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Libri delle vacanze, i consigli di Mari, Fontana e Corona


Michele Mari, nella cinquina del Premio Campiello con 'Roderick Duddle' (Einaudi), consiglia un autore anni '30 per l'estate 2014: Mervyn Peake autore della trilogia 'Gormenghast' pubblicata da Adelphi. "Oggi Peake verrebbe ghettizzato come autore fantasy. Gormenghast è un unico romanzo in tre pezzi ambientato in un castello dove vivono nobili corrotti, consumati. E' fantastico".

Giorgio Fontana, nella cinquina del Premio Campiello con 'Morte di un uomo felice' (Sellerio) segnala 'Le fantastiche avventure di Kavalier e Clay' (Rizzoli) di Michael Chabon, vincitore del Premio Pulitzer per la narrativa nel 2001. "E' un libro a cui sono affezionato perchè parla di due fumettisti nella New York anni '40 e mette insieme una narrazione di una potenza quasi ottocentesca a cose a cui sono legato: il mondo appunto dei fumetti, l'America di quegli anni e una storia di amicizia. Nonostante la mole si legge con un piacere immenso. Si trova anche in edizione tascabile, nella Bur. Mauro Corona, nella cinquina del Premio Campiello con 'La voce degli uomini freddi' (Mondadori) senza dubbio metterebbe in valigia 'Collina' dello scrittore italo francese Jean Giono. "Collina descrive la natura in maniera stupefacente, con una dolcezza irripetibile. Sono storie di boschi, piane, colline. Oppure 'Il serpente di stelle' ambientato sulle montagne dell'Alta Provenza. Dico no invece ad un altro suo romanzo 'Le anime forti'".

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LAGO MAGGIORE LETTERALTURA 2012: mercoledì 27 giugno 2012 - domenica 22 luglio 2012

Verbania vola verso il Festival LetterAltura 2012 e lo fa con gli incontri letterari della rassegna "Caffè in Vetta" che si sono tenuti mercoledì 7, 14 e si svolgeranno anche il  28 marzo alle ore 21 presso la sede della sezione CAI di Intra, in Vicolo del Moretto, 7.

L'ultimo appuntamento, mercoledì 28 marzo, vedrà invece la presenza di Teresio Valsesia per la presentazione del libro “Monte Rosa. Regina delle Alpi”. Anche in questo caso, la montagna è qualcosa di più di una meta geografica.
Le serate sono organizzate in collaborazione con gli editori locali Alberti e Tararà, il Club Alpino Italiano e il Comune di Verbania.
a cura di Redazione

