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Guggenheim di Ny celebra Picasso, in mostra opere della gioventù


 - Le opere di gioventù di Pablo Picasso arrivano al Guggenheim di New York con una mostra che celebra anche il 50/o anniversario dalla morte del pittore spagnolo.

Young Picasso in Paris (12 maggio - 6 agosto) è un'esposizione intima che comprende solo dieci dipinti e alcune opere su carta realizzate durante la sua introduzione alla capitale francese. La produzione artistica fu realizzata lungo un anno e rivela un frangente fondamentale nel suo sviluppo formativo in quanto l'artista si trovò a contatto con nuovi stili e soggetti contemporanei.

Picasso arrivò a Parigi da Barcellona nell'autunno del 1900 verso la fine dell'Esposizione Universale e fu completamente rapito dalla città, che trasformò completamente l'allora 19enne spagnolo. L'opera centrale della mostra è Moulin de la Galette, dipinto in olio su tela realizzato nel 1900 e attualmente parte della collezione del Guggenheim. Il soggetto dell'opera è una scena notturna nel celebre locale parigino Moulin de la Galette, affollato di gente che balla, nella fascia mediana, o che si riposa ai tavoli, nell'angolo inferiore sinistro. Seguendo i dettami impressionisti, Picasso dipinge le persone non con una precisione minuziosa, ma come se fossero grandi macchie di colore in movimento, sotto una girandola di luci artificiali che paiono fluttuanti.

ansa.it

IL RAPPORTO DI PICASSO CON L'ARTE ANTICA: AL BACIO


da repubblica.it

Tommaso Pincio racconta la mostra di Milano (Picasso. Metamorfosi) che riflette su come il genio spagnolo sia stato ispirato per tutta la vita dall’antichità e dal mito. Per questo le sue opere, a Palazzo Reale, sono accostate a quelle del passato. Con un effetto sorprendente

da touringclub.it
La mostra “Picasso Metamorfosi” in programma a Palazzo Reale segna la stagione dedicata al rapporto che il genio spagnolo ha sviluppato, per tutta la sua straordinaria carriera, con il mito e l’antichità proponendo di esplorare da questa particolare prospettiva il suo intenso e complesso processo creativo.

L'esposizione è una delle tappe della grande rassegna europea triennale Picasso-Méditerranée, promossa dal Musée Picasso di Parigi, che presenta circa 200 opere tra lavori di Picasso e opere d’arte antica cui il grande maestro si è ispirato, provenienti dal Musée National Picasso di Parigi e da altri importanti musei europei come il Muséedu Louvre di Parigi, i Musei Vaticani di Roma, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Musée des Beaux-Arts di Lione, il Museu Picasso di Barcellona e alri.

Il progetto si innesta in un percorso di approfondimento sul grande artista intrapreso da Palazzo Reale nei decenni con un ciclo di mostre su Picasso che ha reso speciale il rapporto tra il maestro e Milano.

Prima fra tutte l’esposizione di “Guernica” nella Sala delle Cariatidi nel 1953, avvenimento eccezionale regalato da Picasso alla città. Dopo quasi mezzo secolo, una grande mostra antologica viene fatta nel settembre del 2001 (quattro giorni dopo gli attentati alle Twin Towers) organizzata con la collaborazione degli eredi dell'artista. Infine la rassegna monografica del 2012, che ha documentato la varietà di tecniche e mezzi espressivi che caratterizzano la produzione dell’artista spagnolo.


“Quando nel 1953 Picasso scelse Milano e la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in parte distrutta dalla guerra, per mostrare al mondo Guernica, simbolo della sua straordinaria capacità espressiva, tra il suo genio e la nostra città nacque un legame unico e reso evidente, ad ogni ritorno delle sue opere, da una appassionata partecipazione di pubblico" ha detto Giuseppe Sala, Sindaco di Milano. "E’ stato così nel 2001 con 450.000 visitatori e nel 2012 con più di mezzo milione. E’ indubbio quindi che Picasso piaccia a Milano e che grazie allo studio e al lavoro dei curatori e degli organizzatori la proposta culturale sia sempre stata all’altezza delle aspettative. Per questo confidiamo che anche questa nuova esposizione, che sarà a Palazzo Reale dal prossimo ottobre, saprà sorprendere ancora, forte della qualità e del valore di un progetto che ha scelto il tema della mitologia come filo conduttore, per svelare aspetti ancora inediti della produzione di questo eccezionale artista”. 

Con la nuova mostra “Picasso Metamorfosi” il protagonista invece è l’antichità nelle sue diverse forme che si declina nelle mitologie reinventate da Picasso, presentate nellesei sezioni della mostra con le opere del grande artista accostate a quelle di arte antica, come ceramiche, statue, vasi, placche votive, rilievi e idoli che lo hanno ispirato e profondamente influenzato.

PRIMA SEZIONE: MITOLOGIA DEL BACIO
Nella prima sezione della mosra sono messe a confronto le opere di Picasso con quelle di Igres e Rodin nel tema del bacio.

Questi due artisti, avevano aperto la strada ad una nuova estetica, ripresa poi da Picasso che con “Demoiselles d’Avignon” (1907), scardina i codici della pratica artistica accademica, poggiando sulla propria formazione classica, nutrendosi degli archetipi della storia dell’arte dove scopre forme adatte alla metamorfosi dei codici artistici vigenti.

