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Parigi 2024: prenotazioni a +400% durante Giochi Olimpici

A poco più di un mese dai Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024, l’interesse per questo grande evento sportivo influenza i viaggi dell’estate. Le notti prenotate durante le Olimpiadi sono oltre cinque volte superiori a quelle registrate nella regione di Parigi nello stesso periodo un anno fa. La città più cercata su Airbnb durante le Olimpiadi è Parigi, che ha toccato il massimo storico di annunci attivi: l’aumento è di quasi il 40% nella regione rispetto all’anno precedente,3 mentre gli host si preparano ad accogliere i viaggiatori, nazionali e internazionali. L’interesse degli ospiti si estende però anche ad altre zone della regione di Parigi e in generale del Paese.

Sono oltre 160 i Paesi e le regioni da cui arriveranno gli ospiti che hanno già prenotato un soggiorno durante le Olimpiadi. In testa aci sono gli Stati Uniti, che rappresentano oltre il 20% sul totale dei soggiorni nelle città ospitanti dei Giochi o nei loro dintorni nel periodo delle gare. Le nazioni con il maggior numero di medaglie dalle Olimpiadi del 2020 sono fortemente rappresentate: tra i 10 Paesi che hanno prenotato di più per la Francia, la maggior parte sono anche i principali vincitori delle medaglie di Tokyo 2020.

I francesi occupano attualmente il terzo posto per notti prenotate, ma è previsto un aumento delle prenotazioni in prossimità dell’evento, dal momento che la maggior parte di chi possiede i biglietti è di nazionalità francese. In termini di crescita, i Paesi asiatici sono in cima alla classifica: Cina, India, Hong Kong e Giappone registrano il maggiore aumento di viaggiatori e viaggiatrici a Parigi.6 Seguono Repubblica Ceca, Messico, Irlanda, Brasile, Lussemburgo e Colombia.

Anche gli italiani sono soggetti al fascino francese quest’estate. Osservando le notti prenotate presso le sedi delle gare olimpiche o nelle vicinanze, compaiono i quartieri centrali della capitale ma anche zone limitrofe alla Ville Lumière e destinazioni fuori dalla regione di Parigi, in cui si svolgeranno le competizioni di calcio, basket e pallamano. Tra le loro scelte spicca quindi Parigi, seguita da Nizza, Montreuil (Île-de-France), Lilla, Bordeaux, Villejuif (Île-de-France) e Clichy (Île-de-France).

Non è solo il centro di Parigi ad attirare visitatori quest’estate. Anche località come Saint-Denis, Châteauroux e Lilla hanno registrato un notevole aumento di interesse per via della decisione strategica di ospitare le Olimpiadi di Parigi 2024 in tutta la Francia.

I dati di Airbnb rivelano le destinazioni più popolari fuori dal centro di Parigi in base alle diverse nazionalità che vogliono tifare per le loro squadre nazionali durante i Giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi 2024:

  • Olandesi e australiani, i cui paesi sono stati tra i primi nel medagliere dell’hockey su prato, hanno prenotato il maggior numero di notti nella zona di Colombes, dove si svolgerà questo sport.
  • Una delle destinazioni principali di spagnoli e brasiliani è Bordeaux, dove le rispettive squadre nazionali di calcio giocano due partite.
  • Una delle destinazioni principali degli ospiti di nazionalità cinese è Vanves, vicino al luogo in cui si gioca a ping-pong, uno sport in cui i cinesi si distinguono da tempo.

Stando a uno studio, si stima che i soggiorni su Airbnb durante i Giochi olimpici genereranno un valore pari a 2.000 euro (oltre 2.170 dollari) per l’host tipo nella regione di Parigi, con un impatto economico complessivo di quasi 1 miliardo di euro (oltre 1 miliardo di dollari) e il supporto a quasi 7.300 posti di lavoro a tempo pieno nel Paese.

Molte famiglie locali si sono registrate sulla piattaforma per beneficiare di questa opportunità. Nella sola regione di Parigi,Airbnb ha registrato un aumento del 40% degli annunci attivi nel primo trimestre, rispetto allo stesso periodo del 2023.

Da una casa vicino allo Stade de France a un accogliente appartamento nel centro di Parigi, o nella regione dell’Alta Francia, l’offerta di alloggi è varia e può soddisfare diverse esigenze. Per tutte le persone che stanno cercando un soggiorno durante i Giochi o anche in un altro periodo dell’anno, Airbnb ha raccolto alcuni dei più richiesti nella regione di Parigi:

  • Casa Nina, L’Île-Saint-Denis, Francia
  • Chalet con vasca idromassaggio e terrazzo sopra l’acqua, Montreuil-sur-Epte, Francia
  • Splendido appartamento con jacuzzi vicino a Parigi, Châtillon, Francia
  • Elegante Appartamento, Rosny-sous-Bois, Francia
  • Soleil Spa, Montreuil, Francia
  • Appartamento con vista panoramica, Parigi, Francia
  • L’Eden, Le Perreux-sur-Marne, Francia

Oltre il 50% degli utenti che viaggeranno per i Giochi è alla ricerca di strutture ricettive in grado di accogliere famiglie o gruppi composti da tre o più persone,8 che possano offrire un servizio migliore rispetto agli alloggi tradizionali. Tra le nazionalità che hanno evidenziato una più decisa preferenza per i viaggi di gruppo in queste settimane ci sono i viaggiatori provenienti da Paesi Bassi, Svizzera, Stati Uniti, Spagna e Regno Unito.

travelnostop.com

 

La mostra a Parigi. Brancusi, la forma cerca la verità assoluta


Eseguiti gli studi primari in Romania, frequentando a Craiova la Scuola di arti e mestieri e diplomandosi poi all’Accademia di Belle Arti di Bucarest, dove vinse vari premi, fra cui per una statua a misura umana dello Scuoiato, vale a dire una accademica “Anatomia”, dove però si notano alcuni dettagli che ritroveremo come tema formale nella sua scultura maggiore, come la testa ripiegata; dopo i passi della formazione accademica Constantin Brancusi parte per una lunga promenade europea dove, a piedi, raggiunge nel 1904 Parigi e con grande rapidità entra nel clima artistico della capitale.

Ha 28 anni e le idee chiare, elaborate sulla scultura classica, ma anche sull’arte popolare che affonda le radici nel mestiere artigiano e nel sapere degli ebanisti romeni. Le due tradizioni, quella classica e quella popolare, restano in lui come un imprinting, e questo gli consentirà poi di realizzare una scultura che oscilla sempre tra un primitivismo che armonizza l’elemento spontaneo del mondo “artigianale” – per lui non esiste una separazione netta con l’arte “maggiore” in quanto la conoscenza del mestiere è anche capacità di ascolto delle materie che si impiegano, e le forme quasi sempre sono il derivato di una tradizione che affonda le radici in quel sapere manuale che avrà per Brancusi sempre suprema importanza – con una trasformazione dell’elemento antico e classico dentro una ricerca della semplicità che non ha niente a che vedere con la facilità. Anzi: come dice in alcuni sui aforismi, raccolti in un libro edito in Francia per la cura di Doïna Lemny, che prende il titolo proprio da una delle sue massime più note: L’art, c’est la vérité absolute: «la semplicità è la complessità risolta», ovvero «la semplicità è la complessità stessa, che deve nutrirsi della sua essenza per conoscere il proprio valore».

Il “principio semplicità” di Brancusi è una forma che quando raggiunge l’essenza penetra con l’intuizione fino al nocciolo duro della forma significante, tocca con gli occhi e con la mano la verità assoluta, ciò che potrebbe anche essere la madre del capolavoro. Le opere di Brancusi sono tutte di elevato valore, cioè di una concezione che, come il “togliere” di Michelangelo, raggiunge quasi sempre il limite che lascia emergere la forma cercata dall’artista dentro quella verità assoluta. E se non tutte possono considerarsi dei “capolavori” – vocabolo oggi impiegato con una tale facilità e frequenza da chi parla di opere d’arte che non significa più nulla, ed è questo il motivo per cui anche le mostre ormai si pensano col metro della quantità di opere esposte e non secondo progetti dove il distillato dell’artista rende chiaro sia i fondamenti della sua grandezza sia la capacità critica di interpretarli (bulimia cui corrispondono cataloghi monumentali, infarciti di saggi spesso inutili e pretenziosi ) –; si deve comunque dire che la ricerca dello scultore romeno, che chiese la nazionalità francese soltanto nel 1950, sette anni prima di morire, ha trasformato la scultura anche rispetto agli sviluppi prodotti dagli altri grandi autori del secolo. Per questo Brancusi si contende il primato di maggiore scultore del Novecento con Arturo Martini, un altro che ha trasformato l’idea stessa di classicità reinventandola come modernità senza smettere di pensare l’arte plastica con un senso poetico che, al termine della sua esistenza, spinse Martini a scrivere il celebre e sofferto bilancio che intitolò La scultura lingua morta.

