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Turismo / Tirana in Albania!

Capitale e maggiore città dell’Albania, Tirana è anche il principale polo politico, industriale e culturale del paese.
Situata lungo il fiume Ishëm, la città vanta una storia millenaria – come testimoniano i suoi numerosi siti archeologici - nonostante la sua fondazione ufficiale sia avvenuta in tempi relativamente recenti (1614).

In virtù della sua posizione centrale, nel 1920 fu scelta come capitale temporanea e sede governo provvisorio stabilito dal Congresso di Lushnjë. Nel novembre 1944 vi si insediò il governo comunista di Enver Hoxha.

Nel corso degli anni ’50 ha vissuto un periodo di notevole sviluppo demografico, economico e sociale.

Oggi la città si presenta attiva, moderna nella mentalità e nelle infrastrutture e vivace dal punto di vista culturale. Molto però si può - e si deve – ancora fare.

Tirana ancora non è una vera e propria città turistica e spesso le sue strutture ricettive non sono di alta qualità; nonostante ciò la capitale dell’Albania merita sicuramente di essere scoperta.

ABITANTI: 726.547 (dato aggiornato al gennaio 2008)

SUPERFICIE: 41,8 km²

DENSITÀ: 14,746 ab./km²

ALTITUDINE: 104 m s.l.m.

CLIMA: il clima della città è di tipo mediterraneo. Gli inverni sono caratterizzati da temperature non troppo fredde, mentre le estati sono calde e molto secche. Le precipitazioni si concentrano nei mesi invernali.

TELEFONO: +355 (0) 4

NUMERI UTILI:


Polizia: 129
Ambulanza: 127
Servizio medico: ABC CLINIC (Qendra Shendetesore) con personale medico sanitario che parla inglese. Tel: +355 4 223 4105 ‎

Week End Benessere e Divertimento a Tirana

Pompei, da scavi emerge affresco Priapo

 © ANSA


POMPEI - Una dimora di pregio su via del Vesuvio con stanze elegantemente decorate e all'ingresso un Priapo affrescato, in atto di pesare il membro su una bilancia, sono emersi nel corso dei lavori di riprofilatura dei versanti della Regio V che affacciano sulla via di Vesuvio, nell'ambito del cantiere dei nuovi scavi. Le operazioni in corso rientrano nel più ampio intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo, che delimitano i 22 ettari di area non scavata di Pompei, previsto dal Grande Progetto Pompei e che interesserà circa 3 km di fronti. Lo rende noto il Parco archeologico di Pompei.
La figura di Priapo, a Pompei ben conosciuto per la raffigurazione che campeggia all'ingresso della casa dei Vettii, oggi appare per la seconda volta in questa domus poco distante.
Dio della mitologia greca e romana, era secondo buona parte delle fonti, figlio di Afrodite e di Dionisio; leggende minori lo vogliono invece figlio di Afrodite e di Ermes o Ares, o Adone o Zeus. Era, gelosa del rapporto adulterino di Zeus con Afrodite, si vendicò con Priapo e gli diede un aspetto grottesco, con enormi organi genitali. Il fallo, così spesso raffigurato in affreschi e mosaici dell'epoca, era ritenuto origine della vita, e per gli antichi romani un simbolo apotropaico, utilizzato contro il malocchio o per auspicare fertilità, benessere, buon commercio e ricchezza. Non è un caso, difatti, che poco oltre un altro fallo in tufo grigio dipinto è emerso, lungo la strada, su una parete del vicolo dei balconi.
"La tutela a Pompei, condotta correttamente e sistematicamente porta a straordinari rinvenimenti - dice il Direttore Generale, Massimo Osanna - Ricerca, conoscenza (e dunque scavo), tutela e conservazione sono aspetti tutti strettamente connessi e non si possono portare avanti se non in maniera sistemica. Via di Vesuvio, da cui provengono i nuovi affreschi, via delle Nozze d'argento e via dei Balconi, dove in questo momento si concentrano i lavori di messa in sicurezza, sono stati in passato oggetto di crolli ripetuti e perdita di materia archeologica (come il volto di Priapo). Interventi non sistematici fatti a posteriori, quando ormai il danno era avvenuto, hanno tamponato momentaneamente le criticità senza risolverle. Il progetto attuale è invece un imponente intervento caratterizzato da sistematicità e rigore metodologico che risolverà le criticità nel complesso, riprofilando i fronti di scavo per tutta la loro estensione".

