Belzec, Sobibor e Treblinka, ovvero i tre campi in cui tra il 1942 e il 1943 si è consumata un'operazione omicida senza precedenti, la cosiddetta Aktion Reinhardt, l'uccisione rapidissima e implacabile della popolazione ebraica concentrata nei ghetti del Governatorato Generale, il cuore dell'ex territorio della Polonia: racconta una storia poco nota al pubblico italiano la mostra "L'inferno nazista.
I campi della morte di Belzec, Sobibor e Treblinka", allestita alla Casina dei Vallati, sede espositiva della Fondazione Museo della Shoah a Roma, a partire dal 27 gennaio, Giorno della Memoria.
Giorno Memoria, a Roma inaugurata la mostra 'L'inferno nazista'
Un progetto di alto valore scientifico, a cura di Marcello Pezzetti, ma anche molto duro ed emozionante, che attraverso documenti, foto, filmati (anche materiale realizzato dai nazisti), interviste e ricostruzioni racconta per la prima volta in modo completo lo sterminio avvenuto, mediante gas di scarico, in questi campi. All'inaugurazione oggi, presenti le istituzioni, dal Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, al sindaco di Roma Roberto Gualtieri, da Mario Venezia, presidente Fondazione Museo della Shoah, a Sami Modiano, testimone sopravvissuto al lager, e poi l'ambasciatore di Israele in Italia Alon Bar, Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma.
Se per Sangiuliano, che ha ammesso di essere stato provato emotivamente dal percorso, serve "ribadire l'unicità della Shoah, che è stata il male assoluto", per Gualtieri "Lo sterminio del popolo ebraico è stato un esercizio burocratico e inumano, lo condanniamo per rendere omaggio alle vittime e ai sopravvissuti ma anche per tenere tutta l'umanità in guardia".
Toccanti le parole di Sami Modiano, 92 anni, sopravvissuto e ancora desideroso di testimoniare: "Fino a quando avrò forza e vita trasmetterò ai ragazzi quello che è stato", ha detto con emozione, "Ho fiducia e speranza in chi verrà dopo di noi".
La mostra comprende inoltre una sezione multimediale e immersiva che documenta, anche presentando la ricostruzione di un plastico del campo di Treblinka, gli atroci procedimenti di messa a morte con il gas perpetrati nei tre lager. L'approccio scelto è quello della 'verità', senza nascondere nulla agli occhi del pubblico, neppure i materiali più drammatici: per questo, ha assicurato Mario Venezia, "Staremo attenti a non far entrare i bambini alla mostra. Io stesso, pur avendo visitato Treblinka, vedendo rappresentato il campo nella mostra sono stato colpito emotivamente".
Nel percorso i materiali restituiscono una tragedia che fa ancora rabbrividire: bambini denutriti e quasi nudi dei ghetti, una vita logorata da una quotidianità priva di dignità tra violenza e fame, la feroce e sistematica deportazione e infine le tante, troppe masse di uomini, donne e bambini mandate a morire nelle camere a gas, in luoghi senza più speranza né umanità: perché andare nei campi dell'Aktion Reinhardt (in onore del capo della polizia di sicurezza, Reinhardt Heydrich, giustiziato dai resistenti cechi) significava, come spiega all'ANSA il curatore Pezzetti, "essere ammazzati. Vi si entrava solo per quello. In soli 100 giorni nei tre campi sono state uccise più di un milione e mezzo di persone. L'attenzione in Italia è tutta concentrata su Auschwitz, perché lì ci sono stati deportati del nostro Paese, ma si dimentica che questa è stata la più grande operazione omicida compiuta dai nazisti, il cuore della Shoah".
(segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone - turismoculturale@yahoo.it)