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Venezia. A Palazzo Grassi Luc Tuymans e la pelle dell'immagine

Luc Tuymans, "Turtle" (2017). Venezia, Palazzo Grassi

da Avvenire
Da alcuni anni le mostre della collezione Pinault a Venezia si configurano come una lauta entrée del ricchissima offerta che nella Biennale ha il centro. Palazzo Grassi, dopo la ridondanza della fabula di Damien Hirst nel 2017 e la pittura postideologica di Albert Oehlen l’anno scorso, ospita la prima personale italiana dell’artista belga Luc Tuymans, “La Pelle”.
La mostra, splendidamente allestita, è a cura di Caroline Bourgeois e dello stesso Tuymans, assai attivo anche come curatore, veste nella quale ha firmato recentemente Sanguine, alla Fondazione Prada a Milano, sul barocco storico e contemporaneo. Luc Tuymans muove sempre da un’immagine trovata, intesa come un’operazione di astrazione rispetto al reale, mentre la fisicità del dipinto mantiene salda la necessità dell’esperienza. Nel passaggio dalla riproduzione meccanica (trovata su un libro o sul web) al quadro, l’immagine è sottoposta a una serie di passaggi: viene rifotografata, oppure dipinta e quindi rifotografata, di solito con tecnologie a “bassa risoluzione” (come la Polaroid). A ogni passaggio si perdono informazioni mentre cresce il tasso di “rumore” e la leggibilità diminuisce. Con il riversamento, tecnico o tecnologico, l’immagine diventa altro, come un testo che venga tradotto di lingua in lingua. Nell’oggetto che arriva appeso alle pareti qualcosa resta per sempre lost in translation.
Ci sono però “due” Tuymans. Il primo, che corrisponde agli anni 80 e 90, è un artista estremamente interessante. Le sue immagini sono dure, dipinte con un bisturi. È una pittura secca, a tratti persino gessosa, concentrata, violenta. I tagli sono spesso brutali, come brutale è la forza con cui l’immagine si riversa su chi guarda. Gli occhi chiusi di Albert Speers in Secrets, il corpo fantoccio di Body (entrambi del 1990), l’insetto kafkiano di Superstition (1994), il coniglio fantasma di The Rabbit (1994) e soprattutto la cruda oggettività di Der diagnostische Blick, serie del 1992 in cui Tuymans prende spunto dalle illustrazioni di un volume medico (Diagnostica a prima vista). È una linea che resiste almeno fino a Orchid (1998) e ai primi anni Duemila, come nel notevole Bend Over (2001), pure desunto da un volume di medicina: sono immagini che escludono ogni neutralità e dalla violenza tanto più forte perché compressa in un sottotesto psicanalitico.
Non sembra essere un caso che le tele degli anni 80 e 90 siano quasi tutte di piccolo e medio formato, a volte piccolissimo: dimensioni che garantiscono la massima concentrazione in un rapporto paritario con chi guarda. Ma dalla metà degli anni 2000 Tuymans si gonfia pittoricamente – le immagini si sfaldano, i colori si dilavano – e dipinge formati sempre più grandi. E insieme si estetizza. Per inteso, Tuymans resta un grande pittore: il tritticoMurky Water (2015) è un capolavoro nel suo galleggiare tra fascino pittorico e immagine patologica. Ma qualcosa evapora.
Lo spartiacque è segnato dall’ingresso del digitale nella storia delle immagini: nella loro creazione, nella loro fruizione, nella loro disseminazione. Un’opera chiave nella presa di coscienza in Tuymans nello scarto irreversibile è il dittico Against the day, un altro dei vertici della mostra nella sua enigmatica inquietudine domestica. L’artista si accorge di un’analogia iconografica con Il guardiacaccia di Khnopff (1883) ma, osserva, «la luce era del tutto diversa, ed era chiaro che la mia veniva dall’era digitale (...) questo significa che ogni epoca ha una specifica qualità alla quale è possibile risalire proprio per via visiva».
I soggetti della seconda fase della sua pittura sono disparati: si va dai criminali all’iconografia dei totalitarismi, oggetti che rimandano alla storia del Novecento, particolari di opere d’arte, molto cinema, elementi quotidiani, programmi tv. Tuymans parte da dove era arrivato Gerhard Richter con il suo ciclo 18 Oktober 1977 (1988), dedicato alla cattura e alla morte dei membri della banda Baader- Meinhof: una serie che condensa simbolicamente i dipinti “grigi”, di cui ne costituiscono il commiato. È un lavoro epocale, in cui Richter si confronta con il problema antico della pittura di storia nell’epoca dell’informazione di massa. Pittura senza centro, senza ancoraggi: ogni punto a cui fissarsi cede nel momento in cui lo si agguanta.
