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Viaggi Liguria, Al Palazzo Ducale di Genova lo charme di Franco Maria Ricci


Sette sale, ognuna delle quali intitolata alle principali collane della sua casa editrice per scoprire l'opera di Franco Maria Ricci, che si è inaugurata a Palazzo Ducale di Genova e che è un sigillo importante nell'anno in cui la città, dove vissero i suoi avi, è capitale del libro.


    La mostra (dal 20 aprile al 30 giugno, Loggia degli Abati) è un viaggio attraverso le opere di una figura importante, perché Franco Maria Ricci non era solo l'editore che ha dato vita al marchio più prestigioso dell'editoria moderna, ma è stato grafico, collezionista e anche visionario, visto che ha concepito il Labirinto in bambù più grande del mondo, al cuore del quale si trovano sia la redazione della casa editrice che la sua vasta collezione d'arte.

La mostra "Franco Maria Ricci. L'Opera al Nero", organizzata dalla Fondazione Franco Maria Ricci in collaborazione con Palazzo Ducale, diventa un omaggio a un cultore della bellezza e maestro di stile, che è stato punto di riferimento per il gusto italiano e internazionale. "Opera al nero perché il nero è una caratteristica evidente nelle opere di Ricci - spiega il curatore Pietro Mercogliano -. Lui aveva l'abitudine di far comparire le immagini dal nero che non era qualcosa di funereo ma di elegante, il colore della vita, perché li comprendeva tutti, e sul quale amava far spiccare le figure".
    Un percorso che riprende il suo famoso labirinto nel quale, oltre alla sua grande opera bibliografica, si trovano anche alcuni capolavori della sua collezione. "C'è un frammento di Adolfo Wilt, la madre, che era parte di un'opera più ampia distrutta nei bombardamenti - spiega il curatore - ma è esposta anche la Testa di tigre di Ligabue, la Regina di Saba di Erté, le statuine crisoelefantine di gusto decò e due vanitas, immagini di teschi che ricordavano la caducità della vita". Una mostra che ben si integra nell'offerta di Genova Capitale del Libro. 

ansa.it

Carpaccio torna a Venezia, 'Dipinti e disegni' a Palazzo Ducale. In mostra fino al 18 giugno

 
VENEZIA - La maestria di Vittore Carpaccio fa ritorno a Palazzo Ducale con la mostra monografica "Vittore Carpaccio. Dipinti e disegni, allestita nell'Appartamento del Doge di palazzo Ducale, visitabile fino al 18 giugno prossimo.

La mostra è organizzata da Fondazione Musei Civici e dal Comune di Venezia in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington, ed è a cura di Peter Humfrey, con Andrea Bellieni e Gretchen Hirschauer. Alla presentazione hanno partecipato la presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia Mariacristina Gribaudi, il sindaco Luigi Brugnaro, il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi.
    La monografica inaugurata oggi propone 70 opere, di cui 42 dipinti e 28 disegni, sei dei quali sono recto/verso. Sono state riunite soprattutto opere oggi in musei e collezioni internazionali, oppure in chiese degli antichi territori della Serenissima, dalla Lombardia all'Istria e alla Dalmazia, nell'ottica di illustrare la varietà e l'altezza della pittura di Carpaccio, seguendone anche l'evoluzione.
    "Questa mostra - ha sottolineato Bellieni nella presentazione - riporta a Venezia tantissime opere di Carpaccio disperse nel mondo. E' una mostra che intende restituire Carpaccio in una dimensione che non è soltanto quella nota a tutti del grande racconto storico, del grande scenografo, del grande regista della Venezia del 1400 ma anche il pittore alto, spirituale, che ha una profondità di interpretazione assolutamente originale e propria. Quindi un Carpaccio non soltanto decorativo, che si ferma alla narrazione, ma un pittore di una profondità non certamente inferiore a quella degli altri grandi pittori suoi contemporanei".
    All'interno del percorso espositivo vi è un'opportunità unica, quella di ammirare, finalmente riunite, le due parti di una scena compiuta ed unitaria, ma separate in circostanze sconosciute verso la fine del Settecento. Si tratta delle "Due dame" del Museo Correr di Venezia, e de "La caccia in Laguna", oggi al Getty Museum di Malibu. Carpaccio le aveva raffigurate entrambe su quella che, in origine, quasi certamente era un'anta di porta a soffietto.
    "Mi sento molto legato a questo artista di cui ho fatto diverse monografie - ha detto Sgarbi - e ritengo che fare una mostra su Carpaccio sia un impegno che lega in modo definitivo lo Stato e il Comune di Venezia. Sarà una mostra della città di Venezia, perché il primo pittore di città è proprio Carpaccio: vede nelle meraviglie di arte orientale e bizantina un mondo che non esiste, che è un sogno, il sogno di Venezia. Ma allo stesso tempo è Venezia, lo si scorge dalle barche, dai ponti, dai fondali dei dipinti". 

