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Boom del ‘birraturismo’, a Vinitaly focus sui viaggi brassicoli

 

Il turismo esperienziale cresce nel settore della birra con quasi un viaggiatore su cinque che ha visitato un birrificio o ha partecipato a un evento legato alla birra nell’ultimo anno. È quanto emerge da una indagine del Consorzio Birra Italiana sul fenomeno del brassiturismo diffusa con Coldiretti in occasione del Vinitaly, con un padiglione quest’anno dedicato tutto alla birra artigianale. Il 65% degli intervistati, si legge nello studio, considera fondamentale l’abbinamento tra la birra prodotta all’interno dell’azienda e i piatti del luogo.

“Il nostro obiettivo è sostenere la crescita dell’interesse per il turismo brassicolo accompagnando le aziende verso una sempre maggiore qualificazione dell’offerta, a partire da quella esperienziale – sottolinea Teo Musso, presidente del Consorzio Birra Italiana – Ma stiamo anche lavorando al lancio di Birrifici Aperti, un evento nazionale di promozione dei birrifici da filiera agricola italiana, oltre al progetto di creare almeno una strada della birra in ogni regione d’Italia”.

“Il turismo legato alla birra – sottolinea Dominga Cotarella, presidente di Terranostra – è un fenomeno in grande crescita che mira a valorizzare una produzione agricola in espansione nel nostro Paese. Unire il piacere di sperimentare nuovi birrifici, con l’esperienza di ospitalità contadina dei nostri agriturismo, credo sia una miscela vincente”.

La filiera della birra artigianale italiana conta 1182 attività produttive in tutto il territorio nazionale che, dal campo alla tavola, danno lavoro a circa 93.000 addetti, per una bevanda i cui consumi sono destinati quest’anno a superare il record storico di circa 38 litri pro capite per un totale – rilevano il Consorzio Birra e Coldiretti – di 2,2 miliardi di litri generando un volume di fatturato che, considerando tutte le produzioni, vale 9,5 miliardi di euro.

travelnostop.com

Verona. Si apre Vinitaly: tutto quello che c'è da sapere sull'Italia del vino


 L’Italia del vino è pronta a dare il meglio di sé. A Verona inaugura oggi la 56ª edizione di Vinitaly e le aspettative sono molto alte per i 4 giorni di fiera. Dopo qualche anno ben più complicato (anche a causa del Covid-19), quella dell’anno scorso è stata definita da molti l’edizione della ripresa e, per il 2024, si attende la conferma della svolta: tutto sold-out al quartiere fieristico con oltre 100mila metri quadrati netti e con 4.000 imprese espositrici. Con le tre altre rassegne presenti (su olio, birra e tecnologie per la produzione), il numero delle aziende presenti nei 17 padiglioni della fiera sale a quasi 4.300 da 30 Paesi.

Ad essere attesi, ora, sono i compratori, italiani e soprattutto esteri. Vinitaly, insieme a Ice-Agenzia, si è posta l’obiettivo di arrivare a milleduecento top-buyer, con una crescita del 20% sull’edizione 2023 e del 70% rispetto a 2 anni fa. «Con questa logica della promozione – ha spiegato qualche settimana fa il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, a Bruxelles, durante la presentazione della fiera davanti al Parlamento Europeo – abbiamo da poco terminato un giro del mondo durato oltre un semestre per operare una selezione ponderata dei principali buyer da invitare».
I partecipanti stranieri selezionati, invitati e ospitati a Verona arrivano da 65 nazioni, a cui si prevede si aggiungano circa 30mila operatori da oltre 160 Paesi. La delegazione degli Usa rappresenta la quota più significativa con oltre il 15% delle presenze. Seguono altre tre importanti aree extra-Ue: Canada, Cina e Regno Unito, che insieme contribuiscono al 23% dei partecipanti. Nel loro insieme, i 65 Paesi presenti rappresentano il 95% del valore totale dell'export enologico italiano.