Riuniti i tre artisti attorno al tema del bacio con alcuni dipinti di Picasso cui fanno da contrappunto due opere emblematiche, “Il bacio” di Rodin e “Paolo e Francesca” di Ingres, il confronto rivela come l’approccio di Picasso conduca ad un’interpretazione libera ed innovativa dell’antichità.

Ne sono testimoni le varie versioni de “Il bacio” presenti in mostra, diverse una dall’altra e con evidente tensione erotica che Picasso declina per tutta la sua carriera, dal 1899 sino al 1970. Questa pulsione evidenzia da subito come uno dei centri della sua opera sia il suo rapporto con l’universo femminile.


SECONDA SEZIONE: ARIANNA TRA MINOTAURO E FAUNO
La ricerca estetica di Picasso sin dall’inizio si rifa alle tante raffigurazioni di esseri fantastici presenti nel repertorio mitologico. Tra i suoi punti ricorrenti vi sono figure ibride tra umano e animale, bene e male, vita e morte. Le sue opere sono popolate da Fauni maschi e femmine, rappresentati nei disegni a penna e inchiostro come “Fauno, cavallo e uccello” e nel celebre olio “Testa di Fauno”, ma anche da minotauri e centauri.

Nella seconda sezione troviamo la figura di Arianna, emblema della bellezza che incarna il rinnovamento tra tradimento e idillio amoroso, suggerisce l’idea di unarinascita perpetua e ciclica. Nell’opera di Picasso, numerose sono le odalische sprofondate nel sonno che rimandano alla celebre Arianna addormentata del Vaticano. L’artista sviluppa attorno alla sua figura temi che gli sono particolarmente cari come ilMinotauro, l’arena, la guerra, la passione amorosa e la perpetua ebbrezza della vita incarnata dal corteo bacchico.

La affascinante bellezza di Arianna è presente in una serie di raffigurazioni che vano dall’erotismo sereno alle fantasie sul rapimento e lo stupro cui rimandano gli esseri ibridi che la affiancano. Esempi sono l’acquaforte “Ragazzo pensieroso che veglia su una donna dormiente al lume di candela”, i disegni a matita “Due figure”, “Donna con le braccia incrociate al di sopra della testa”, vari nudi femminili e i disegni a penna e inchiostro come “Lo scultore e la sua modella”.

“Se tutte le tappe della mia vita potessero essere rappresentate come punti su una mappa e unite con una linea, il risultato sarebbe la figura del Minotauro”.
Pablo Picasso.

TERZA SEZIONE: ALLA FONTE DELL'ANTICO
Il virtuosismo di Picasso si sviluppa sin dalla sua adolescenza a contatto con una pratica accademica di cui padroneggia tecnica e repertorio, avendo assimilato le forme della scultura greca. Questo approccio si sviluppa ulteriormente in occasione del suoviaggio in Italia a Roma e Napoli nel 1917.

L’ispirazione classica mitiga in questi anni l’intensa esperienza cubista. “La fonte” (1921), si ispira a una personificazione del fiume Nilo conservata al Campidoglio a Roma ma anche a un dipinto di Ingres, e sfocerà nei dipinti delle “Tre Donne alla fonte”, il cui soggetto è ispirato da una pittura di un vaso greco conservato al Louvre.

QUARTA SEZIONE: LE “DEMOISELLES”
Picasso visita regolarmente il Louvre dal 1901 e prosegue le sue visite anche dopo la seconda guerra mondiale. Tra il 1901 e il 1912, dalle testimonianze della sua prima compagna Fernande Olivier e del pittore-scrittore Ardengo Soffici, vi torna per scoprire i periodi arcaici e la pittura dei vasi greci d’epoca geometrica, la cui estrema stilizzazione attira la sua attenzione.

I motivi a contorno delle figure che osserva hanno un ruolo fondamentale nel processo di elaborazione delle “Demoiselles d’Avignon” come dimostrano i vari studi di nudi a matita esposti in questa sezione, ma anche gli olii “Nudo seduto”, “Piccolo nudo seduto”, le sculture in legno “Tre nudi”, che evolvono poi in altre sculture filiformi in legno.


QUINTA SEZIONE: L’ANTICHITA' DELLE METAMORFOSI
La spettacolare scultura “La donna in giardino” in ferro saldato utilizzato come materiale di riciclo e volutamente dipinta di bianco come un marmo apre questa sezione per introdurre le “Metamorfosi” di Ovidio, di cui Picasso illustra nel 1931 una celebre edizione.

L’importanza della pratica dell’acquaforte nell’opera di Picasso, applicata all’edizione a stampa, permette di arrivare al libro d’artista.

La scarsa tiratura dell’opera e il modo in cui Picasso incide la lastra di rame con un semplice tratto crea un effetto concorrente al disegno, in cui l’effetto grafico rinvia ugualmente ai decori antichi dei vasi dipinti.

Le “Metamorfosi” di Ovidio riappaiono in qualche soggetto nella celebre “suite Vollard” (1933-1935), di cui sono presenti alcuni fogli in mostra, che mostra l’artista nel ruolo dello scultore al lavoro con la modella evocando il mito di Pigmalione, uno tra i soggetti preferiti di Picasso.

SESTA SEZIONE: ANTROPOLOGIA DELL'ANTICO
La ceramica è la protagonista di questa sesta e ultima sezione. Picasso la scopre nel dopoguerra aprendo un nuovo capitolo delle sue declinazioni dall’antico esperimentando il potenziale artistico della terracotta dipinta, evolvendo l’oggetto dalla sua funzione d’uso allo status di opera d’arte.