Tuymans ne prosegue il tracciato ma la superficie su cui camminare è fragile, come aveva intuito il pittore tedesco. Lo sfasamento, che in Richter è inafferrabilità della pittura e impredicabilità del reale, in Tuymans non sfugge al rischio di diventare maniera. Se nelle opere della prima fase il rapporto tra linguaggio e contenuto è essenziale all’economia dell’immagine, nel Tuymans attuale il contenuto appare non di rado come una sovrastruttura: mentre prima bastava la percezione di un segnale forte per quanto oscuro, ora è richiesta una spiegazione a latere, un sostegno esterno. Il contenuto è un congegno mentale che serve a dare un valore etico, avvertito come necessario (esemplare è Schwarzenheide, l’iperdecorativo mosaico allestito nel cortile di palazzo Grassi, che riproduce un disegno realizzato in un campo di concentramento) a una pittura che è tutta proiettata al proprio interno. Il che di per sé non è un problema, perché è lì che brucia il cuore del fatto artistico: lo dimostra un lavoro come Candle (2017).
Il processo progressivo di scollamento tra immagine e pittura finisce così per rendere fragile il legame tra questa e il tema del potere (delle istituzioni, delle immagini...), che vorrebbe essere il cuore della riflessione. C’è forse un limite nell’opera di Tuymans, presente anche in Sanguine (nella mostra milanese era di carattere storico), di una visione che si fa più debole quanto più cresce in ambizione. Lo si nota nella scelta stessa di intitolare la mostra La Pelle, in relazione al romanzo di Curzio Malaparte. Per quanto la figura dello scrittore sia scelta come emblema dell’ambiguità, a Tuymans probabilmente sfuggono la reale complessità della figura (definito, banalmente, dall’artista «megalomane») quanto quella di un romanzo come La pelle che affonda la sua lingua nel racconto di un male non «banale» ma totale per quanto del tutto privo di una prospettiva metafisica: una esplorazione della natura più tragica e profonda dell’animale uomo che abbandonate le vesti stracce della morale si abbandona all’istinto di sopravvivenza.
Se dunque per Tuymans l’arte non illustra la realtà ma la problematizza, restituendola allo spettatore come una forma interrogativa, alla fine del percorso gira sotto la lingua una domanda amara: e se la patina diafana del secondo Tuymans nascondesse in realtà il tradimento di se stesso? Se nello squamarsi dei passaggi di stato anche l’autenticità del pittore fosse finita lost in translation?
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A Punta della Dogana prosegue la tradizione di mostre collettive che riorganizzano sotto particolari punti di vista le opere della collezione Pinault. Luogo e segni, a cura di Mouna Mekouar e Martin Bethenod, sceglie una cifra (letteralmente) poetica, scegliendo come guida i versi e i temi della poetessa libanese Etel Adnan (Beirut, 1925). E nel catalogo (Marsilio, come anche per Tuymans: entrambi volumi magnificamente curati) alle opere degli artisti sono accostate liriche di autori diversi.
Come nelle mostre precedenti il percorso è rarefatto e non di rado arduo ma quest’anno c’è una bella corrispondenza tra idea e allestimento, che valorizza la dimensione sorprendentemente intima di uno spazio come quello creato da Tadao Ando. Uno dei temi chiave della mostra – insieme all’amicizia e alla memoria– è infatti il rapporto con gli ambienti e quello tra questi e la laguna. Luogo e segni prende il titolo da un’opera di Carol Rama, un metaforico autoritratto. Senza l’incontro con lo spazio e la sua interpretazione l’artista perde la sua libertà. Un continuo gioco di rispecchiamento e trasformazione, che si adegua al mutare della luce e dell’ora. In questo senso è forse la mostra più “veneziana” tra quelle allestite a Punta della Dogana.
Venezia, Palazzo Grassi
Luc TuymansLa PelleFino al 15 dicembre