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Turismo: boom stranieri nel 2018, 216 mln presenze Regioni più scelte Veneto, Lazio, Lombardia, Trentino Alto Adige

Sicilia iStock. © Ansa


Agli stranieri piace l'Italia e quest'amore è sempre più forte nonostante le varie "malattie", dall'abusivismo scoperto anche oggi dalla Guardia di Finanza alla non adeguatezza dei trasporti, che tormentano il turismo italiano. A confermare la notizia è oggi l'indagine dell'Istituto Demoskopika che nel 2018 prevede poco più di 126 milioni di arrivi che dovrebbero generare ben 426 milioni di presenze, con un periodo medio di permanenza di 3,37 notti per cliente. Un andamento in crescita rispetto all'anno precedente: +2,7% di arrivi e +1,3 di presenze. Ma nel 2018 si consolida la fidelizzazione dei clienti stranieri nella scelta dell'Italia come destinazione turistica prioritaria: 62,8 milioni di arrivi a fronte dei 60,5 milioni del 2017 (+3,7%) e 216,4 milioni di presenze a fronte dei 210,7 milioni di presenze dell'anno precedente (+2,7%). Tradotto in incrementi assoluti, si prevede l'arrivo di oltre 2 milioni di turisti stranieri in più che dovrebbero generare un surplus di circa 6 milioni di presenze.
    Sono cinque le destinazioni regionali nelle cui offerte ricettive, in valore assoluto, si concentra circa il 70% dei pernottamenti dei clienti stranieri pari a ben 150 milioni di presenze: Veneto (48,3 milioni di notti), Trentino Alto Adige (30,3 milioni di notti), Toscana (25,5 milioni di notti), Lombardia (24,9 milioni di notti) e, infine, Lazio (21 milioni di notti).
    Invece la permanenza media stimata nel 2018, ossia il numero medio di notti trascorse negli esercizi ricettivi per ogni arrivo, è pari a 3,37 notti per cliente, in calo per la componente della clientela domestica (da 3,35 notti del 2017 a 3,29 del 2018) e sostanzialmente stabile per quella estera (3,48 nel 2017 e 3,45 nel 2018). A livello regionale, la permanenza nelle strutture ricettive dei clienti è in media più lunga nelle Marche (5,30 notti per cliente), in Calabria (4,92 notti per cliente), in Sardegna (4,53 notti per cliente), in Trentino Alto Adige (4,26 notti per cliente) che nelle rimanenti realtà territoriali turistiche regionali. Al sopra della media italiana, pari a 3,37 notti per ogni arrivo, si collocano, inoltre, l'Abruzzo (3,86 notti per cliente), la Puglia (3,84 notti per cliente), la Campania (3,56 notti per cliente), il Veneto e l'Emilia Romagna (3,55 notti per cliente), il Friuli Venezia Giulia (3,45 notti per cliente) e, infine, il Molise (3,38 notti per cliente).
    "E' prioritario - dichiara il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio - che si metta mano al Piano strategico del Turismo in linea con la programmazione attuata da ciascuna regione consentendo, in tal modo, al documento di trovare concreta attuazione attraverso l'utilizzo condiviso di risorse provenienti dagli enti regionali. Un approccio proficuo oltre che obbligato senza il quale il Piano strategico del Turismo resterà un libro dei sogni o, nella migliore delle ipotesi, potrà assurgere al solo ruolo di linee guida per lo sviluppo del comparto. In questa contesto l'Enit può rappresentare un degno braccio operativo se rinnovato in un'ottica più mirata agli obiettivi da raggiungere". (ANSA).

