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A Berlino la Palermo e la mafia di Letizia Battaglia
BERLINO - I giovani, la vita nei quartieri popolari, i volti delle donne, e in particolare delle bambine come segnale di speranza per una città che negli anni sanguinosi delle guerre di mafia ha visto nelle strade i corpi di decine di persone. E poi i politici collusi, i boss nelle aule di tribunale o al momento dell' arresto, i magistrati e gli esponenti politici protagonisti - e vittime - della lotta di ieri e di oggi al crimine organizzato. Approda a Berlino il racconto della Palermo su cui per anni ha puntato il suo obiettivo Letizia Battaglia, maestra della fotografia tra le più famose della scena internazionale. L' Istituto Italiano di Cultura della capitale tedesca ha scelto per la riapertura al pubblico l' artista siciliana come protagonista del Progetto 'Dedika', che ogni anno concentra l' attenzione con iniziative e approfondimenti su un personaggio emblematico del panorama nazionale. Scatti potenti in bianco e nero sono raccolti nella mostra antologica 'Letizia Battaglia. Palermo e la lotta alla mafia'', a cura di Michela De Riso, inaugurata in questi giorni nell' ambito del Mese Europeo della Fotografia di Berlino, e visitabile fino al 31 marzo dell' anno prossimo. Per questo appuntamento dal 8 ottobre al 3 dicembre 2020 è in programma un ciclo di sei conferenze curate da Nando dalla Chiesa sul fenomeno delle mafie.
''Non mi sento soltanto una fotografa - ha detto Letizia Battaglia in videoconferenza -. Amo Palermo, la mia gente, la vita. Sono una militante. Con la macchina fotografica ho tentato di raccontare la violenza e il dolore Palermo, che è anche mio. Quegli anni sono stati umilianti. Sono avvenuti tanti orrori e ingiustizie nei confronti della vita, che è stata tolta alle brave persone ma anche a tanti mafiosi''. Letizia Battaglia ha ripetuto di aver sempre rispettato chi fotografava. ''Non ho mai infierito. Volevo solo una buona foto che raccontasse la realtà''. Certo, stare di fronte ai boss come Leoluca Bagarella o Luciano Liggio non era facile. ''Tremavo, spesso le mie foto venivano mosse per l' emozione. Bagarella cercò di darmi un calcio perché non sopportava l' idea di essere fotografato da una donna. Ritrarre i mafiosi è terribile. Hanno una vita crudele negli occhi e questi fa molto male''. Quando nel 1992 Falcone fu ucciso la fotografa era in casa della madre e apprese la notizia dalla tv. ''L' ho amato tanto perché era un eroe - ha spiegato - ma non ho avuto la forza di andare. Feci lo stesso mesi dopo quando morì Borsellino. Non ho voluto più raccontare i morti ammazzati''. Nonostante in seguito il suo lavoro l' abbia portata in giro per il mondo, il capoluogo siciliano le è rimasto nel cuore. ''Le foto di Palermo le amo più di tutte, le sento mie'' I ricchi, i poveri e i poverissimi, la vita violenta delle strade, le piazze…. Le immagini della grande fotografa compongono il mosaico affascinante e amaro della città.
''Letizia Battaglia - dice Maria Carolina Foi, direttrice dell' Istituto italiano di Cultura - interpreta la fotografia come impegno civile, descrivendo la realtà senza filtri, scevra da soluzioni tecniche e formali. Oltre ai corpi di giudici e vittime senza nome, Battaglia ritrae anche i suoi soggetti prediletti, bambine e giovani donne espressioni di un futuro possibile''. Una scelta condotta con ''passione militate e con uno sguardo allo stesso tempo distaccato e partecipe''.
Nata a Palermo nel 1935, Letizia Battaglia ha diretto dal 1974 al 1991 il team fotografico del quotidiano "L'Ora" di Palermo e fondato l'agenzia Informazione fotografica. Oltre ai fatti di cronaca, sul finire degli anni Settanta ha documentato con un lungo lavoro sul campo la realtà degli ospedali psichiatrici, ancora aperti nonostante la legge Basaglia approvata nel 1978. Nel 2017 ha realizzato il suo sogno inaugurando il Centro Internazionale di Fotografia ai Cantieri Culturali della Zisa di Palermo. Tra le foto esposte a Berlino le sue parole spiegano in modo chiaro il suo modo di osservare la realtà. ''La fotografia l' ho vissuta come documento, come interpretazione… l' ho vissuta come salvezza e verità''.
ansa