ENIT A NY PER PROMUOVERE IL TURISMO LUXURY


I maggiori player della travel industry USA hanno incontrato l’Italia, le sue regioni e gli operatori in occasione del primo workshop “Italian Luxury” 2019, organizzato dall’Agenzia Nazionale del Turismo, in collaborazione con Virtuoso, Signature e The Travel Leader Network, dal 29 al 30 ottobre 2019 a New York. Networking, business matching, marketplace, seminari e testimonianze di esperti, aziende e giornalisti di settore in una due giorni dedicata al lusso e al Made in Italy. Un appuntamento determinante per orientare una fetta di mercato altospendente devota alla wellness industry al punto da far girare nel mondo 4,3 trilioni di dollari. L’Italia sbarca in America per sedurre il segmento luxury a stelle e strisce e incrociare domanda con offerta turistica per promuovere la crescita a valore alla base della strategia Enit. Lo sguardo dell’Agenzia Nazionale del Turismo sul settore luxury denota un’espansione crescente e converge le energie espansive sul settore. Infatti sono 12 milioni gli affluent mondiali con un patrimonio di 47mila miliardi di dollari e si fa sempre più spazio l’interesse del mercato luxury per la wellness industry. Anche il medical tourism segna un andamento a doppia cifra nel mondo e non solo dai Paesi Apac con un trend di 200mila dollari a viaggio così come il female travel con un +200 per cento negli ultimi 10 anni grazie a shopping, sightseeing e spa.

ENIT A LONDRA PER IL WTM 2019

ENIT ha preso parte al Wtm 2019 (World Travel Market London) il principale evento mondiale per l'industria dei viaggi che mette in comunicazione i professionisti del settore attraverso una rete globale di opportunità personali e commerciali a Londra. Proprio il Bel Paese si è distinto come meta più venduta soprattutto per i turisti inglesi, attratti dalla cultura delle principali città d’arte. Per celebrare l'Italia Enit ha previsto anche una serata a tema con guest star internazionali: la Black Box Band di Daniele Davoli e dj Albertino sul rooftop dello Sky Garden di Londra

GLI INGLESI SFIDANO LA BREXIT SPENDENDO IN ITALIA + 15,6 PER CENTO

Nel primo semestre 2019, la spesa dei viaggiatori dal Regno Unito in Italia è di 1,7 miliardi di euro, in crescita del 15,6% sul medesimo periodo del 2018. La spesa pro-capite a notte è di 106 euro. Si sceglie di restare in Italia almeno 5 giorni, in particolare al Sud per visitare Matera, la Sicilia e gustare le eccellenze enogastronomiche laziali, toscane, piemontesi e pugliesi. 

Acri, scoperti tunnel usati dai Templari



La città israeliana fu a lungo considerata la "Chiave della Palestina" per la sua posizione dominante sul litorale: la sua parte antica è Patrimonio dell’Umanità
PERCHE' SE NE PARLA
Scoperta sotto la città portuale di Acri, in Israele, una fitta rete di tunnel segreti utilizzata dai cavalieri templari al tempo della Terza Crociata o Crociata dei re (1189 – 1192). La spedizione di archeologi, guidata dall'esploratore Albert Lin della National Geographic, ha sottolineato che alcuni di questi tunnel sono già noti da molto tempo, ma quelli appena individuati sono sepolti e sono rimasti inesplorati. Rilevate anche una casa di guardia e i resti di una torre ad essa associata. Potreebbe essere la famosa torre del tesoro, dove i membri dell'ordine religioso cavalleresco trasferivano oro dal porto, proprio passando attraverso i cuniculi segreti.

PERCHÉ ANDARCI
Acri fu a lungo considerata la "Chiave della Palestina" per la sua posizione dominante sul litorale: la sua parte antica è Patrimonio dell’Umanità. Si possono ammirare le mura camminando sul marciapiede che ne segue quasi tutto il perimetro, sino a giungere al piccolo porto. Da visitare anche i Giardini Bahai, la sinagoga tunisina Or Torà, la moschea Al Jazàr, il Museo d’arte Okshi e il Museo dei Prigionieri della Resistenza. Notevoli anche l'Hammam Turco della fine del XVIII secolo e Hahn Humdan, ex deposito merci dei mercanti che giungevano ad Acri da tutto il mondo.

