Manarola fra i borghi più colorati al mondo

La cittadina nella classifica di Budget Travel. All'estero media celebrano Cinque Terre

(di Stefania Passarella)

Dopo le immagini del disastro causato dall'alluvione dello scorso autunno, il fascino delle Cinque Terre risorge anche all'estero. Budget Travel, magazine specializzato in dritte su vacanze alla portata di tutti i portafogli, consiglia il pittoresco angolo dello Stivale come uno dei luoghi più "colorati" al mondo, peculiarità per cui vale un viaggio.

Ci sono città nel mondo "che non hanno bisogno di accendere neon per illuminare il paesaggio", spiega la rivista, ma dall'Italia all'Argentina ci sono cittadine che "fanno del colore il loro tratto distintivo". Patrimonio Unesco, ricorda Budget Travel, le cinque località di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso sono un caleidoscopio di colori. In particolare viene segnalato l'antico centro di Manarola, l'ideale per far sì che le foto della propria vacanza assumano tutte le tonalità "tranne quelle sbiadite del beige". La tavolozza spazia dal blu del mare al rosso, giallo, verde delle casupole che spuntano sulla rocca.

Già "in piedi" in primavera dopo l'alluvione di ottobre scorso, il Parco nazionale delle Cinque Terre ha consolidato per quest'estate la ripresa della promozione turistica. Risorti i borghi a picco sul mare e riaperta pian piano la rete di sentieri nota in tutto il mondo per i percorsi mozzafiato. Sforzi apprezzati anche dai media stranieri specializzati in viaggi e turismo.

Gadling.com, uno dei maggiori travel blog, spiegava a fine luglio che le Cinque Terre dovrebbero essere meta di un viaggio soprattutto per aver mantenuto un fascino d'altri tempi e uno stile semplice. "La zona – si legge sul sito – non ha ceduto al mondo delle imprese, mentre le sue colline terrazzate, le abitazioni variopinte, i negozietti offrono la possibilità di sperimentare la vita reale della riviera italiana". A coronare questo mix per Gadling sono poi le prelibatezze culinarie del posto (uve, olive, pesto) e la possibilità di effettuare escursioni. Per l'Irish Times un viaggio alle Cinque Terre è uno dei modi per fare esperienza della Dolce Vita in Italia, mentre un cronista di The Chronicle Herald che ha visitato la via dell'Amore quest'estate definisce i borghi delle Cinque Terre luoghi "sospesi nel tempo". Condé Nast Traveler loda il lavoro degli italiani in particolare per la ricostruzione di Vernazza.
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Villa Borghese tra parchi piu' affascinanti

C'é anche Villa Borghese tra i dieci parchi più affascinanti del mondo eletti dalla prestigiosa rivista tedesca 'Focus'. Accanto al 'polmone verde' della Capitale compaiono parchi celebri come Hyde Park a Londra o Central Park a New York. Citati anche il Prater di Vienna, il Parc Guell di Barcellona e i Giardini del Lussemburgo di Parigi.
Nell'ampio reportage viene sottolineato l'aspetto storico-culturale del parco di Villa Borghese che "offre all'interno dei suoi cinque chilometri quadrati di superficie attrattive spettacolari come fantastiche sculture, cascate e fontane''. "E, per chi non ne avesse ancora abbastanza dell'infinita offerta culturale di Roma, vale davvero la pena entrare nel museo e nella galleria di Villa Borghese per ammirare tesori artistici unici e inimitabili di grandissimi maestri come Leonardo da Vinci, Raffaello o Rubens'' spiega Focus che sottolinea: ''Peccato che Napoleone nel 1807 abbia portato al Louvre molte altre opere conservate nella galleria, altrimenti i capolavori conservati sarebbero stati ancora di più".
Gli altri parchi citati nell'articolo della rivista tedesca sono il Giardino inglese di Monaco, il Golden Gate Park di San Francisco, lo Stanley Park di Vancouver e l'Isola Margherita tra Buda e Pest, nella capitale ungherese.
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Dal Messico alla Cina negli hotel più alla moda dalla colazione all'aperitivo immersi in vasca


Si chiamano "swim-up bar" e sono diventati ormai una vera e propria moda nei resort più esclusivi di tutto il mondo: sono quei bar non già in riva al mare o a bordo piscina ma direttamente in acqua, che evitano al turista più pigro "l'onere" di dover abbandonare la vasca per concedersi un aperitivo o uno snack. L'importante è ricordarsi di bere e mangiare con moderazione, altrimenti uscire dalla piscina potrebbe risultare problematico. Ma c'è di più: arrivano anche i "ristoranti swim-up" con tanto di tavoli e sedie per metà in acqua, e non solo.