Come nell’antichità, il ceramista e il pittore coabitano nello studio e creano insieme. Questa immersione nell’universo degli studi di ceramisti evoca in Picasso il ricordo diPompei e rivela il suo gusto per tutte le forme d’espressione decorative o artistiche provenienti dall’ambiente romano. Picasso utilizza vari materiali riciclati di studio, frammenti di contenitori culinari e di piastrelle per arrivare a esiti straordinari.


La mostra “Picasso Metamorfosi” propone dunque di penetrare nel laboratorio intimo di un artista mondiale alla luce delle fonti antiche che ne hanno ispirato l’opera, ma anche di svelare i meccanismi di una singolare alchimia che pone l’Antichità al cuore di una modernità determinante per l’arte del XX secolo.

La mostra è curata da Pascale Picard, direttrice dei Musei civici di Avignone
Altre informazioni utili: 
I singoli visitatori possono prenotare la visita in settimana e nei week end al numero 02 92897755.
I gruppi possono prenotare da lunedì a venerdì al numero 02 92897793.

Faenza. Picasso, vasaio alla ricerca dell'anima del mondo

Un gigantesco progetto ha legato dal 2017 alla fine di quest’anno decine di esposizioni dedicate a Picasso e il Mediterraneo. Ora al Museo delle Ceramiche la sua attività di scultore e ceramista

Un'opera ceramica di Picasso esposta a Faenza: particolare dalla “Civetta con testa maschile” (1953)

«Picasso-Mediterraneo è un evento internazionale che si svolge dalla primavera del 2017 alla fine del 2019. Più di settanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull’opera “ostinatamente mediterranea” di Pablo Picasso». È la nota sintetica di un gigantesco progetto che, nella sostanza, si realizza piuttosto come un’opera di propaganda del Museo Picasso di Parigi. Un modo per fare e incamerare soldi, in definitiva. Mentre l’apporto conoscitivo resta abbastanza limitato (pur sempre con standard espositivi medio-alti). Il culmine si è avuto nel 2018 con oltre trenta mostre allestite in alcuni Paesi europei: in Francia ben 20, in Spagna 9 e in Italia 6. Ma anche nel 2019 sono state 14 le esposizioni allestite in varie città mediterranee. Da queste cifre si intuiscono anche le graduatorie degli interessi che si giocano dentro una simile invasione picassiana: lui è la gallina dalle uova d’oro, nonostante la borsa valori ponga ancora ai vertici del mercato gli “aerostati” Hirst, Koons e Cattelan. La Francia è infatti il mercato che governa i valori dell’opera di Picasso e il Museo parigino è il Sancta Sanctorum dell’artista, la miniera che alimenta un’attività espositiva in patria e all’estero davvero impressionante, e la Spagna si adegua (anche perché il mercato spagnolo è debole sulla scena internazionale), mentre l’Italia è soprattutto lo scenario composto di passato e presente sul quale l’opera del genio di Malaga agisce come un guitto, lasciando un segno di Zorro sulla fronte di ogni abbonato del turismo e dell’industria culturale.

Il tema mediterraneo non è né nuovo né particolarmente seducente.Nel 1982 Villa Medici allestì proprio una mostra su Picasso e il Mediterraneo– Le Grand Bleu, come l’artista era solito chiamare il nostro mare – il cui catalogo veniva introdotto da Jean Leymarie. E oggi, nel sud della Francia, a Tolone, si è aperta la scorsa settimana un’altra mostra legata al progetto triennale, che questa volta si concentra su Picasso e il paesaggio mediterraneo, nel cui catalogo Maria Teresa Ocaña – già direttrice del Museo d’Arte della Catalogna –, osserva che questo genere pittorico fu uno dei più precoci sperimentati dal giovanissimo Picasso quando ancora si trovava a Malaga. Lì operava il pittore Antonio Muñoz Degrain eseguendo paesaggi «di un’immaginazione e di un colore esuberante» che Picasso ammirava. Quando poi si trasferisce a Barcellona, dove il padre ha ottenuto un posto da professore alla scuola di Belle Arti, Picasso approfondisce con maggiore libertà il colore e le luci del Mediterraneo dipingendo piccole marine. Naturalmente, anche il paesaggio è un tema che segue, anzi viene domato e vinto dai successivi sviluppi del linguaggio picassiano all’interno delle fasi cubista, neoclassica, postcubista e realista, fino alle tarde declinazioni neoespressioniste. Quando ha davanti un paesaggio, Picasso cerca di metamorfizzarlo con una mente proteiforme dove la lotta con la realtà deve portare alla vittoria dello stile che l’artista sta praticando come scienza dello sguardo.



