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ENIT AL TOURISM EXPO JAPAN 2019



La cultura in autunno porta allo svago e al mare: i tour in Italia dei giapponesi partono dalle città d’arte che diventano pretesto per visitare anche località marittime e di intrattenimento. Oltre 4 milioni di giapponesi preferisce pernottare in Italia portando ricchezza per 949 milioni di euro. Le regioni più frequentate sono Lazio, Toscana, Veneto, Lombardia e Campania. Insieme rappresentano l’80,5% del totale speso dai viaggiatori giapponesi in Italia. La comodità prima di tutto se il 98,4% dei nipponici sceglie le strutture alberghiere e solo lo 0,6 per cento la casa di parenti e amici. Il foliage fa venir voglia di cultura e arte: buone le prospettive di vendita del brand Italia in autunno per l’86% degli operatori giapponesi contattati. in pole position Venezia, Firenze, Roma e Milano abbinate a mete campane come Capri e Amalfi. Così Enit- Agenzia Nazionale del Turismo per attingere a nuovi mercati potenziali e stimolare un'ulteriore crescita sarà presente con uno stand e attività promozionali al Jata Tourism Expo Japan dal 24 al 27 ottobre in Giappone

ENIT PROMUOVE IL TURISMO DEL LUSSO A NEW YORK



I maggiori player della travel industry USA sono pronti ad incontrare l’Italia, le sue regioni ed i suoi operatori in un’occasione irripetibile: il workshop “Italian Luxury” 2019, organizzato dall’Agenzia Nazionale del Turismo, in collaborazione con Virtuoso, Signature e The Travel Leader Network, che si terrà dal 29 al 30 ottobre 2019 (29 ottobre Virtuoso only). Networking, business matching, marketplace, seminari e testimonianze di esperti, aziende e giornalisti di settore per un programma imperdibile: una due giorni dedicata al lusso ed al made in Italy nel turismo.

Turismo e lavoro. A Paestum apre la Borsa archeologica

All'ombra dei templi quattro giorni - da giovedì 14 a domenica 21 novembre - dedicati alle opportunità offerte dai beni culturali

È tutto pronto per la Borsa mediterranea del turismo archeologico (Bmta) - fondata e diretta da Ugo Picarelli - di Paestum (Salerno). Da giovedì 14 a domenica 17 novembre prende il via la XXII edizione di questo evento che riesce a mettere insieme gli aspetti più diversi di questa particolare tipologia di turismo. Obiettivo dell’iniziativa è promuovere i siti e le destinazioni di richiamo archeologico, favorire la commercializzazione, contribuire alla destagionalizzazione e incrementare le opportunità economiche. Da sottolineare, inoltre, lo sviluppo della cooperazione tra i popoli che l’evento persegue con la presenza annuale di Paesi non solo del Mediterraneo e attraverso il confronto e lo scambio di esperienze con la partecipazione di 300 relatori, 100 giornalisti accreditati, 120 operatori dell’offerta e lo svolgimento di 60 tra conferenze e incontri. 

«La Borsa - spiega Ugo Picarelli - si conferma un evento originale nel suo genere: sede dell’unico Salone espositivo al mondo del patrimonio archeologico e di Archeo Virtual, l’innovativa mostra internazionale di tecnologie multimediali, interattive e virtuali; luogo di approfondimento e divulgazione di temi dedicati al turismo culturale e al patrimonio; occasione di incontro per gli addetti ai lavori, per gli operatori turistici e culturali, per i viaggiatori, per gli appassionati; opportunità di business con il Workshop con i buyer esteri e nazionali e l’offerta del turismo culturale e archeologico».

Il turismo culturale e il paesaggio culturale valgono una fortuna in Italia: 21 miliardi di euro, il 66% della spesa totale internazionale. Entrando nel dettaglio è risultato che 55 milioni sono stati i visitatori che nel 2018 hanno deciso di visitare i beni culturali statali (monumenti, musei, parchi archeologici etc). Una crescita del 44% in cinque anni rispetto ai 38 milioni del 2013. Il turismo culturale in Italia tende però a concentrarsi ancora nelle mete più conosciute: oltre 84 milioni sono le presenze nelle prime dieci città d’arte, ovvero Roma, Milano, Firenze, Venezia, Torino, Napoli, Bologna, Verona, Genova e Pisa. Per quanto riguarda la spesa per il turismo culturale in italia, sono gli stranieri a spendere di più: nel 2018 la spesa degli stranieri è stata pari a 15,5 miliardi di euro, +11% rispetto al 2017. Un turista straniero che viaggia per motivazioni culturali spende 129 euro, +21% rispetto ai 106 euro della media dei turisti stranieri. Crescono anche i visitatori dei musei e siti statali che nel 2018 hanno superato la quota di 55,5 milioni. In particolare, dal 2010 al 2018 la crescita media annua degli introiti nei musei è stata del +10,3%. Roma si conferma al primo posto con 22,9 milioni di visitatori nei propri musei, +81% rispetto a sette anni fa. Seguono Firenze (sette milioni, +42%), Napoli (5,1 milioni, +181%), Pompei (3,7 milioni, +57%) e Torino(1,4 milioni, +58%). Buoni infine i dati relativi al turismo nei borghi italiani: le rilevazioni mostrano che nel 2018 gli arrivi sono stati 22,8 milioni, mentre le presenze ben 95,3 milioni. La spesa stimata è stata di 8,8 mld di euro, di cui il 57,3% generata da stranieri.