Mostre di Ferragosto, da Fettolini a Borzelli

 © ANSA


Le tele in blu di Fettolini a Como, le sagome in ferro dipinto di Borzelli a Viterbo, fino alle memorie infantili di Caputo a Castell'Umberto: i linguaggi contemporanei dominano le mostre che si apriranno nella settimana di ferragosto, visitabili nel week end.
    COMO - Scorci di cielo e distese d'acqua, eterei paesaggi dipinti di blu tra realtà e immaginazione: è la mostra di Armando Fettolini in programma negli ambienti dell'ex Chiesa San Pietro in Atrio dal 14 agosto al 2 settembre. Dal titolo "Blu Agostino" e a cura di Simona Bartolena e Salvatore Marsiglione, la mostra presenta una selezione di opere della recente serie dei Blu, nelle quali i paesaggi, da sempre tema prediletto dall'artista, divengono astratti, trasformandosi in luoghi intangibili e infiniti.
    VITERBO - Artiste di epoche diverse, talentuose ma troppo libere e anticonvenzionali per essere tollerate, impegnate nell'arte, nella letteratura, nella scienza e nella politica, che hanno in comune la caratteristica di essere state dimenticate: sono le protagoniste di "Sagome, storie di artiste ignorate", la personale di Rossana Borzelli che si terrà presso lo Spazio Pensilina dal 18 agosto al 15 settembre. Tina Modotti, Seraphine Louis e Claude Cahun sono solo alcune delle donne a cui Borzelli rende omaggio attraverso suggestivi ritratti realizzati su sagome di ferro dipinto, alte 2.50 metri. ASCIANO (Si) - Si intitola "Lauretana 2018" la mostra personale di Anna Sala, allestita dal 19 agosto al 30 settembre presso la Torre de' Bandinelli. Nate dal colloquio surreale tra l'artista milanese e l'intimità/sacralità del paesaggio lauretano, le opere esposte evocano l'antica via Lauretana che congiungeva, fin dal Medioevo, Siena e le Crete Senesi con il Santuario Mariano di Loreto e con l'Oriente, attraverso il mare dalle Marche.
    ALBI (Cz) - "Origins" è la prima mostra d'arte Contemporanea nel Museo delle Arti e delle Tradizioni del Parco Nazionale della Sila, dedicata ai due giovani artisti albesi Domenico Canino e Valeria Dardano. Nella bipersonale gli artisti, esaltando il dialogo costante fra visibile e invisibile, vogliono sensibilizzare le comunità locali a valorizzare il patrimonio del luogo in cui vivono e al tempo stesso ad aprirsi a contaminazioni provenienti da differenti contesti.
    CASTELL'UMBERTO (Me) - Dal 19 agosto al 2 settembre il Frantoio Cinquecentesco dell'antico borgo di Castanìa di Castell'Umberto accoglie alcuni dipinti e una scultura di Ilaria Caputo nella personale "Per ricordi, case e richiami. Presenze di memoria a Castanìa". L'esposizione ripercorre i ricordi infantili dell'artista palermitana lungo un itinerario che si muove tra differenti nuclei tematici (fiori, animali, frutti), in cui le opere sono realizzate contaminando vecchi e nuovi materiali e utilizzando supporti eterogenei. (ANSA).

I consigli per caricare bagagli e biciclette Fissaggio sul tetto con cinghie e nuovi portabici per la coda