La mostra che si sta svolgendo fino al 1° luglio al Beaubourg di Parigi (che sarà forse l’ultima prima della chiusura per ristrutturazione della “macchina” progettata da Piano e Rogers), rispecchia nel bene e nel male tutto questo. È a suo modo eccessiva, rutilante in fatto di materiali (sculture, fotografie, disegni, oggetti, documenti…), fa vedere abbastanza bene il percorso dell’artista, ma lascia forse un po’ nell’ombra gli inizi esponendo le prime opere senza indagare gli anni romeni e i rapporti visivi e mentali col mondo popolare di quella cultura. Ma a monte ci sono forse ragioni che rendono questa mostra meno necessaria di quanto si potrebbe pensare, quasi si fosse cercato di risparmiare costruendo la mostra con materiali già “in casa”. Mentre stava per avvicinarsi il tempo della fine, a ottant’anni Brancusi fece testamento lasciando il suo atelier e tutto quanto conteneva allo Stato francese. Morto l’artista nel 1957, Parigi collocò quell’eredità nel Museo d’arte moderna del Palais de Tokyo, poi, dopo l’inaugurazione del Centre Pompidou (1977), un po’ di anni dopo venne costruito ai margini della piazza del Beaubourg, ancora su progetto di Piano, un edificio dove ancora oggi si può visitare l’atelier che conserva 137 sculture, 87 piedistalli, 41 disegni, 2 dipinti e più di 1.600 tra lastre fotografiche in vetro e fotografie originali dell'artista, come recita l’invito al Museo. Ma questa situazione – scrive la curatrice della mostra, Ariane Coulondre –, è provvisoria, perché la ristrutturazione del Beaubourg, che durerà fino a 2025 inoltrato, prevede una ricollocazione dell’atelier all’interno della nuova organizzazione dell’edificio. Ed è proprio questo progetto che rende la mostra in corso in qualche modo “superflua”, anche se varie opere provengono da fuori. Potrebbe darsi, però, che l’esposizione miri a dare allo spettatore un assaggio di come verrà ripensato l’allestimento dell’atelier. Vedremo.

La ricerca della semplicità potrebbe anche corrispondere all’essenzialità, se non fosse che l’astrazione di Brancusi non è affatto una riduzione al concetto, anzi, vuole dare – e qui si potrebbero trovare paralleli con gli studi sugli archetipi e i simboli di Mircea Eliade, che non sono riduzioni spiritualistiche delle testimonianze antiche, ma un modo di illuminarle come permanenze nella mente dell’uomo di oggi – alla forma una solidità compiuta, un valore assoluto appunto, e in questo processo una delle clausole fondamentali, che rendono Brancusi superiore a ogni altro scultore del suo tempo, è la partecipazione del basamento alla risoluzione dell’opera. La base su cui appoggiano marmi o bronzi, oppure dove si elevano altre forme lignee, sono parte integrante dell’opera che, se ne venisse privata, rischierebbe di diventare il “moncherino” di una idea plastica (dove spesso la scultura e il basamento in effetti lavorano in dialettica: si vedano le due versioni di Danaïde del 1913 in bronzo patinato nero – una trattata a foglia d’oro –; o le due versioni di Torso di giovane uomo del 1917 e del 1923, la prima in ottone e l’altra in legno, una con basamento in pietra cubico, l’altra a parallelepipedo rettangolo, la cui differenza slancia oppure àncora al piano d’appoggio le due sculture. Così si veda l’articolazione del basamento e la mutevolezza delle forme della scultura lignea, separati da un piccolo piedistallo cilindrico in pietra, della Strega (191624) come, alla stesso modo, accade in Lo studio per un ritratto del 19161933 e proprio questa doppia data ci fa capire che l’opera si è sviluppata nella forma trovando il suo basamento lungo gli anni). L’idea della complementarità del basamento nella concezione plastica dell’opera prende piede nella poetica di Brancusi soprattutto dagli anni 20 in poi: la ritroviamo nella serie delle teste ovali, con inserimenti di dischi d’acciaio lucidato, come nella serie di Leda, in marmo o bronzo patinato a specchio dove il basamento è in cemento o in marmo nero separato dal bronzo da un disco.

Come rileva la curatrice «lo statuto stesso dell’oggetto svanisce e mobili zoccoli e sculture collaborano a uno stesso vocabolario di forme elementari ». Lo vediamo ancora nelle due versioni della Maïastra, leggendario uccello che compare nella letteratura romena folclorica, oppure nel famosissimo soggetto dell’Uccello nello spazio che, nel 1926, in occasione dell’importazione a New York delle sculture di Brancusi per una mostra, organizzata da Duchamp presso la Brummer Gallery, sollevò un caso da manuale con il doganiere di turno che si rifiutò di farla passare come opera d’arte e la tassò come comune manufatto. La diatriba durò fino al 1928, quando il tribunale diede ragione a Brancusi (pur con qualche distinguo) e su questo il giurista Bernard Edelman scrisse vent’anni fa il saggio Addio alle arti dove sosteneva che la querelle sull’opera di Brancusi ha cambiato il nostro modo di rapportarci all’opera d’arte sul piano commerciale, ma anche su quello estetico. Una delle opere più belle, che riassume un po’ tutte le ragioni poetiche di Brancusi, è Le Coq, il gallo, di cui è esposta la versione del 1935 in bronzo lucidato, zoccolo in pietra calcarea e basamento in legno tripartito. Il soggetto apre l’esposizione con i tre grandi gessi alti fino a quattro metri e ci fanno capire, insieme alla Colonna senza fine (preferibile a infinita, a mio parere), il “genio elementare” che consente a Brancusi di usare l’immaginazione applicandola alla semplicità con cui la sua “visione spirituale” attinge la forma terrena dell’opera dall’iperuranio dell’arte.

avvenire.it

Parigi 2024: nasce l’app per i trasporti durante i Giochi

 

Il consorzio che gestisce il trasporto pubblico dell’Ile-de-France, la regione di Parigi, ha creato un’applicazione che ha l’obiettivo di facilitare gli spostamenti durante i Giochi olimpici di Paris 2024, in programma nella capitale francese dal 26 luglio all’11 agosto.

Battezzata ‘Transport public Paris 2024’, l’app riesce a guidare spettatori e visitatori durante le Olimpiadi, raccomandando itinerari alternativi,magari anche a piedi, per scongiurare gli assembramenti di folla nelle stazioni più vicine ai siti olimpici. Prevista anche una speciale sezione per gli spettatori in sedia a rotelle, così da permettere loro di evitare la metro, a Parigi raramente dotata di ascensori, scivoli e accessi ad hoc per i disabili. Entro metà giugno, l’applicazione sviluppata da Ile-de-France Mobilités (IDFM) dovrebbe anche consentire l’acquisto di titoli di trasporto, in particolare il forfait Passe Paris 2024 (16 euro al giorno), che da accesso all’intera rete dei trasporti pubblici della regione Ile-de-France. L’applicazione è tradotta in italiano, inglese, spagnolo, portoghese e tedesco grazie ad una speciale tecnologia multilingue.

travelnostop.com

La mostra a Milano. Con Brassaï il chiaroscuro di Parigi diventa colore

A Palazzo Reale una megaretrospettiva dell’opera del fotografo d’origini rumene, che amava la notte e ridisegnò la geografia umana della capitale francese
Brassaï, “Soirée Haute couture, Paris 1935” (particolare)

Brassaï, “Soirée Haute couture, Paris 1935” (particolare) - © Estate Brassaï successione/Philippe Ribeyrolles