Grande attenzione viene posta nel corso della Borsa all’offerta degli Atenei e alle professioni legate al turismo archeologico: archeologo, guida, promotore. Ma anche l’interesse al digitale e alle tecniche innovative che consentono di ricostruire il passato. O la presentazione di start up che creano lavoro. «La Borsa - sottolinea il fondatore e direttore - è un grande contenitore con 12 sezioni. Era doveroso dedicare al mondo giovanile degli spazi e delle opportunità sull'orientamento. Non solo l'offerta formativa delle Università, ma anche il confronto diretto con i professionisti dei beni culturali, per dare una testimonianza dal vivo dei talenti italiani che lavorano anche all'estero e poter soddisfare le curiosità degli studenti, che potranno avere stimoli a creare anche un'attività in proprio».

La Borsa, con i suoi 100 espositori di cui 25 Paesi esteri, è sede del più grande Salone espositivo al mondo dedicato al patrimonio archeologico: luogo di approfondimento e divulgazione di temi dedicati all’archeologia e al turismo e occasione di incontro per addetti ai lavori, operatori turistici e culturali, viaggiatori, appassionati, mondo scolastico e universitario. Presenti per la prima volta: Agenzia di Strategia Turistica delle Isole Baleari, Ambasciata del Guatemala e Istituto Colombiano di Antropologia e Storia, Icomos Cina con una delegazione di 30 persone in rappresentanza di prestigiosi siti Unesco, Città Metropolitana di Reggio Calabria con il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, Confturismo Marche Nord, Crotone Sviluppo, Destinazione Turistica Romagna, Le Navi Antiche di Pisa, Rete Museale della Maremma.

WORKSHOP 
Il Workshop è un’opportunità di business tra la domanda e l’offerta del turismo culturale: gli operatori potranno incontrare buyer selezionati dall’Enit provenienti da otto Paesi europei (Austria, Belgio, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, Spagna, Svizzera) e, per la prima volta, un tour operator australiano specialista di viaggi culturali in Europa per College e High School. Inoltre, nell’intento di favorire l’incontro anche con la domanda nazionale, la Borsa ha invitato i tour operator specialisti delle destinazioni turistico-archeologiche italiane a partecipare come buyer al Workshop nell’ambito della nuova sezione ArcheoIncoming. 

LE SEZIONI 
ArcheoExperience, Laboratori di Archeologia Sperimentale per la divulgazione delle tecniche utilizzate dall’uomo nel realizzare i manufatti di uso quotidiano. 
ArcheoIncoming, Spazio espositivo e Workshop con i tour operator specialisti delle destinazioni italiane per sviluppare l’incoming del turismo archeologico.
ArcheoIncontri, Conferenze stampa e Presentazioni di progetti culturali e di sviluppo territoriale. Al fine di promuovere al meglio le destinazioni archeologiche internazionali, per la prima volta i Paesi Esteri Espositori avranno la possibilità di divulgare la propria offerta con la presentazione dei siti e degli itinerari archeologici del proprio Paese.
ArcheoLavoro, orientamento post diploma e post laurea con la presentazione dell’offerta formativa a cura delle Università presenti nel Salone. Premio “Antonella Fiammenghi” alla migliore tesi di laurea sul turismo archeologico.
ArcheoStartUp, Spazio espositivo e presentazione delle startup in collaborazione con l’Associazione Startup Turismo che riunisce giovani imprese che offrono nuovi prodotti e servizi digitali nel turismo culturale e nei beni culturali. 
ArcheoVirtual, l’innovativa mostra internazionale di tecnologie multimediali, interattive e virtuali.
Conferenze, dove Organizzazioni Governative e di Categoria, Istituzioni ed Enti Locali, Associazioni Culturali e Professionali si confrontano su promozione del turismo culturale, valorizzazione, gestione e fruizione del patrimonio.
Incontri con i Protagonisti, il grande pubblico incontra i più noti Divulgatori culturali, Archeologi, Soprintendenti, Direttori di Musei, Docenti Universitari, Giornalisti. 
International Archaeological Discovery Award “Khaled al-Asaad”, in collaborazione con Archeo, il Premio alla scoperta dell’anno intitolato all’archeologo di Palmira che ha pagato con la vita la difesa del patrimonio. Le cinque scoperte archeologiche del 2018 selezionate dai media partner internazionali della Borsa (Antike Welt - Germania, Archéologia - Francia, as. Archäologie der Schweiz - Svizzera, Current Archaeology - Regno Unito, Dossiers d’Archéologie - Francia) in occasione della V edizione del Premio sono: 