Parole in controluce sul tema del viaggio


di Gian Maria Annovi
SAGGI Da Anne Carson un testo che fonde critica e lirismo
Parole in controluce sul tema del viaggio
LIBRI: ANNE CARSON, ANTROPOLOGIA DELL'ACQUA, DONZELLI, PP. 165, EURO 24
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Nata in Canada nel 1950, Anne Carson è da tempo considerata tra le maggiori voci poetiche in lingua inglese. Nonostante alcune traduzioni poetiche siano comparse, soprattutto grazie a Antonella Anedda, su blog e riviste, in Italia Anne Carson è conosciuta dal grande pubblico solo per il romanzo Autobiografia del Rosso (Bompiani, 2000), che rifacendosi alla lontana ai miti greci (Carson è una raffinata latinista e grecista e ha insegnato in prestigiose università nordamericane) racconta le sofferte vicende di un mostro moderno, Gerione, giovane alato dalla pelle rosso fuoco. Se Bompiani non avesse eliminato dalla copertina il sottotitolo originale, anche i lettori italiani sarebbero avvertiti che questo libro stranissimo e splendido, considerato come una vera rivelazione letteraria da Susan Sontag e Alice Munro, è «un romanzo in versi»: un'opera di poesia.
Che poesia sia però un termine assai fluido nel caso di questa scrittrice, lo prova il bellissimo libro appena pubblicato da Donzelli nella sua collana di saggi: Antropologia dell'acqua, curato e tradotto dalle poetesse Antonella Anedda e Elisa Biagini e dall'italianista Emmanuela Tandello. Così come Autobiografia non è propriamente un romanzo, Antropologia dell'acqua - che costituisce solo la parte quinta della più ampia raccolta Plainwater: Essays and Poetry (Knopf, 1995) - non è davvero un saggio, tanto che la prima parte che lo compone, Tipi di acqua, pubblicato inizialmente nel 1987, venne poi inclusa in The Best American Poetry of 1990, attirando per la prima volta l'attenzione del pubblico americano.
Il fascino del lavoro di Anne Carson risiede proprio nell'eleganza e naturalezza con cui la sua scrittura, «felicemente inclassificabile», fonde lirismo e metodo critico, prosa diaristica e linguaggio accademico, incrostandosi come una conchiglia di materiali provenienti dalle fonti più disparate. È un'operazione che Carson conduce a freddo, come immersa nelle profondità del lago al centro dell'ultima sezione del volume, Margini d'acqua. Un saggio di mio fratello sul nuoto che, descrivendo il moto del fratello nuotatore, scomparso misteriosamente, traccia il confine liquido tra parola e assenza, tra respiro e apnea esistenziale.
Antropologia dell'acqua è una riflessione sui «fragili meccanismi che ci salvano dall'annegare», ma letto in controluce, quasi fosse stato scritto con pioggia su carta di riso, attraverso la decostruzione del tema classico del viaggio, si rivela anche un trattato postmoderno sull'amore: un'ordalia dell'acqua per la devozione filiale e amorosa. Così come l'antica cortigiana cinese Lady Cheng, una delle figure evocate nella seconda sezione, Solo per il brivido, Anne Carson si diverte a disegnare mappe di parole che resistono all'oggettività e pongono il lettore di fronte a continue domande sulle proprie convinzioni e percorsi mentali.
Da un lato troviamo il viaggio in macchina fino al confine occidentale estremo dell'America, dall'altro il pellegrinaggio a piedi verso Santiago di Compostela, che si conclude però simbolicamente a Finisterre, un tempo considerato la fine del mondo conosciuto. Anne Carson è interessata agli estremi e il suo mondo ha margini fatti d'acqua, dove la parola è flusso e il pensiero pozza: l'acqua - scrive - «è qualcosa che non si può trattenere. Come gli uomini». Antropologia dell'acqua è infatti poesia che si fa anche ricerca epistemologica dell'altro amoroso, qualcosa che - per chi lo incontra - proprio come un pellegrino, è sempre xenos, ospite e straniero allo stesso tempo.
Che anche il linguaggio viva il rischio di questa doppia condizione, lo rivela l'attenzione con cui Anne Carson descrive l'Alzheimer del padre, le cui parole, prive di riferimento alla realtà, sono come le mappe della cortigiana: tracciano cammini che solo qualcuno completamente perso nella propria solitudine può percorrere. Allo stesso tempo, proprio il liquefarsi della lingua paterna è ciò che la porta a ridefinire la propria identità femminile, a emanciparsi da modi espressivi che altrimenti non conoscerebbero il senso del fluire. Grazie alle attente traduzioni di Anedda, Biagini e Tandello, anche il pubblico italiano può ora lasciarsi sommergere dalla lingua di questa scrittrice straordinaria.

Sognando terre diverse


Oggi tutti sanno che la terra è un pianeta rotondo, in costante movimento nello spazio. Ma «prima», come se la immaginavano gli uomini la terra? Piatta come un vassoio, rettangolare, a forma di pera, oppure cava? Aprite il libro e imbarcatevi in un viaggio attraverso il tempo e le culture per scoprire, in questo museo delle terre immaginate, una miniera di fantasia e di poesia.

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Sognando terre diverse con Guillaume Duprat
a cura di Alexander Karelin
Venerdì, 25 Giugno 2010

Sognando terre diverse con Guillaume Duprat L’illustratore francese Guillaume Duprat ne ha scoperte tante e le ha disegnate ne “Il libro delle terre immaginate” edito in Italia da L’Ippocampo nel 2009. Certo questo non vuol dire che di terre immaginate non ce ne sono più!

Nel pomeriggio di venerdì, nel parco di Villa Maioni, con l’aiuto linguistico di Katia Rossi, Guillaume Duprate propone ai bambini di Verbania e dintorni di crearne delle altre, anche se tutti i bambini sanno che la terra è una sfera. (Infatti – solo gli adulti sembra che abbiano ancora dubbi su questo).

E lui, che di terre immaginate ha fatto un libro, ha poi raccontato, usando i disegni creati dai ragazzi, come diversi popoli dei cinque continenti immaginassero la terra prima che l’esploratore Ferdinando Magellano compisse il primo viaggio intorno al globo, fornendo la prova definitiva che la terrà altro non è che una sfera – cosa che i filosofi greci ipotizzavano quasi duemila anni prima.