  Milano, Palazzo Reale Brassaï L’occhio di Parigi Fino al 2 giugno Brassaï, “Couple d’amoureux dans un café parisien, Place Clichy” / © Estate Brassaï successione/Philippe Ribeyrolles Brassaï, “Soirée Haute couture, Paris 1935” / © Estate Brassaï successione/Philippe Ribeyrolles Sarà che la sua terra era la Transilvania, in Romania, circondata dai Carpazi, ma Brassaï (pseudonimo di Gyula Halász, che cambiando nome volle ricordare sempre le sue origini a Brassó), fotografo e molte altre cose, fra cui scrittore e pittore, si nascondeva di giorno e viveva e lavorava di notte, come un vampiro sarebbe fin troppo facile dire, pensando alla sua patria. Venuto via da Brassó e approdato a Parigi, non tornò mai più indietro, la ragione pare fosse che non voleva guastare nella sua memoria i ricordi d’infanzia che si era portato dietro fino in Francia. Perché non lo si giudicasse un figlio ingrato prese il cognome Brassaï, che vuol dire appunto “di Brassó”, come non volesse mai dimenticare il ventre materno da cui era uscito, ma anche per rendere omaggio davanti a tutti alla sua città d’origine. Sorprende l’ampiezza della mostra allestita in queste settimane a Palazzo Reale: oltre 220 fotografie, in gran parte stampate dallo stesso artista, che ci parlano della versatilità tecnica e creativa di Brassaï. Un’ampiezza tre volte tanto il numero delle fotografie di cui era composta al MoMA di New York tra il 1968 e il 1969 una sua retrospettiva, soltanto 75 appunto, eseguite tra gli inizi degli anni 30 e la fine dei 50. Il curatore, John Szarkowski, scrive che fino a quel momento la fotografia era stata polarizzata da due Maestri: Cartier-Bresson e Brassaï, definito “un angelo delle tenebre”, per la sua cultura fatta di senso del primitivo e del fantastico, di notti e vicoli tenebrosi, senza perdere niente di quel naturalismo che lo rendeva anche fedele alla realtà. Una mostra in corso come quella a Milano si può capire nella sua ampiezza sia per l’ovvia ragione che chi la organizza punta a fare pubblico, e oggi la quantità vince sempre, e talvolta annacqua la qualità; ma quelle duecento immagini sono ancora niente se si pensa che l‘archivio di Brassaï conta trentamila scatti. La notte era il bagno di mistero nel quale egli entrava, frequentando anche la Parigi vissuta dalla gente comune negli anni 30 e 40; i bistrot, i luoghi di svago, le strade popolate di falene, procacciatori e uomini sposati in cerca di distrazione e consolazione, le sagome nere delle statue che si stagliano sulle luci dei lampioni, i porticati solitari del Palais-Royal, le scalinate di Montmartre, le giornate di pioggia. Brassaï stampava da solo i suoi negativi perché affidarli a un altro gli sarebbe sembrato come far scorticare l’immagine della sua carne resa tangibile attraverso l’occhio, la cui membrana veniva stimolata dalla luce generando una sensazione profonda, materica quasi. Una parte decisiva nella sua fotografia aveva il volto dei personaggi, quelli propriamente ritratti, gli artisti per esempio, o le signore della moda, che produsse maggiormente nella seconda parte della propria vita, ma anche quelli che si trovavano nei quartieri più poveri, di fronte a una sala da ballo, nella varietà semplice e non troppo pretenziosa dei bordelli tra anni 30 e 40, e nondimeno i locali del bel mondo amante degli incontri romantici e del lusso mentre Parigi si sta preparando a un nuovo conflitto. Oltre la varia umanità Brassaï è attratto dalle cose naturali, anche le più ordinarie: oggetti usati, cose curiose, gocce d’acqua su una superficie, rami e alberi, porticati desolati, graffiti sui muri... Su questo segno ribelle e libertario dove l’umanità dichiara la propria volontà di incidere sui luoghi la traccia del proprio passaggio, fosse anche per una romantica dichiarazione d’amore, o per qualche atavico rifiuto del vivere civile, Brassaï ha inventato una sorta di quadro scolpito nella fotografia. I graffiti nelle metropolitane o quelli del Muro di Berlino e di altre pareti del disagio collettivo hanno allungato il tempo di quei gesti di allegria ma anche di opposizione di chi non accetta una certa invadenza del potere. Invece, Brassaï ha fatto tesoro di alcuni esempi della cultura pittorica moderna: dall’informale europeo che graffia proprio la tela dipinta, alle Tag che oltre trent’anni fa crearono un vero genere artistico teso ad arricchire gli spazi della libertà nella sfera pubblica: Brassaï ne riscatta con le sue fotografie la dignità che è poi quella dell’umanità che intende certificare anarchicamente su un muro i propri sentimenti, i propri buoni o cattivi pensieri, l’appartenenza a un luogo. Col suo occhio interiore Brassaï ha creato un genere. Ma il dono dell’immaginazione lo aveva spinto a fare ben altro e a tenere sempre aperti i legami con le arti visive. Quanto alla fotografia, la moglie Gilberte, anima gemella anche nella sua ricerca estetica, questa verità espressa dal marito: «Un negativo non significa nulla per un fotografo come me. È solo la stampa dell’autore che conta». Brassaï sviluppava i negativi, preparava i bagni di fissaggio e realizzava da solo le stampe e gli ingrandimenti nel suo laboratorio. «Aveva decine di bottiglie contenenti diversi preparati, e al muro erano appese molte formule chimiche. Restava sveglio e lavorava a lungo, soprattutto di notte». Brassaï cantore di Parigi, non fu però in senso assoluto un fotografo della Ville; il suo occhio e il suo interesse per l’umanità fu pari a quello per la natura, e in ogni sua fotografia, anche la più soppesata riguardo al contesto urbano, si trova spesso un angolo dove la natura entra e rende miracoloso l’insieme. In questo senso, Brassaï è propriamente un alchimista dell’immagine, con un’attenzione precisa per i dettagli (anche nelle foto che contemplano l’alta moda) il senso magico della realtà si unisce, tra l’altro, a una sua propria Cabbala del numero 9. Appassionato di numerologia, sosteneva di essere nato il 9-9-99 alle ore 9 di sera... Aveva una passione per il Bosco di Bomarzo con le sculture grottesche e surreali (tra l’altro sviluppò forti legami col gruppo dei surrealisti) e collezionava, come ricorda la moglie, reliquie naturalistiche: piccoli teschi e scheletri di polli o di tritoni, nell’ambito dei minerali, cristalli e ciottoli, oggetti di legno recuperati in qualche bottega di bric-à-brac, dipinti naif e opere d’Art brut; possedeva anche un San Sebastiano in pietra dove, quasi esorcizzandone l’immagine, al posto delle frecce aveva infilato delle sigarette. Una ironia nata dal senso perturbante del martire. Lavorò molto per la rivista “Harper’s Bazaar”, dove – diceva – andava in scena il mondo dell’America a colori. Amava circondarsi di giovani di talento, e fra i suoi frequentatori si trovavano Calder e Miró, Jean Dubuffet; amava leggere e rileggere Proust, e in fondo si capisce dalla sua fotografia quanto contasse il discorso del romanziere sulla Madeleine: la fotografia di Brassaï è una sorta di Recherche dell’esperienza che comincia prima che il ricordo si sia diluito, e culmina in una immagine che fissa la memoria in qualcosa che sembra duro come la base litografica. Nella sua lunga vita frequentò molti artisti e scrittori e il suo ultimo libro fotografico, nel 1982, lo dedicò a loro. Su tutti ebbe un peso l’amicizia con Picasso, che cominciò a frequentare nel 1932, e che portò alla realizzazione delle Conversations avec Picasso, con la numerosa serie di fotografie e lo scambio di esperienze verbali, di cui troviamo prova in mostra. Un’amicizia fra due uomini pieni di esperienza della vita, che durerà fino alla morte di Picasso nel 1973. Il curatore della mostra di Milano, Philippe Ribeyrolles, conclude la sua introduzione in catalogo (Silvana) notando che Brassaï «è stato soprattutto un camminatore». E ha ragione, perché la realtà ti sorprende dove non ti aspetti mentre le stai andando incontro, e Brassaï – che non ha quel senso dell’istantaneità che aveva Cartier-Bresson – ma cerca ogni volta di entrare in osmosi con l’aura notturna di Parigi, deve saper divinare l’imprevisto avvolgendosi nelle tenebre della città irradiate dai lampioni. Che sia il testimone di un mondo scomparso, è difficile dirlo; si potrebbe rovesciare la posizione e sostenere che in fondo è lui che lo rende occulto avvolgendolo in quel chiaroscuro che, per certi versi, fa di ogni sua fotografia un quadro d’ambiente caravaggesco dove il bianco e nero si carica, grazie alla sensibilità interiore di Brassaï, di una luminosità esistenziale che si tempera di colore. Come Caravaggio ogni sua foto chiama il personaggio all’ipnosi: “a me gli occhi”. E in effetti diceva che era necessario eliminare tutto il superfluo e guidare l’occhio come un dittatore. La Cabbala del nove ha finito col guidare il curatore a una ripartizione dei temi principali in nove sezioni: le foto di gioventù, tre sono su Parigi, una sui graffiti e una sulla donna, non potrebbe infine mancare la moda e due sezioni dedicate all’incontro profondo fra Brassaï e gli altri. E accanto anche alcune prove artistiche di disegno, pittura e scultura. È forse il caso di concludere ricordando che anche Cartier-Bresson era partito dalla pittura e concluse la sua vita disegnando e realizzando acquerelli. Due storie straordinarie che spiegano molte cose della fotografia. 
avvenire.it

Un’indagine per capire quale sia il vero impatto delle Olimpiadi sul turismo parigino

 

Il conto alla rovescia è cominciato. Con il passare dei giorni i riflettori si accendono sempre più forti su Parigi, che ospiterà dal 26 luglio all’ 11 agosto i Giochi Olimpici.

