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La strage dei fiori, a Lecce mostra diffusa sui giovani Iran

 

LECCE - La strage dei fiori è il titolo di una mostra diffusa che apre dal 24 dicembre e andrà avanti per tutte le festività sul perimetro esterno del Museo Castromediano e sul balcone di Palazzo Carafa a Lecce. E' un Natale per non dimenticare, con le illustrazioni di Gianluca Costantini dedicate ai drammi vissuti in queste settimane dalle donne iraniane e dai giovani "Tu, amico, tu, fratello, tu che hai il mio stesso sangue / quando arriverai sulla luna / scrivi la storia della strage dei fiori".

Il titolo di questa mostra nasce dai versi della poetessa iraniana Forugh Farrokhzad.
    L'arte invade così lo spazio pubblico e incontra lo sguardo dei cittadini che con più o meno consapevolezza transitano nei luoghi urbani. È il principio che guida la programmazione espositiva che il Polo biblio-museale di Lecce propone periodicamente sul perimetro esterno del Castromediano: una mostra visitabile 24 ore al giorno, quindi. La mostra prosegue nella piazza centrale della città, grazie alla collaborazione del Comune di Lecce, che ha installato una delle illustrazioni di Costantini sul balcone dell'ufficio del sindaco a Palazzo Carafa, sede del municipio di Lecce.
    Un Natale di consapevolezza, quindi, è ciò che le due istituzioni - Polo biblio-museale di Lecce e Comune di Lecce - auspicano assieme, grazie alla fondamentale sollecitazione di Gianluca Costantini, che ha concepito anche una grafica dedicata.
    Il progetto di Gianluca Costantini propone una riflessione intensa e urgente su quanto sta accadendo in Iran. «I fatti dell'Iran non possono lasciarci indifferenti soprattutto davanti al silenzio delle diplomazie mondiali - dichiara Luigi De Luca, direttore del Polo biblio-museale di Lecce. Un'intera generazione rischia di essere sterminata dalla follia omicida del regime teocratico di Teheran.
 

 Le uniche voci che si alzano contro questa follia sono quelle degli artisti e degli uomini e donne di Cultura oltre a quelle dei giovani. In particolare il fumettista Gianluca Costantini ha trasformato i suoi canali social in una tribuna di denuncia delle violenze del regime". (ANSA).