Ci furono i popoli africani che immaginavano la terra come un triangolo o gli aborigeni australiani che la vedevano come un labirinto fatto di corridoi infiniti, percorrendo i quali, il sole e la luna apparivano nel cielo... e allora perché non sognare un’altra terra, anche se si sa che è una sfera?!

letteraltura.it
segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone

LetterAltura: un festival di asini

Descrizione libro
Dell'asino spesso si ride e il riderne diventa occasione di derisione. Ma che cosa sappiamo in realtà di questo animale? Ecco un pamphlet incentrato sulla figura dell'asino e sui suoi rapporti con la filosofia e la cultura. C'è un universo per così dire "asinino" che può rivelare molto. L'asinità è, in effetti, uno stereotipo culturale che, affondando nel mito e nella favola, ha ispirato anche molti. Dall'"Asino d'oro" di Apuleio a Nietzsche e fino al Ciuchino di Shrek un'originalissima rassegna su ontologia, metamorfosi, razionalità, sessualità e voce dell'asino. Presentazione di Paolo Cristofolini.

VER­BA­NIA, 25 giu­gno- Asini e fi­lo­so­fi è que­sto il ti­to­lo di un in­te­res­san­te libro di Fran­ce­sca Ri­got­ti (do­cen­te dell'U­ni­ver­si­tà di Lu­ga­no) e Giu­sep­pe Pu­li­na (di­ret­to­re della ri­vi­sta “Mneme Am­men­tos”) edito da In­ter­liea che sarà pre­sen­ta­to sa­ba­to alle ore 17.45, alla Villa Pa­ria­ni di Ver­ba­nia all'in­ter­no della ma­ni­fe­sta­zio­ne “Let­te­rAl­tu­ra” che quest'anno rende o­mag­gio a que­sto pre­zio­so a­ni­ma­le che ha af­fa­sci­na­to fi­lo­so­fi e scrit­to­ri.

La fi­lo­so­fia dell’asino in­te­sa non come la dot­tri­na di pen­sie­ro di tale a­ni­ma­le, ma il tipo di ri­fles­sio­ni che l’asino ha su­sci­ta­to nel fi­lo­so­fo. Dall’Asino d’oro di A­pu­leio a Nie­tzsche, fino al Ciu­chi­no di Shrek. Un’o­ri­gi­na­lis­si­ma ras­se­gna su “on­to­lo­gia, ra­zio­na­li­tà, ses­sua­li­tà e voce dell’asino, cam­pio­ne at­tua­lis­si­mo dell’i­bri­di­smo e gran­de pro­ta­go­ni­sta di me­ta­mor­fo­si”.

Tante e sin­go­la­ri le ri­fles­sio­ni che com­pon­go­no il libro, una tra tante è l' “in­can­to di un ra­glio”:Il verso dell’asino può pro­dur­re in chi l’a­scol­ta un’eco sug­ge­stio­nan­te. Ru­vi­do, pos­sen­te, vi­sce­ra­le, il ra­glio non la­scia in­dif­fe­ren­te. […] Di que­sto fa pa­ro­la il prin­ci­pe Myškin, pro­ta­go­ni­sta de L’i­dio­ta di Do­stoe­v­skij, nel ri­cor­do dei suoi primi gior­ni in Sviz­ze­ra. “Mi ri­cor­do che riu­scii a strap­par­mi a quel­lo stato di tor­po­re una sera a Ba­si­lea, al no­stro in­gres­so in Sviz­ze­ra, quan­do venni sve­glia­to dal ra­glio di un asino sul mer­ca­to della città. Quel ra­glio d’asino mi colpì straor­di­na­ria­men­te, chis­sà per­ché, e mi piac­que mol­tis­si­mo; da quell’i­stan­te, all’im­prov­vi­so, fu come se tutto mi tor­nas­se chia­ro in testa””.

Fa­mo­so è il pa­ra­dos­so dell'asino di Gio­van­ni Bu­ri­da­no lo­gi­co fran­ce­se del XIVV se­co­lo che si oc­cu­pò dell'a­na­li­si della vo­lon­tà umana: un asino che posto tra due cu­mu­li di fieno per­fet­ta­men­te u­gua­li e alla stes­sa di­stan­za non sa sce­glie­re quale i­ni­zia­re a man­gia­re mo­ren­do di fame nell'in­cer­tez­za.