All'Hilton di Los Cabos, in Messico, come riportato dal Daily Meal, c'è ad esempio un sushi bar direttamente nella piscina 'infinity' del resort. Il Grand Wailea di Maui alle Hawaii ha addirittura una "activity pool", una mega-piscina costruita su sei livelli differenti, per nove vasche, dove gli ospiti possono fare di tutto: da una partita di pallavolo al drink. Lo swim-up bar è tra l'altro ricavato sotto una grotta artificiale. Sempre alle Hawaii, allo Sheraton Waikiki di Honolulu, il bar è nella piscina che si affaccia direttamente sull'oceano. Con poche bracciate si può ordinare la propria consumazione. La piscina del Tropicana di Las Vegas si spinge oltre: oltre allo swim-up bar ci sono anche due tavoli impermeabili per giocare a blackjack. La postazione è accompagnata da asciugamani per tenere le dita asciutte e anche di 'scatole' speciali in cui asciugare le banconote nel caso dovessero bagnarsi. Il Delano di Miami Beach in Florida ha tavoli e sedie da perfetto bistrot in acqua, con tanto di design d'autore. Il Water Salon è stato infatti concepito dall'architetto Philippe Starck. Sott'acqua gli altoparlanti trasmettono musica classica.

Al Ritz-Carlton di Grand Cayman non c'è nemmeno bisogno di nuotare per arrivare al bancone del bar al centro della piscina. È il personale che raggiunge gli ospiti con cocktail e snack. Se ci si vuole rilassare senza il rischio di essere disturbati da bambini chiassosi si può considerare il Riu Palace Macao a Punta Cana, Repubblica Dominicana, che è stato appena rinnovato e inaugurato come hotel 'bambini free', dove sono ammessi solo adulti. Anche in questo caso c'è lo swim-up bar che tra l'altro è stato ricavato proprio nell'area prima destinata ai più piccoli. Relax in acqua anche dall'altra parte del globo, allo Sheraton Sanya Haitang bay Resort nell'isola cinese di Hainan, dove seduti sugli sgabelli dentro la piscina si fa anche colazione.
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Alto Atlante, le montagne 'svizzere' del Marocco


(di Ida Bini)

Ad appena cento chilometri dall’esotica Marrakesh, viaggiando verso est, si scoprono pascoli verdi, boschi di eucalipti e lecci, laghetti alpini e mucche al pascolo; un paesaggio strano, insolito, sicuramente inaspettato rispetto a quello più stereotipato di deserto, suq e oasi a cui si è abituati in terra di Marocco. L’inconsueto paesaggio bucolico, più elvetico che africano, appartiene alla catena montuosa dell’Alto Atlante, che ospita vette altissime, anche sopra i 3mila metri, dove d’inverno si fa trekking ma si può anche sciare.

Il viaggio su queste montagne permette di scoprire luoghi seducenti e un po’ misteriosi ma soprattutto forti contrasti come le ampie vallate color smeraldo interrotte da profonde gole rocciose, simili a canyon americani, erose dal vento caldo del Sahara.

L’itinerario, da fare rigorosamente con un fuoristrada per la presenza di lunghi tratti non asfaltati, parte da Tizi n’Tichka, a 2.260 metri, il passo più alto del Paese, e attraversa il villaggio berbero di Telouet, che sorge su un altopiano coloratissimo tra campi coltivati. Il centro abitato sorge tra alte pareti rocciose color rosso acceso, erose dal vento che lasciano intravedere le pareti fortificate delle abitazioni tra la terra. Prima di lasciare il villaggio è bene visitare la Casbah di Glaoui, il palazzo del sultano, con le stanze finemente decorate e un bellissimo cortile.