- Bulgaria: nel Mar Nero il più antico relitto intatto del mondo
- Egitto: a Saqqara a sud del Cairo un antico laboratorio di mummificazione
- Giordania: nel Deserto Nero il pane più antico del mondo
- Italia: l’iscrizione e le dimore di pregio scoperte a Pompei
- Svizzera: la più antica mano in metallo trovata in Europa
Premio “Paestum Archeologia”, assegnato a quanti contribuiscono, con il loro impegno, alla valorizzazione del patrimonio culturale, alla promozione del turismo archeologico e al dialogo interculturale. Domenica 17 novembre verrà conferito il Premio “Paestum Archeologia” postumo a Sebastiano Tusa, per onorare la memoria del grande archeologo, dello studioso, dell’amico della Borsa, ma soprattutto dell’uomo del Sud, che ha vissuto la sua vita al servizio delle istituzioni per contribuire allo sviluppo locale e alla tutela del Mare Nostrum. Nel corso della Conferenza, sarà proiettato il film documentario “Pantelleria. Un’isola nel tempo: incontro con Sebastiano Tusa”, che Tusa realizzò con Folco Quilici e che volle presentare alla Borsa nel 2008 in occasione del decennale. Il Premio sarà ritirato da Valeria Patrizia Li Vigni, Consorte di Tusa e neo Soprintendente del Mare della Regione Siciliana, che presenterà il libro “The site of the Battle of the Aegates Islands at the end of the First Punic War”, volume a cura di Sebastiano Tusa e Jeffrey G. Royal (la data della battaglia navale delle Egadi, combattuta il 10 marzo del 241 a.C. tra flotte romane e cartaginesi - queste ultime alla fine sconfitte - coincide con il giorno e mese della scomparsa di Tusa, avvenuta nel disastro aereo in Etiopia il 10 marzo 2019).

AUDIZIONE PUBBLICA DEL CESE SU CULTURA E TURISMO
Venerdì 15 novembre si svolgerà l’Audizione Pubblica “Una nuova agenda europea per il turismo e la cultura” del CESE Comitato Economico e Sociale Europeo, organo consultivo dell’Unione Europea, che comprende rappresentanti delle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro e di altri gruppi d’interesse. Il Comitato ha per compito fondamentale la formulazione di pareri nei principali settori dell’attività comunitaria, destinati alla Commissione Europea, al Consiglio dell’Unione Europea e al Parlamento Europeo, fungendo così da ponte tra le Istituzioni decisionali dell’UE e i cittadini dell’Unione. Interverranno il Presidente del CESE Luca Jahier e i protagonisti del turismo e della cultura europei e nazionali.

IV CONVEGNO INTERNAZIONALE 
Per il secondo anno consecutivo, nell’ambito della Borsa, si svolgerà il Convegno Internazionale “Dialoghi sull’Archeologia della Magna Grecia e del Mediterraneo” organizzato dalla Fondazione Paestum dal 15 al 17 novembre nelle sale dell’Hotel Esplanade: giunto alla quarta edizione, avrà quale tema “Fenomenologia e interpretazioni del rito”.
Il Convegno sarà come al solito diviso in due parti: la prima sarà occupata dalle relazioni di illustri studiosi italiani e stranieri che si occuperanno dell’antropologia del rito attraverso riflessioni teoriche e di una serie di casi di studio emersi da alcune recenti spettacolari scoperte archeologiche; nella seconda, circa 60 relatori e 25 autori di poster presenteranno le più importanti ricerche in corso nel Mediterraneo antico con relazioni sia attinenti in gran parte al tema generale, ma anche con comunicazioni relative alle ricerche personali dei singoli studiosi.

ALLA BMTA CON ARCHEOTRENO
Oltre alla rinnovata partnership con Trenitalia, vettore ufficiale, che riserverà ai visitatori il 30% di sconto, dal 14 al 16 novembre sarà disponibile per la prima volta il servizio ArcheoTreno, a cura della Fondazione FS Italiane, che permetterà di raggiungere Paestum da Napoli e Salerno a bordo di un treno storico composto dalle carrozze “Centoporte” degli anni ’30, trainate da una locomotiva elettrica degli anni ’60 in livrea d’origine.

Per ulteriori informazioni: www.bmta.it.

Nepi, cosa ha di speciale l'acqua benefica della Tuscia

nepi cascate


Piccolo gioiello della Tuscia viterbese, Nepi vanta origini antichissime probabilmente legate all'abbondante presenza di acque benefiche sul suo territorio, come testimonierebbe il suo stesso nome che deriverebbe dal termine "nepa" che, in lingua etrusca, significa proprio "acqua". Il paese sorge, infatti, su un vasto promontorio tufaceo incorniciato tra due gole all'interno delle quali scorrono i due torrenti Puzzolo e Falisco che vi confluiscono dopo aver formato perenni cascate.

La presenza dell'uomo sul territorio è testimoniata sin da epoca preistorica ma, secondo la leggenda, la città venne fondata oltre 500 anni prima dell'avvento dei Romani che la inglobarono, poi, tra le proprie conquiste proprio, probabilmente, per la presenza di prodighe sorgenti. I Romani furono, infatti, noti cultori dell'acqua alla quale dedicarono opere ingegneristiche all'avanguardia, una delle quali realizzata proprio a Nepi dove ancora oggi, presso lo stabilimento, sono custodite le vestigia di un antico sistema di captazione dell'acqua e dove la famiglia dei Gracchi, nel II secolo a.C., costruì un rinomato centro termale.