La Ville Lumière è pronta ad accogliere atleti e moltissimi spettatori ma oltre all’impatto emotivo delle competizioni ce ne sarà di sicuro anche un altro assai travolgente, quello sul panorama turistico della città, che vedrà elevata la sua attrattiva senza precedenti.

Per capire in tempo reale cosa sta accadendo alla Capitale francese The Data Appeal Company e PredictHQ, azienda specializzata in predictive event intelligence, hanno realizzato un’indagine per capire quale sia il vero impatto delle Olimpiadi sul turismo parigino, sulle tariffe alberghiere, sulla spesa e sulla quantità di turisti che parteciperanno alla manifestazione.

Ne è emerso che, l’offerta turistica della città si prefigura come la più costosa di sempre.

Prezzi che lievitano

L’analisi di Data Appeal ha messo infatti in evidenza che già all’inizio di febbraio le tariffe degli hotel e degli alloggi sono più che raddoppiate rispetto a quelle dello stesso periodo del 2023. Ma è sulle settimane dei Giochi Olimpici che i prezzi registrano una vera e propria impennata, con un picco previsto sul giorno della cerimonia d’apertura: le tariffe alberghiere OTA registrano un aumento del +125% rispetto allo scorso anno raggiungendo i 733 euro; l’incremento maggiore riguarda però gli affitti brevi che toccano un +200% rispetto al 2023 con una tariffa media di circa 697 euro a notte (Fonte D/AI Destinations).

A questo scenario si affianca il Louvre che ha già annunciato un aumento del 29% del ticket di ingresso, i biglietti della metro che costeranno il doppio e poi, una tassa di soggiorno che dal 1 gennaio è più che raddoppiata: chi soggiornerà in un 5 stelle, quest’anno pagherà 10.73 euro a persona a notte.

In medio stat virtus

Il trend è stato molto criticato anche dalle istituzioni, tanto che proprio Frederic Hocquard, vicesindaco di Parigi per il turismo e la vita notturna, ha dichiarato: “Vogliamo che i Giochi Olimpici siano popolari certo, ma non possono esserlo a 700 euro a notte. Accadrà che la gente prenderà una camera d’albergo a Nantes, Lille o Rennes e si sposterà in treno, risparmiando- ha detto Hocquard-. Ai Giochi di Londra i prezzi erano così alti che il tasso di occupazione degli hotel è sceso del 12%. Triplicare i prezzi quindi non funzionerà, forse si può consentire un aumento del 10-15%”.

Attese 12 mln di persone

PredictHQ ha calcolato che le Olimpiadi a Parigi attireranno fino a 12 mln di presenze con un giro d’affari generale che si attesterà sui 946 mln di dollari: le persone spenderanno soprattutto in hotel e alloggi oltre 496 mln, mentre 313 mln di dollari saranno spesi per ristoranti e locali e 136 mln per il trasporto.

L’evento che vedrà più partecipanti sarà senza dubbio la cerimonia di apertura in occasione della  quale sono attese circa 300mila persone, e i luoghi che vedranno il maggior afflusso saranno la zona centrale lungo la Senna, che ospiterà proprio la cerimonia di apertura, Saint-Denis dove si trova il Villaggio Olimpico, e Villeneuve-d’Ascq che ospita il Pierre Mauroy Stadium dove si terranno i tornei di pallamano e basket.

Picco di prenotazioni aeree

Sul fronte delle prenotazioni aeree via GDS, tra il 24 luglio e il 13 agosto si registra una forte preponderanza di viaggiatori internazionali: statunitensi in primis (21%) che raddoppiano rispetto alla settimana precedente, poi giapponesi (6%), canadesi (4%) e brasiliani (3%). Tutti viaggiatori questi, che hanno prenotato in media con 250 giorni di anticipo, ossia più di otto mesi prima.

Sentiment in crescita

Parigi comunque, è sempre una buona idea. Come diceva anche Audrey Hepburn….

Nonostante tariffe da capogiro infatti, il sentiment score che misura il livello di apprezzamento globale espresso online su tutte le attività della città è in crescita rispetto allo scorso anno (+1.5). Sono le attrazioni come musei e parchi ad avere il sentiment score più alto in assoluto (91/100) mentre gli affitti brevi registrano un sentiment deludente (75/100) con lamentele che riguardano soprattutto le dotazioni, internet e ovviamente, i costi.

Eventi oltre l’evento

In occasione dei Giochi la Capitale francese ha predisposto un programma ricchissimo di eventi che vanno ben oltre lo sport; fino al mese di settembre ad esempio, la città ospiterà il festival Olympic Forms dedicato al rapporto tra sport e arte, con più di 50 eventi che accompagneranno l’estate di grandi e piccini.

guidaviaggi.it

Da Parigi a Portofino a bordo del treno storico più bello del mondo

 

Da giugno 2024 il Venice Simplon-Orient-Express, A Belmond Train, Europe partirà alla volta della costa ligure. Per la prima volta, nei suoi 40 anni di storia, collegherà due destinazioni iconiche: Parigi e Portofino. Durante questo nuovo viaggio annuale con pernottamento, il treno attraverserà la campagna francese prima di percorrere tutta la riviera mediterranea per poi concludere il suo itinerario allo Splendido, A Belmond Hotel, Portofino, dove gli ospiti alloggeranno per due notti. 

Il Venice Simplon-Orient-Express partirà da Parigi giovedì 20 giugno, accogliendo i suoi ospiti in un ambiente in perfetto stile Art Déco con cabine e suite uniche. Arricchito recentemente da otto nuove suite, il treno offre ora tre diverse categorie di cabine, adatte a ogni tipo di viaggiatore. Sarà possibile scegliere tra le cabine storiche, dove la zona giorno si trasforma in un accogliente ambiente notte con cuccette superiori e inferiori, le nuove e lussuose suite con letti singoli o matrimoniali e bagno in marmo privato, e le Grand Suite, sei ampie suite private che rievocano l’età dell’oro dei viaggi nella perfetta grandeur degli anni Venti del secolo scorso, il cui stile si ispira alle città europee più affascinanti come Parigi, Venezia, Istanbul, Vienna, Praga e Budapest. 

Dopo essersi accomodati e aver gustato uno spuntino in stile francese nelle loro cabine, gli ospiti potranno spostarsi nella carrozza bar ‘3674’ e sorseggiare cocktail originali ascoltando il pianista del Venice Simplon-Orient-Express, che suonerà dal vivo. E mentre il treno sfreccia attraverso le città di Digione, Lione e Avignone, lo chef stellato Jean Imbert servirà il suo nuovo menu estivo nelle carrozze ristorante Côte d’Azur, L’Oriental, ed Étoile du Nord. Ogni portata sarà accompagnata da un vino accuratamente selezionato. Al termine della cena si tornerà nell’iconica carrozza bar ‘3674’ per concludere la serata con un drink esclusivo e con la musica dei The Uppertones, una vivace band composta da tre elementi che con voce, trombone, piano e batteria suoneranno brani swing, boogie e calypso fino a tarda notte.

Il mattino successivo sarà servita una deliziosa colazione continentale nella privacy di ogni cabina, davanti a viste spettacolari della costa, mentre il treno si dirige dalla Francia verso l’Italia, attraversando le famose località di Cannes, Nizza e Montecarlo. Quando il Venice Simplon-Orient-Express attraverserà con eleganza il confine italiano, gli ospiti potranno ammirare le vibranti città di Ventimiglia, Savona e Genova, l’ex capitale di una delle più potenti repubbliche marinare al mondo. In quest’ultimo tratto del viaggio sarà servito un delizioso brunch prima di arrivare a Santa Margherita Ligure, dove si concluderà l’esperienza in treno, ma non il soggiorno italiano, che proseguirà allo Splendido.

Lo Splendido, un ex monastero benedettino del XVI secolo circondato dalle rigogliose colline liguri, è il luogo ideale per proseguire questo viaggio estivo. Da venerdì 21 a domenica 23 giugno gli ospiti vivranno la vera villeggiatura italiana, crogiolandosi al sole nella piscina di acqua salata dell’hotel, recentemente ristrutturata e che vanta viste sul golfo di Portofino. 

Venerdì 21 giugno gli ospiti potranno gustare un menu degustazione di cinque portate preparato dallo chef Jean Imbert nel ristorante La Terrazza, curato in ogni minimo particolare per rendere omaggio al nuovo viaggio, a cui seguiranno esclusivi drink nel cocktail bar, dove gli ospiti saranno invitati a seguire le orme di leggende quali Elizabeth Taylor, Humphrey Bogart e Liza Minelli.