Venezia, Punta della DoganaLuogo e segniFino al 15 dicembre

Turismo. Così si formano gli animatori

Così si formano gli animatori

da Avvenire
Club Esse, catena alberghiera italiana con una quindicina tra villaggi e resort in Sardegna, Sicilia, Calabria e Abruzzo, da sette anni raduna i propri animatori e i vertici del personale (capistruttura, direttori, chef, capiservizio in tutte le aree clou, dalla cucina al ricevimento, al servizio in sala) per vivere giornate di aggiornamento professionale e di condivisione. Quest’anno l’appuntamento è da domenica 28 aprile a mercoledì 1 maggio al Club Esse Mediterraneo di Montesilvano, sul litorale a nord di Pescara. La quattro-giorni di formazione professionale e team building si chiama App ed è pensata in particolare per gli animatori, sia per dare una prima infarinatura – fatta di istruzioni base e linee guida – a chi si avvicina al mestiere, sia per aggiornare le competenze di chi invece ha già anni di esperienza ma vuole migliorare la propria professionalità e rinverdire l’entusiasmo.

«Uno dei punti di forza di Club Esse sta proprio nella dedizione e nell’entusiasmo dei suoi professionisti, persone che vivono con passione il proprio lavoro, sempre capaci di accogliere col sorriso - conferma infattiAntonia Bucciero, product manager del Gruppo -. Un’atmosfera che gli ospiti nazionali e internazionali avvertono e apprezzano. Per questo ci impegniamo anno dopo anno a fare crescere la motivazione, la coesione e anche la fidelizzazione di chi lavora con noi». Ad App parteciperanno circa 200 persone: oltre alle figure apicali dei vari servizi nelle 14 strutture, tutti gli animatori che allieteranno la stagione 2019, sia quelli che hanno appena superato il lungo tour di selezione, sia quelli che da anni fanno parte della famiglia Club Esse. Questo permetterà loro di conoscersi, amalgamarsi anche attraverso giochi ad hoc e spettacoli da mettere in scena l’ultima sera, trasferire conoscenze ed esperienze, condividere idee e progetti. Insomma, fare squadra. Inoltre, verranno fornite tutte le informazioni legate ai prodotti, incluse le novità tese ad arricchire l’offerta della prossima estate. Nelle ultime edizioni si sono susseguiti coach di tutto rispetto, provenienti dal mondo dello spettacolo e da quello della comunicazione, come Giampiero Ingrassia, Mattia Inverni e Mauro Simone, stelle del musical italiano, o come Altea Russo e Giorgio Napolitano, performer, cantanti e ballerini professionisti.

1,5 mln in più di italiani in vacanza in estate



travelnonstop.com

Un italiano su due sta pensando a cosa mettere in valigia per il lungo ponte di aprile e ben 9 su 10 pensano di andare in vacanza nell’estate 2019. È quanto emerge dall’indagine condotta da Italiani.Coop per Robintur sulle intenzioni di viaggio degli italiani nel corso di quest’anno.
Secondo lo studio, gli intervistati che hanno intenzione di regalarsi un vacanza questa estate sono l’89%, l’1% in più di chi aveva la stessa idea un anno fa e ben il 4% di chi realmente si è concesso una pausa estiva nel 2018.
“Se le previsioni saranno confermate dalle partenze reali, questa estate avremo un milione e mezzo in più di italiani in vacanza”, spiega Albino Russo, direttore generale di Ancc-Coop. Il 51% degli italiani, inoltre, pensa di partire anche tra Pasqua e il Primo Maggio, ma soltanto il 7% farà il ponte lungo.
Per 4 vacanzieri su 10, il ponte sarà in Italia e “low budget”, solo pochi fortunati viaggeranno all’estero con tutti i comfort (8%). Il 42% si recherà in città e luoghi d’arte, il 28% al mare, il 19% in montagna mentre il 9% ha scelto un viaggio itinerante (tour o crociera).
Tra coloro che dovranno rinunciare alle partenze estive, invece, ben il 57% lo farà “perché non se lo può permettere”, il 23% per “problemi di lavoro e studio”, il 15% per cause “personali e familiari”, il 12% “perché non ha voglia” e il 10% per motivi di salute.
Anche quest’anno per le ferie estive gli italiani preferiscono di gran lunga il mare (55%). Come trend crescono le spiagge e la voglia di natura e montagna, mentre calano le città, i tour, le crociere. Sei su dieci hanno già prenotato. Si sceglie l’Italia in oltre 6 casi su 10 (63%), con soggiorni più brevi e spesa in lieve crescita.
“Del resto per il viaggio estivo l’80% degli italiani è disposto a risparmiare su pranzi e cene fuori, ma anche sul carrello della spesa (40%)”, sottolinea Russo. Nell’epoca di internet si conferma la ‘vacanza fai da te’ (il 73%) ma cresce la fiducia verso le agenzie di viaggi: il 36% le sceglie per la fiducia, il 41% per il miglior rapporto qualità-prezzo.
Tra le mete estere più in voga ci sono le Maldive, Stati Uniti, Egitto e Australia, ma le destinazioni più gettonate rimangono Spagna, Grecia e Croazia. Per l’Italia i must-go sono Sicilia, Puglia e Emilia-Romagna, mentre crescono Abruzzo, Trentino Alto-Adige, Valle d’Aosta e Calabria. Appassionati di cibo e ambientalisti anche in vacanza, gli italiani viaggiano sempre più spesso con il loro amico a quattro zampe: quattro su dieci (44%) porteranno l’animale domestico con sé (erano il 32% nel 2018) e il 64% è disposto anche a pagare fino al 30% in più per i servizi pet-friendly.
Le intenzioni sulle vacanze che emergono nella ricerca sono confermate ‘sul campo’ nelle 300 adv del Gruppo, presente in tutta Italia con le insegne Robintur e Viaggi Coop. Il portafoglio turismo di Robintur per le partenze della prossima estate (da giugno a settembre) è in crescita di quasi un quarto (+23%) sullo stesso periodo dello scorso anno, e il numero di passeggeri segna un incremento del 21%. Della rinnovata voglia di viaggiare beneficia soprattutto l’Italia, che è la destinazione che cresce di più. Continua così il trend positivo del 2018, chiuso da Robintur Travel Group con un volume d’affari diretto di 265 milioni di euro, in crescita di 15 milioni sul 2017 e compreso il ramo business travel della controllata BTExpert, e di oltre 500 milioni di volume d’affari indiretto con la rete integrata. L’anno scorso, Robintur Travel Group ha generato una redditività di oltre un milione di euro, superiore agli obiettivi.