DA NON PERDERE
La parte imperdibile di Acri, però, si trova nel suo sottosuolo. E conserva ciò che rimane delle grandiose costruzioni degli ordini monastico-militari dei Templari e degli Ospitalieri. Questi tunnel venivano utilizzati per la sicurezza dei pellegrini che arrivavano in Terra Santa da ogni paese d’Europa. Circa gli Ospitalieri, che accudivano i malati in Terra Santa, è possibile visitare alcune delle imponenti sale del loro quartiere generale, note come Sale dei Cavalieri. 

PERCHE’ NON ANDARCI 
Acri si trova, in auto, a circa un'ora e mezzo da Tel Aviv e a due da Gerusalemme: una città che merita di essere scoperta, per quanto non sia particolarmente gettonata. Dalle due città citate partono anche treni e bus, ma i tempi di percorrenza sono almeno doppi. No, arrivarvi non è propriamente semplice. Ma merita.

COSA NON COMPRARE 
Fatevi ispirare da una passeggiata nel mercato della città antica, tra spezie e prodotti tipici. In vendita anche tante magliette "brandizzate" con tanto di cuore affiancato alla scritta Israel. Davvero banali.
turismo.it

Dolomythos, la storia delle montagne più belle. Il Museo delle Dolomiti permette di conoscere la loro storia sin dagli albori

San Candido<br>

Sono annoverate tra le montagne più belle del mondo, e non si può certo dar torto a chi le considera tali: leDolomiti sono uno spettacolo della natura. Tra le più amate e rinomate nella catena alpina, sia a livello naturalistico (non a caso Patrimonio UNESCO) che di ricettività turistica, sono un vero paradiso terrestre per gli amanti della montagna, sia d’inverno che d’estate. Ma oltre a tanta bellezza fisica i ‘Monti Pallidi’ custodiscono anche una lunga storia, che un museo racconta in modo interattivo: si chiama Dolomythos, e si trova a San Candido.

Un luogo davvero particolare, perché permette di compiere un viaggio a ritroso nel tempo più remoto, a cominciare da quando le Dolomiti non esistevano, e al loro posto c’era niente di meno che il mare. I fossili marini portano testimonianza di ere geologiche lontanissime, e il museo ne espone moltissimi. Man mano che si prosegue nel percorso si incontrano rocce e cristalli che raccontano l’evoluzione di un'area che in migliaia di anni si è trasformata fino a dar vita allo splendido paesaggio composto di cime verticali che rende le Dolomiti uniche al mondo. Il percorso prosegue poi con la narrazione della storia dei primi rettili che hanno abitato queste montagne, addirittura precursori dei dinosauri.

Si passa di era in era scoprendo la flora e la fauna preistorica, fino ad arrivare a oggi. Inoltre, si possono scoprire curiosità sulle rocce e i cristalli delle montagne, contemplando interessanti aneddoti come quello del più grande filone d’oro mai trovato sull’arco alpino. O i ritrovamenti degli amuleti appartenuti ai primi abitanti umani delle Dolomiti. Le erbe e le piante officinali. Le storie e le leggende locali. Tutto questo viene presentato attraverso un percorso interattivo e divertente, con ricostruzioni, diorami, rappresentazioni grafiche che permettono a grandi e piccini di comprendere l’affascinante storia delle Dolomiti.

Dolomythos è stato fondato nel 1995 da Michael Wachtler, studioso tra i più esperti conoscitori di queste montagne. La sede del museo è Villa Wachtler, nel centro pedonale di San Candido, località rinomata che si trova in Val Pusteria. Se questo inverno puntate alla settimana bianca tra queste montagne, una visita al museo che ne racconta la storia è una tappa irrinunciabile.

turismo.it

A Reggio Emilia Collezione Maramotti le tendenze artistiche del XX secolo in 200 opere




Progettato dagli architetti Antonio Pastorini ed Eugenio Salvarani l'ex stabilimento della casa di moda Max Mara a Reggio Emilia, ospita attualmante La Collezione Maramotti. Si tratta della Collezione privata d’arte contemporanea del fondatore di Max Mara, Achille Maramotti che comprende diverse centinaia di opere d'arte realizzate dal 1945 a oggi. A partire dal 2003 l'edificio è stato convertito in spazio espositivo,dall’architetto inglese Andrew Hapgood con un approccio trasparente e rispettoso che ha conservato l'essenzialità della costruzione. Dal 2007, anno della sua riapertura l' edificio accoglie molteplici spazi funzionali. La collezione permanente è ospitata al primo e secondo piano mentre il piano terra è adibito ad esposizioni temporanee.