Le acque di Nepi, dunque, godono di notevole apprezzamento sin da epoca antichissima ed ancora oggi costituiscono una risorsa preziosa. Come riportato negli scritti di Gabino Leto, che descriveva Nepi come "Città nobile e potente nei cui ubertosi campi sgorgano sorgenti di acqua salutari", l'acqua di Nepi sgorga da sorgenti immerse in una isolata valle di oltre 240 ettari adornata da una vegetazione lussureggiante, proveniendo da un bacino idrogeologico ubicato su terreni di origne vulcanica che le conferisce le caratteristiche organolettiche e qualitative che la contraddistinguono da secoli. Caratteristiche come la sua piacevole e delicata effervescenza e le sue apprezzate proprietà digestive.

Ma l'acqua è soltanto una delle attrazioni che rendono Nepi una meta ricca di fascino. Il borgo, infatti, custodisce numerose testimonianze del suo lungo passato, tra cui le belle chiese ed i palazzi nobiliari ed una magnifica fontana attribuita al Bernini, e sorge in una zona della Tuscia particolarmente ricca di attrattive adagiata ai piedi dei Monti Cimini, a due passi dal Lago di Vico ed a soli 45 chilometri dalla capitale.

turismo.it

Arte. Pisa: il nuovo Museo dell'Opera del Duomo è uno scrigno di «miracoli»

Molti i pezzi mai esposti nelle 25 sale. Un tesoro che va da Nicola e Giovanni Pisano a Tino di Camaino, da bronzi arabi al velo funerario dell'imperatore Enrico VII, “l'alto Arrigo” di Dante


Giovanni Pisano, "Madonna Eburnea" (1299), particolare. Pisa, Museo dell'Opera del Duomo (Nicola Gronchi/Opera della Primaziale di Pisa)

da Avvenire


« Imusei sono come alberi per i quali il passare del tempo implica la caduta di foglie e lo sviluppo dell’intera pianta». Parola dello storico dell’arte Marco Collareta, che quasi si emoziona nello spiegare il perché del nuovo Museo dell’Opera del Duomo di Pisa e della collocazione delle vecchie e nuove acquisizioni. Fuor di metafora, quello che da ieri è aperto al pubblico sulla Piazza dei Miracoli «è il museo di trentatré anni fa arricchito di nuovi importanti materiali, privato di alcune eccedenze e ripensato nei criteri espositivi in modo da restituire al meglio la valenza originaria delle opere».

Vista dall’ottica particolare delle finestre del museo, la stupenda piazza là fuori sembra un grande formicaio. I turisti continuano a farsi fotografare con la mano piegata a far finta di sorreggere la Torre Pendente. Solo una parte di loro entrerà a vedere l’austero e affascinante Cristo Borgognone, un legno dipinto della prima metà del XII secolo, o le storie di pietra e di marmo raccontate dai capolavori dagli artisti pisani del Medioevo.



La sala 8 del Museo dell'Opera del Duomo, dedicata ad Andrea e Nino PIsano (Nicola Gronchi/Opera della Primaziale di Pisa)

Ma forse è giusto così. Una raccolta di questo livello non è adatta al turismo del mordi e fuggi dettato dai tempi di un selfie. Qui la bellezza estetica si coniuga alla bellezza spirituale. Qui, per dirla con l’architetto Adolfo Natalini, uno dei curatori del progetto di allestimento, «i tempi e i luoghi, il sacro e il profano si radunano in una nuova alleanza»

C’è bisogno di capire la storia delle opere, gli spazi per cui furono concepite nella mirabile piazza attigua e il messaggio evangelico che questo catechismo di bellezza era ed è chiamato a dare in quanto sinonimo di verità, umiltà, giustizia, gioia e speranza. I capolavori esposti provengono infatti dal secolare cantiere della piazza. Si tratta di «una serie di opere, di volta in volta sostituite con altre più “attuali” o con copie, che hanno trovato dimora – spiega un altro progettista, l’architetto Giuseppe Lo Presti – nell’antica Casa capitolare trasformata in un museo inaugurato nel 1986. Prima di giungere qui, molte opere hanno migrato da un luogo all’altro nei monumenti della piazza, altre vi sono giunte da luoghi diversi, ma tutte insieme raccontano una miracolosa storia d’arte, di fede e devozione».

Il nuovo allestimento, così come lo illustra Pierfrancesco Pacini, presidente dell’Opera della Primaziale Pisana custode del Museo e del complesso monumentale della Piazza dei Miracoli, «si sviluppa attraverso 25 sale per un totale di 380 opere con l’ingresso anche di nuove opere restaurate come per esempio il trittico della Madonna in trono e santi, tempera e oro su tavola realizzata da Spinello Aretino o la corona, lo scettro, il globo e un raffinatissimo drappo dell’imperatore Enrico VII recuperati in occasione della ricognizione della sua tomba effettuata nel 2014».