Cosa vedere ad Argirocastro (Gjirokastër), Albania

Castello Di Argirocastro Attrazioni Turistiche In Albania

Gjirokastër (Argirocastro) è una delle città più importanti del Sud dell’Albania, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO

Arroccata nel lato orientale della Montagna Larga (Mali i Gjërë), la città di Gjirokastër venne fondata come un castello nel quarto secolo; castello il quale rappresenta adesso il più grande dell’intera Albania. Dentro la fortezza si può trovare il Museo delle Armi, dove vengono esposte armi di periodi diversi fino ad arrivare alla Seconda Guerra Mondiale.

L’origine della città prende il via proprio con il castello di Argirocastro, costruito nel IV secolo D.C.

La città prese il nome di Argyrokastro nel 1336. Nel 1417 venne conquistata dall’armata ottomana. Raggiunse poi il proprio culmine nel periodo 1800-1830, quando vennero costruite le caratteristiche case ottomane.

La peculiarità principale di Argirocastro, infatti, è l’uso intensivo di pietra nella costruzione delle case, le quali assomigliano a piccole fortezze, con le strade di ciottoli che portano tutte a Bazaar. Qui si può anche visitare la Moschea di Bazaar, costruita nel 1557. Date tutte queste caratteristiche, Argirocastro è anche conosciuta come la “Città di Pietra”.
Luoghi da visitare a Gjirokastër
Il museo delle armi
Il museo etnografico
Il castello della città
I resti del sito archeologico di Adrianapoli
Il sito archeologico di Antigonea
La moschea Pajaz Khan
La chiesa della croce di Labove

Il monumento più importante della città è il castello, che è il più grande in Albania. Dentro al castello, si può visitare il Museo delle Armi, aperto nel 1971. Vengono esposte armi dall’età preistorica alla Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, il Festival Nazionale della Musica Folcloristica è stato ambientato proprio nel castello durante gli anni.

Durante la permanenza a Gjirokastër, potete visitare il Museo Etnografico, che si trova nella casa dov’è nato l’ex dittatore comunista Enver Hoxha. Questa casa (oggi un museo) si trova nel quartiere Palorto.

Si può anche visitare la casa della famiglia Zekati in Palorto, in una posizione dominante, la quale ha subito molti restauri nel corso degli anni. È uno degli edifici più caratteristici e magnifici di Gjirokastër. Costruito nel 1811-1812, è uno splendido edificio di tre piani e ha anche due torri gemelle.

La caratteristica speciale della casa è il soffitto in legno intagliato e la tradizionale stanza per gli ospiti. Dal balcone di legno al terzo piano è possibile godere di una vista impressionante della città.