PERCHE' ANDARE

Il percorso espositivo mette in scena 200 opere che rappresentano alcune delle principali tendenze artistiche italiane e internazionali della seconda metà del XX secolo. In mostra dipinti, sculture e installazioni. La visita prende avvio con alcune importanti opere indicative delle tendenze espressioniste e astratte degli anni Cinquanta. Presenti in mostra opere dell'arte così detta informale e opere protoconcettuali italiane. Si prosegue con una derie di pitture della Pop art romana, per poi arrivare all'Arte Povera. Presenti alcune opere fondamentali della Transavanguardia e significativi esempi di neo-espressionismo tedesco e americano. Non mancano opere della New Geometry americana degli anni Ottanta-Novanta.

DA NON PERDERE

Fra le opere del percorso segnaliamo Caspar David Friedrich di Claudio Parmiggiani, Cimento
di Mimmo Paladino e Ferro di Alberto Burri. Nella collezione permanente trovano spazio anche Pino Pascali, Michelangelo Pistoletto, Osvaldo Licini, Lucio Fontana, Luigi Ontani, Gerhard Richter, Piero Manzoni, Jannis Kounellis, Francis Bacon, Enzo Cucchi e Alighiero Boetti.

Collezione Maramotti 
Reggio Emilia, via fratelli cervi 66

fonte: turismo.it

“Concerti d’autunno 2019” Domenica 17 novembre 2019 ore 18.00 Oratorio dell’Addolorata al Sacro Monte Calvario di Domodossola

La Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario e l’Istituto della Carità, nell’ambito della stagione artistica 2019 e della rassegna “Concerti d’autunno 2019”, propongono il concerto che si terrà domenica 17 novembre, alle ore 18.00, nell’Oratorio domestico dell’Addolorata (ingresso dal Santuario del SS. Crocifisso) al Sacro Monte Calvario di Domodossola e che vedrà impegnati i

Solisti della Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario

Silvia Arfacchia e Davide Besana: violini, Arianna Cartini: viola
Andrea Pecelli: violoncello, Roberto Mattei: contrabbasso
Marco Rainelli: flauto, Federica Zoppis: cembalo

Giacomo Mutigli: direttore

nell’esecuzione del Concerto per violino, archi e basso continuo in Sol maggiore RV 310 e del  Concerto per flauto, violino, archi e basso continuo in Do maggiore RV 533 di A. Vivaldi (1678-1741), del Concerto in Si bemolle maggiore per organo e archi Op 4 Nr. 6 di G. F. Haendel (1685-1759), del Concerto per violoncello e archi in Re minore nr. 3 di L. Leo (1694 - 1744) e del Concerto per flauto in Sol maggiore op. 29 di C.P. Stamitz (1745-1801).

All’interno della Cappella musicale del Sacro Monte Calvario, che riunisce da molti anni al Sacro Monte l’attività d’insieme, sia liturgica sia concertistica, con la Corale di Calice, la Camerata strumentale di S. Quirico, l’Orchestra da Camera, la Schola Gregoriana del S. Monte Calvario ed il Convivio Rinascimentale, nasce nel 2016 la formazione cameristica dei “Solisti della Cappella Musicale del Sacro Monte Calvario”. Lo scopo è quello di dar spazio alla musica barocca, unendo la professionalità, la passione e l’amicizia di strumentisti che da anni dedicano il loro impegno musicale su tutto il territorio del V.C.O. Il repertorio proposto intende evocare il carattere stilistico che appartiene alla musica strumentale del XVII e XVIII secolo, in cui gli strumenti, precedentemente sostituiti dalle voci, diventano parte fondamentale della musica.
Il concerto è reso possibile grazie alla sensibilità dell’Istituto della Carità – PP. Rosminiani, della Riserva Naturale Speciale del Sacro Monte Calvario, con il sostegno prezioso della Fondazione CRT e il patrocinio e il contributo della Città di Domodossola.