Un'opera ceramica di Picasso esposta a Faenza: lastra tagliata e dipinta a forma di civetta (1957)



Dopo la seconda guerra mondiale Picasso si trasferisce per molto tempo nel sud della Francia e soggiorna in varie località della Costa Azzurra. È lì che comincia a sperimentare la ceramica come arte dove pittura e scultura possono ritrovarsi al di là delle comode distinzioni metodologiche degli stessi storici e critici. È forse il caso di ricordare che da studi recenti sembra emergere traccia di una versione più antica delTrattato sulla pittura di Leonardo (oggi perduta) dove il genio rinascimentale attribuiva il primato non alla pittura, come afferma nel testo oggi conosciuto, ma alla plastica di modellato dipinta. Anche Picasso – la cui natura ancipite di pittore e scultore non viene mai meno nelle sue opere – scopre che dall’arte dei vasai e dai manufatti fittili si possono cavare opere dal valore magico. Lo vediamo ora a Faenza, al Museo delle ceramiche, nella mostra Picasso. La sfida della ceramica, a cura di Salvador Haro González e Harald Thell (catalogo Silvana). Anche qui è esposta una campionatura proveniente dal Museo Picasso di Parigi, una cinquantina di opere accanto a quelle possedute dal Museo faentino che vi accosta altre ceramiche più antiche, precolombiane, medievali e rinascimentali. Può darsi che abbiano ragione i curatori della mostra quando scrivono nel catalogo che l’opera in ceramica di Picasso fu per molto tempo sottovalutata rispetto a pittura e scultura. Ma bisognerebbe anche uscire dal luogo comune riassunto nel termine “sfida” che ogni volta dipinge Picasso come un bambino capriccioso che reagisce ai limiti che gli vengono posti dimostrando che può riuscire bene in ogni cosa si proponga di fare. In realtà, a guidarlo verso lande sconosciute è piuttosto la sua esorbitante vitalità interiore. Così è per la ceramica, che cominciò a sperimentare a Vallauris, poco distante da Antibes, altro luogo ispiratore del Picasso mediterraneo. In entrambe le località vi sogno musei picassiani che conservano testimonianze notevoli del suo lavoro negli anni fra i Quaranta e la fine dei Sessanta. La ceramica – tecnica nella quale Picasso ha realizzato migliaia di opere – è davvero il momento dove l’immaginazione picassiana dimostra che non c’è forma o materia dove il suo tocco non resusciti un’anima prigioniera nella materia. Un mattone scheggiato, un “vaso” afflosciato in sede di cottura, un frammento di pignatta, ma anche un piatto, una piastrella, una brocca, o qualsiasi altra forma plasmata nell’argilla diventa sotto le sue mani e i suoi occhi “opera”, cioè riporta il manufatto ad antichissimi significati artistici, quando anche le stesse suppellettili cadevano dentro una ritualità sacra. Qualcosa del genere accade nell’arte tribale, e non per caso Picasso fu uno dei più avidi accumulatori di quelle immagini.

È questo che l’artista ci dice nella ceramica: egli è un taumaturgo, è colui che governa le forze del fascinans e del tremendum, perché thaumaè meraviglia, ma anche timore per qualcosa che viene alla luce da regioni che vanno oltre o si trovano sopra la nostra comprensione del mondo. In questo senso, il segno dipinto sul vaso o sull’anfora, sul boccale come su un piatto, è una sorta di transustanziazione che riafferma i valore magico del gesto umano come anche della parola (magia universalis, non pratica da ciarlatani, ma viatico a una realtà dove il mondo non si esaurisce nelle sue apparenze, anzi, esse sono soltanto il verso di una profondità che palpita di energie e forze che spesso non si rivelano o lo fanno soltanto a chi è capace di coglierle e incanalarne in una esperienza di vita). La ceramica di Picasso è un ex voto alla vita, alla forza che si sprigiona mentre il tornio compie i suoi cerchi. L’ex voto di Dioniso- bambino. E non è strano che l’artista riveli l’interesse per la ceramica delle antiche civiltà, culture dove mito e arte si sposano con naturalezza. Ovviamente, in questa piccola mostra (ma soprattutto se si va a Vallauris e in altri luoghi francesi dove sono conservate opere ancor più importanti di quelle esposte a Faenza), si vedrà che Picasso non pensa come un vasaio di suppellettili, ma come un artista che vuole cavare dalla materia quella stessa idea che lo spingerebbe ad agire sulla tela o sul muro con la pittura o ad articolare forme tridimensionali per la fusione o per l’assemblaggio, come nella poetica dell’objet trouvé. Picasso, come Matisse, porta alla massima tensione la dialettica fra le due arti sorelle, pittura e scultura, ponendo il sigillo a una storia che era cominciata due secoli prima: quella che trova i maggiori innovatori della scultura in alcuni sublimi pittori, da Géricault, a Moreau, Degas, Derain ecc. E anche Picasso nella ceramica vuole ritrovare questo connubio delle arti.

Avvenire

Parigi. Fra Picasso e Calder giochi e acrobazie della forma

Alexander Calder, «Mobile» b(1937 c., 
© Calder Foundation) e Pablo Picasso, «Figura» (1928, © Succession Picasso)