ansa.it

A Venezia dal 25 Marzo riapre la quadreria di Palazzo Ducale

 

 - Riapre dal 25 marzo prossimo la Quadreria del Palazzo Ducale di Venezia, dopo un intervento condotto dalla Fondazione Musei Civici di Venezia con la collaborazione e il supporto di Venice International Foundation.
    Il riallestimento, che coinvolge la Sala della Quarantia Criminale, la Sala dei Cuoi e quella del Magistrato alle Leggi, si rifà ad una tradizione che risale ai primi decenni del '600, quando all'interno del Palazzo si vollero esposte, accanto ai dipinti istituzionali, opere "da cavalletto" provenienti da illustri collezioni private.

"In omaggio a quella secolare tradizione - afferma Chiara Squarcina Responsabile della sede museale - si è deciso di dedicare la Sala dei Cuoi all'esposizione di opere fiamminghe, tra le quali l'unica superstite di quelle offerte alla pubblica fruizione in Palazzo a partire dal 1615: l''Inferno' già attribuito al Civetta (Henry Met de Bles) e oggi più opportunamente ricondotto ad anonimo seguace di Bosch, o il 'Cristo deriso' di Quentin Metsys. Esempi delle relazioni culturali della Serenissima con il resto d'Europa".
    Nelle altre sale sono esposti capolavori di Bellini, Tiziano e Tiepolo, tra cui "Venezia riceve da Nettuno i doni del mare" di Giambattista Tiepolo, la "Pietà" di Bellini e la "Madonna con Bambino e due angeli" di Tiziano, quindi il "Leone marciano andante" di Carpaccio, che sarà possibile ammirare dopo la conclusione della mostra antologica di Palazzo Ducale.
    La Quadreria accoglie un nucleo di tele e tavole concesse in deposito a lungo termine da una collezione privata, tra cui "Ritratto di dama con figlia" di Tiziano, "L'angelo annuncia il martirio a Santa Caterina di Alessandria" del Tintoretto e la "Maria Maddalena in estasi" di Artemisia Gentileschi, oltre ad opere di Giovanni Cariani, Anthony van Dyck e Maerten de Vos.

Ansa

Al Ducale di Genova la testa del David di Andrea Salvatori

 

Nel Cortile Minore di Palazzo Ducale di Genova si può ammirare una grande scultura in terra rossa che raffigura la testa rovesciata del David di Michelangelo. Opera dell'artista Andrea Salvatori, rappresenta un omaggio al grande Maestro del Rinascimento e costituisce il collegamento simbolico tra le diverse sedi della mostra Intorno a Michelangelo, realizzata tra i tesori rinascimentali di Albissola e Savona e a Palazzo Ducale in occasione dell'esposizione 'Michelangelo. Divino Artista'. Un progetto diffuso con le sculture di Salvatori che vuole approfondire il rapporto tra l'arte contemporanea e l'eredità culturale e artistica dei due Papi discendenti della famiglia savonese Della Rovere. Un dialogo a distanza tra la scultura contemporanea e i capolavori di Michelangelo.

ansa

Anni Venti, l'arte risponde all'inquietudine Grande esposizione a Palazzo Ducale Genova con oltre 100 opere