Lupo di Francesco, "Tabernacolo Camposanto" (1320) particolare. Pisa, Museo dell'Opera del Duomo (Nicola Gronchi/Opera della Primaziale di Pisa)

Le tre anime della prima arte pisana – islamica, bizantina e classica – dialogano tra loro nelle sale del museo che raccolgono tarsie, bassorilievi e capitelli provenienti dalla facciata della cattedrale, assieme a quanto resta dell’originario arredo del presbiterio e alle spoglie arabe, un capitello marmoreo e un Grifo bronzeo. Della grande stagione della scultura medievale pisana, il museo accoglie opere di Nicola Pisano e del figlio Giovanni, di Tino di Camaino, Nino Pisano, fino ad Andrea Guardi, l’allievo di Donatello più attivo in città.

Ampio spazio è riservato all’esposizione del fastoso arredo liturgico medioevale. «Ma il percorso museale non finisce qui – avverte Collareta –. Usciti nel loggiato, i visitatori sono invitati a gettare lo sguardo sulla Torre prima di scendere al pianoterra. Mentre nel chiostro sono attesi da un’ultima grande manifestazione della scultura pisana al suo apogeo. Alcuni dei colossali busti del coronamento del Battistero sono allineati lungo la parete sinistra entro alloggiamenti che intendono suggerire l’intenso dialogo di queste statue con l’architettura. Autore ne è il giovane Giovanni Pisano, che si conferma così protagonista assoluto di questo museo».

Arte e sacro. Che cosa c'era sul leggio di Maria?

Nelle raffigurazioni dell’Annunciazione il libro su cui legge Maria compare tardi, dal IX secolo. Il filologo Michele Feo va a caccia delle tante ipotesi sul contenuto del volume

Antonello da Messina, “Vergine Annunciata” (1475 circa), particolare

da Avvenire

La storia della Madonna è un meraviglioso romanzo per immagini. Più misteriosa tra tutte l’Annunciazione perché è il mistero stesso di Maria. Ma anche la più rivoluzionaria nella storia dell’umanità, perché fonda il mondo dopo Adamo: il mondo da Gesù Cristo, origine del nostro tempo. E poi perché racchiude tutto il turbamento, anzi lo sconvolgimento, e insieme la concentrata tenerezza della Vergine prima che concepisca e nel suo stesso istante: l’anticipazione dell’aurora, prima che irrompa il giorno in lei, in ognuno di noi.

Le scarne parole di Luca e Matteo non sono prive di immagini potenti, anzi assolute: per Alberto Magno l’ombra non è l’oscurità – che non viene dalla somma luce – ma l’immagine specchiata dell’onnipotenza; tuttavia solo i Vangeli apocrifi ci mostrano le scene, gli oggetti, i simboli, che i pittori prediligono. In essi Maria è alla fonte, al pozzo con la brocca, poi in casa, intenta a filare scarlatto e porpora (colori della regalità) accanto a un vaso dove fiorisce il giglio di Gesù; più tardi ha con sé un libro aperto e talora lo legge.

Sono queste le raffigurazioni che si susseguono dovunque nei secoli, in molteplici varianti. Soprattutto impone infinite riflessioni la presenza del libro, che compare tardi, dal IX secolo, su un cofanetto d’avorio francese dall’aria regale. Perché quella ragazza umile e il libro, che fu strumento di distinzione, non solo per la sapienza, ma nelle classi sociali? E significava soprattutto autorevolezza, garanzia di verità? E cosa era scritto nel libro di Maria, oltre alle parole dei profeti, dei salmi, dei Vangeli, del Magnificat?

Si può rispondere che Maria stessa è un libro, contiene il passato e soprattutto il futuro: un libro profetico al massimo grado. Ma c’è quella commistione di realtà e di sentimenti, che colpisce nel profondo, e non si accontenta di spiegazioni teologiche. In Maria il mistero teologico è reale e carnale, attraversa la vita quotidiana, gli affetti delle madri nelle famiglie, tutte le forme reali e immaginarie, che le madri quotidiane e le divinità femminili hanno mostrato in ogni tempo e spazio.

Michele Feo, filologo e acutissimo investigatore dei testi, ne è stato così commosso e catturato, da inventariarne le immagini per uno studio colto e appassionato (Cosa leggeva la Madonna; Polistampa, pagine 304, euro 20,00). Ma non dobbiamo pensare che l’indagine di Feo si limiti a un excursus erudito che riguarda soltanto l’abbinamento con il libro. Si estende a ogni riflessione che tocca Maria, con una condivisione totale e sottile della femminilità e dei suoi valori più profondi.

Mentre segue nei secoli e nelle contestualizzazioni delle opere le Annunciazioni, decifrando e commentando le iscrizioni e le composizioni, Feo non dimentica mai l’origine. Chi è veramente Maria? Cosa accade nel momento in cui riceve l’annuncio traumatico dell’angelo che ha sconvolto lei fino a noi stessi? Perché l’Annunciazione non è un evento che si conclude, ma un progetto che ci riguarda inesorabilmente? Come sono diventati lontani nei secoli i sensi originari? Come tutto è diventato infinitamente indecifrabile, sebbene continuino a colpirci quegli atti e quei gesti e quelle mani della ragazza non ancora madre, che talora si specchiano nelle mani dell’angelo, o – come nella Vergine Annunciatapalermitana di Antonello da Messina – emergono in assoluta eloquenza fuori dal quadro?