Picasso aveva diciassette anni in più di Calder, ma, dice oggi il nipote del genio spagnolo, Bernard Ruiz-Picasso, i due avevano molte cose in comune, a cominciare dal fatto che i loro padri erano artisti di formazione classica, per arrivare poi al culto appassionato di entrambi per il circo. In effetti, sulle serate vissute da Picasso al circo Medrano abbiamo un resoconto preciso di Fernande Olivier, fascinosa e intelligente modella che dal 1904 posò e visse una relazione con l’artista, che si protrasse per sette anni. Nelle sue memorie di quel settennato Fernande ci parla anche della passione quasi infantile di Picasso per il circo, del piacere che provava a respirarne gli umori e gli odori, quelli del legame stretto fra uomini e bestie, essenziale unione della vita circense; e se proviamo a immaginare che cosa siano quelle forme astratte e spesso colorate che aleggiano nel vuoto in cui Calder le ha immaginate, ecco che potremmo intuire un volo dell’acrobata, una smorfia del clown e le sue misestravaganti e squillanti di colori accostati con una vena di follia. Partenza giusta, questa del circo e dell’arte classica, mentre si va da una stanza all’altra del Museo Picasso dove sono presentate una serie di opere del padrone di casa messe a confronto coi mobiles e altre sculture dell’americano che già all’inizio degli anni Trenta corteggiava a distanza lo spagnolo.
Il loro vero incontro – come ricorda in catalogo Alexander S.C. Rower, nipote di Calder e presidente dell’omonima Fondazione – avvenne al momento giusto nel posto giusto: l’Esposizione Universale che si tenne a Parigi nel 1937, dove Picasso presentò Guernica e Calder, sempre nel padiglione spagnolo, espose quasi dirimpetto Mercury Fountain. L’Expo del 1937 fu dominata dal confronto muscolare fra il padiglione tedesco, sulla cui facciata a torre svettava l’aquila germanica, e il padiglione sovietico al cui vertice era collocata la gigantesca statua Operaio e kolchoziana di Vera Muchina: venticinque metri di acciaio inossidabile che in cima mostrava le mani delle due figure che stringevano falce e martello. Picasso esponeva il quadro che, nato da tutt’altra ispirazione, era diventato l’atto d’accusa contro i nazisti che bombardarono la città basca. Un quadro imbarazzante, soprattutto per la Spagna franchista che cercava l’appoggio di Germania e Italia. E infatti suscitò aspre critiche anche fra i commissari del padiglione spagnolo. Calder gli oppose quella poesia vagamente surreale e sospesa a sua volta a un vuoto semantico che corrisponde al ludico movimento di forme astratte nel vuoto fisico, ma, in questo caso, con l’apporto dinamico e vitale dell’acqua (come dovrebbe essere per una fontana).
Si potrebbe però ipotizzare una fontana dove il vuoto corrisponde alla negazione visiva dell’acqua, di cui tuttavia si senta il suono del movimento e del suo defluire dentro forme che la celano come una macchina alchemica. (Vedi certi totem di Plessi). Forse sarebbe piaciuta a Duchamp, che nel 1917 aveva intitolato una sua operaFountain senza che l’acqua vi scorresse dentro: come si dice in catalogo, nel 1957 a proposito dell’atto creativo Duchamp ricordava che esso prende una strada imprevista e nuova quando lo spettatore si trova in presenza di «un fenomeno di trasmutazione: col cambiamento della materia inerte in opera d’arte, una vera transustanziazione» dove allo spettatore tocca il compito di determinare il punto di equilibrio dell’opera. Mercurio è il dio dell’instabilità e anche il minerale che liquefatto si rende quasi irriducibile a una forma stabile. La fontana di Calder è oggi visibile in un paesino spagnolo, Almadén, celebre per le sue miniere di mercurio, che sfrutta fin dall’antichità.
Alexander Calder, «Josephine Baker IV» (1928 c., 
© Calder Foundation)
Alexander Calder, «Josephine Baker IV» (1928 c., 
© Calder Foundation)
Entrati nelle sale del Museo Picasso ci si rende conto subito di una differenza che sempre distinguerà la concezione plastica dei due grandi artisti, vicini ma anche inconciliabili, e pro- prio per una ragione di sostanza. Picasso è quasi insuperabile nel solido, la sua pittura e anche la sua scultura nascono dal totem, e quando si appellano alla tradizione iberica, è alle forme romaniche dell’affresco tragico e solenne degli affreschi catalani del “Cristo pantocratore” che risalgono alla superficie, coi rossi terra bruciata, i gialli girasole e marrone intenso, gli azzurri asciugati e resi più impenetrabili all’occhio dalla calcinazione del sole meridiano. Calder è come se andasse col retino a catturare nell’aria le sostanze volatili che il malagueño ha espulso dalle sue forme totemiche con un processo di surriscaldamento che ha forgiato corpi contundenti. Picasso ha fatto della sua natura tragica il fuoco che porta alla luce ogni volta dall’officina quel condensato di mito, storia e ricerca del nuovo che approda al volume e alla densità materica.
Dipinto di Picasso, «Coppia» (1970-71, Parigi, Centro Pompidou) e Calder, «Senza titolo» (1956, 
© Calder Foundation)
Dipinto di Picasso, «Coppia» (1970-71, Parigi, Centro Pompidou) e Calder, «Senza titolo» (1956, 
© Calder Foundation)
Sintomatica la sua Donna incinta del 1959 (che deve assai più di quanto non si pensi, alla scultura che Degas fece sullo stesso tema): in mostra è sovrastata da un mobile di Calder di qualche anno prima appeso al soffitto: tanto è primitiva, magna mater, la scultura di Picasso, quanto è astrale la giostra di forme ritagliata nel vuoto da Calder. Ma l’intesa fra i due si svela anche nello scambio delle parti: come nella filiforme Figura di Picasso che doveva diventare un monumento per Apollinaire, all’apparenza leggero nella forma ma vincolato al gioco architettonico dei baricentri; e la figura dell'artista americano, di ferro imbullonato e colore rosso, apparentemente pesante, ma comica come un ridente pagliaccio che potrebbe ricordare l’Auguste. Così, per restare nella metafora circense, che Calder elaborò tra il 1926 e il 1931 in varie opere di cui Ugo Mulas ci ha lasciato una galleria fotografica ( Cirque Calder, Corraini 2014), è proprio di quegli anni l’Acrobata realizzato con filo e tondini di ferro che sembra far coincidere i suoi movimenti con la scrittura nel vuoto; ma anche Picasso all’inizio degli anni Trenta realizza varie versioni dell’Acrobata dove le figure si snodano in forme che non sono surreali bensì contorsioni plastiche che brutalizzano le regole della fisica fino a diventare un corpo che, dopo l’Uomo vitruviano e leonardesco, e persino dopo il Modulor di Le Corbusier, si disarticola fino a negare ogni residuo di geometria post euclidea. Picasso combatte nel corpo l’horror vacui, Calder lo libera dalla sua antropometria per farne un gioco che richiede allo spettatore di oltrepassare il limite dove realtà e costrizione della natura sono totalmente trasfigurate e cambiate di peso. Un gioco contro il nulla.
da Avvenire