D’altra parte, pur con qualche flessione, il vino mantiene un ruolo di primaria importanza: Ignacio Sánchez, segretario generale Ceev (Comitato europeo delle aziende vitivinicole) all’incontro di Bruxelles ha ribadito che, secondo un’indagine realizzata con Pwc, «il vino europeo vale 130 miliardi di euro, con un contributo fiscale di 52 miliardi di euro l'anno e 3 milioni di addetti».
Le importazioni di vino nel 2023 sono calate rispetto al 2022, ma risultano in crescita rispetto al 2021, con il vino italiano che ha avuto una performance positiva nel mercato inglese, francese e brasiliano, secondo la ricerca condotta da Nomisma Wine Monitor con Unicredit e Vinitaly. La riduzione tocca soprattutto i vini fermi, mentre per gli spumanti si registrano crescite in diverse zone: tutti i Paesi esportatori sono stati toccati dal calo, ma l’Italia ha perso meno degli altri ( -0,8% per valori e volumi, rispetto al -2,8% e 9% della Francia o di cali ancora più pesanti per Australia, Cile e Nuova Zelanda).
La preoccupazione emerge anche dal mondo delle cooperative, che incidono in modo rilevante sull’economia del vino, se si considera che gli ettari vitati lavorati dalle migliaia di soci delle cooperative sono 152.280 e rappresentano più del 25% del totale dei vigneti in Italia.
Nella classifica delle principali cantine italiane per fatturato sono presenti ben 40 cooperative (su un totale di 117), che fatturano 3,7 miliardi di euro, con una quota pari al 42% del fatturato complessivo del campione. In generale, il comparto del vitivinicolo italiano, per diverse cause, sta affrontando non poche difficoltà: «Il problema numero uno – commenta Luca Rigotti, presidente del settore Vino di Confcooperative – è il costo del denaro che sta impattando pesantemente anche sulla capacità di spesa delle famiglie. A questo si aggiunge l’impennata dei costi delle materie prime che non registra ancora riduzioni consistenti».
Sul fronte del consumo interno, il 2023 è stato un anno complesso per il vino nella Grande Distribuzione, con un calo complessivo dei volumi del 3,3%, un aumento dei prezzi del 2,5% e un prezzo medio di 5,4 euro/litro per i vini DOC/IGT. secondo lo studio “Circana per Vinitaly” che verrà presentato lunedì 15 aprile in fiera.
Tra i vini più venduti, il Prosecco mantiene il suo primato, ma sono i vini con tassi di crescita più elevati a catturare l'attenzione, come il Cerasuolo d'Abruzzo, il Grillo, il Pecorino, che testimoniano un crescente interesse per i vini rosati e bianchi di qualità. Tra le tendenze, alla fiera si parlerà molto di sostenibilità, ma anche di mixology e persino di vini dealcolati e neo-protezionismo: martedì è in programma un seminario sul rapporto tra mondo del vino e movimento anti-alcol, con i dati di una ricerca promossa da Colangelo & Partners di Wine Opinions sul mercato Usa.
avvenire.it

Vinitaly, nel 2019 dal 7 al 10 aprile A settembre in Brasile con Wine South America

 (foto: ANSA)

La 53/a edizione di Vinitaly si terrà alla Fiera di Verona dal 7 al 10 aprile 2019. Lo annuncia Veronafiere, a chiusura della quattro giorni di Salone internazionale del Vino. Ma già a settembre, sottolinea il direttore generale di Veronafiere, Giovanni Mantovani, le imprese vitivinicole italiane potranno incontrare il mercato sudamericano, e carioca in particolare, attraverso la nuova iniziativa Wine South America, in programma a settembre di quest'anno nello stato di Rio Grande do Sul, in Brasile.(ANSA).
   
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Per Vinitaly 144 aziende siciliane a Verona

Per Vinitaly 144 aziende siciliane a Verona (foto: ANSA)

La Sicilia parteciperà al Vinitaly dal 15 al 18 aprile a Verona con uno spazio espositivo di circa tremila metri quadri all'interno del quale è previsto il "Palcoscenico Sicilia", ovvero un'area business dedicata agli incontri con buyer e giornalisti provenienti da tutto il mondo oltre che alle attività di degustazione affidata a critici.