Per concludere al meglio questa esperienza di tre notti, gli ospiti scopriranno sul grande schermo l’essenza di Portofino con una proiezione privata sotto le stelle nell’iconica “Piazzetta”, il cuore della piccola cittadina portuale, con i colori accesi delle case dei pescatori a fare da sfondo come un arazzo dalle tonalità vivaci, e sulla quale sorge l’hotel Splendido Mare, A Belmond Hotel, Portofino, affiliato allo Splendido.

Prezzi a partire da 7.920 euro a persona per due ospiti che condividono una cabina storica a bordo del Venice Simplon-Orient-Express e una camera con vista giardino allo Splendido. Il prezzo include un viaggio con pernottamento a bordo del Venice Simplon-Orient-Express (servizio steward 24 ore su 24; tutti i pasti con vino scelto dal sommelier e bevande analcoliche illimitate), due notti allo Splendido con trattamento B&B, una cena esclusiva dello chef Jean Imbert al ristorante La Terrazza e i trasferimenti a Parigi e Portofino.

travelnostop.com


Toulouse-Lautrec oltre il mito, la sua Parigi a Rovigo


 Nel centro di Rovigo il rinascimentale palazzo Roverella custodisce come uno scrigno fino al 30 giugno il cuore della Parigi di fine Ottocento, straordinario concentrato di innovazione e distruzione, passaggio epocale per la storia dell'arte e non solo.

"Viene indicata come Belle Epoque solo per contrappasso dopo la prima guerra mondiale, in realtà epoca di stravolgimenti sociali", spiega Francesco Parisi.

A dominare quella metropoli c'era il nido di viuzze come paglia intrecciata di Montmartre dove Henri de Toulouse-Lautrec passò gli anni più intensi e distruttivi della sua breve vita.
Ora la multiforme creatività di questo artista scomparso ad appena 37 anni, segnato da una grave malattia genetica, travolto dall'alcolismo e dalle passioni, rivive in una grande mostra che ne porta il nome e non solo ne racconta i vari aspetti, ma li immerge nella realtà a cui si ispiravano in assoluta originalità superando il limite che lo vede consegnato alla storia come semplice, seppur geniale e assolutamente mitizzato, creatore di affissioni.
"Una mostra che rimette l'artista al centro del suo contesto", dice Fanny Girard. Si perché anche qui i suoi schizzi, i disegni, i manifesti, i dipinti dimostrano ancora una volta che l'aristocratico artista che aveva scelto il mondo bohemienne non apparteneva a nessuna corrente ma viaggiava sul filo intelligente quasi veggente dell'innovazione, intravedendo fili e temi del mondo che verrà. C'è il dinamismo gioioso delle ballerine del Moulin Rouge e la disperazione delle periferie del mondo industriale, c'è il tratto grafico della pubblicità e il colore assoluto e decontestualizzato dell'astrattismo.
Ma nelle 200 opere raccolte a palazzo Roverella non c'è solo lui. Ci sono i suoi maestri come Corman, i pittori che ha amato come Degas, i suoi compagni di studi come van Gogh e poi ci sono Boldini, De Nittis solo per citarne alcuni. La mostra è curata da Jean-David Jumeau-Lafond, Francesco Parisi e Fanny Girard - che dirige il museo dedicato all'artista ad Albi - con la collaborazione di Nicholas Zmelty e propone svariati approfondimenti tematici che come spiega il pronipote Bernard du Vignaud alla presentazione di stamattina a Rovigo "aprono molte porte del tutto originali sul mio prozio e lo rimettono al centro della sua epoca". A partire da quello che racconta "Parigi 1885-1900", "Le Chat Noir" ovvero il caffè in cui si trovavano, "Toulouse-Lautrec e gli amici artisti" come van Gogh e "Il rinnovamento della grafica", poi quello sull'assenzio che porterà una generazione alla rovina fino ad essere vietato bel 1914.
Molto importante poi è la sezione inedita dedicata al movimento artistico francese "Les Arts Incohérents", anticipatore di tecniche adottate dalle avanguardie del Novecento. Questa sezione, a cura di Johan Naldi, presenta opere assolutamente inedite perché si pensavano smarrite e sono state ritrovate nel 2018 nella cantina di un discendente degli artisti e qui vengono per la prima volta esposte. Qui c'è la prima opera monocroma della storia. "Insomma - riassume Parisi - non una mostra superficiale come quelle su di lui che si sono succedute negli ultimi 30 anni, ma una mostra con solide basi scientifiche per fare di Palazzo Roverella un luogo di ricerca".
Questo grazie anche al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di Intesa Sanpaolo. 

ansa.it

Il Louvre, 230 anni di arte e meraviglia

(di Ida Bini) Nel cuore di Parigi compie 230 anni il Louvre, è il museo più visitato al mondo - circa 10 milioni di persone pre-pandemia, 7,8 milioni nel 2022, +170% sull'anno precedente, anche se 19% n meno rispetto al 2019 - che custodisce opere celeberrime come la Gioconda e la Vergine delle Rocce di Leonardo da Vinci, la Venere di Milo, la Nike di Samotracia e a La Libertà che Guida il Popolo di Eugène Delacroix.
Dal giorno dell'inaugurazione, il 10 agosto 1793, il museo non smette di stupire e di meravigliare con la sua ricca collezione di opere d'arte e manufatti e le prestigiose mostre temporanee.

Il museo nasce all'interno del palazzo reale voluto da Francesco I nel 1546 come residenza e luogo dove conservare la sua ricca collezione di opere d'arte.


La costruzione fu seguita dall'architetto Pierre Lescot, ma Francesco I non vide mai il palazzo completato. I lavori continuarono anche sotto i regni di Enrico II e Carlo IX: il palazzo e il parco furono costantemente ripresi, modificati e ingranditi. Furono Luigi XIII e Luigi XIV ad apportare più modifiche e ampliamenti per poter contenere la collezione d'arte, che diventava sempre più ricca grazie alle numerose acquisizioni di opere. Nel 1682 Luigi XIV trasferì la sua corte a Versailles, e il Louvre smise di essere la residenza reale. E fu così che artisti e intellettuali cominciarono a chiedere che la ricca collezione d'arte potesse essere visibile a tutti, creando l'idea di un grande museo per i parigini.
Ma fu soltanto nel periodo della Rivoluzione francese che l'idea si trasformò in realtà: il 10 agosto 1793 il Governo Rivoluzionario aprì le porte del Musée Central des Arts nella Grande Galerie del Louvre. La collezione crebbe rapidamente, anche grazie al fatto che gli eserciti napoleonici sequestrarono opere d'arte e reperti archeologici in tutti i territori conquistati o che furono teatro di campagne militari. Anche se molti pezzi vennero restituiti, molti restarono nelle sale del Louvre, soprattutto quelli delle collezioni di antichità egizie.
Nel XIX secolo vennero aggiunte due nuove ali e finalmente il museo venne completato; l'area espositiva aumentò anche nel XX secolo con nuove aree progettate dall'architetto cino-americano Ieoh Ming Pei, autore anche della celebre piramide d'acciaio e vetro nel centro del cortile che dal 1988 funge da ingresso. Nel 1993, anniversario della nascita del Louvre, venne aggiunta un'ala, precedentemente occupata dal ministero francese delle Finanze, e aperta al pubblico.
Per poter ammirare tutto ciò che il museo francese ha da offrire servirebbero almeno 4 o 5 giorni, ma se non si ha tutto quel tempo a disposizione c'è anche il 'Louvre Highlights Tour', che in due ore passa accanto ai grandi capolavori come Monna Lisa, Venere di Milo e Gioielli della Corona; ma soprattutto dà la possibilità di saltare le lunghe file del più famoso dei musei parigini, ammirando alcune delle sue opere d'arte più iconiche sotto la guida di un esperto storico dell'arte. Nel sito del museo ci sono tutte le diverse possibilità di visita, compresi i tour virtuali e i video realizzati da 20 artisti contemporanei sotto i 40 anni per festeggiare la ricorrenza.


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Le migliori città europee vegan friendly Londra e Parigi in testa; nella top 30 anche Milano e Roma


 ROMA - La cucina vegana ha sempre più successo ed è di tendenza anche tra i grandi chef e gourmet.

Da una ricerca di Loveholidays, agenzia di viaggi online leader nel Regno Unito, emerge che il veganesimo si conferma come un fenomeno in crescita in tutta Europa e che le città di Londra, Parigi e Berlino sono le migliori per chi sceglie una cucina vegana. In classifica rientrano anche due città italiane, Milano e Roma, che si collocano al 21esimo e 26esimo posto.