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L'inquietudine personale e collettiva, il senso di attesa per quello che sarebbe potuto essere il futuro, la paura di nuove guerre, l'entusiasmo della modernità, il rifugio nel sogno e nell'irrazionalità: alla straordinaria complessità esistenziale, sociale, culturale e politica del secondo decennio del '900 l'arte riuscì a rispondere seguendo varie strade, tutte documentate nella grande mostra "Gli anni Venti in Italia. L'età dell'incertezza", in programma a Palazzo Ducale di Genova dal 5 ottobre. Allestita fino al 1 marzo, e a cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone, l'esposizione presenta circa 100 opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, distribuite in un percorso che si snoda attraverso le sale dell'Appartamento del Doge e che si sofferma in particolare sulla produzione pittorica e plastica di quegli anni. Tanti gli artisti presenti in mostra, capaci con il loro spirito e la loro incessante ricerca in varie declinazioni linguistiche di dare voce a un'epoca emblematica, che costituì una cruciale fase di passaggio tra il trauma della Grande Guerra e la crisi mondiale del decennio successivo. Da Carlo Carrà a Giorgio de Chirico, da Fortunato Depero a Felice Carena e Felice Casorati, da Ubaldo Oppi a Fausto Pirandello, da Alberto Savinio a Gino Severini e Mario Sironi, e poi Carlo Levi, Scipione, Achille Funi, Enrico Prampolini, Mario Tozzi: la mostra documenta le intuizioni e le risposte di artisti che, trovandosi immersi in una realtà piena di contraddizioni, di turbamenti ma anche di speranze, riuscirono a farvi fronte trasferendo ed elaborando ogni istanza nel linguaggio pittorico e plastico. Un lungo itinerario espositivo attende i visitatori, con ben 9 sezioni: "prologo" e "preludio", rispettivamente una galleria di ritratti che documentano la società dell'epoca e il ricordo drammatico dell'esperienza bellica appena trascorsa; "attese", che illustra l'incanto, lo stupore e il senso di sospensione; "l'uomo della folla", con il disagio che dà voce a una visione distopica del reale; "suggestioni dell'irrazionale", con spiragli aperti su sogni, incubi, angosce e ossessioni; "reificazione dell'individuo", la creazione dell'immagine di un uomo nuovo, improntato alla cultura del macchinismo; "evasioni", ossia la fuga dalla realtà quotidiana verso mondi fluttuanti nel tempo; "identità e differenze", con la sensazione della perdita della consapevolezza identitaria; infine "Déco in scena", la dimensione effimera che rappresentò l'altra faccia dell'"età dell'incertezza".

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Lo stendardo di Tiziano ritrova i suoi colori La tavolozza 'veneziana' torna al Palazzo Ducale di Urbino

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URBINO - Ritrova i suoi colori originali e torna al Palazzo Ducale di Urbino lo Stendardo dipinto da Tiziano Vecellio tra il 1542 e il 1544, raffigurante l'Ultima cena e la Resurrezione. Dopo un restauro durato sei mesi condotto dal laboratorio dei dipinti su tela, guidato da Federica Zalabra, dell'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (Iscr) di Roma, l'opera rientra alla Galleria nazionale delle Marche. Il 'ripristino' ne ha fatto riemergere i colori e la cornice originali. Mentre le indagini scientifiche multispettrali, eseguite da Fabio Aramini, hanno rivelato 'pentimenti' e modifiche in corso d'opera, soprattutto nell'impostazione prospettica delle figure, con preferenza per una certa libertà costruttiva rispetto ad un rigore geometrico.
I dettagli sono stati illustrati nel corso di una conferenza a Palazzo Ducale: "Il restauro dello Stendardo di Tiziano. La verità del colore". "Era rimasto in questo Palazzo per 150 anni - ha ricordato il direttore della Galleria Nazionale delle Marche, Peter Aufreiter - Inizialmente era posizionato ai lati della pala d'altare della Chiesa della Confraternita del Corpus Domini e in realtà fu usato solo una volta come Stendardo processionale nel 1545, per poi essere subito diviso in due tele, forse perché uno stendardo costava meno". "Già restaurata diverse volte - ha aggiunto - solo oggi con moderne tecniche ha riacquistato l'originario splendore. L'abbiamo posizionata nella camera da letto del Duca e presto faremo una giornata di studi".
"Sono stati messi in luce importanti aspetti sulla tecnica pittorica di Tiziano - ha spiegato Carla Zaccheo, coordinatrice del restauro - Un olio su tela di lino a trama molto fitta, con pennellate molto fluide e una tavolozza dell'artista caratterizzata dalla vivacità dei toni e dalle sfumature cangianti, come si usava all'epoca a Venezia. Anzi - ha precisato - i due dipinti rivelano una stesura diversa più fluida nella Resurrezione, con incisioni per delimitare l'architettura. Sul bordo abbiamo ritrovato anche la cornice originale: un fondo rosso con disegni bianchi, mentre oggi è dorata con disegni colorati". La restauratrice ha ripercorso le varie fasi del restauro, dalle indagini preliminari alla ripulitura, che hanno riportato alla luce "l'intensità dei pigmenti usati da Tiziano con un cielo trasparente in tutte le sue sfumature e un modo diverso di vedere le varie figure".