Il mito e l'antico, 'Picasso Metamorfosi' a Milano

Picasso, Nudo sdraiato, 1932 olio su tela, 130x161,7 cm Paris, Musée National Picasso Credit: RMN-Grand Palais (Muséenational Picasso-Paris) /Adrien Didierjean/ dist. Alinari © ANSA

MILANO - Entrare nel laboratorio dei processi creativi dell'autore di 'Guernica' attraverso il suo rapporto con l'antichità: è il viaggio proposto da 'Picasso Metamorfosi', la grande mostra in programma dal 18 ottobre a Palazzo Reale, a Milano. Promossa e prodotta da Comune di Milano - Cultura, Palazzo Reale e MondoMostreSkira, l'esposizione - tappa milanese della grande rassegna europea triennale Picasso-Méditerranée, promossa dal Musée Picasso di Parigi con altre istituzioni internazionali - è curata da Pascale Picard, direttrice dei Musei civici di Avignone. Il progetto presenta circa 200 opere tra lavori di Picasso e opere d'arte antica cui il grande maestro si è ispirato, provenienti dal Musée National Picasso di Parigi e da altre importanti istituzioni europee come il Louvre di Parigi, ma anche i Musei Vaticani e il Museo Archeologico di Napoli.
La mostra "sarà il cuore dell'autunno artistico milanese" dice convinto il sindaco di Milano Giuseppe Sala, ricordando che "quando nel 1953 Picasso scelse Milano e la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in parte distrutta dalla guerra, per mostrare al mondo Guernica, simbolo della sua straordinaria capacità espressiva, tra il suo genio e la nostra città nacque un legame unico e reso evidente, ad ogni ritorno delle sue opere, da una appassionata partecipazione di pubblico. E' stato così nel 2001 con 450.000 visitatori e nel 2012 con più di mezzo milione".
Dopo l'antologica del settembre 2001 e la rassegna monografica del 2012, con Picasso Metamorfosi sarà l'antichità nelle sue diverse forme a declinarsi nelle mitologie reinventate da Picasso e presentate nelle sei sezioni della mostra con le opere del grande artista accostate a quelle di arte antica - ceramiche, vasi, statue, placche votive, rilievi, idoli, stele - che lo hanno ispirato e profondamente influenzato. Si parte dalla mitologia del bacio, con Il bacio di Rodin e Paolo e Francesca di Ingres a far da contrappunto alle opere sul tema firmate da Picasso. Varie le versioni de Il bacio presenti in mostra, diverse una dall'altra e connotate da una evidente tensione erotica che Picasso declinerà per tutta la sua carriera, dal 1899 sino al 1970.
Si passa poi al repertorio mitologico e alla scoperta dell'antico grazie alle visite al Louvre e a un viaggio in Italia, scoprendo che un'opera come la fonte (1921), si ispira a una personificazione del Nilo conservata al Campidoglio a Roma ma anche a un dipinto di Ingres. Le figure dei bassorilievi greci custoditi al Louvre sono di ispirazione per il dipinto Donna seduta (1920), come per il tardivo Nudo seduto in poltrona (1963), il bronzo Uomo stante (1942), la statua L'uomo col Montone (1943). Dall'antico si passa al mito con le Metamorfosi di Ovidio, di cui Picasso illustra nel 1931 una celebre edizione pubblicata da Albert Skira e di cui Skira, in occasione della mostra, riediterà la copia anastatica. Chiude la rassegna una sezione dedicata alla ceramica, che Picasso scopre nel dopoguerra, aprendo un nuovo capitolo delle sue declinazioni dall'antico. 
ansa

Picasso cubista e classico, lo stile fluido del genio Fino al 22 gennaio alle Scuderie del Quirinale 100 capolavori

ROMA - Dipinti, disegni, gouache, acquerelli, bozzetti, abiti di scena, le opere supreme di Pablo Picasso, provenienti dai musei di tutto il mondo, celebrano dal 22 settembre al 22 gennaio alle Scuderie del Quirinale i cento anni dal viaggio in Italia compiuto dall'artista spagnolo nel 1917, al seguito dell'amico Jean Cocteau, per la realizzazione del balletto 'Parade' (il cui gigantesco sipario dipinto è esposto, per la prima volta a Roma, a Palazzo Barberini). Un evento che, mettendo il genio spagnolo in stretto contatto con le molteplici suggestioni della classicità, ne sconvolse sia la vita privata sia la produzione artistica, fino alla messa a punto di un nuovo idioma espressivo, in una sintesi stilistica rivoluzionaria.
    Intitolata 'Picasso. Tra Cubismo e Classicismo 1915-1925', la mostra, ha spiegato il presidente di Ales Mario De Simoni, "ha richiesto tre anni di intenso lavoro, svolto in comune con i curatori Olivier Berggruen e Anunciata von Liechtenstein". Senza contare che Berggruen è impegnato nello studio del rapporto tra Picasso e il teatro da almeno un decennio. Una competenza che ha consentito la realizzazione di un percorso espositivo straordinariamente organico, con oltre cento opere capitali (e altrettanto materiale documentario) del periodo preso in esame, tra i più cruciali e creativi del maestro.
   
