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A Roma giornata su Associazioni e Borghi. La settimana si chiude con chi promuove i territori da scoprire

ROMA - La mostra "Ai confini della Meraviglia" chiude una settimana entusiasmante, con moltissimi accessi alle Terme di Diocleziano.
    Sabato è alta l'attesa per l'evento dedicato ai Borghi Storici Marinari mentre domenica, 14 maggio, sarà una giornata speciale, dedicata alle Associazioni e i Borghi, ovvero quelle realtà impegnate quotidianamente nella valorizzazione di territori non ancora conosciuti quanto il loro patrimonio artistico, storico e ambientale meriterebbe.
    E' prevista la partecipazione dell'Associazione Borghi più Belli d'Italia, del Fondo Ambiente Italiano e di Fondazione Ferrovie dello Stato, che illustrerà le proprie ferrovie storiche. Inoltre sarà presente la Unpli, l'Unione nazionale Pro Loco d'Italia, che riunisce oltre 6200 associazioni che contano circa 600 mila soci.
    La mostra è visitabile con ingresso gratuito da viale Luigi Einaudi, da martedì a domenica (lunedì chiuso), dalle ore 10.30 alle 18.30 (con uscita alle 19.30).
    (ANSA).

Francia torna meta preferita italiani

"Sugli Champs Elysées - dice una famosa canzone di Joe Dassin - al sole, sotto la pioggia, a mezzogiorno o a mezzanotte, c'è tutto quello che volete...".
    Sembra in gran parte smaltito il grande choc dei mostruosi attentati terroristici del 2015 che hanno provocato un innegabile calo di turisti e la Francia, anche grazie alla complicità della primavera, torna a essere una meta turistica molto desiderata dagli italiani. A rilevarlo è l'indagine mensile di Confturismo-Confcommercio in collaborazione con l'Istituto Piepoli secondo cui l'indice di fiducia dei viaggiatori rimane stabile nel mese di aprile con un valore pari a 63 punti.
ansa

Focus sui Borghi Marinari il 13 maggio

ROMA - Il 13 maggio, alla mostra "Ai confini della Meraviglia" in corso alle Terme di Diocleziano sarà una giornata dedicata a un nuovo focus trasversale: una giornata con i Borghi Storici Marinari delle Regioni italiane. Nella straordinaria sede del percorso espositivo arriveranno rappresentanti di borghi marinari da diverse parti d'Italia.
    Ci sarà una corposa presenza ligure, da Vernazza, Sestri Levante, Camogli, Laigueglia, con la partecipazione anche di un "Maestro d'ascia", un professionista dei cantieri navali che lavora ancora con i metodi tradizionali. Dalla costa adriatica sarà presente Cesenatico con il suo Museo della Marineria, ma anche Duino dal Friuli, San Benedetto del Tronto, e Termoli con un nutrito gruppo folkloristico che proporrà musiche tradizionali in costumi tipici.
    La mostra è visitabile con ingresso da viale Luigi Einaudi, da martedì a domenica (lunedì chiuso), dalle ore 10.30 alle 18.30 (con uscita alle 19.30).
ansa

Palermo capitale musica contemporanea

PALERMO - Dal 16 al 19 maggio il Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo diventa il cuore pulsante della nuova musica con la realizzazione del progetto Rostrum+, ultima 'creatura' dell'International Rostrum of Composers (IRC), una delle attività più regolari e consolidate dell'International Music Council (organo consuntivo dell'Unesco in materia di musica, creato nel 1949). La manifestazione approda in Italia per la prima volta. Nell'arco di quattro giorni, 30 radio internazionali tra le più importanti nel mondo, presenteranno nel capoluogo siciliano circa 60 opere, scritte da altrettanti compositori negli ultimi cinque anni. Una panoramica a larghissimo raggio dello "stato di salute" della musica contemporanea.
    Rostrum+ è un progetto, co-finanziato dall'Unione Europea nell'ambito del Programma Creative Europe, che mira a promuovere la musica contemporanea e a sostanziarla in Europa e oltreoceano attraverso strategie di diffusione innovative e un circolo virtuoso tra musicisti, emittenti radiofoniche, istituti di istruzione superiore, società di broadcast e produttori musicali di tutto il mondo. Ospite d'onore (il 19 maggio) di questa edizione dell'IRC sarà Salvatore Sciarrino, uno tra i massimi compositori italiani viventi, i cui lavori sono tra i più eseguiti in tutto il mondo, che sarà intervistato da Stephen Adams della radio australiana ABC. La conferenza conclusiva del 19 vedrà la partecipazione di Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo, Daniele Ficola, Direttore del Conservatorio Vincenzo Bellini, Francescantonio Pollice, Vice-Presidente CIDIM, Pascale Labrie, Presidente dell'European Broadcasting Union Le attività della competizione internazionale saranno arricchite da un nutrito programma di concerti prodotti dal Conservatorio Vincenzo Bellini, che spaziano da Alessandro Scarlatti alle nuove sperimentazioni interattive musicali della robotica, alla passeggiata musicale degli Oratori del Quartiere della Loggia. Protagonisti gli Ensemble del Conservatorio formati da docenti e giovani interpreti in collaborazione con l'Università e l'Accademia di Belle Arti di Palermo.(ANSA).