La strada prosegue tra le gole delle miniere di sale, di cui una visitabile dopo qualche chilometro di tornanti, ed entra nella valle di Aït Bouguemez dove sorge il bellissimo villaggio di Aït Benhaddou, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. E’ un labirinto di viuzze strette tra case di paglia e fango, costruite secondo la tecnica pisé (o della terra battuta) con argilla umida compatta, che sale sopra una collina da dove si ammira, oltre le montagne, il deserto del Sahara in uno spettacolo suggestivo ed emozionante. L’antico ksar (villaggio fortificato) regala una fortezza di sabbia rossa con vista sul deserto. E’ un luogo davvero magico che ha ispirato registi e scrittori: da David Lean che lo scelse per girare Lawrence d’Arabia a Franco Zeffirelli che vi ambientò Il Gesù di Nazareth; da Ridley Scott per Il Gladiatore a Robert Aldrich per girarvi le scene di Sodoma e Gomorra. Qui vengono realizzati film western e biblici, proprio per il terreno rossastro, per le torrette fortificate e le piccole case cadenti che fanno da perfetto sfondo naturale.

L’itinerario tra le montagne con mille tornanti e tante carovane di cammelli prosegue per Ouarzazate, la porta del Sud, dove si trovano la bella Taourirt e dal 1983, gli studi cinematografici Studios Atlas (www.studiosatlas.com), i più grandi del mondo, da visitare assolutamente per ripercorrere la storia del cinema internazionale. Qui sono stati girati film legati al deserto come L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese e Il tè nel deserto di Bernardo Bertolucci, solo per citare i due più famosi.

La città di Ouarzazate, incastonata tra la valle del Dra, è circondata da montagne bellissime e alte: qui le strade, le gole, le valli appartengono a un paesaggio quasi primordiale, incontaminato, come se il tempo si fosse fermato del tutto. Grazie alla nascita degli studios cinematografici, però, la cittadina è diventata molto turistica: lungo il viale principale – boulevard Muhammed V - ci sono negozi, alberghi di lusso, caffè e ristoranti. Rappresenta un’oasi di modernità in uno spazio davvero lontano dal mondo. Fuori città, in direzione di Tinerhir, si trova la Casbah Taorirt, un interessante edificio monumentale trasformato in complesso turistico, spesso usato come location per i film.

Da qui il percorso scende verso Zagora, lungo il corso del fiume Dra, e attraversa un paesaggio completamente diverso: verdissimo con le alte montagne tutte intorno che ricordano le Highlands scozzesi, mentre filari di palme si stagliano all’orizzonte. Dopo aver fatto tappa nella città di Agdz, ai piedi del Jebel Kissane, si viaggia verso l’oasi di Tamnougalt, un tempo capitale della regione e ora abitata da pochi berberi che commerciano in datteri e pascolano capre. Anche Zagora con la bellezza dei suoi scenari naturali, la quiete del deserto, i cieli blu e con il ksar dell’XI secolo costruito oltre il fiume, contribuisce a rendere ancor più affascinante questa zona del Marocco, che siamo abituati a vedere nei film ma che qui è davvero reale.
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Il Festival del tango: la Buenos Aires dei giovani

Una carrellata di luoghi e suggestioni per chi approccia la capitale argentina in modo disinvolto

(di Eugenia Romanelli)

Parlare di Buenos Aires in poche righe è un'impresa ardua, come anche consigliare cosa vedere, dato che da vedere c'è tutto. Ma una rassegna sulla città vista con gli occhi dei più giovani è possibile e per questo la carrellata a seguire sarà utilissima a chi approccia la capitale argentina in modo disinvolto e colloquiale. Partendo dall'obelisco, il monumento più rappresentativo di Buenos Aires costruito nel 1930 per commemorare il terzo anniversario dell'indipendenza del paese (di notte è una visione memorabile), si possono percorrere le due principali arterie della città, Calle Corrientes e Calle 9 Julio (considerata la strada più lunga del mondo). Sulla Avenida Corrientes si trova la maggior parte dei teatri della città ed è il cuore della vita notturna e bohemien, con librerie, bar, caffè, pasticcerie e pizzerie: nacque qui il famoso tango di Carlos Gardel (vedi articoli correlati). La Avenida 9 de Julio invece vanta importanti luoghi storici come l'Ambasciata Francese, il Teatro Colon, Piazza Costituzione. Ovviamente non si può mancare nemmeno Plaza de Mayo, la più famosa di Buenos Aires, altro punto strategico per cominciare il tour dei principali luoghi di interesse della città, tra cui la cattedrale, la Banca nazionale e la Casa Rosada (il palazzo presidenziale), oltre che luogo simbolo dei momenti politicamente più importanti per il paese. Qui, da notare c'è anche il Cabildo, edificio coloniale che spesso passa inosservato, al confronto con la Casa Rosada: sembra una chiesa, è stato un carcere, ma è l'edificio da dove si amministrava il paese durante la colonizzazione spagnola fino al 1822 (all'interno c'è un piccolo museo sulla sua storia e sulla rivoluzione di Maggio). Calle Florida invece è la strada dello shopping, con grandi catene di abbigliamento: percorrendola tutta, si arriva alla leggendaria Plaza de San Martín.