Per realizzare la classifica l'agenzia di viaggi Loveholidays ha valutato oltre 50 città, analizzando diversi fattori in 4 categorie diverse: la presenza di locali, di supermercati e di festival vegani e il numero di ristoranti con stelle verdi Michelin, che premiano gli esercizi attenti alla sostenibilità, all'innovazione e all'uso di prodotti locali La classifica vede al primo posto Londra, la città migliore in Europa per i vegani che hanno a disposizione 194 ristoranti, 81 negozi plant-based e 3 festival vegani previsti per quest'anno.
    La seguono Parigi e Berlino, quest'ultima con il maggior numero di ristoranti con stelle verdi Michelin, ben 7. Poi ci sono Barcellona e Amsterdam; in sesta posizione c'è Oslo, seguita da Copenaghen, Bristol, Atene, Madrid e Manchester.
    Milano si posiziona al 21 esimo posto con 32 ristoranti vegani, 6 negozi specializzati in gastronomia vegana e 2 ristoranti con stelle verdi Michelin, "Joia" e "D'O". Il punteggio del capoluogo lombardo è basso soprattutto perché in città non si organizza nessun festival tematico per vegani e ci sono pochi market specializzati.
    Roma è al 26 esimo posto con 19 ristoranti, 9 market e un solo ristorante con stella verde Michelin, il "Mater Terrae". Anche qui manca un festival dedicato alla cucina vegana. Entrambe le città italiane, comunque, si conquistano la top 30 in Europa, a conferma che il nostro Paese è un hotspot mondiale per il cibo, non solo tradizionale. 

ansa.it 

(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - turismoculturale@yahoo.it)

citizenM apre in Avenue de Champs-Élysées il suo quarto hotel parigino

 La via emblema dell’eleganza apre al lusso accessibile: il nuovo hotel citizenM




2 settembre 2021– citizenM, il pluripremiato brand olandese di hotel e lifestyle torna a Parigi per aprire il suo quarto albergo lungo uno dei viali più famosi del mondo. Da questo settembre, citizenM Paris Champs-Élysées si unisce ai tre hotel giá esistenti nella capitale francese, rendendola la prima città con un quartetto di hotel citizenM. Nell’insieme, questo è il 15° hotel di citizenM in Europa - in Italia, citizenM ha acquistato il suo primo immobile sul Lungotevere a Roma, dando avvio ai lavori di ristrutturazione - e il 23° nel mondo dal 2008.

In agosto il gruppo è approdato a Los Angeles inaugurando la prima delle due strutture previste quest’anno in California (seguirà citizenM San Francisco Union Square in ottobre) con 315 camere su 11 piani arredate secondo l’inconfondibile stile del brand. Sempre negli Stati Uniti seguiranno altre due aperture a Miami (citizenM Miami World Center e citizenM Miami Brickell a dicembre 2021) e una a Washington (citizenM Washington DC NOMA previsto per febbraio 2022), a testimonianza dell’ambizioso piano di espansione, che con le nuove inaugurazioni porterà a 10 il numero totale di hotel in USA e a 27 in tutto il mondo.

citizenM Paris Champs-Élysées rimane fedele alla promessa del marchio di affordable luxury in una posizione strategica, tra l'Arco di Trionfo e Place de la Concorde. A portata di mano, lo shopping di lusso e i ristoranti di Avenue de Champs-Élysées, due stazioni della metropolitana, Galeries Lafayette, Grand Palais, Petit Palais, innumerevoli luoghi di divertimento e boutique, e molto altro. La posizione è ideale per turisti e viaggiatori d'affari che visitano Parigi sia per brevi che per lunghi soggiorni.

Nel corso di circa due anni, insieme alla collaborazione dello studio di architettura Concrete Amsterdam, l'edificio esistente degli anni '70 in Rue la Boétie è stato riprogettato e convertito in un moderno hotel citizenM di 151 stanze. Circa un quarto delle camere sulla facciata anteriore ha una vista su Rue la Boétie e una fetta di Avenue de Champs-Élysées. Il resto delle camere è disposto a U intorno a un tranquillo cortile al piano terra con verde e comode sedute all'aperto.

Per accedere alle camere, gli ospiti attraversano un living room di design - spazio iconico di citizenM - passando davanti a un murale realizzato da Lucky Left Hand (l’artista francese Steven Burke). L’ambiente è impreziosito da una spettacolare carta da parati Golden Age di Ai Wei Wei destinata a diventare senza dubbio uno dei pezzi d'arte più fotografati, perfetta da contemplare da una delle tante comode e colorate seduta tra divani e sedie Vitra. Altri pezzi d'arte degni di nota nel soggiorno includono 'Tauros' di Sarah Morris, un lightbox di JR (Jean René), una stampa fotografica di Frank Horvat e 'Flowers' di Andy Warhol, oltre a pezzi scelti a mano di Thomas Raat, Christophe Bucklow, David Salle e Jordan Wolfson, per gentile concessione della collezione citizenM, di proprietà del presidente di citizenM Rattan Chadha.

Per incoraggiare la sensazione "proprio come a casa", l’area living è suddivisa in isole in cui lavorare e rilassarsi, con centinaia di libri, oggetti interessanti e una cucina 24/7 posta al centro. Conosciuta come canteenM, serve 24/7 cibo, bevande e snack - quasi tutti di provenienza locale - pasti caldi à la carte, cocktail artigianali e caffè espandendosi sul già citato cortile interno con mobili in stile parigino.

Nel creare un nuovo hotel, citizenM ama includere un elemento di sorpresa per rendere felici tutti gli ospiti che ritornano. In questo modo, l'esperienza di affordable luxury è coerente in tutto il mondo, ma con un'attrazione unica in ogni luogo. citizenM Paris Champs-Élysées è il primo hotel in assoluto con tre spazi all'aperto: il cortile al piano terra, la terrazza canteenM e un incantevole bar sul tetto cloudM con un'atmosfera fresca e casual. Questo spettacolare bar in stile parco in cima agli Champs-Élysées servirà un menu di deliziosi finger food, snack e bevande in bottiglia (una varietà di vini, birra, soda e spritz). Il bar cloudM, con vista sulla Torre Eiffel e arredi Vitra, sarà aperto al pubblico e disponibile anche per feste private.

Al piano superiore, le 151 camere sono state progettate per adattarsi all'edificio esistente e per garantire il massimo relax. Le caratteristiche principali - il letto king-size XL, la doccia jungle e l'intrattenimento - sono tutte ottimizzate per il comfort, il lusso e la facilità d'uso. Il Wi-Fi superveloce è sempre gratuito e l'intero ambiente della stanza (dalle luci alle tende, dalla temperatura alla TV) è controllato dall'applicazione gratuita citizenM, o dal tablet MoodPad. Oltre a una moltitudine di canali TV e musicali, la TV offre gli esclusivi mood Brainwaves di citizenM, composizioni di musica e luce, scientificamente provate per alleviare lo stress comune dei viaggi: ansia, insonnia e mancanza di concentrazione.
Per la room art, citizenM ha scelto tre artiste francesi - Marie Guillard, Elvire Caillon e Melodie Bachet - in collaborazione con Starter, un'agenzia creativa gestita dalle parigine Aurelie Dablanc e Anne-Marine Guiberteau. In ogni città che chiama casa, citizenM cerca artisti locali con cui collaborare e mettere in evidenza il loro talento.
Per il tocco finale della vera esperienza citizenM, gli ambassador dell'hotel fanno sentire gli ospiti sempre a casa. Ognuno di loro è preparato ad assumere qualsiasi ruolo: barista, concierge, pulizie o receptionist. Negli hotel citizenM, gli ospiti che chiedono attenzione non vengono mai mandati a "parlare con qualcun altro", ma ricevono invece calore e attenzione, come evidenziato nelle molte recensioni positive online.
L'hotel citizenM Paris Champs-Élysées è aperto alle prenotazioni da settembre 2021. Insieme alle tre sedi esistenti - alla Gare de Lyon, a La Défense e all'aeroporto Charles de Gaulle - il quartetto di hotel parigini citizenM soddisfa le esigenze di ogni visitatore che cerca un lusso accessibile nella Città della Luce.

Le tariffe del citizenM Paris Champs-Élysées partono da 129 euro.

about citizenM
citizenM è stato lanciato nel 2008 con uno scopo: sconvolgere l'industria alberghiera tradizionale e stantia. Rattan Chadha - il fondatore del marchio di moda globale Mexx - è stato ispirato dai suoi dipendenti a creare un hotel per i viaggiatori abituali di oggi, dando loro tutto ciò di cui hanno bisogno e nulla del superfluo. Questo significa posizioni centrali nelle città più spumeggianti del mondo, ad un prezzo accessibile. Non solo un posto per dormire, ma un posto dove lavorare, rilassarsi e giocare - proprio come a casa. Un posto con Wi-Fi gratuito superveloce, tecnologia che rende la vita facile e arte di livello mondiale che non fosse "arte da hotel". Una stanza con un comodissimo letto XL per dormire e una potente doccia a pioggia per svegliarsi. Rattan Chadha ha chiamato questo "affordable luxury for the people".