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'Picasso. Sulla spiaggia' a Venezia

VENEZIA - ''Picasso. On the beach/Sulla spiaggia' è la nuova mostra-dossier, curata da Luca Massimo Barbero, che la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia proporrà negli spazi espositivi della Project Room da venerdì 26 agosto e fino al 7 gennaio 2018. Attraverso una selezione unica di opere (tre dipinti - Sulla spiaggia, Femme assise sur la plage, Grande baigneuse au livre -, dieci disegni realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura - che arriverà a Venezia a fine settembre -, esposte insieme per la prima volta in occasione della mostra), Barbero cerca di gettare nuova luce sul lavoro dell'artista spagnolo, evidenziando i suoi collegamenti con quel Mediterraneo che ha avuto un ruolo così importante nella sua carriera artistica. L'esposizione, nata in collaborazione con il Musée national Picasso-Paris e che rientra nel programma di seminari, pubblicazioni, studi ed esposizioni legato al progetto triennale 'Picasso-Méditerranée', è stata presentata in anteprima dal direttore della Peggy Guggenheim di Venezia, Karole Vail, e da Barbero. "E' una mostra - ha spiegato Vail - piccola ma di altissima qualità. Di Picasso possiamo sempre trovare cose sempre più interessanti da scoprire. Qui ci incentriamo su opere composte nel 1937, anno molto importante per la storia europea e quella dello stesso Picasso". "La traccia nascosta di questa mostra - ha confermato Barbero - è un anno molto particolare nella biografia di Picasso: quello in cui torna ad essere se stesso, il grande inventore, che gioca a fare sculture rappresentanti dipinti e dipinti rappresentanti sculture, vivendo un trittico di tensioni, anche personali, più o meno felici. Anche le date delle opere sono importanti, perché, prestandovi attenzione, è un po' come entrare sette-otto giorni nella vita di Picasso. Inoltre, siamo riusciti ad avere quasi tutti i disegni preparatoti per i tre dipinti, in cui Picasso è stato meno deciso, alla ricerca delle forme"
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'Picasso sulla spiaggia' a Guggenheim Venezia


VENEZIA - Dal 26 agosto al 7 gennaio prossimi, la Collezione Peggy Guggenheim presenta, negli spazi espositivi delle Project Rooms, la mostra-dossier Picasso. Sulla spiaggia, a cura di Luca Massimo Barbero. Attraverso una selezione di opere, tre dipinti e dieci disegni realizzati da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 e una scultura, esposte insieme per la prima volta, Barbero cerca di gettare nuova luce sul lavoro dell'artista spagnolo, evidenziando i suoi collegamenti con quel Mediterraneo che ha avuto un ruolo così importante nella sua carriera artistica: dalle radici in Spagna, alla vita in Francia, alle relazioni con artisti e forme d'arte che avevano nel Mediterraneo un punto di riferimento. Nata dalla collaborazione con il Musée national Picasso di Parigi, la mostra, raccolta e mirata, si snoda attorno a una delle tele più amate da Peggy Guggenheim, il dipinto picassiano Sulla spiaggia (La Baignade), appartenente oggi al museo veneziano. L'esposizione rientra nell'intenso programma di seminari, pubblicazioni, studi ed esposizioni legato al progetto triennale Picasso-Méditerranée, promosso dal Musée national Picasso-Paris.
    Più di sessanta istituzioni hanno immaginato una serie di mostre sull'opera «ostinatamente mediterranea» di Pablo Picasso al fine di celebrare la sua arte e questo suo legame con la cultura del Mediterraneo. (ANSA).

Nel Segno di Picasso, a Lecco capolavori grafici. Fino al 13 luglio 100 incisioni dal periodo blu al dopoguerra