Esodo, sanzioni salate per chi carica troppo l'auto © Ansa

Tempo di partenze in auto per le località di vacanza e, dunque, tempo di problemi di carico e di preparazione della vettura per quella che spesso diventa una vera ‘fatica’ per persone e mezzi meccanici. Anche se sono lontani anni luce i tempi in cui un’utilitaria – classicamente la Fiat 600 – veniva stipata all’inverosimile ed obbligata ad ospitare sul tetto bagagli, ombrelloni e sedie a sdraio, le moderne automobili, per quanto spaziose, presentano comunque un limite ‘fisico’ alla capacità di carico, legato evidentemente anche al numero dei passeggeri che devono condividere lo spazio con le valige e gli altri oggetti. Mettersi in marcia con i passeggeri schiacciati dalle borse e dai sacchetti o, peggio, con traballanti carichi su improvvisati portapacchi aumenta il rischio e la gravità degli incidenti stradali.
D’obbligo, dunque, adottare alcune regole di base, che servono a guidare l’automobilista nella scelta dell’accessorio ideale e nella sistemazione di bagagli ed attrezzature sportive a bordo. Innanzitutto occorre sistemare gli oggetti più pesanti (è il caso, ad esempio, delle bombole per immersioni sub) sul fondo del vano di carico dell’auto, fissandoli con cinghie in tessuto se sono presenti gli appositi anelli. Nelle station wagon occorre servirsi, se l’auto non ne è dotata, di una rete o di un sistema di barre da inserire per separare bagagliaio e vano passeggeri ed evitare così l’effetto catapulta in caso di frenata improvvisa.
I carichi posizionati sul tetto dell’auto invece tendono a modificare il baricentro ed ad aumentare il rischio di ribaltamento della vettura; per questo motivo bisognerà prestare maggiore attenzione al comportamento da tenere al volante per mantenere la tenuta di strada soprattutto in caso di frenata. Ogni carico sul tetto deve essere assicurato saldamente con idonei ed omologati sistemi di fissaggio ed utilizzando la soluzione tecnica specifica (portabiciclette, portasurf, porta canoe, ecc.) e non improvvisate combinazioni di barre portasci o portapacchi generici. Le corde elastiche sono assolutamente da evitare, proprio perché non danno garanzie di tenuta in quanto soggette ad allungamento. Bisogna usare le cinghie con cricchetto, che sono una soluzione professionale e si possono tendere efficacemente.
Va sottolineato come un carico sistemato sul tetto alla rinfusa possa far consumare il 20-25% in più a parità di velocità autostradale. L’ideale è puntare sui box da tetto che garantiscono una maggiore sicurezza sia in fatto di sistemazione e protezione dei bagagli sia in termini di aerodinamica e quindi di consumi e risparmio. Oltre che sul tetto le biciclette, se si guida un’auto o un suv già dotati di gancio di traino per il rimorchio, possono essere trasportate sfruttando uno dei moderni sistemi (molto diffusi in Germania e altri Paesi del Nordeuropa) che ospitano le bici in posizione trasversale, sfruttando la larghezza del veicolo.
Questi dispositivi sono già dotati di porta targa e luci aggiuntive e relativi cablaggi per essere in totale regola con quanto riportato dal Codice della strada all’art.164 comma 1. La capacità di trasporto è fino a 4 bici complete e questa soluzione permette di effettuare il carico e lo scarico anche da soli, senza la fatica di arrivare sul tetto.
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Prima donna in Vespa nel 1954, a 96 anni rinnova la patente

Un raduno di vespisti © EPA
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Nel 1954 fu la prima donna in paese a guidare una Vespa, ieri ha festeggiato 96 anni all'indomani del rinnovo della patente di guida. Perché Derna Cosmar non soltanto è vispa e lucida ma ha anche i riflessi pronti e dunque è stata ritenuta in grado di guidare un'auto. La storia della nonnina di Moimacco, un piccolo centro in provincia di Udine, la racconta questa mattina il numero in edicola del Messaggero Veneto, corredando un lungo articolo con tanto di foto d'epoca che ritrae una Derna ventenne alla guida della Piaggio con tanto di faro sul parafanghi anteriore e non ancora al manubrio. 
La signora Cosmar è nata nel 1922 a Orzano di Remanzacco, in provincia di Udine, ma dal 1947, quando si è sposata, risiede a quattro chilometri di distanza, a Moimacco. Arzilla e determinata, Derna fece capire a tutti la sua passione per i motori quando si presentò in Vespa e senza il marito impegnato al lavoro, alla benedizione dei carri agricoli e dei mezzi di trasporto: non un momento qualunque ma il grande evento del piccolo centro. Raccontano che, superata la sorpresa, la folla cominciò ad applaudirla. Poi, agli inizi degli anni '60, Derna lasciò la due ruote per cimentarsi in un'altra avventura all'avanguardia: mettersi alla guida di una Fiat 600.
   
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A New York riapre il Four Seasons Per il ristorante dei vip chef giovanissimi e un ex Casa Bianca

The Bar Room at the new Four Seasons ( Credit Nicole Craine for The New York Times) © Ansa