    "Quest'anno - ha spiegato l'assessore regionale all'Agricoltura, Edy Bandiera - la partecipazione delle cantine siciliane al Vinitaly non sarà più concertata dall'Istituto regionale della vite e dell'olio ma direttamente dalle associazioni di produttori vitivinicoli e dai consorzi di tutela, che hanno concordato la loro presenza direttamente con l'Ente Fiera di Verona"
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    Le associazioni di produttori presenti al Vinitaly sono: la Providi e la Vitesi presenti con 59 aziende, Assovini presente con 42 aziende e il Consorzio Etna Doc presente con 43 aziende, per un totale di 144 aziende siciliane partecipanti. Le associazioni partecipano al Vinitaly nell'ambito dei rispettivi progetti, a valere sulla misura 3.2 del Prs 2014-2020 con una dotazione complessiva pari a 960 mila euro.

    "L'assessorato - ha proseguito Bandiera - partecipa con un investimento istituzionale, all'allestimento esterno del padiglione 2 (che ospita la Sicilia) e dell'area business "Palcoscenico Sicilia", all'interno del padiglione, che ha lo scopo di promuovere la partecipazione unitaria del vino siciliano di qualità nelle molteplici declinazioni dei suoi territori. Attività per la quale sono stati impegnati 240 mila euro.

    Oltre al padiglione 2 dedicato alle cantine, sarà presente all'interno della Fiera anche uno spazio "Sol" all'interno del quale saranno presenti le aziende siciliane dell'olio, la cui partecipazione sarà curata interamente dall'assessorato. (ANSA).
   

Vinitaly al via, la scommessa del 2014 è la ripresa del mercato interno

Il vino è bello e buono. Vale in tutti i sensi. Sempre che lo si consumi a misura, ovviamente. Ma non c'è dubbio che le produzioni vitivinicole nazionali, continuino a rappresentare una delle carte da visita migliori per il nostro Paese. Anche se il comparto non è esente da problemi da affrontare e risolvere. Eppure tutto sembra dire che vigne e bottiglie nostrane vincono ovunque. A testimoniarlo è ancora una volta il Vinitaly, che apre oggi l'edizione 2014.
Complessivamente, secondo Agrinsieme, il vino in Italia vale 12 miliardi di fatturato, 1,2 milioni di addetti (+50% in dieci anni) 450mila aziende (384mila agricole), oltre 654mila ettari. Nel 2013 la vendemmia è stata pari a 47,4 milioni di ettolitri (dati Assoenologi), 20 milioni (dato Istat), se ne vanno all'estero. Ma il mercato interno in termini numerici resta sempre fondamentale e se le vendite calassero in modo incontrollato, diventerebbe assai difficile garantirsi un
recupero anche tenendo conto delle vendite oltre confine. Perché le etichette nazionali vincono per davvero in tutto il mondo: nel 2013 le vendite all'estero sono cresciute del 7,3% e hanno oltrepassato i 5 miliardi di euro. I vini italiani competono con tutti e spesso vincono. Anche e soprattutto contro quelli dei francesi (tradizionali "nemici" in questo settore) ma non solo. Dagli umori che circolano a Verona, pare che anche l'Italia non sia così male come mercato, nonostante il costante calo dei consumi, scesi ormai sotto i 40
litri pro-capite: le cantine che hanno investito sulle vendite nazionali hanno notato comunque una certa ripresa. In termini assoluti, dopo il crollo del 2009, ci sono stati anni tutti leggermente positivi.
Parlare di vino, poi, è ormai come parlare di gran moda, di belle auto e della capacità dell'Italia di risalire la china, mettere in fila successi e trovare nuove vie per fare affari. Certo, anche fra le bottiglie si insinua la criminalità (per questo Coldiretti, proprio a Vinitaly, ha organizzato un convegno sul tema), ma l'immagine che il vino si porta dietro è in gran parte positiva, fatta com'è anche di un forte turismo specializzato, del fascino della nostra storia, di buona cucina, di paesaggi che tutti ci invidiano. Cose che creano valore, lavoro, sviluppo. Anche se si potrebbe fare ancora di più e anche se alla fine a vincere – almeno nelle grandi occasioni – sono i nomi che hanno già vinto tutto. Come quello di Jacopo Biondi Santi, erede di una delle case vitivinicole più blasonate e premiate al mondo, trionfatore quest'anno del Premio Internazionale Vinitaly.
avvenire.it