(di Nicoletta Castagni) (ANSA) - ROMA, 24 MAR - I capolavori grafici di Pablo Picasso, dal periodo blu al dopoguerra, sono in mostra a Lecco, negli spazi del Palazzo delle Paure da oggi al 13 luglio.
Esposte 100 incisioni del genio catalano in grado di ricostruirne lo straordinario percorso creativo e rivelare così un'evoluzione stilistica che non ha pari. La rassegna, che si intitola 'Nel segno di Picasso', è stata organizzata per celebrare i 30 anni di attività della Galleria Bellinzona, una realtà che nelle sedi di Lecco, Milano e Como ha dato molto all'arte contribuendo alla crescita culturale dell'area. Il percorso espositivo si apre con i 'Saltimbanchi', realizzati tra il 1904 e il 1906, a cavallo tra i periodi blu e rosa che racchiudono in maniera esemplare l'immaginario figurativo del giovane Picasso. È questa una delle serie più importanti e formalmente più eccelse della storia della grafica, tra cui spicca l'acquaforte su zinco 'Le repas frugal', uno dei massimi vertici dell'artista, che raffigura un uomo e una donna seduti a tavola, avvolti in un'atmosfera grigia e irrequieta e che rispecchia il momento di vita disagiata che Picasso stava attraversando. Si prosegue con 'Sogno e menzogna di Franco' (Sueno y Mentira de Franco), incisioni contemporanee al capolavoro 'Guernica' e che riflettono il periodo tragico della guerra civile spagnola, quando l'esercito repubblicano si contrapponeva alle milizie di Francisco Franco, raffigurato da Picasso come un mostro ripugnante impegnato nelle azioni più disdicevoli. La rassegna lecchese mette quindi a confronto i fogli creati per illustrare le poesie di Luis de Gongora, poeta del siglo de oro spagnolo, con quelli realizzati per la Carmen di Prosper Merimee. I due libri illustrati dal maestro catalano con opere grafiche originali, apparse tra il 1948 e il 1949, ma difficilmente sembrano riconducibili alla mano dello stesso artista: barocche, materiche e di gusto fortemente pittorico le prime, essenziali, geometriche, quasi astratte le seconde. Il confronto tra i due volumi dimostra con evidenza la libertà mentale e artistica di Picasso, il suo eclettismo e la sua tecnica inarrivabile. La mostra si conclude idealmente con 'La Celestina', la serie di 66 lastre, incise all'acquaforte e all'acquatinta apparsa nel 1971, anno in cui Picasso compì 90 anni. Qui Picasso illustra il testo della 'Tragicomedia de Calisto y Melibea' (nota appunto come 'La Celestina'), capolavoro della letteratura spagnola, scritto da Fernando de Rojas nel 1499, in cui si raccontano le vicende della mezzana Celestina, le sue macchinazioni diaboliche e i consessi amorosi, con una particolare attenzione, al limite dell'ossessione, per i nudi femminili.
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Da Picasso a Vermeer, sfidano la crisi

Per le rassegne piu' attese e' gia' boom di prenotazioni : centomila solo a Milano

(di Nicoletta Castagni)
Più di 100.000 prenotazioni per Picasso a Palazzo Reale di Milano, oltre 55.000 per Vermeer alle Scuderie del Quirinale e altrettante per la storia del ritratto nella più defilata Vicenza, che proprio con questo evento inaugura la Basilica Palladiana e si inserisce nel circuito delle sedi espositive nazionali: per le grandi mostre, quelle che investono sulla qualità e i nomi di richiamo, anche in pieno 2012 non c'é crisi che tenga. A un mese dall'apertura, è vero e proprio boom di prenotazioni. Si tratta, in tutti e tre i casi, di esposizioni di rilievo internazionale, che portano in Italia per la prima volta capolavori dell'arte di tutti i tempi, provenienti dalle collezioni più prestigiose del mondo.
Nel caso di Vermeer, alle Scuderie dal 27 settembre, per l'ultima mostra a lui dedicata (nel mondo) si deve risalire al 2003, quando il Museo del Prado riuscì a riunire nove dipinti del genio olandese. L'Italia, come la Spagna, non possiede opere di Vermeer nelle proprio collezioni pubbliche, quindi c'é grande attesa per gli otto capolavori che tra poco arriveranno a Roma. E comunque le trattative sono ancora aperte (in particolare con il Louvre) e negli ultimi giorni gli organizzatori (Azienda Speciale Palaexpò e MondoMostre) potrebbero fare il colpaccio portando una o due opere in più. Intanto di sicuro, dei 37 dipinti sicuramente di mano dell'artista (e solo 26 spostabili), saranno alle scuderie, tra gli altri, i celeberrimi 'Donna in piedi alla spinetta' e 'Donna seduta alla spinetta' della National Gallery di Londra, la splendida 'Allegoria della Fede' e la 'Suonatrice di liuto' del Metropolitan Museum, mentre dalla National Gallery of Art di Washington ecco l'icona della rassegna, il bellissimo 'Fanciulla con cappello rosso'.
Mostra di eccezionale richiamo anche quella di Picasso, la cui opera è spesso oggetto di esposizioni, ma questa volta a Milano sono attesi i capolavori provenienti, in gran parte, dalla Museo Nazionale di Picasso a Parigi. In tutto oltre 200 opere, che dal 20 settembre a Palazzo Reale si susseguiranno in una excursus cronologico sulla produzione dell'artista, mettendo a confronto tecniche e mezzi espressivi. Innumerevoli i capolavori, come 'La Celestina', 'Uomo con il mandolino', 'Ritratto di Olga', 'Due donne che corrono sulla spiaggia', 'Paul come Arlecchino', 'Ritratto di Dora Maar' e 'La supplicante'.
Non meraviglia quindi che in pochi mesi, dalla tarda primavera ad agosto, le prenotazioni abbiano superato quota 100.000. Un dato impressionante, che riporta ai primi anni Duemila, quando il settore espositivo era in pieno sviluppo e i venti di crisi inimmaginabili. A proposito dei 55.000 prenotati per 'Raffaello verso Picasso', alla Basilica Palladiana di Vicenza dal 6 ottobre (con opere capitali di Botticelli, Mantegna, Antonello da Messina, Tiziano, Caravaggio, Velazquez, Van Gogh, Gauguin, Cezanne, Bacon, Freud e altri), il produttore e curatore Marco Goldin ricorda che "per la mostra di Genova 'Van Gogh e il viaggio di Gauguin', la più vista dello scorso inverno, abbiamo avuto un avvio molto più rallentato". E che neanche ai tempi delle grandi rassegne di 'Brescia lo splendore dell'arté, si registrava un tale incremento di prenotazioni.
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