A due anni dalla chiusura il leggendario Four Seasons riapre a tre isolati di distanza dalla vecchia sede del Seagram Building. La targa di ottone con il logo dei quattro alberi che apparteneva al ristorante più amato da Henry Kissinger torna a segnalare l'ingresso ai nuovi locali in un palazzo per uffici su Park e 49/a strada. Restano, nella nuova impresa di Julian Niccolini e Alex von Bidder, alcunipezzi forti dello storico menu come l'anatra arrosto. "Vecchi clienti sono già passati per assicurarsi il tavolo", ha detto Niccolini al New York Times in vista dell'apertura. Ma se il primo Four Seasons aveva chiuso perché giudicato non più all'altezza dei tempi, la sua reincarnazione proverà a rinnovarsi cominciando delle cucine.
    A dirigere i cuochi l'italiano Niccolini e lo svizzero von Bidder hanno chiamato il messicano Diego Garcia, 30 anni, con esperienze a Le Bernardini e al piccolo Gloria di Hell's Kitchen specializzato in pesce. Il suo numero due, Brandon Lajes, ha solo 26 anni. Per i dolci un veterano della Casa Bianca: Bill Yosses che ha lavorato per George W. Bush e Barack Obama dal 2007 al 2014. I locali sono firmati dall'architetto brasiliano Isay Weinfeld. A indicarlo ai proprietari come epigono di Philip Johnson è stato il critico Paul Goldberger: "Una sfida enorme.  Non volevano il solito architetto di New York, ma neanche un perfetto sconosciuto. Isay capisce la tradizione del modernismo, ma è capace di portarla al passo coi tempi".
    Clientela in media ultrasessantacinquenne all'epoca della chiusura, nel 1959, quando aprì i battenti, il Four Seasons inventò il power lunch. Per i suoi locali passarono tutti i presidenti americani tranne Richard Nixon, Jackie Onassis aveva un tavolo fisso così come la matriarca della New York bene Brooke Astor che, ormai centenaria, dimenticava di aver prenotato, ma per lei un posto c'era sempre vicino a Donald Trump, Martha Stewart, Warren Buffett.
    Il 16 luglio 2016 i ristorante aveva servito l'ultima cena ed era stata la fine di un'era. Il primo Four Seasons era costato 4,6 milioni di dollari, la sua reincarnazione da 110 coperti, 50 in meno dell'originale, viaggia sull'ordine dei 30.
Alla chiusura un'asta ne aveva disperso gli arredi storici: dalle sedie sui cui si erano accomodati gli ospiti per il 45/o compleanno di JFK alle pentole, alle stoviglie e alle posate disegnate appositamente da Ada Louise Huxtable, riprodotte adesso per l'edizione 2.0. Niccolini e von Bidder avevano ricevuto lo sfratto dal proprietario del palazzo Aby Rosen, convinto che fosse arrivata l'ora di svecchiare. Oggi meditano la rivincita.
   
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Viaggio a Treviso, Urbs Picta

Treviso Urbs Picta © ANSA
TRIESTE - Passeggiare tra i vicoli acciottolati, o sotto i portici, è un'esperienza commovente che la bellezza del Palazzo dei Trecento con l'elegante Loggia Dei Cavalieri rafforza. Un'emozione che il serpeggiare silenzioso delle acque del Sile e del Cagnan vivifica. Convogliate in canali, le acque scompaiono dietro il cortile di una villa antica, riappaiono da una bocca nella parete di una casa. Treviso splendida. C'è un inedito itinerario per visitarla, è tratteggiato dalle facciate affrescate della città. Con una specifica: dal XIII al XXI secolo.
    Tra le cancellature del tempo, l'usura del passaggio di mani e carri, la sferza di freddo, pioggia, caldo, il lavoro certosino che hanno fatto nell'arco di sei anni di studi l'architetta Rossella Riscica e la storica dell'arte Chiara Voltarel nel voluminoso "TREVISO URBS PICTA" (FONDAZIONE BENETTON; 206 PAG.; 33 EURO) somiglia a una colta caccia al tesoro cadenzata da occhiate e illuminazioni, da scorci e volte. Dapprima attraverso l'osservazione, hanno dovuto individuare uno spigolo di affresco che affiorava, scolorito, tra una parete scalcinata e un impiantito rotto di finestra; un putto acrobata che volteggiava a dieci metri di altezza, sotto una tettoia. Successivamente, catalogati i 475 edifici affrescati esistenti nel centro storico al 2017 di questa piccola ma ricca città veneta di 85 mila abitanti, hanno dovuto interpretarli, dunque ricomporli virtualmente attribuendone paternità e significato. Una sorta di gigantesco puzzle. 475 tessere per disegnare una figura che era la Treviso di un tempo.
    Una ricostruzione che considera anche quanto distrutto dall'indimenticato bombardamento del 7 aprile 1944.
    E non si tratta soltanto di opere del Duomo o del polo museale di Santa Caterina dei Servi di Maria, ma di decorazioni e pitture che abbellivano case di notabili, impreziosivano palazzi di famiglie in vista: un corredo iconografico che simile a un merletto fila di edificio in edificio, di volta in volta nel centro e oltre, in tutta la Marca e nelle grandi città vicine in un immaginario intarsio che è lo stile della Grande città madre, Venezia. Così, città dipinte del circondario sono Padova, Verona, Oderzo, Pordenone, solo per fare alcuni nomi.
    Il volume, elegantissimo, vero libro d'arte, pubblica decine e decine di foto di particolari, di luoghi d'epoca e piazze attuali e compone una nuova mappa topografica (sincronica e diacronica) della città affrescata, in una prospettiva che tiene conto delle diverse fasi storiche, fino alla condizione attuale e alle sue diverse emergenze, oltre che al futuro, con proposte concrete di salvaguardia del patrimonio, attraverso i temi del restauro e della valorizzazione. Esso ha infatti portato alla creazione di una banca dati (trevisourbspicta.fbsr.it) che conserva informazioni sulle testimonianze pittoriche all'interno della cerchia muraria di Treviso.
    Rossella Riscica parla di "decorazioni importanti, varie, complesse e di dipinti murali" che costituiscono il "tratto peculiare di Treviso", che "potrebbe apparire il vanto del tempo passato", mentre "la sfida è lanciata proprio oggi: la conservazione".
   