La ricchezza di questo libro sta anche nella presentazione di testi preziosi che accompagnano la figura dell’Annunciazione; non solo quelli sacri, o Dante, o Petrarca (di cui Feo è massimo studioso), che nel cammino dell’amore che nobilita attraverso la donna, compie la «rivoluzionaria e decisiva collocazione della Vergine a chiusura dei Rerum vulgarium fragmenta». Feo ci traduce molti testi straordinari: ora popolari, ora dei più sofisticati umanisti che intrecciano la Vergine con le divinità greco-latine, ora di mistici ottocenteschi, ora di teologi moderni. Il valore del libro sta anche nel sapiente dialogo che Feo intrattiene tra culture diverse.

Vorrei aggiungere una testimonianza, che ha origine da due antiche tradizioni romagnole. Esse hanno riscontri nei calendari popolari e nel Tempio malatestiano di Rimini, dove compaiono le due porte che le anime passano: nel segno del Capricorno abbandonano la carne attraverso la porta degli dèi e dell’immortalità; nel segno del Cancro si incarnano. Nell’Annunciazione (e incarnazione) del 25 marzo, nell’equinozio di primavera, Maria è seduta, intenta a filare il lino “marzuolo”. In questa immagine, che riprende il protovangelo di Giacomo, Maria è l’umile donna antica, attenta alla rocca, al fuso, al telaio. Ma rievoca anche archetipi: Elena che in Omero tesse una tappezzeria di porpora con le lotte di Greci e Troiani in cui lei è al centro; Cloto che fila lo stame della vita.

La vigilia di Natale, a Ravenna, in una filastrocca che inizia con l’invocazione «Levati, levati mio sole / con il raggio del Signore», tre angeli donano a Maria tre forcine o tre falci d’oro: lei le porge al Signore, e Lui con queste mette in moto la ruota del cosmo: è la nascita di Gesù e del tempo: il compimento dell’Annunciazione avviene nel solstizio d’inverno, sotto il segno del Capricorno. In sintonia con tradizioni immemoriali, raccolte da quelle platoniche, Maria tra primavera ed estate incarna, mentre nel cuore dell’inverno, con il “sole invitto” libera dalla carne, verso l’eternità.

Fai: chiuse Giornate autunno, 330 mila visitatori +30%

''Alle ore 18 si sono chiuse le Giornate FAI d'Autunno 2019, il fine settimana promosso dai Giovani del FAI dedicato alle bellezze dell'Italia, con itinerari inediti e luoghi eccezionalmente aperti al pubblico. Le prime proiezioni evidenziano un grande successo di pubblico paria a 330.000 visitatori, con una crescita del 30% rispetto alle Giornate Fai D'Autunno del 2018''. Lo spiega una nota. ''Tra i luoghi più visti segnaliamo la Caserma Bergia di Bari con 7.000 visitatori, l'Arsenale Militare di La Spezia con oltre 6.000, seguiti dal Real Sito di Portici e la Corte Suprema di Cassazione a Roma con quasi 5.000 presenze ciascuno e Palazzo Regione Lombardia a Milano con circa 4000 visitatori. Tra i Beni del FAI i più visitati risultano Parco Villa Gregoriana con 3.200 visite, seguito da Villa del Balbianello (CO) con 3.100. A Recanati l'appena inaugurato Orto sul Colle dell'Infinito ha registrato circa 2.000 presenze. Con le 770.000 presenze delle Giornate di Primavera, le Giornate Fai raggiungono nel 2019, con l'evento autunnale appena conclusosi, oltre un milione di visitatori, diventando il più grande evento di piazza italiano dedicato al patrimonio artistico e paesaggistico del nostro Paese''. (ANSA).

Milano, la produzione ambrosiana al Museo Diocesano

Giulio Cesare Procaccini 

Dedicato al Cardinale Carlo Maria Martini, il Museo Diocesano di Milano nasce dalla fusione tra il Museo Diocesano e il complesso di Sant’Eustorgio. Il Museo è il punto di arrivo di un importante progetto a cui hanno dato il loro decisivo contributo alcune delle più grande figure di arcivescovi milanesi del Novecento a partire dal 1931. La Collezione permanente è costituita da ormai quasi mille opere, comprese tra il II ed il XXI secolo, giunte come lasciti, depositi o donazioni, che costituiscono una viva testimonianza della ricca produzione artistica ambrosiana, oltre ad offrire un interessante panorama del gusto collezionistico non solo arcivescovile, ma anche privato.
 
