ROMA | ESENZIONE TASSA SOGGIORNO PER PERSONE CON GRAVE DISABILITÀ, OK DEL COMUNE ANCHE A SOSTEGNO A IMPRESE RICETTIVE

 


Arriva il disco verde del Comune di Roma alla modifica del Regolamento del Contributo di soggiorno che esenta dal pagamento le persone con disabilità grave. L'Assemblea Capitolina, recependo le indicazioni arrivate dai Municipi, ha inoltre rafforzato ulteriormente il provvedimento estendendo l'esenzione ai "caregiver". La modifica al regolamento prevede anche una misura di sostegno nei confronti delle imprese ricettive, introducendo un contributo forfettario che ha l'obiettivo di compensare le commissioni interbancarie relative all'incasso del contributo di soggiorno da transazione elettronica.

(TurismoItaliaNews) Il contributo, in ogni caso, non potrà essere complessivamente superiore all'1,5% dell'importo riscosso e versato a Roma Capitale. E sarà erogato solo a favore delle imprese in regola con l'adempimento degli obblighi fiscali. "La delibera approvata oggi contiene due misure che posizionano Roma sul fronte più avanzato in termini di inclusività e rafforzano l'efficienza amministrativa – ha commentato il vicesindaco e assessore al Bilancio di Roma Capitale, Silvia Scozzese - l'esenzione dal pagamento del contributo prevista per le persone con disabilità grave è un gesto che rende Roma più giusta, accogliente, e solidale; un gesto reso ancora più forte con l'estensione del provvedimento ai caregiver, fortemente voluta da Municipi e Assemblea. Inoltre, il contributo di sostegno nei confronti delle imprese ricettive che riguarda la compensazione delle commissioni interbancarie relative all'incasso del provvedimento di soggiorno rafforza l'azione a favore di un settore strategico per la nostra città come quello turistico".

Alla riscoperta di Lee Miller, pioniera del surrealismo fotografico

 

 L'immagine ormai iconica con Lee Miller immersa nella vasca da bagno dell'appartamento di Hitler a Monaco, supremo gesto surrealista, atto di giustizia, di purificazione umana, contro quanto aveva visto a Dachau e Buchenwald, dove era entrata con gli Alleati, è nell'ultima sala, "Fotografare l'orrore".
    E' il tassello finale della mostra dedicata alla fotografa statunitense, al rapporto prima di allieva poi di parità, d'amore e d'amicizia, con Man Ray, allestita a Palazzo Franchetti, a Venezia, fino al 10 aprile prossimo.

La foto che la ritrae, scattata da un collega, David Scherman, a cui aveva dato la sua macchina fotografica, è uno dei segni, assieme a una immagine fatta a una modella con le braccia alzate con la tecnica della solarizzazione - quasi una risposta a una donna-manichino dell'allora "maestro" fatta anni prima - per comprendere lo spirito di voluta, assoluta libertà che ha accompagnato le sue molteplici "vite".
    Lee Miller è stata modella, fotografa, musa, prima donna reporter di guerra a documentare le atrocità dei campi di concentramento nazisti, per poi lasciare definitivamente l'esperienza fotografica. Suzanna, moglie dell'unico figlio, Anthony Penrose, scoprirà casualmente in soffitta, nel 1977, pochi mesi dopo la morte della fotografa, oltre 60mila tra negativi, documenti, riviste, che hanno condotto alla riscoperta di Lee Miller, di una vita segnata da successi ma anche forti traumi.
    L'esposizione, intitolata "LEE MILLER MAN RAY.    FASHION-LOVE-WAR", curata da Victoria Noel-Johnson, organizzata da Cms.Cultura, in collaborazione con Acp-Palazzo Franchetti, attraverso 140 foto dei due protagonisti, alcuni oggetti d'arte e video, intende anche offrire - è stato ricordato - "il giusto riconoscimento a Lee Miller, pioniera del surrealismo in fotografia, ponendola su un piano di parità con Man Ray, il cui lavoro tendeva a oscurarla sia in vita che negli anni a venire".
    Procedendo per temi e con un percorso cronologico, attraverso otto sezioni, la mostra si apre con la fotografa modella a New York dal 1927 e musa due anni dopo di Ray a Parigi, dove era andata per imparare la fotografia. "Preferisco fare una foto che essere una foto", disse una volta. Nelle altre parti, è un continuo susseguirsi di foto che testimoniano anni di incontri, di scelte, di ricerca e sperimentazioni, di un riavvicinarsi alla moda stavolta dall'altra parte dell'obiettivo. Ad esempio, c'è una foto fatta a Londra nel 1941, con una modella ritratta con dietro le rovine dei palazzi colpiti dai bombardamenti tedeschi. E' una carrellata di immagini che si intersecano con gli anni degli amori, dei matrimoni, prima nel 1934 con l'uomo d'affari egiziano Aziz Elui Bey - una sezione è intitolata "Egitto" con esposto "Portrait of Space" che spinse nel 1938 Magritte a dipingere "Le baiser" - e poi, nel 1949, con Roland Penrose. Il tutto all'interno di un percorso di vita dove uno dei fili rossi, forse la linea guida, è proprio la vicinanza sul piano professionale certo umano con Man Ray, che le resterà vicino nel periodo in cui lei soffre di depressione cronica, anche in seguito a un disturbo post-traumatico conseguente a aveva visto durante la guerra. Per la primavera del 2023 - è stato detto nel corso della vernice della mostra -, è prevista l'uscita del fil "Lee", basato sulla biografia scritta dal figlio Anthony, con Kate Winslet nei panni della Miller e Judy Law, in quelli del marito. Nel cast anche Marion Cotillard.
   