A Barbara Jatta il premio “La Roma Russa 2019”

Il riconoscimento al direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, per il grande successo della mostra “Roma Aeterna” organizzata dalla Pinacoteca vaticana presso la Galleria Tret’jakov di Mosca
barbara jatta.jpg
Ieri sera, nel settecentesco Palazzo Poli-Fontana di Trevi, il direttore dei Musei Vaticani, Barbara Jatta, ha ricevuto il premio “La Roma Russa 2019” per la categoria delle Arti figurative, nell’ambito del festival internazionale culturale La Roma Russa, dedicandolo alla nonna russa e ricordandone “la sua profondissima anima russa”. Il riconoscimento, assegnato ogni anno dal 2017, alle personalità che si sono contraddistinte in campo artistico e professionale per la promozione all’estero della cultura russa, va a premiare il grande successo della mostra “Roma Aeterna” organizzata dalla Pinacoteca vaticana presso la Galleria Tret’jakov a Mosca tra il 2016 e il 2017, che ha portato, per la prima volta in Russia 42 capolavori della collezione permanente della Pinacoteca; e la mostra nel Braccio di Carlo Magno, in Piazza San Pietro, “Pilgrimage of Russian Art. From Dionysius to Malevich”, allestita tra il 2018 e il 2019 con 54 capolavori provenienti dalla Galleria Tret’jakov ed altri musei russi.
Vatican News

Architettura e sacro. Se l'aereoporto e la cattedrale si confondono tra loro

Nei commenti sui social il nuovo aeroporto di Pechino di Zaha Hadid è paragonato a una nuova cattedrale: che cosa rivela sul rapporto tra architettura contemporanea e sacro?

L'aeroporto di Daxing, progettato da Zaha Hadid Architects (WikiCommons)



Ho trattato più volte questioni inerenti la mia personale idea di chiesa, di luogo del sacro in generale. Le tematiche sono molteplici e una graduatoria è molto difficile da stabilire. Eppure vi sono alcuni aspetti essenziali che dividono i modi di pensare l’edificio sacro, e riguardano una coscienza estetica complessiva. Mi sono sempre appassionato all’altro. Inteso, oltre che come persona, come alternativa, percorso differente che porta in luoghi differenti dalle strade di una percezione consolidata, comune a se stessa, di maniera, accademica o semplicemente abitudinaria. La fotografia quando è nata ha detto che la pittura era altro, il design dice che l’indagine poetica è altro, la didascalia dice che il significato è altro.

Recentemente è stato inaugurato il sorprendente aeroporto di Pechino Daxing dello studio Zaha Hadid Architects, il secondo della Cina ma sicuramente il primo in termini di innovazione e visionarietà. Molte sono le realizzazioni dell’architettura contemporanea che generano stupore e che spingono costantemente avanti i paletti di una innovazione senza fine. Quella che nasce spesso da modellazioni parametriche divenute un po’ il marchio di fabbrica del pensiero di Zaha Hadid ne rappresenta un intero filone ancora lungi dall’esaurimento, anche se denota una stanchezza dovuta a una certa ripetitività dei moduli.

Sulla pagina Facebook del sito web specializzato Architizer.com viene riportata una immagine di grande effetto di un angolo dell’aeroporto. Una ascensione organica verticale i cui materiali, la cui stessa composizione riporta a una idea forte, anche se consueta, di assoluto, di spirituale, di rarefatto e imponente. Alla base una seduta curvilinea con luci che nella collocazione può ricordare un presbiterio laico o qualcosa di simile. Tutto molto d’impatto. Nella massa di commenti, più o meno irrilevanti secondo gli standard da social network, uno non poteva non riscuotere la mia attenzione. Recita più o meno: “It's the new cathedral!” (è la nuova cattedrale).

Associazione assolutamente comprensibile e condivisibile: ma non per una proficua riflessione, ad esempio, sulla sacralità nella quotidianità, quanto per una presa di coscienza della complessa banalità con cui le nostre associazioni percettive lavorano. Associazioni nutrite da un fine perseguito con ostinazione, ovvero quello di scimmiottare l’architettura civile per il contesto del sacro.