PERCHE' ANDARE
 
Il percorso espositivo del Museo è dedicato a dipinti, sculture e oggetti di arredo liturgico provenienti dalla Diocesi milanese ed esposti a rotazione. Nel percorso spiccano dipinti di Anovelo da Imbonate, Ambrogio da Fossano detto il Borgognone, Giampietrino, Bernardino Campi, Simone Peterzano, Giulio Cesare Procaccini, Carlo Francesco Nuvolone, Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone, Stefano Maria Legnani detto il Legnanino e Francesco Hayez. Un nucleo consistente delle opere delle collezioni del Museo proviene dalla Quadreria Arcivescovile, da cui, su iniziativa del cardinale Martini, sono giunti molti dipinti delle antiche collezioni degli arcivescovi milanesi e che riflettono i loro diversi orientamenti culturali. Fra le opere della Collezione Arcivescovile ricordiamo la “Caduta di San Paolo” del Cerano, la “Lotta di Giacobbe e l’angelo”, capolavoro del Morazzone e il “San Giuseppe col Bambino” di Guido Reni.
 
DA NON PERDERE
 
Presente una sezione dedicata a Lucio Fontana che mette in scena i gessi creati per il concorso per la realizzazione della quinta porta del Duomo di Milano affiancati al bozzetto della “Pala della Vergine Assunta” e alle 14 formelle in ceramica della Via Crucis bianca. Il Museo Diocesano Carlo Maria Martini raccoglie infine La Collezione Marcenaro di arte antica,  i Fondi Oro Collezione Crespi e il Tesoro di San Nazaro.
 
Museo Diocesano Carlo Maria Martini 
turismo.it

Il turismo religioso fa bene alle adv ma le agenzie spesso non lo sanno



Le stime sono difficili perché è complicato sondare le motivazioni delle persone. I dati più recenti parlano però di 330 milioni di visitatori internazionali che ogni anno si muovono per motivazioni religiose. Di questi, ben 120 milioni si recano alla Mecca, ma la restante parte raggiunge Israele, la Giordania, il resto del Medio Oriente e i santuari mariani europei. Solo in Italia, peraltro, le persone che si muovono con questa motivazione ammontano a circa 1,5 – 1,8 milioni.

Sono i numeri di un comparto spesso sottovalutato, che tuttavia può rappresentare un’ottima opportunità di business. A snocciolarli, in occasione di un evento ad hoc organizzato da Fto a Rimini, Giorgio Trivellon di Duomo Viaggi & Turismo. “Certo, non ci si può improvvisare esperti di questo segmento. Non basta una Madonnina in vetrina. Ci vuole preparazione. Noi però siamo pronti ad affiancare le adv ovunque sul territorio internazionale”, ha osservato Giavanni Ciraci di Brevivet.

L’identikit del turista religioso tipo lo ha invece tracciato Sara Rusconi di Rusconi Viaggi: “Per chi come noi non è emanazioni di diocesi, e quindi non beneficia di una domanda diretta proveniente dalle parrocchie, la domanda si traduce molte volte in piccoli gruppi di persone o singoli individui, spesso donne over 50. Si tratta di viaggiatori che di frequente si rivolgono alle agenzie. Un po’ perché a volte in difficoltà con gli strumenti tecnologici, ma soprattutto perché valutano il contatto personale, la relazione umana un aspetto fondamentale della loro esperienza”.

Infine una nota da tenere in considerazione. La propensione alla spesa di questa tipologia di turisti è inferiore a quella del segmento leisure – si parla di 50-60 euro a persona al giorno contro più o meno il doppio di chi viaggia per altre motivazione. Ma al contempo si tratta di una clientela più facilmente fidelizzabile, che sente spesso l’esigenza di ripetere più volte l’esperienza spirituale di un viaggio religioso.

travelquotidiano.com

Santuario. Nel manto di Maria a Oropa la devozione che sfida il tempo

Per la quinta volta dal 1620 il santuario piemontese si prepara alla storica celebrazione dell’incoronazione che si tiene una volta ogni 100 anni. Migliaia di «ex voto» in pezze di stoffa

Come può resistere la fede cristiana in un mondo sempre più secolarizzato, che tende a renderla sempre più ininfluente? Come può tornare a essere attrattiva? Esiste ancora un popolo cristiano? Sono interrogativi con i quali si misura da tempo la Chiesa, e su cui discutono teologi, sociologi, intellettuali. Ci sono persone che dimostrano quanto sia decisiva una proposta che parli al cuore della gente in maniera semplice, diretta e coinvolgente. In questo senso Papa Francesco offre l’esempio più significativo e autorevole. E ci sono anche esperienze e luoghi che si rivelano attrattivi e 'contagiosi', capaci di suscitare una rinnovata attenzione al cristianesimo. 

Qualcosa del genere sta accadendo al santuario di Oropa, in provincia di Biella, da secoli meta di pellegrinaggio e oggetto di una diffusa devozione popolare alla Madonna. Nel 2020 verrà celebrato il quinto centenario dell’Incoronazione di Maria, una cerimonia che si ripete ogni secolo a partire dal 1620. Unitamente alle corone che il 30 agosto dell’anno prossimo saranno poste sulla testa della statua della Madonna e del Bambino Gesù, verrà preparato un manto che 'vestirà' la sacra immagine. Un manto del tutto speciale, che nella parte esterna sarà confezionato da un’azienda del Biellese mentre l’interno sarà un patchwork realizzato cucendo i pezzi di tessuto inviati al santuario da chi desidera testimoniare il suo rapporto con la Vergine. C’è chi ha mandato un pezzo del vestito di nozze, della tuta da lavoro, di un grembiule da cucina, di un lenzuolo, di una giacca, di una gonna...

