New York, secondo quanto scrive anche il New York Times, è il motivo per cui l'economia della città è stata colpita più duramente rispetto alle altre negli Stati Uniti. Senza una presenza significativa di turisti centinaia di ristoranti e alberghi sono stati costretti a chiudere e ora New York si trova con un tasso di disoccupazione che supera il 14%, oltre il doppio della media nazionale . Un ruolo chiave nella ripresa del turismo, secondo quanto indicato da Fred Dixon, ceo di NYC&Co, l'avrà la distribuzione del vaccino. "Sarà una ripresa molto lenta - ha spiegato - . Con un piano di distribuzione di massa nel 2021 le previsioni per la ripresa dei viaggi a livello nazionale indicano un aumento del numero di visitatori durante la prossima estate". Ha aggiunto anche che occorre far coincidere l'abolizione delle limitazioni negli spostamenti. Per quanto riguarda il mercato internazionale, ci vorrà invece più tempo. (ANSA).

Arte all'aperto a Ny, creatività fuori dai musei


NEW YORK - I famosi 'Gates' a Park Avenue o il murales di Roy Lichtenstein nella stazione della metropolitana di Times Square. E' la creativita' al di fuori dei musei, quella che si nutre di parchi, piazze, stazioni della metropolitana, edifici abbandonati o persino dell'aria. 'Art in the Open: Fifty Years of Public Art in New York', dal prossimo 10 novembre al 13 maggio del 2018 al Museum of the City of New York, esplora mezzo secolo di arte e innovazione che hanno fatto della Grande Mela l'ambiente piu' vivace al mondo in fatto di creatività pubblica. Il punto di partenza sono gli anni '60, quando sotto la spinta dell'amministrazione Kennedy che promuoveva l'arte e la cultura come simboli della supremazia americana nel mondo, i leader locali aprirono a politiche che diedero il via ad espressioni artistiche in pubblico. Luoghi iconici come Bryant Park o Astor Place cominciarono cosi a trasformarsi in musei a cielo aperto. Il concetto di base era semplice, portare l'arte contemporanea fuori dai musei o dalle gallerie e ricollocarla negli spazi pubblici: anche se New York non era nuova all'arte urbana sotto forma di murales o persino la Statua della Liberta'. Non solo i luoghi aperti ma anche le stazioni della metropolitana appunto diventano musei. Emblematico il famoso 'Times Square Mural' di Roy Lichtenstein, commissionato dall'autorità dei trasporti della citta' e installato nell'omonima stazione sulla 42ma strada nel 2002. L'opera altra un metro e 80 e lunga 16 metri e' stata realizzata in smalto da porcellana su acciaio. Fece storia, inoltre, nel 2005 'The Gates', installazione di Christo Yavacheff amata e odiata allo stesso tempo, che tinse di arancione il park piu' famoso della citta', Central Park.
    All'alba di una fredda mattina di febbraio, New York si sveglio' con 532 pannelli di tela color zafferano che invasero il parco.
    Ognuno pendeva da una struttura di metallo arancione, the gate, appunto. Ogni pezzo di stoffa era altro quasi 5 metri e largo da un minimo di un metro e 67 centimetri a un massimo di 5 metri e 48.
    Ancora un parco, Bryant Park a Midtown, nel 2010 divenne lo spazio espositivo per l'artista Kate Gilmore che con la sua 'Wall the Walk' mise al centro dello spazi pubblico un cubo giallo con sopra delle donne, vestite sempre in giallo, in atteggiamento di battere i piedi. L'intenzione era di attirare l'attenzione sulle donne che ogni giorno lavorano in citta'. Nel 2013, dopo Jeff Koons e Louise Bourgeois, ci pensa l'artista di origini svizzere Ugo Rondinone e cambiare il volto del Rockfeller Center, luogo di solito associato al famoso albero di Natale, con la sua opera 'Human Nature'. Come una sorta di Stone Henge, Rondinone piazzo' delle sculture gigantesche somiglianti a stature greche in modo da porre o imporre un netto contrasto con la modernità dei grattacieli circostanti. (ANSA)