Il luogo sacro è altro per definizione, altro in continuità se si vuole, ma indiscutibilmente e definitivamente altro. Tutta la ricerca, che non vedo attuata quasi mai, che riguarda la funzione della bussola d’ingresso come passaggio da una realtà a un’altra è basata su un paradigma senza cui perde di senso. Entrando in un luogo sacro si dovrebbe essere in un luogo altro, inserito nel tessuto urbano e quotidiano ma differente. Si attraversa un diaframma, si vive una trasfigurazione della realtà che non è rivolgimento, ma – con licenza teologica e poetica – “transustanziazione”.Invece succede che per avere la percezione di una cattedrale la gente deve andare in aeroporto. E in questo aeroporto cinese ancora di più.

Evidentemente qualcosa non torna. Fra i tanti, il problema fondamentale della sacralità contemporanea è che a forza di andare alla rincorsa di una legittimazione da parte della società del convenuto accettabile, le realizzazioni del sacro sono diventate la serie B degli aeroporti, degli auditorium, delle stazioni di metropolitana.

Si spacca in quattro il capello per far sì che una chiesa di nuova costruzione sia riconoscibile dall’esterno, ma i parametri che sono accolti spesso sono proprio quelli che la rendono indistinguibile, una storia senza una sua storia, senza una sua estetica raffinata e autonoma, senza una sua identità. Intendo certamente una identità contemporanea ma anche una identità che permetta di non confondere la torre di un hangar per un campanile o una splendida hall di una aeroporto per una cattedrale.

Il percorso è sicuramente tutto da rifare, anche se credo ci siano dei semi qua e là. Certo è che il contenuto comunicativo non verbale di ciò che si realizza rischia di essere il segno di una assenza di coraggio e ispirazione nel profumare di un profumo diverso, nuovo, magari pungente, certamente vivo, realtà che invece si omologano sempre più ai deodoranti sintetici di cui i costruttori impregnano le auto che escono di fabbrica per dare il senso di “nuovo”. Nuovo e finto.

Avvenire

La mostra. L'arte di William Blake: visionaria, profetica e libera

La Tate Britain dedica all’artista e poeta una grande retrospettiva. La sua visionarietà è stata spesso letta come anticipazione del ’900 ma è soprattutto la complessità a renderlo davvero “moderno”

William Blake "Pity" (1795 ca), particolare


In un suo autoritratto a grafite del 1802 William Blake pianta gli occhi dritti dentro quelli dello spettatore. È uno sguardo sfrontato, che come uno specchio interroga più di quanto riveli. Sincerità e mistero sono cifre che si rincorrono in tutta l’opera del grande artista inglese (17571827), poeta e pittore insieme, autore di incisioni, libri illustrati e di poche tele, per quanto abbia sempre aspirato al grande formato («acquerelli ovvero affreschi» diceva).

A lui Londra la Tate Britain dedica una grande retrospettiva che ne consente una visione completa. Il talento visionario di un outsider nel proprio tempo e poi divenuto figura centrale della cultura inglese, è testimoniato in oltre duecento tra stampe, acquerelli, disegni: opere in cui Blake raggiunge il grandioso nella pressione del piccolo formato. E i libri illustrati (su testi propri o altrui): un’opera d’arte complessa, totale, in cui la parola è visione e l’immagine, nel suo essere simbolo, parola; e in cui i disegni non illustrano i poemi ma si stratificano in livelli paralleli. Anche visivamente figura e parola non si compenetrano ma entrano in frizione producendo energia.

Blake fu artista antiaccademico per eccellenza, eppure ciò non significa che non abbia fatto tesoro degli anni di scuola. Come da prassi alla Royal Academy di Londra copia l’antico e i maestri del Rinascimento. In mostra è esposto uno studio che elabora la lunetta di Matthan, dalla Sistina. La serie degli antenati di Cristo è la meno celebre degli affreschi di Michelangelo, ma è anche la più densa, misteriosa e compositivamente complessa. È uno spunto che si riflette su tutta l’opera di Blake: le figure della Sistina (il Giudizio anche per la spazialità) sono un repertorio fondamentale e ricorsivo fino all’ossessione. Blake sceglie Michelangelo come modello per la forza visionaria ma anche perché è il genio fuori dagli schemi, l’artista titano che lotta contro la materia e contro il suo tempo. Ed è artista poeta.