Anche Piazza Italia, per tutti altri motivi, è un luogo da non perdere: all'altezza del 4000 di Av. Santa Fe, nel quartiere Palermo, dove terminano anche l'Av. Sarmiento e la Av. Las Heras, si trova davanti alla Sociedad Rural Argentina, il giardino Zoologico e Botanico. E' uno dei luoghi di ritrovo degli studenti della città (punto di incontro il monumento a Garibaldi), da dove partì, nel 1894, il primo tram elettrico di Buenos Aires: la polvere di mattone dei camminamenti poeticamente contrasta con il verde intenso delle piante e arboli che la circondano.

Il quartiere cinese (Barrio Chino) invece è un viaggio nel viaggio: sviluppato intorno alla Calle Arribeños e all'Avenida Juramento, vicino alle Barrancas de Belgrano, è il cuore delle comunità immigrate dalla Cina e dalla Corea e vi si trovano cibi e ristoranti tipici, un tempio buddista, panetterie cinesi, erboristerie, studi di agopuntura e auricultura, e cianfrusaglie varie. Altra curiosità è poi il quartiere di San Telmo, dove ha sede uno dei più antichi e meglio conservati mercati della capitale argentina: tra stradine di ciottoli e case coloniali si possono trovare incredibili negozi di antiquariato. Sempre per chi ama le chicche, ogni domenica mattina, nelle strade Calles Calles Güemes e Vito Dumas a Vicente López, sulla riva del fiume de la Plata, a Gran Buenos Aires della Repubblica Argentina, tutti a naso in su per il Batoco, acronimo di "Barriletes a Toda Costa" (Aquiloni a Tutta Costa): obiettivo costruirli e farli volare, e anche contribuire alla loro ricerca e al disegno.

Sempre nell'ottica di una gita fuori porta, vale la pena la Laguna di Chascomus, a 100 chilometri da Buenos Aires: con ottimi camping, è perfetto per un relax assoluto (sulla strada si può fare una sosta a Atalaya, dove si vendono le migliori mezzelune argentine). Oppure una passeggiata al Rio della Plata: camminando lungo avenida Libertador, svoltando in una strada verso il fiume, si incrocia la ferrovia dalla costa e, passato il fiume, si trovano spiagge con vista mozzafiato. Ma gli amanti della natura potranno trovare anche in città vere e proprie distese di verde, sia al Giardino Botanico (luogo piacevolissimo), sia nel minuscolo giardino giapponese della città: le piante ovunque, tanti piccoli ponti e i pesci nelle lagune artificiali fanno dimenticare di trovarsi in una grande metropoli (il biglietto comprende un the nella casa da tè).

Per niente triste, poi, il bellissimo cimitero della Recoleta: nel pieno centro del signorile quartiere omonimo, è una incredibile città di morti illustri con strade, viali, addirittura piazze, statue in marmo, cripte signorili e sarcofaghi aperti, tra Presidenti, attori, militari, ricchi, etc (la tomba di Evita è certamente un must, difficilissima da scovare tra l'altro). Tutt'altro spirito invece lo stadio del Boca Junior, dove a lungo giocò Maradona e dove si concentra più di mezza città ogni volta che si esibisce la squadra Xeneize (le partite del River Plate sono una sorta di religione per gli abitanti): si trova in uno dei quartieri più pittoreschi della città, La Boca, antica zona industriale di marinai molto caratteristica perché le case sono pitturate in mille colori con la vernice che avanzava delle navi (attenzione ad allontanarsi dalle vie principali: il quartiere, anche se oggi molto visitato, è pur sempre molto povero e gli scippi sono abbastanza frequenti). Sempre per gli appassionati, altro stadio da vedere è il Velez Sarsfield (nel sobborgo di Liniero, è il più grande in città): ospita le partite del Club Atlético Vélez Sársfield ed è stata sede di alcune partite dei Campionati Mondiali di Calcio del 1978.