Iran: cosa vedere nella festivita' piu' sacra per gli sciiti

(di Rodolfo Calo')
Un periodo da tener presente per programmare un viaggio in Iran e’ la festivita’ islamica dell’Ashura e le sue flagellazioni simboliche, sacrifici cruenti e millenarie devozioni che si possono vivere a Teheran per almeno cinque giorni in un caleidoscopio di immagini, suoni ed emozioni.  
 IL CONTESTO STORICO-RELIGIOSO: La celebrazione, improntata al lutto, ''e' la piu' sacra per gli sciiti e cade il decimo giorno del mese di Moharram nel calendario lunare islamico, data che sul calendario occidentale muta di anno in anno'', ha ricordato ad AnsaViaggi un'antropologa e giornalista che vive in Iran da oltre un decennio, Tiziana Ciavardini. ''Il nome di Ashura, che significa ''decimo'', commemora il martirio di Hussein, il loro Imam pi' venerato, nipote del profeta Maometto, che secondo la tradizione fu ucciso e decapitato nel Settimo secolo'', assieme a decine di suoi seguaci, ''contribuendo a creare la scissione dai sunniti'', il ramo maggioritario dell'islam, ha aggiunto Ciavardini.
DOVE VIVERE L'ASHURA A TEHERAN: Culminata domenica scorsa, la prossima Ashura cadra’ tra il 13 e 14 novembre prossimi e Teheran, ad esempio nella orientale piazza Taslihat o nella piu' centrale Imam Hussein con la sua omonima moschea, e’ un punto di osservazione privilegiato perche’ l’Iran e' l'unico Paese musulmano a stragrande maggioranza sciita.
LE AUTOFLAGELLAZIONI: Il simbolo piu’ noto a Teheran e nel nord del paese sono le autoflagellazioni delle spalle compiute con mazzi di catenelle dette ''Zanjjr'', mentre nel sud ci si percuote soprattutto il petto con la mano. ''L'autoflagellazione e' stata proibita in Iran dalla Guida Suprema Ali Khamenei e sostituita con la donazione di sangue'', ricorda ancora l'antropologa. Anche se qualche autoflagellazione clandestina con torsi nudi e spalle arrossate si puo' vedere nel chiuso di qualche garage, in strada sono spariti gli autolesionismi operati un tempo con spade e coltelli percossi sulla testa e gli uomini - per lo piu' giovani - che si battono la schiena sono vestiti, di scuro. Qualcuno porta anche una kefiah sulle spalle chiaramente per non rovinarsi maglia o giubbotto dando l'illusione di parteggiare per Gaza. Anche se e' difficile misurare il grado di devozione, il fascino delle due o tre ore di processioni serali e diurne e' dato dagli assordanti suoni sovrapposti creati da percussioni che danno il ritmo alle frustate: per ognuna delle molte confraternite, c'e' in genere almeno una grancassa e vari tamburi, che si mescolano a sonagli del Khuzestan, piatti e trombette. Voci tenorili intonano inni che rievocano il martirio di Hussein attraverso altoparlanti montati su pickup o trabicoli a spinta, tutti dotati di riflettori che di sera sparano luci abbacinanti. L'aria e' spesso pregna di una sorta di incenso contro il malocchio, l’ ''espand'' sparso da bracieri mobili. I gruppi di una ventina di ''zanjirzanan'' sono preceduti da bandiere nere con versetti del Corano ricamati in color oro o da un grande stendardo, l'alamat, fregiato di pennacchi, spade e simboli metallici portato sul collo da un unico fedele che procede barcollando per lo sforzo. Nella tarda mattina e primo pomeriggio del giorno dell'Ashura, culmine della festivita', con un po' di fortuna si puo' assistere al rogo di tende date alle fiamme a ricordo del massacro. Alcuni devoti si cospargono capo, volto e vestiti di fango per simboleggiare la morte dell'imam, invocato battendosi il petto. All'ora canonica si svolgono preghiere in strada e di sera si accendono candele un po' ovunque in un intrico di simbologie dalle molteplici interpretazioni.
I SACRIFICI E LE DONAZIONI: Intorno alle processioni si compiono sacrifici, spettacolo sconsigliato a sensibilita' animaliste: pecore, agnelli e vitellini si vedono dapprima vivi a gli angoli delle strade o nelle aiuole e poi macellati sul marciapiede o decapitati in pozze di sangue dove qualcuno intinge un dito per trarre buona sorte. L'esaudimento di desideri viene anche dal mangiare, gratis, i pasti preparati dalle confraternite: fra l’altro il khoresht (uno stufato di carne, patate e fagioli), l’adas polo (riso allo zafferano, lenticchie e uva passa), un budino allo zafferano detto o "Shol-El Zard" , caramelle. Col freddo viene offerto del te, d'estate uno sciroppo d'arancia. Cammelli e cavalli, almeno come segnalano conoscitori delle celebrazioni, spiccano nelle Ta'zieh, rappresentazioni in costume eseguite per strada o nei teatri delle Case della cultura rievocando in maniera sobria, alquanto statica, dilettantesca e lamentosa, ma tra vere lacrime di vari spettatori, la morte di Hussein.
UNA GRANDE SAGRA: Nel complesso Teheran e tutto l’Iran si trasforma in un’unica sagra in cui i ragazzi si occhieggiano eccitati per poter tirar tardi liberamente e i banchetti vendono fave lesse e cavoli rossi. Ovunque luminarie verdi e garage, negozi e abitazioni trasformate in ''hosseinye'', le sedi delle Heyat (''gruppi'', ossia confraternite) addobbate di nero e verde, causa di ingorghi. Su molti cavalcavia le bandiere sono nere e per strada grandi cartelloni riproducono la figura di Hussein col volto di luce. Altarini luminosi, molto meno numerosi che non ai tempi della guerra Iran-Iraq da un milione di vittime degli anni Ottantata, segnalano la morte di giovane nel palazzo vicino. E chi ha un bimbo piccolo lo veste di bianco con una fascetta verde in testa per rievocare il sacrificio di Asghar, il figlio di Hussein, morto a sei mesi col padre: nel centro di Teheran c’e’ addirittura un raduno di questi lattanti. E nelle cantine di vari palazzi i condomini si ritrovano per girare a turno, in enormi calderoni, l'halim: un polentone dolciastro con carne da offrire alle confraternite.
ansa