Il primo citizenM ha aperto all'aeroporto Schiphol di Amsterdam nel 2008. Nel 2021, il portafoglio di citizenM si compone di 25 hotel in 16 emozionanti città: Londra, Glasgow, Amsterdam, Rotterdam, Parigi, Copenhagen, Zurigo, Ginevra, New York, Boston, Washington DC, Miami, Seattle, Los Angeles, Taipei e Kuala Lumpur.
Nell'estate 2020, citizenM ha lanciato un'app che è molto più di uno strumento di prenotazione delle camere. L'app consente soggiorni completamente contactless (check-in, apertura delle porte, regolazione dell'ambiente della camera, pagamento degli acquisti - tutto tramite lo smartphone dell'ospite), e aggiunge decine di vantaggi locali (come sconti su noleggio biciclette e cibo), esperienze su misura, guide della città e badge. L'app e il viaggio contactless sono i primi al mondo nel loro genere, e hanno già vinto l'ambito Skift 2020 IDEA Award. L'app è una naturale continuazione dell'approccio tecnologico di citizenM - il marchio ha sempre avuto chioschi di self-check-in di un minuto (invece dei tradizionali banchi della reception), controlli delle camere su iPad (oltre agli interruttori a muro), e Wi-Fi gratuito superveloce (ovunque) - come parte della sua esperienza unica per gli ospiti.

citizenM continua la sua crescita come proprietario-operatore completamente integrato in città gateway di tutto il mondo. La sua proposta di valore unico, che offre un'elevata redditività per metro quadrato, consente al marchio di sviluppare hotel in posizioni privilegiate in città con le più alte barriere all'ingresso. citizenM può acquisire siti da sviluppapre e hotel consegnati chiavi in mano ed è aperta a joint venture su singoli progetti. citizenM considera sviluppi di nuova costruzione, conversioni di uffici, componenti di schemi ad uso misto o conversioni di hotel esistenti. L'azienda prende anche in considerazione selettivamente transazioni asset-light.


Website: http://citizenM.com
@citizenM



hotel factsheet
Indirizzo: 128 Rue la Boétie, 75008 Paris, France


hotel features
  • 151 stanze
  • conversione di un edificio per uffici del 1970
  • cortile esterno arredato al piano terra
  • living room con libri, arte, mobili di design e aree di lavoro
  • cloudM bar sul tetto in stile picnic che si affaccia sul cortile - aperto al pubblico e disponibile per il noleggio privato
  • canteenM - zona pranzo con cibo e bevande 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e una terrazza esterna arredata che si affaccia su Avenue de Champs-Élysées
  • self check-in e check-out in un minuto
  • Wi-Fi gratuito illimitato superveloce
room features & amenities
  • Letto XL king-size
  • potente doccia stile jungle
  • biancheria da letto e asciugamani di lusso
  • gel doccia/shampoo AM/PM full-size
  • MoodPad e app per controllare luci, temperatura, TV e tende della stanza
  • TV HD con streaming

Parigi. Fra Picasso e Calder giochi e acrobazie della forma

Alexander Calder, «Mobile» b(1937 c., 
© Calder Foundation) e Pablo Picasso, «Figura» (1928, © Succession Picasso)

Picasso aveva diciassette anni in più di Calder, ma, dice oggi il nipote del genio spagnolo, Bernard Ruiz-Picasso, i due avevano molte cose in comune, a cominciare dal fatto che i loro padri erano artisti di formazione classica, per arrivare poi al culto appassionato di entrambi per il circo. In effetti, sulle serate vissute da Picasso al circo Medrano abbiamo un resoconto preciso di Fernande Olivier, fascinosa e intelligente modella che dal 1904 posò e visse una relazione con l’artista, che si protrasse per sette anni. Nelle sue memorie di quel settennato Fernande ci parla anche della passione quasi infantile di Picasso per il circo, del piacere che provava a respirarne gli umori e gli odori, quelli del legame stretto fra uomini e bestie, essenziale unione della vita circense; e se proviamo a immaginare che cosa siano quelle forme astratte e spesso colorate che aleggiano nel vuoto in cui Calder le ha immaginate, ecco che potremmo intuire un volo dell’acrobata, una smorfia del clown e le sue misestravaganti e squillanti di colori accostati con una vena di follia. Partenza giusta, questa del circo e dell’arte classica, mentre si va da una stanza all’altra del Museo Picasso dove sono presentate una serie di opere del padrone di casa messe a confronto coi mobiles e altre sculture dell’americano che già all’inizio degli anni Trenta corteggiava a distanza lo spagnolo.
Il loro vero incontro – come ricorda in catalogo Alexander S.C. Rower, nipote di Calder e presidente dell’omonima Fondazione – avvenne al momento giusto nel posto giusto: l’Esposizione Universale che si tenne a Parigi nel 1937, dove Picasso presentò Guernica e Calder, sempre nel padiglione spagnolo, espose quasi dirimpetto Mercury Fountain. L’Expo del 1937 fu dominata dal confronto muscolare fra il padiglione tedesco, sulla cui facciata a torre svettava l’aquila germanica, e il padiglione sovietico al cui vertice era collocata la gigantesca statua Operaio e kolchoziana di Vera Muchina: venticinque metri di acciaio inossidabile che in cima mostrava le mani delle due figure che stringevano falce e martello. Picasso esponeva il quadro che, nato da tutt’altra ispirazione, era diventato l’atto d’accusa contro i nazisti che bombardarono la città basca. Un quadro imbarazzante, soprattutto per la Spagna franchista che cercava l’appoggio di Germania e Italia. E infatti suscitò aspre critiche anche fra i commissari del padiglione spagnolo. Calder gli oppose quella poesia vagamente surreale e sospesa a sua volta a un vuoto semantico che corrisponde al ludico movimento di forme astratte nel vuoto fisico, ma, in questo caso, con l’apporto dinamico e vitale dell’acqua (come dovrebbe essere per una fontana).
Si potrebbe però ipotizzare una fontana dove il vuoto corrisponde alla negazione visiva dell’acqua, di cui tuttavia si senta il suono del movimento e del suo defluire dentro forme che la celano come una macchina alchemica. (Vedi certi totem di Plessi). Forse sarebbe piaciuta a Duchamp, che nel 1917 aveva intitolato una sua operaFountain senza che l’acqua vi scorresse dentro: come si dice in catalogo, nel 1957 a proposito dell’atto creativo Duchamp ricordava che esso prende una strada imprevista e nuova quando lo spettatore si trova in presenza di «un fenomeno di trasmutazione: col cambiamento della materia inerte in opera d’arte, una vera transustanziazione» dove allo spettatore tocca il compito di determinare il punto di equilibrio dell’opera. Mercurio è il dio dell’instabilità e anche il minerale che liquefatto si rende quasi irriducibile a una forma stabile. La fontana di Calder è oggi visibile in un paesino spagnolo, Almadén, celebre per le sue miniere di mercurio, che sfrutta fin dall’antichità.
Alexander Calder, «Josephine Baker IV» (1928 c., 
© Calder Foundation)
Alexander Calder, «Josephine Baker IV» (1928 c., 
© Calder Foundation)
Entrati nelle sale del Museo Picasso ci si rende conto subito di una differenza che sempre distinguerà la concezione plastica dei due grandi artisti, vicini ma anche inconciliabili, e pro- prio per una ragione di sostanza. Picasso è quasi insuperabile nel solido, la sua pittura e anche la sua scultura nascono dal totem, e quando si appellano alla tradizione iberica, è alle forme romaniche dell’affresco tragico e solenne degli affreschi catalani del “Cristo pantocratore” che risalgono alla superficie, coi rossi terra bruciata, i gialli girasole e marrone intenso, gli azzurri asciugati e resi più impenetrabili all’occhio dalla calcinazione del sole meridiano. Calder è come se andasse col retino a catturare nell’aria le sostanze volatili che il malagueño ha espulso dalle sue forme totemiche con un processo di surriscaldamento che ha forgiato corpi contundenti. Picasso ha fatto della sua natura tragica il fuoco che porta alla luce ogni volta dall’officina quel condensato di mito, storia e ricerca del nuovo che approda al volume e alla densità materica.
Dipinto di Picasso, «Coppia» (1970-71, Parigi, Centro Pompidou) e Calder, «Senza titolo» (1956, 
© Calder Foundation)
Dipinto di Picasso, «Coppia» (1970-71, Parigi, Centro Pompidou) e Calder, «Senza titolo» (1956, 
© Calder Foundation)
Sintomatica la sua Donna incinta del 1959 (che deve assai più di quanto non si pensi, alla scultura che Degas fece sullo stesso tema): in mostra è sovrastata da un mobile di Calder di qualche anno prima appeso al soffitto: tanto è primitiva, magna mater, la scultura di Picasso, quanto è astrale la giostra di forme ritagliata nel vuoto da Calder. Ma l’intesa fra i due si svela anche nello scambio delle parti: come nella filiforme Figura di Picasso che doveva diventare un monumento per Apollinaire, all’apparenza leggero nella forma ma vincolato al gioco architettonico dei baricentri; e la figura dell'artista americano, di ferro imbullonato e colore rosso, apparentemente pesante, ma comica come un ridente pagliaccio che potrebbe ricordare l’Auguste. Così, per restare nella metafora circense, che Calder elaborò tra il 1926 e il 1931 in varie opere di cui Ugo Mulas ci ha lasciato una galleria fotografica ( Cirque Calder, Corraini 2014), è proprio di quegli anni l’Acrobata realizzato con filo e tondini di ferro che sembra far coincidere i suoi movimenti con la scrittura nel vuoto; ma anche Picasso all’inizio degli anni Trenta realizza varie versioni dell’Acrobata dove le figure si snodano in forme che non sono surreali bensì contorsioni plastiche che brutalizzano le regole della fisica fino a diventare un corpo che, dopo l’Uomo vitruviano e leonardesco, e persino dopo il Modulor di Le Corbusier, si disarticola fino a negare ogni residuo di geometria post euclidea. Picasso combatte nel corpo l’horror vacui, Calder lo libera dalla sua antropometria per farne un gioco che richiede allo spettatore di oltrepassare il limite dove realtà e costrizione della natura sono totalmente trasfigurate e cambiate di peso. Un gioco contro il nulla.
da Avvenire