Altri edifici tradizionali da visitare sono Casa Angonati, la casa appena restaurata di Babaramo, casa Skendulaj, casa Eqrem Çabej sotto restauro, casa Kikino e molte altre, ma anche la statua della piazza principale dedicata al patriota Cerciz Topulli e molti altri importanti monumenti religiosi della setta dei Bektashi e della religione ortodossa.

Uno dei posti famosi da visitare al “Sokaku i të Marrëve” (Via dei Pazzi) è la casa ricostruita del famoso scrittore albanese Ismail Kadare.

La città di Gjirokastër è anche conosciuta per la sua arte culinaria. Si possono menzionare piatti tipi come “pasha qofte”, “shapkat”, “oshaf” con fichi secchi (un dolce con latte di pecora, zucchero e fichi secchi), ecc.

Matera. A scuola di turismo esperenziale

Un percorso formativo per trasformare una passione in un lavoro grazie alle nuove opportunità offerte dal turismo esperienziale: è questa l’idea alla base della Matera 2019 Experience Academy, realizzata da Airbnb e Fondazione Matera-Basilicata 2019 in collaborazione con Destination Makers, Cna Giovani Imprenditori Matera e la Camera di commercio della Basilicata. L’iniziativa si svolgerà dal 30 maggio al 2 giugno nella città lucana Capitale europea della cultura, e le candidature per la partecipazione saranno aperte fino al 21 aprile.
Matera 2019 Experience Academy rappresenta il primo esempio di percorso formativo che insegnerà a 25 aspiranti imprenditori e imprenditrici del turismo esperienziale a sfruttare il proprio talento e le competenze per valorizzare nuove forme di turismo sostenibile legate al territorio, anche attraverso le Esperienze Airbnb, la formula di ospitalità in cui l’host non offre un alloggio, ma condivide il proprio tempo, passione o talento con i viaggiatori. Questa attività si inserisce nella più ampia collaborazione tra Airbnb e Fondazione Matera Basilicata 2019, con l’obiettivo di coinvolgere viaggiatori e locali in progetti di turismo sostenibile e di cittadinanza temporanea nell’anno di Matera Capitale della cultura.

«In un momento in cui il turismo rappresenta una porzione sempre più rilevante delle economie di tutto il mondo, Airbnb è impegnata a far sì che le persone e le comunità locali possano beneficiare al massimo di questo fenomeno. La nostra piattaforma e il suo modello di community sono alternative al tradizionale turismo di massa, e anticipano il diffondersi dell’esperienzialità del viaggio. Con questa ‘scuola’ vogliamo dare l’opportunità a persone motivate di cogliere i cambiamenti in atto e provare a reinventarsi, perché no, magari diventando host di Esperienze», ha dichiarato Matteo Frigerio, amministratore delegato di Airbnb Italia.

«Parte un altro progetto di eccellenza per una città come Matera che sta dimostrando di innovare sia sul tema della fruizione culturale sia dell’accoglienza al visitatore. Per contrastare il fenomeno dell’overtourism, crediamo infatti sia necessario l’approfondimento e la specializzazione di competenze di chi è chiamato ad ospitare quelli che noi chiamiamo 'cittadini temporanei'», ha commentato Paolo Verri, direttore generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019.

I 25 partecipanti verranno selezionati dando la precedenza a progetti che coinvolgeranno Matera e tutto il Sud Italia, e avranno l’occasione di sviluppare non soltanto conoscenze e strumenti, ma anche di costruire una rete di contatti. Il programma dell’Academy si articolerà su quattro giorni di lezioni, workshop e incontri ispirazionali, che si terranno dal 30 maggio al 2 giugno presso le Monacelle di Matera. Le facilitazioni per partecipare all’Academy includono vitto e alloggio. I partecipanti avranno la possibilità di sperimentare e testare ogni aspetto della propria idea, per prepararsi all’inizio di una nuova avventura. Durante questo percorso, potranno infatti discutere i dettagli della propria proposta con professionisti italiani e stranieri, e si confronteranno riguardo le diverse fasi di ideazione, progettazione, comunicazione, racconto e vendita.

Inoltre, saranno presenti alcuni host di Esperienze Airbnb che condivideranno la storia della propria attività, e i traguardi raggiunti attraverso il turismo esperienziale. Le Esperienze Airbnb sono attività promosse da abitanti del luogo, che coinvolgono i viaggiatori trasmettendo loro qualcosa dal punto di vista di una persona del posto. Al momento, il nostro Paese è il secondo mercato al mondo dopo gli Stati Uniti per queste proposte. Tra le oltre 3.400 Esperienze presenti in Italia, poco meno di un migliaio si trovano nel Sud Italia.
Avvenire