Idee. Lo scopo del dialogo? Avanzare insieme

«Amerei scrivere una storia della nostalgia dell’altro lungo tutta la storia umana». È da queste parole di padre Ernesto Balducci che prendo le mosse per riflettere su "L’altro come dono". Nel nostro modo abituale di pensare e di parlare questa nostalgia è assente e ricorriamo troppo sbrigativamente a due categorie contrapposte «noi» e «gli altri». Ma è arduo definire i confini tra queste due entità e, ancor di più, stabilire con certezza chi appartiene all’una o all’altra, in che misura e per quanto tempo. Quando giustapponiamo i due termini, in realtà intraprendiamo un percorso suscettibile di infinite varianti: ci possiamo infatti inoltrare su un ponte gettato tra due mondi, oppure andare a sbattere contro un muro che li separa o ancora ritrovarci su una strada che li mette in comunicazione. Possiamo anche scoprire l’opportunità di un intreccio fecondo dell’insopprimibile connessione che abita noi e loro. Appare evidente allora come per l’essere umano la relazione con gli altri sia una delle modalità di relazione che – assieme a quella con se stesso, con il cosmo e, per chi crede, quella con Dio – gli permettono di costruire la propria identità e di vivere.
Chi di noi non si è mai chiesto come percorrere i cammini dell’incontro, della relazione con l’altro, con ogni altro, con ogni volto umano? In primo luogo occorre riconoscere l’altro nella sua singolarità specifica, riconoscere la sua dignità di essere umano, il valore unico e irripetibile della sua vita, la sua libertà, la sua differenza: è uomo, donna, bambino, vecchio, credente, non credente, eccetera. È un essere umano come me, eppure diverso da me, nella sua irriducibile alterità: io per lui (o lei) e lui (o lei) per me! Teoricamente questo riconosci-mento è facile, ma in realtà proprio perché la differenza desta paura, si deve mettere in conto l’esistenza di sentimenti ostili da vincere: in particolare, c’è in noi un’attitudine che ripudia tutto ciò che è lontano da noi per cultura, morale, religione, estetica o costumi. Quando si guarda l’altro solo attraverso il prisma della propria cultura, allora si è facilmente soggetti all’incomprensione e all’intolleranza. Non spetta a me ricordare quanto sia stato decisivo il contributo di padre Balducci a tale proposito, soprattutto nelle opere dell’ultima fase della sua vita: L’uomo planetario e La terra del tramonto. Bisogna dunque esercitarsi a desiderare di ricevere dall’altro, considerando che i propri modi di essere e di pensare non sono i soli esistenti ma si può accettare di imparare, relativizzando i propri comportamenti. C’è un sano relativismo culturale che significa imparare la cultura degli altri senza misurarla sulla propria: questo atteggiamento è necessario in una relazione di alterità in cui si deve prendere il rischio di esporre la propria identità a ciò che non si è ancora… Se ci sono questi atteggiamenti preliminari, allora diventa possibile mettersi in ascolto: ascolto arduo ma essenziale di una presenza, di una chiamata che esige da ciascuno di noi una risposta, dunque sollecita la nostra responsabilità. Non mi stancherò mai di ripeterlo: l’ascolto non è un momento passivo della comunicazione, ma è un atto creativo che instaura una confidenza quale con-fiducia tra i due ospiti, chi ospita e chi è ospitato.
