L'immagine ormai iconica con Lee Miller immersa nella vasca da bagno dell'appartamento di Hitler a Monaco, supremo gesto surrealista, atto di giustizia, di purificazione umana, contro quanto aveva visto a Dachau e Buchenwald, dove era entrata con gli Alleati, è nell'ultima sala, "Fotografare l'orrore".
E' il tassello finale della mostra dedicata alla fotografa statunitense, al rapporto prima di allieva poi di parità, d'amore e d'amicizia, con Man Ray, allestita a Palazzo Franchetti, a Venezia, fino al 10 aprile prossimo.
La foto che la ritrae, scattata da un collega, David Scherman, a cui aveva dato la sua macchina fotografica, è uno dei segni, assieme a una immagine fatta a una modella con le braccia alzate con la tecnica della solarizzazione - quasi una risposta a una donna-manichino dell'allora "maestro" fatta anni prima - per comprendere lo spirito di voluta, assoluta libertà che ha accompagnato le sue molteplici "vite".
Lee Miller è stata modella, fotografa, musa, prima donna reporter di guerra a documentare le atrocità dei campi di concentramento nazisti, per poi lasciare definitivamente l'esperienza fotografica. Suzanna, moglie dell'unico figlio, Anthony Penrose, scoprirà casualmente in soffitta, nel 1977, pochi mesi dopo la morte della fotografa, oltre 60mila tra negativi, documenti, riviste, che hanno condotto alla riscoperta di Lee Miller, di una vita segnata da successi ma anche forti traumi.
L'esposizione, intitolata "LEE MILLER MAN RAY. FASHION-LOVE-WAR", curata da Victoria Noel-Johnson, organizzata da Cms.Cultura, in collaborazione con Acp-Palazzo Franchetti, attraverso 140 foto dei due protagonisti, alcuni oggetti d'arte e video, intende anche offrire - è stato ricordato - "il giusto riconoscimento a Lee Miller, pioniera del surrealismo in fotografia, ponendola su un piano di parità con Man Ray, il cui lavoro tendeva a oscurarla sia in vita che negli anni a venire".
Procedendo per temi e con un percorso cronologico, attraverso otto sezioni, la mostra si apre con la fotografa modella a New York dal 1927 e musa due anni dopo di Ray a Parigi, dove era andata per imparare la fotografia. "Preferisco fare una foto che essere una foto", disse una volta. Nelle altre parti, è un continuo susseguirsi di foto che testimoniano anni di incontri, di scelte, di ricerca e sperimentazioni, di un riavvicinarsi alla moda stavolta dall'altra parte dell'obiettivo. Ad esempio, c'è una foto fatta a Londra nel 1941, con una modella ritratta con dietro le rovine dei palazzi colpiti dai bombardamenti tedeschi. E' una carrellata di immagini che si intersecano con gli anni degli amori, dei matrimoni, prima nel 1934 con l'uomo d'affari egiziano Aziz Elui Bey - una sezione è intitolata "Egitto" con esposto "Portrait of Space" che spinse nel 1938 Magritte a dipingere "Le baiser" - e poi, nel 1949, con Roland Penrose. Il tutto all'interno di un percorso di vita dove uno dei fili rossi, forse la linea guida, è proprio la vicinanza sul piano professionale certo umano con Man Ray, che le resterà vicino nel periodo in cui lei soffre di depressione cronica, anche in seguito a un disturbo post-traumatico conseguente a aveva visto durante la guerra. Per la primavera del 2023 - è stato detto nel corso della vernice della mostra -, è prevista l'uscita del fil "Lee", basato sulla biografia scritta dal figlio Anthony, con Kate Winslet nei panni della Miller e Judy Law, in quelli del marito. Nel cast anche Marion Cotillard.
Ansa