Ansa

Sven Lindqvist: deserto come senso del viaggio

 



Protagonista assoluto del libro di Sven Lindqvist, grande viaggiatore e narratore svedese ( Nei deserti, Ponte alle Grazie, pp. 163, euro 14,90) è il deserto. Deserto come luogo fisico ma anche come destinazione dell’anima, come sprone e come ideale, come origine e come approdo, come metafora e come analogia. Deserto «geologia a cielo aperto», luogo dove «tutti i cambiamenti sono già avvenuti, tutto è già passato e resta solo l’eternità». Le pagine di Lindqvist risuonano più pregnanti e toccanti là dove a risaltare è il deserto nell’incanto della sua sterminata, misteriosa magia. Sono i luoghi del libro in cui più emerge la convinzione del Lindqvist devoto viaggiatore, quella per cui solo a uno sguardo superficiale il deserto appare monotono e uniforme, mentre in realtà è capace di tutte le gradazioni possibili. Diverso il tenore delle pagine in cui la storia del deserto glissa verso quella dei suoi appassionati esploratori/estimatori. Qui ad essere presi in esame sono i percorsi biografici, gli scritti e le opere dei molti che attraverso le loro peregrinazioni hanno costruito una «estetica del deserto». Saint-Exupéry e la sua vocazione di aviatore che elevandosi da terra trova una nuova visione delle cose. Michel Vieuchange scrittore francese appassionatissimo di deserto, viaggiatore disposto, pur di attraversarlo, a travestirsi da donna berbera: inaugurando così una serie di viaggiatori camuffati, da Pierre Loti a Isabelle Eberhardt, secondo un’iperbole metaforica per cui il viaggio nel deserto è spoliazione di sé anche nel senso di rinuncia alle proprie parvenze. Nella prima parte, occupata in modo corposo dal “protagonista” deserto, il libro di Lindqvist ha andamento curioso nella sua dimensione fratta, non sempre facile da cogliere e seguire nel progressivo concentrarsi sugli scopritori del deserto più romanticamente devoti alle sue atmosfere (André Gide, Conrad e altri). Un testo a metà strada tra saggio e mémoir, ibrido, in cui il racconto di viaggio, la riflessione autobiografica, la ricognizione storica, l’indagine a partire da immagini fotografiche si mescolano, qua e là giustapponendosi secondo un filo rosso un po’ sfocato. Ispirato da quanti sono stati ispirati dal deserto, esploratori del mondo e dell’animo umano i cui lunghi peripli finiscono con l’assumere valore di pellegrinaggi per quanto metamorfosi esistenziali attraversate in nome del silenzio, Sven Lindqvist racconta e si racconta. Non è del tutto chiaro sino a che punto per lui la necessità di scrivere questo libro abbia come origine e come destinazione il deserto vero e proprio, e non piuttosto le riletture di esso da molti artisti declinate su criteri intessuti di esaltazione e di lì, nella loro componente idealizzante/mitizzante, fuorvianti. Gli spunti sono diversi, alcuni di grande interesse: per esempio una lettura comparata dei diversi modi di viaggiare nel deserto rispettivamente di André Gide e Joseph Conrad. Manca tuttavia un punto di vista denso abbastanza da mantenere compatta l’ossatura di un libro piacevole a leggersi quanto un po’ opaco nei suoi intenti più sostanziali.


Copyright © Avvenire


Il Seminatore di Van Gogh da domani torna in mostra

 (ANSA) - ROMA, 06 NOV - Il Seminatore di Van Gogh Come torna domani, domenica 6 novembre in mostra, a Palazzo Bonaparte.

Come era stato preannunciato, l'opera, colpita ieri da una zuppa di verdura lanciata da manifestanti ambientalisti, non ha subito alcun danno, cosa confermata dalla perizia di oggi.

La rende noto la società Arthemisia, produttrice ed organizzatrice della mostra (ANSA).