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Neorealismo e fotografia a New York

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Gli anni bui del fascismo, la povertà del dopoguerra, la speranza di una nazione distrutta ma desiderosa di rinascere a nuova vita, la dignità di un popolo che non vuole arrendersi alla miseria: è la grande mostra "NeoRealismo: The New Image in Italy, 1932-1960" che dal 6 settembre all'8 dicembre occuperà i grandi spazi espositivi della Grey Art Gallery, il museo delle belle arti della New York University nel cuore di Manhattan, per raccontare con la fotografia il coraggio e la bellezza dell'Italia di metà '900.
    Al centro del percorso c'è la realtà di un Paese intero, catturata e interpretata attraverso il linguaggio dell'immagine e filtrata dallo sguardo di grandi autori: un Neorealismo non letterario né cinematografico, ma fotografico, per delineare i mutamenti dell'Italia nel periodo che va dal fascismo al boom economico. Sono 180 gli scatti presentati al pubblico newyorchese, opere suggestive e intense nel loro linguaggio scarno ed essenziale, firmate da 60 artisti italiani, tra cui Mario De Biasi, Franco Pinna, Arturo Zavattini, Tullio Farabola, Enrico Pasquali, Chiara Samugheo, Ando Gilardi, Enzo Sellerio, Nino Migliori, Gianni Berengo Gardin, Cecilia Mangini. A cura di Enrica Viganò e organizzata da Admira di Milano, la mostra offre anche l'occasione per riflettere sul ruolo che nel movimento neorealista ebbe il medium fotografico, documentandone l'evoluzione. Il Neorealismo viene raccontato attraverso 5 sezioni: "Realismo in epoca fascista", in cui la fotografia viene usata per la propaganda del regime ma anche da alcuni autori impegnati che di nascosto documentavano l'arretratezza del Paese, "Miseria e ricostruzione", che racconta il periodo successivo la fine della seconda guerra mondiale con l'Italia devastata ma percorsa da un fremito di rinascita, "Indagine etnografica", in cui si rivela quanto la fotografia sia stata essenziale per ricreare un'identità collettiva del dopoguerra, "Fotogiornalismo e rotocalchi", con i lunghi reportage pubblicati su numerose testate a testimonianza dell'uso sempre più frequente delle immagini sulla carta stampata, e infine "Tra arte e documento", dedicata ai dibattiti sul valore creativo della fotografia. A corredo della mostra anche pubblicazioni originali di rotocalchi, libri fotografici, cataloghi, poster, accanto a spezzoni tratti da film diretti da alcuni dei registi più significativi del Neorealismo, tra cui Vittorio De Sica, Roberto Rossellini e Luchino Visconti. Oltre alla Grey Art Gallery, anche il Metropolitan Museum of Art e la Galleria Howard Greenberg partecipano a questo omaggio americano all'Italia neorealista: il primo proporrà dal 18 settembre a 15 gennaio una selezione delle opere dei fotografi del dopoguerra italiano, recentemente acquisite per la collezione permanente, la seconda allestirà la collettiva (con molti degli stessi autori in mostra alla Grey Art Gallery) intitolata "The New Beginning for Italian Photography, 1945-1965", dal 13 settembre al 10 novembre.
   