E' intelligente farsi capitare anche una visita a Piazza delle Nazioni Unite (quartiere di Palermo) per vedere la Floralis Generica dell'architetto Eduardo Catalano: misura quasi 20 metri di altezza e pesa circa 18 tonnellate, ha sei petali di alluminio e acciaio ed è istallata in un parco di quattro ettari pieno di alberi misti. Il fiore, eretto su uno specchio d'acqua, apre i suoi petali durante il giorno e li chiude durante la notte e cambia colore con la posizione del sole. Suggestioni simili anche per il Madero Port di Calatrava (ponte pedonale rotante costruito in Spagna e inaugurato nel 2001), oltretutto ottima occasione per visitare il quartiere moderno di Buenos Aires e ammirare l'Hotel Faena di Philippe Starck, gli edifici progettati da Cesar Pelli (Torres Petronas, Kuala Lumpur), il Museo della Fondazione Fortabat.
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Al Maxxi l'Italia di Le Corbusier


(di Nicoletta Castagni)
Le suggestioni d'Italia nella formazione e nell'intero percorso creativo del grande architetto, pittore e scultore Le Corbusier riaprono il 18 ottobre la stagione autunnale di mostre del Maxxi. Esposte fotografie, disegni, acquarelli e dipinti realizzati dal maestro svizzero, naturalizzato francese, considerato il più influente rappresentante del Movimento Moderno e uno dei padri dell'urbanistica contemporanea.
L'importante rassegna, intitolata 'L'Italia di Le Corbusier' e curata da Marida Talamona, è stata organizzata da Maxxi Architettura in collaborazione con la Fondation Le Corbusier di Parigi. E anticipa di qualche settimana l'esposizione di Maxxi Arte 'The Refusal of Time' di William Kentridge, in prima italiana dopo Documenta 13 di Kassel, una vera e propria esplosione di musica, immagini, ombre cinesi. Due mostre di richiamo per il museo romano che, commissariato a maggio dal Mibac, continua a vivere un momento delicato. Proprio per settembre è prevista la presentazione del bilancio da parte del commissario Antonia Pasqua Recchia, il cui mandato è di quattro mesi. Intanto il Maxxi non chiude per ferie (sarà aperto tutto agosto, compreso il 15) e pensa alla sempre molto attesa rassegna di architettura, questa volta incentrata sul ruolo svolto dall'Italia nella formazione artistica e nella concezione architettonica di Le Corbusier. Il percorso espositivo si articolerà in quattro sezioni tematiche e cronologiche, a partire dai quattro viaggi compiuti nel Bel Paese tra il 1907 e il 1923, quando l'Italia è soprattutto un oggetto di studio per il giovane architetto affascinato dallo spirito costruttivo della civiltà romana.
A raccontare questa fase, materiali come l'orologio disegnato e realizzato per l'Esposizione Internazionale di Milano del 1906, gli acquerelli del viaggio in Toscana del 1907, i disegni architettonici di Pompei, Roma e Villa Adriana, Pisa e della Certosa di Ema (1911). Ecco quindi l'interesse per la pittura, gli scambi tra Purismo e Metafisica con opere di Carrà, Severini, Morandi, per poi proseguire con gli anni '30 che vedono un ulteriore intensificarsi dei rapporti tra Le Corbusier e gli architetti razionalisti italiani, nonche' con industriali di spicco da Agnelli e Olivetti e i tentativi di ottenere un incarico dal Duce. Esposte qui le sei tavole a colori con le quali l'architetto illustra a Milano le sue proposte urbanistiche, i disegni per Roma, Sabaudia e Pontinia inviati a Giuseppe Bottai e i fogli del piano per Addis Abeba. La mostra si conclude con il progetto per il Centro di Calcolo elettronico Olivetti a Rho e quello per l'Ospedale di Venezia (non realizzati), testimoniati da disegni e modelli originali in legno
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