Ogni tessuto è accompagnato da un breve scritto dove si racconta il significato che per chi lo ha spedito, il legame con un momento significativo della propria esistenza o con qualcuno di cui si prende cura affidandolo a Lei. Sono storie, preghiere, suppliche, ringraziamenti che raccontano di una fede popolare ancora viva, di un desiderio di rapporto diretto con il Mistero. Ecco alcuni esempi. «È un lembo del taschino della mia uniforme da poliziotto, dove ho sempre tenuto la Tua immagine, ricevendo sempre grande protezione. Grazie». «Ci ricorda la prima accoglienza a cui abbiamo detto di sì e il desiderio di avere un figlio nostro. Dopo 11 anni di matrimonio, figli naturali non ne sono arrivati, ma abbiamo aperto la casa ad altri e siamo grati per la pienezza di vita che viviamo e per la nostra storia». «Rappresenta il mio cammino di giovane sposa e madre, il tuo prezioso aiuto di quando mio marito fu licenziato ed ero a casa con due bambini. Ti abbiamo invocata con fede e mentre doveva andare a un colloquio in un’azienda, la macchina si è bloccata ed è stata la sua fortuna: l’incontro con una persona ha risolto questo problema in meglio. Grazie, Vergine santissima». «Rappresenta la fatica del nostro papà durante le ore di lavoro nel turno di notte per mantenere dignitosamente e con amore la sua famiglia». «Questo pezzo di stoffa ha un valore affettivo molto grande: fa parte del mio abito da sposa e conta già 53 anni! L’ho conservato come una reliquia perché per me ha significato il formarsi di una famiglia».

Fascino che permane: «Sono già arrivati più di cinquemila pezzi – dice don Michele Berchi, rettore del santuario di Oropa –. Ogni tessuto e ogni messaggio aprono squarci commoventi di vita e testimoniano il rapporto speciale che tante persone vivono con Maria. La devozione mariana si diffuse tra i nostri monti a partire dal quarto secolo per opera di Sant’Eusebio e questo luogo continua a essere meta di visite, anche da parte di chi non è credente ma cerca una luce che illumini un cammino di ricerca. Per tante persone in questo santuario è iniziato o si è approfondito un misterioso dialogo personale con la Madonna: penso a migliaia di giovani venuti qui a preparare gli esami universitari o ad affidare il loro imminente matrimonio e a quanti chiedono la salute per la persona amata. Nel tempo sono cambiate le forme: certi gesti della tradizione come le processioni o le fiaccolate sono meno vicini alla sensibilità dei giovani, che sono più attratti da esperienze come i pellegrinaggi o i percorsi a piedi lungo luoghi significativi per il loro valore storico o artistico. Quello che perdura nel tempo è il fascino della Madonna e il suo legame con il Mistero incarnato, e la quantità di tessuti e messaggi arrivati testimonia un cristianesimo che parla al cuore dell’uomo, legato all’esperienza intima delle persone».
Si sta cucendo un vestito povero quanto ai materiali, ma ricchissimo di vita vissuta. Il mantello mariano è un simbolo di protezione

Le dimensioni del manto che vestirà la statua della Vergine e del suo strascico non sono prevedibili, legate come sono alla quantità di tessuti che arriveranno entro l’8 dicembre, ultima data per la consegna al santuario. «Sarà un work in progress, un’esperienza che non è figlia di un progetto elaborato a tavolino ma legata al popolo che la sta generando giorno per giorno – commenta Alessandra Alberto, ideatrice dell’iniziativa –. Sta prendendo corpo un vestito povero quanto ai materiali di cui è composto ma ricchissimo di vita vissuta. Nella storia dell’arte il manto della Madonna è un simbolo di protezione che unisce tutto il popolo, ognuno potrà dire 'lì ci sono anch’io'. Il manto esprime il desiderio di ricucire le divisioni, e in questo senso assume un significato di grande attualità e di positività per una società frantumata e per tante persone che vivono lacerazioni nella loro vita».

Ora et labora: il manufatto sta prendendo forma tra le antiche mura del monastero di San Giulio sul lago d’Orta, dove le suore benedettine cuciono i pezzi di stoffa inviati dal santuario di Oropa. In una lettera al rettore scrivono: «Ogni frammento di tessuto che passa tra le nostre dita ha per noi una voce arcana, un messaggio silenzioso e vibrante, al punto da crearci un senso di sofferenza nel prendere in mano le forbici per intagliare tessere più piccole del tessuto arrivato. Tutto viene eseguito a mano, cambiando filo in base alla gradazione cromatica di ogni tessera, con piccoli punti quasi invisibili. Tutto viene lavorato a mano e con il cuore orante, perché desideriamo cucire le tessere non solo al tessuto ma anche, attraverso la preghiera, al cuore di Dio».
da Avvenire
Nel manto di Maria a Oropa la devozione che sfida il tempo