L’ascolto è un sì radicale all’esistenza dell’altro come tale; nell’ascolto le rispettive differenze si contaminano, perdono la loro assolutezza, e quelli che sono limiti all’incontro possono diventare risorse per l’incontro stesso. Nell’ascolto si arriva progressivamente a porsi un semplice domanda: in verità, chi ospita e chi è ospitato? Ascoltare l’altro non equivale dunque a informarsi su di lui, ma significa aprirsi al racconto che egli fa di sé per giungere a comprendere nuovamente se stessi. E nell’ascolto – lo sappiamo bene per esperienza – occorre rinunciare ai pregiudizi che ci abitano, occorre lottare per farli tacere dentro di noi e a volte addirittura nelle posture fisiche con cui stiamo di fronte all’altro. Siamo inoltre chiamati a nominare e ad affrontare le paure che ci abitano quando entriamo in relazione con l’altro, senza pensare stoltamente di poterle rimuovere o sopprimere, perché altrimenti torneranno in seguito con maggior forza. Quando ci si immette in questo percorso di sospensione del giudizio, ecco che si appresta l’essenziale per guardare all’altro con sym-pátheia: quest’ultima è un atteggiamento che si nutre di un’osservazione partecipe, la quale accetta anche di non capire l’altro e tuttavia tenta di esercitarsi a “sentire-con lui”. In tal modo si comprende che la verità dell’altro ha la stessa legittimità della mia verità. E si faccia attenzione: ciò non equivale a dire che non c’è verità o che tutte le verità si equivalgono. No, ciascuno è legittimato a manifestare la propria verità, ognuno deve impegnarsi con umiltà a confrontarsi e a ricevere la verità che sempre precede ed eccede tutti, pur nella convinzione che la propria verità è quella su cui può essere fondata e trovare senso una vita.
Questa “simpatia” decide anche dell’empatia, che non è lo slancio del cuore che ci spinge verso l’altro, bensì la capacità di metterci al posto dell’altro, di comprenderlo dal suo interno: è la manifestazione dell’humanitasdell’ospite e dell’ospitante, è umanità condivisa. Attraverso queste tappe – mai schematiche, ma sempre da rinnovarsi nel faccia a faccia, mediante un’intelligenza creativa e un amore intelligente – si può giungere al dialogo, autentica esperienza di intercomprensione. Dia-lógos: parola che si lascia attraversare da una parola altra; intrecciarsi di linguaggi, di sensi, di culture, di etiche; cammino di conversione e di comunione; via efficace contro il pregiudizio e, di conseguenza, contro la violenza che nasce da un’aggressività non parlata… È il dialogo che consente di passare non solo attraverso l’espressione di identità e differenze, ma anche attraverso una condivisione dei valori dell’altro, non per farli propri bensì per comprenderli. Dialogare non è annullare le differenze e accettare le convergenze, ma è far vivere le differenze allo stesso titolo delle convergenze: il dialogo non ha come fine il consenso ma un reciproco progresso, un avanzare insieme. Così nel dialogo avviene la contaminazione dei confini, avvengono le traversate nei territori sconosciuti, si aprono strade inesplorate.
Sono le strade che ha percorso Gesù di Nazareth e che ha lasciato ai suoi discepoli come tracce da seguire, facendosi maestro con la sua arte della relazione, la sua volontà di ascoltare e accogliere quanti incontrava sul suo cammino, fino a lasciarsi costruire, edificare da questi rapporti. Possiamo intendere anche in questo senso alcune parole di padre Balducci in una delle sue ultime omelie: «La riconciliazione consiste in uno scambio tale per cui uno non è se stesso se non in quanto si riferisce all’altro. Questa condizione antropologica piena è il luogo in cui si ritagliano le positive avventure della nostra vita, certamente parziali ma che ci fanno sognare un mondo diverso da questo». Un mondo in cui possa finalmente trovare compimento il desiderio di Gesù, che è la fonte e il culmine di ogni discorso sull’altro come dono: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8).
di Enzo Bianchi - avvenire