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Via del Sale, tra pedalate in quota e panorami mozzafiato

La via del Sale © ANSA

È un itinerario che regala emozioni fortissime: pedalare in quota, nel silenzio della montagna, ammirando paesaggi a 360 gradi che spaziano dai ghiacciai del Monte Rosa al Mar Ligure. Nelle giornate di cielo terso lo sguardo può spingersi fino a scorgere all’orizzonte il profilo della Corsica. In questo lembo di terra, compreso fra Alpi Marittime, Alpi Liguri e Tirreno, al confine tra Italia e Francia, Piemonte e Liguria, la geografia si mostra sotto forma di panorami mozzafiato. Puro godimento estetico, che evoca le suggestioni della “sindrome di Stendhal”.
È qui che nel corso dei secoli la tenacia dei pescatori liguri ha sviluppato una rete di sentieri e di mulattiere , che si inerpicano sulle montagne, in un sistema orografico assai complesso, per poi svalicare nella pianura e portare come merce di scambio innanzi tutto il sale, un bene all’epoca preziosissimo, ma anche acciughe e altri prodotti del mare. Al di là dei monti quella merce entrava nelle cucine, dove veniva trasformata, tra l’altro, in bagna càuda, piatto tipico della tradizione piemontese.
Questo reticolo di vie comunicazione ha preso il nome di Via del Sale, anche se sarebbe più corretto parlare al plurale di Vie del Sale. Tante , infatti, sono le varianti che dalla costa ligure portano oltre i monti.
Strade commerciali, dunque. Ma anche strade percorse nei secoli dai pellegrini in cammino verso Santiago de Compostela o verso Roma. Un’infrastruttura di base che poi, tra l’Ottocento e il Novecento, è stata ampliata per costruire strade militari al servizio delle fortificazioni di confine tra Francia e Regno Sabaudo e poi Regno d’Italia. La Via del Sale di oggi (anche detta “Alta Via del Sale”) sfrutta le antiche carrarecce realizzate negli ultimi due secoli: un vero capolavoro di ingegneria militare. Molte le fortezze e le caserme che si incontrano lungo la strada. Facevano parte del Vallo Alpino Occidentale: anche queste testimonianza interessantissima del genio militare del XIX e XX secolo.

Il punto di partenza è Limone Piemonte, in provincia di Cuneo. Da lì si sale al Col di Tenda a oltre 2.200 metri di altezza. L’arrivo è a Ventimiglia (Imperia) o – secondo le varianti - a Sanremo. Sono circa 125 chilometri di strade sterrate a tornanti, in parte ben mantenute, in parte meno. Comunque tutte percorribili non solo in mountain bike, ma anche in jeep. La strada è aperta, secondo le condizioni meteo, indicativamente da fine giugno a inizio a ottobre. Per cinque giorni alla settimana, dal mercoledì alla domenica, è accessibile anche ai veicoli a motore (fuoristrada e moto), sia pure in misura contingentata e a pedaggio. Per i ciclisti la quiete è assicurata il lunedì e il martedì. In bici il percorso è abbastanza impegnativo e richiede due giorni con pernottamento in rifugio a metà strada. Malgrado si parta dalla montagna per scendere verso il mare, non è tutta discesa. Al contrario. È un continuo saliscendi. Bisogna mettere in conto circa 2.500 metri di dislivello in salita. Ma la fatica è senz’altro ripagata. Il percorso offre una straordinaria varietà di paesaggi e di biotopi: nella prima parte marmotte, stambecchi, aquile, larici ed abeti; al traguardo gabbiani, ulivi e palme. Arrivati a Ventimiglia il premio finale: un rigenerante bagno in mare.
Fra le tante varianti di questo itinerario i ciclisti più esperti sono attratti da un passaggio molto tecnico di una decina di chilometri lungo il fianco Nord del monte Toraggio. A tratti non è pedalabile. È molto esposto su un precipizio; quindi anche pericoloso. Decisamente sconsigliato per chi non abbia un’ottima bici e una perfetta tecnica di guida. Il cicloviaggio può essere affrontato con le proprie forze a condizione che si abbia buona esperienza di montagna e di cartografia e che si disponga di un’attrezzatura e di un allenamento adeguati. Chi, invece, voglia godersi questo itinerario in tutta tranquillità può rivolgersi a un tour operator. Tra questi ConiTours di Cuneo, che offre l’assistenza di guide di mountain bike altamente professionali. Per i meno allenati, infine, c’è sempre l’opzione validissima e sempre più diffusa della bici a pedalata assistita.
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