I viaggi bleisure in EMEA sono cresciuti del 46% nel 2017


Secondo la ricerca SAP Concur Travel and Expense, i viaggi bleisure sono apprezzati soprattutto dai viaggiatori dei paesi APAC (44%); i lavoratori dei Paesi EMEA si attestano al 27% mentre la quota scende al 19% negli USA
In EMEA, i millennial entrano in azienda e portano una nuova concezione del viaggio di lavoro, più attento al work-life balance: il 38% dei viaggi bleisure è prenotato per loro. Ma anche la Generazione X e i Baby Boomer apprezzano: raggiungono entrambi una quota pari al 31% del totale dei viaggi di questo tipo. 
Tel Aviv, Londra, Parigi, Dubai e Francoforte sono le mete più apprezzate.


Vimercate, 18 dicembre 2018 - Grazie alla crescente tendenza dei viaggi bleisure, il modo con cui si decide di viaggiare per lavoro sta subendo enormi cambiamenti. I dati raccolti tra i mesi di gennaio e dicembre 2017 dalla ricerca SAP Concur Travel and Expense hanno evidenziato che i viaggi bleisure sono aumentati del 46% in EMEA. Per i viaggiatori di questi Paesi le cinque destinazioni preferite sono state Tel Aviv, Londra, Parigi, Dubai e Francoforte.
Nella definizione di bleisure stabilita da SAP Concur rientrano tutti quei viaggi di lavoro che includono un pernottamento nella notte del sabato. A livello globale, tra il 2016 e il 2017, il numero dei viaggi bleisure è aumentato ogni anno del 20%. Questo trend non è guidato soltanto dalle grandi aziende; la combinazione tra viaggi di lavoro e viaggi di piacere è diffusa anche tra i dipendenti delle piccole e medie imprese. Dal momento del lancio, avvenuto a settembre, la soluzione Concur Hipmunk ha evidenziato che, a livello globale, quasi uno su cinque (circa il 16%) tra i dipendenti di piccole e medie imprese che viaggiano per lavoro ha incluso nel proprio soggiorno la notte del sabato.
Nei Paesi EMEA, il 27% dei viaggiatori ha incluso nel proprio ultimo viaggio di lavoro la notte del sabato, rispetto al 44% nei paesi APAC e al 19% negli USA.
Questa tendenza si sta sviluppando in tutte le generazioni. In media, i millennial rappresentano la maggiore fetta dei viaggiatori bleisure: il 38% dei viaggi inclusi in questa categoria sono intestati a loro. Ma anche la Generazione X e i Baby Boomers, entrambe con una quota del 31%, non si distaccano di molto, mentre la Generazione Z, per ora, non sta dimostrando nessuna particolare preferenza quando si tratta di viaggi di lavoro.
Massimo Tripodi, Country Manager SAP Concur Italia, ha commentato: “I viaggi che uniscono business e tempo libero sono un trend in aumento in tutto il mondo. Desiderando un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro, i dipendenti non si accontentano più di vedere solo l’aeroporto di una città ma vogliono sempre più immergersi nella cultura e nelle esperienze che la meta del viaggio offre. Questo trend coincide con la crescita dell’economia delle piattaforme, tra cui le più famose sono HRS, Booking.com e Airbnb, che permettono ai viaggiatori di trovare soluzioni di pernotto più convenienti e flessibili e di ottenere così il massimo sia per il lavoro che per la vita personale. Dai nostri dati emerge che il 70% delle prenotazioni fatte su Airbnb includono la notte del sabato rispetto al 10% di quelle fatte negli hotel. Le società devono sviluppare le giuste policy per aiutare effettivamente lo sviluppo e la crescita dei viaggi bleisure”.
Nei paesi EMEA, i viaggi bleisure registrati nel 2017 erano già in crescita rispetto a tutti quelli svolti nel corso del 2016 in tutti i mesi, con un picco di crescita dell’81% raggiunto a marzo, seguito poi da una crescita del 49% e del 48% ottenuta a febbraio e maggio. I settori in cui questa tipologia di viaggio è maggiormente sviluppata sono il manifatturiero, il tecnologico e quello farmaceutico, con una crescita annua stabile.
Aggiunge Massimo Tripodi: “Includere il bleisure tra le policy dei viaggi di lavoro, permette a un’azienda di mostrare attenzione per il benessere dei propri dipendenti e per l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa. A loro volta, i lavoratori risultano essere maggiormente soddisfatti dal proprio impiego, incrementando così la produttività e la permanenza dei talenti in azienda”.
L’aumento del numero di fruitori di questa tipologia di viaggi sta convincendo le aziende ad avere un occhio di riguardo per la gestione delle policy dei viaggi e delle spese, fornendo al tempo stesso le opportunità per esperienze di viaggio divertenti per i propri dipendenti.

5 fattori chiave per il bleisure
I dipendenti interessati a questo tipo di viaggi o le società pronte ad adattare le proprie policy dei viaggi verso una concezione bleisure, devono tenere in considerazioni i seguenti fattori:
Suggerimenti per i travel manager:
  1. Siete coperti? I viaggi che uniscono lavoro e tempo libero sono già inclusi nelle policy e i dipendenti sono a conoscenza delle policy? Occorre creare piani per comunicare i dettagli il prima possibile per evitare che i viaggiatori stiano già unendo i loro viaggi di lavoro con e quelli per il tempo libero senza conoscere i termini delle policy.
  2. Sapete dove sono i vostri dipendenti? La sicurezza e il rispetto delle norme diventano elementi fondamentali durante i viaggi bleisure, occorre sempre definire e chiarire quale parte del viaggio del dipendente sarà coperta dall’assicurazione dell’azienda e quale no.
  3. Chi sostiene i costi? Chi paga per cosa e come? Normalmente le aziende tendono a coprire tutto l’ammontare dei costi di viaggio inerenti a motivi di lavoro mentre i dipendenti sostengono tutti quei costi che si ricollegano al tempo libero. È necessario dunque stabilire con chiarezza quando finisce il viaggio di lavoro e quando inizia il tempo libero.
  4. Chi prenota cosa? È necessario definire se gli impiegati sono autorizzati a prenotare i propri viaggi in autonomia. Secondo a una recente indagine condotta da SAP Concur e GBTA (Global Business Travel Association), il 78% delle aziende ha affermato che spesso o sempre è permesso ai propri dipendenti di prenotare le parti di tempo libero dei propri viaggi tramite i canali aziendali; tuttavia, concedere tale possibilità rimane a discrezione del travel manager.
Suggerimento per i viaggiatori:
  1. Informatevi prima di partire: leggete bene le policy di viaggio della vostra azienda. Alcune aziende hanno policy più strutturate e altre meno; è quindi necessario conoscere prima quali spese legate al viaggio e alla sicurezza del viaggiatore siano coperte e quali no per rendere più facile e sicuro l’intero processo non solo per voi ma anche per il vostro travel manager.


Nota: i dati sono basati sui dati raccolti dalla piattaforma SAP Concur tra il Q1 2016 e il Q1 2017.
fonte: comunicato stampa