Presto si aggiungono i suoi contemporanei: l’espressionismo di Füssli e il linearismo di Flaxman, artisti escono dai canoni estetici dell’accademia per esplorano un’arte dal forte impatto emotivo e bisognosa di una libertà e di strutture nuove. Gli acquerelli di Blake da una parte mantengono saldi alcuni degli elementi classici (la costruzione a fregio che comporta assenza di sfondo e prevalenza di profili, il sistema retorico dei gesti) dall’altra si fanno non solo più liberi ma anche più difficili da interpretare, l’iconografia esce dagli schemi tradizionali fino a diventare inedita.

L’impronta resta salda fino alla fine: Blake dimostra l’inconsistenza della scolastica separazione tra mondo neoclassico e romanticismo, che sono due registri, due chiavi interpretative e infine elementi di un dualismo sincrono, moderno prima di tutto per una complessità che non teme la contraddizione. Razionale e irrazionale si fondono: il contemporaneo Frankestein non è uno spettro ma il frutto della scienza.

Complessità è dunque la cifra di Blake, il cui mondo visivo di archetipi, di iperboli e di forze cosmiche in contrasto, non teme la compresenza di Bibbia, mitologia nazionale (Albion) e soprattutto auto-mitologia (il demiurgo Urizen, il ribelle Orc), scienza (Newton, deificato). Ci sono Shakespeare, Dante, Milton. C’è anche il clima dei Canti di Ossian,pubblicati nel 1760 da James MacPherson come un ritrovamento ma in gran parte frutto della sua penna: il mito autoctono è in realtà opera della contemporaneità.

Questo forse è lo sforzo più grande per il visitatore: capire Blake dentro la sua epoca. Perché Blake è spesso letto come il visionario anticipatore, il progenitore di espressionismo e surrealismo. Ma la sua libertà di creativa fu tale, e i confini concettuali e simbolici così incerti, che il rischio di manipolare Blake a partire dal Novecento è alto.

La mostra colloca Blake e la sua opera nei tempi e nei luoghi: dove e quando le opere sono state create, chi le ha viste e con quali reazioni, chi le ha sostenute e collezionate. Capire Blake nella sua epoca: e dentro la sua epoca Blake si colloca come un profeta biblico che usa il linguaggio di Genesi e Apocalisse per sferzare il presente. Una scelta che consente di spiegare la sua parziale marginalità e il fallimento su larga scala. Fino a che punto siamo allora autorizzati a leggervi i semi della modernità? Nella misura in cui siamo coscienti che il nostro è un riconoscimento retrospettivo. Blake non anticipa: sono i posteri che individuano in lui un modello da raccogliere e sviluppare.

Blake è innanzitutto moderno in quanto uomo di un tempo di transizione, nel quale nuove realtà e dimensioni devono essere espresse con mezzi storici oppure da forgiare in autonomia. Blake sceglie entrambe le vie. È moderno nel suo opporsi ad alcuni versanti della modernità, come il materialismo tecnologico. Il suo libro illustrato è anti-industriale: ogni pagina è un pezzo unico perché può essere stampata e colorata in modo differente, e i libri stessi esistono in multiple versioni. Allo stesso tempo però le sue immagini sono percorse da brividi elettrici.

La modernità di Blake, prima che nelle sue forme, è nell’indipendenza dalle regole definite dagli standard sociali e dell’arte, mercato compreso. È sintomatico della modernità anche nella costruzione di un personale religiosità, vincolata ma non sovrapponibile all’anglicanesimo. L’arte come critica, come profezia, come utopia: Blake è il prototipo dell’artista radicale.

Ed è moderno, in ultima istanza, in quanto la sua potenza fantastica è prima di tutto costruzione e affermazione della libertà dell’uomo nel regno dello spirito e della conoscenza. Lo chiariscono le immagini che aprono e chiudono la mostra. La prima è Albion Rose, un raggiante nudo maschile del 1793 che si erge danzando sopra la materia informe, alba di un uomo nuovo. L’ultima è The ancient of Days, il frontespizio di Europe, in cui Urizen sembra il dio creatore ma in verità è la scienza stessa che misura il cosmo con il suo compasso elettrico.

Londra, Tate Britain
WILLIAM BLAKE
Fino al 2 febbraio 

da Avvenire