Viaggi, turismo e spiritualità. I luoghi dell'anima per la famiglia


La vita ordinaria di una coppia con figli in contesti urbani è oggi quanto di più lontano si possa immaginare da un clima favorevole alla riflessione spirituale. Cosa intendiamo quando parliamo di spiritualità coniugale e familiare? La maggior parte dei tentativi di mettere a fuoco queste dimensioni e di divulgarne la pratica hanno mostrato limiti e inadeguatezze. Per eccesso o per difetto. Da un lato lo sforzo è stato costretto a fare i conti con il rischio della clericalizzazione, dall'altro con il pericolo della semplificazione banalizzante. Parliamo di prassi, non di teorie. La riflessione sul tema, anzi, è ricca, articolata, quasi sovrabbondante. L'Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia organizza ogni anno – si è conclusa pochi giorni fa ad Assisi la XIX edizione – una "Settimana" di studi sulla spiritualità coniugale e familiare. Se si scorrono gli atti di questo appuntamento – relazioni più approfondimenti vari occupano un intero scaffale – che ha avuto in questi ultimi anni un sapore quasi profetico, si possono trovare infiniti spunti di riflessione. Il problema è poi come calare queste intuizioni nella quotidianità della vita di coppia. 

Quali spazi ritagliare per fermarsi un momento insieme nella convulsione delle nostre giornate? Se è vero che nel percorso verso la salvezza tutti i momenti della vita devono e possono farsi preghiera, perché allora tante difficoltà per offrire spessore spirituale alla routine della coppia e della famiglia? Il fatto che esistano tante difficoltà per trasformare in cammino di ascesi lo scorrere ordinario della quotidianità familiare, con tutto il suo carico di speranze e di sofferenze, di normalità e di bellezze, la dice lunga sui ritardi con cui si è cercato di formulare e proporre modelli di preghiera che non fossero solo fotocopie di quanto in uso per altre vocazioni. Proprio perché più semplice e agevole, la replica di quella che potremmo definire "spiritualità consacrata" è stata a lungo quella dominante. Con il risultato che modalità molto distanti dalla realtà vissuta oggi da coppie e famiglie sono state indicate quasi come soluzione senza alternative. Un'insistenza che ha evitato quindi di fare i conti con diversità evidenti. I maestri di preghiera, i grandi asceti, i mistici non hanno mai dovuto confrontarsi con i mille, diversi e complessi risvolti della quotidianità coniugale e familiare. Per la coppia credente rimane così, spesso inevaso e difficilmente definibile, il desiderio di scandire con la preghiera e con qualche spunto di riflessione le ore di una vita senza respiro. 

Ma come fare per dare risposte a questi aneliti dello spirito? Come costruire questi momenti che non possono essere semplici repliche di quelli vissuti, con altri ritmi e altri orizzonti, in un convento, in un eremo, in un istituto di vita consacrata?Questi meglio o peggio di quelli? Chi può dirlo? Nessuna classifica di merito. C'è però da sottolineare una diversità che ha determinato un dato di fatto. Nel novantanove per cento dei casi, i modelli di spiritualità sono stati finora quelli offerti da sacerdoti, religiosi, suore o sante vergini. Sarà solo un caso che fino a oggi sono soltanto due in epoca moderna (Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi, Zelia e Luigi Martin) le coppie di sposi beatificate o canonizzate per le loro virtù coniugali e familiari? Proprio in una prospettiva di ricerca di nuove proposte spirituali per la coppia e per la famiglia, non si può evitare di approfondire questioni che riguardano la congruità di riferimenti spirituali da trasferire nella realtà dei nostri giorni, con le diverse e complesse situazioni vissute dalle famiglie. 

Rotture, disgregazioni, sofferenze. E poi conviventi, separati, divorziati risposati, coppie tra persone dello stesso sesso. Unioni che saremmo tentati di definire "irregolari" se papa Francesco non ci avesse spiegato che questo lessico va definitivamente considerato inopportuno e sgradevole perché nessuno, sulla base della propria condizione di vita o del proprio orientamento sessuale, può essere considerato "irregolare" agli occhi di Dio. E la Chiesa, per prima, ha il dovere di guardare a queste persone, come a tutte le altre coppie, con un nuovo atteggiamento che proprio nell'Amoris laetitia viene sintetizzato in quattro momenti: accogliere, accompagnare, discernere e integrare tutti. Bellissimo e impegnativo. 

Fondamentale infatti definire meglio la specificità esistenziale di due persone che vivono insieme, si amano, hanno scelto di formare una coppia secondo le indicazioni del Vangelo e le tradizioni della Chiesa, di essere benedette da un sacramento, di aprirsi alla vita. Condizioni sufficienti per individuare una via originale alla vita spirituale? No, se per questa coppia non ci sforziamo di tracciare i contorni di una spiritualità laica, incarnata, "coniugata", cioè di vedere il loro anelito spirituale all'interno di una relazione intima ed esclusiva. Perché non esiste nessun'altra condizione umana in cui il rapporto sia più stretto, vincolante, definitivo. Solo nel matrimonio si riflette pienamente il mistero della complementarietà, il gioco lieve della tenerezza, lo scambio di suggestioni e di rimandi che tocca l'apice etico ed estetico nel linguaggio del corpo, e quindi diventa via di reciprocità nel rapporto coniugale. È proprio questo il primo luogo del dono reciproco. È dono che si incarna, che prende la forma di un'alleanza nell'unicità, nella fedeltà e nella differenza. Ma tutta la bellezza e tutta la verità della differenza sessuale come si esprime nella preghiera di coppia? 

Forse potrebbe essere davvero questa la soluzione, adeguandola però alla realtà concreta delle varie situazioni. Giovane coppia? Fidanzati, conviventi, in attesa di potersi sposare? Coniugi anziani? Separati single o in nuova unione? Presenza o meno di figli? Di nipoti? Oggi troppi modelli di preghiera, troppi schemi di spiritualità familiare, anche quando si sforzano di rinnovare i propri contenuti, rischiamo di risultare inefficaci proprio perché indifferenziati. «Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare! Quello che ci viene promesso è sempre di più. Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa» (Al 325). Ecco, l'esortazione con cui si conclude Amoris laetitiapuò forse servire per ridefinire e riformulare modelli di preghiera e riferimenti spirituali capaci di accompagnare sia quelle coppie e quelle famiglie che non vogliono rinunciare a una prospettiva cristiana, sia soprattutto quelle che lungo le salite difficili della nostra epoca hanno smarrito la strada, guardano criticamente alle proposte della Chiesa e sentono vacillare la speranza.
avvenire