Un’altra in­te­res­san­te con­si­de­ra­zio­ne nasce dall’asino come pro­ta­go­ni­sta di car­toon e film d’a­ni­ma­zio­ne: “Sul gran­de scher­mo l’asino gua­da­gna in si­cu­rez­za e de­ter­mi­na­zio­ne, sino a ra­sen­ta­re qual­che volta la sfron­ta­tez­za. Man­tie­ne sem­pre in sé la dolce gof­fag­gi­ne che anche agli occhi dei bam­bi­ni sa tra­sfor­mar­lo in un a­ma­bi­le qua­dru­pe­de. In real­tà, non è una vera tra­sfor­ma­zio­ne, per­ché l’asino non è un a­ni­ma­le ca­ma­leon­ti­co e op­por­tu­ni­sta. Quasi sem­pre l’asino è il ter­mi­na­le, il punto ad quem di un pro­ces­so in­vo­lu­ti­vo […] l’asino è sem­pre asino, per­ché, per usare le pa­ro­le di Gior­da­no Bruno, è più fa­ci­le “i­na­si­nir­si” che “i­nu­ma­nir­si”, e que­sto vale anche nel fan­ta­sti­can­te mondo dell’a­ni­ma­zio­ne”.

L'al­lean­za tra asini e uo­mi­ni è an­ti­ca: e­qui­ni ad­do­me­sti­ca­ti che en­tra­ro­no nella vita quo­ti­dia­na dei no­stri avi. “L'asino- ha scrit­to Vin­cen­zo Par­di­ni in un ar­ti­co­lo su Tut­to­Li­bri- è l'a­ni­ma­le della pace, il ca­val­lo della guer­ra. Mite, col­la­bo­ra con l'uomo che, non sem­pre, pro­prio per­ché uomo, ne ha ap­prez­za­to le doti. Te­nu­to dalle fa­mi­glie per sod­di­sfa­re le e­si­gen­ze del quo­ti­dia­no in mon­ta­gna por­ta­va le some, in pia­nu­ra trai­na­va il bar­roc­cio o po­te­va es­se­re a­di­bi­to a far gi­ra­re le ma­ci­ne dei mu­li­ni, le­ga­to alla loro stan­ga, il muso ben­da­to, af­fin­ché non ve­des­se.”

Ma c'era anche chi lo usava come ca­val­ca­tu­ra: Gesù Cri­sto entrò a Ge­ru­sa­lem­me a dorso di un asino, Ro­bert Louis Ste­ven­son nel 1878 (per il suo viag­gio nelle Ce­ven­ne) si av­val­se di un'asina di nome Mo­de­sti­ne, Gia­co­mo Puc­ci­ni era so­li­to spo­star­si, per rag­giun­ge­re la sua villa di Chia­tri, a dorso di un asino di Mar­ti­na Fran­ca.

L'Asino è stato og­get­to di culto o mezzo di sa­cri­fi­cio nell'an­ti­chi­tà clas­si­ca o­rien­ta­le ed a­fri­ca­na: l'a­do­ra­zio­ne dell'asino (o­no­la­tria) da parte degli Ebrei nel de­ser­to, nell'an­ti­co E­git­to è l'a­ni­ma­le totem del dio Seth. Nella Roma im­pe­ria­le l’o­no­la­tria fu stru­men­ta­liz­za­ta dai pa­ga­ni come prova ul­te­rio­re di scher­no nei con­fron­ti dei primi Cri­stia­ni e dei Giu­dei. Un asino sarà pre­sen­te nella man­gia­to­ia in cui na­sce­rà Gesù Bam­bi­no.

Tanti anche gli asini della let­te­ra­tu­ra a par­ti­re dall'Asino d'oro di A­pu­leio, per pas­sa­re all'asina Ba­laam dell'An­ti­co Te­sta­men­to, o a Ca­di­chon, l'eroe delle “Me­mo­rie d'un asino” della con­tes­sa di Ségur o il pic­co­lo e dolce Pla­te­ro pro­ta­go­ni­sta del libro del poeta spa­gno­lo Juan Ramon Ji­mé­nez, fino a Bal­tha­zar, l'asino pro­ta­go­ni­sta del film "Au ha­sard Bal­tha­zar" di Ro­bert Bres­son.

Non pos­sia­mo poi di­men­ti­ca­re che l'e­qui­no diede il nome a un fa­mo­so set­ti­ma­na­le sa­ti­ri­co che tra la fine dell’Ot­to­cen­to e la prima guer­ra mon­dia­le con i suoi “ragli” ha cer­ca­to di far male a po­ten­ti e pre­po­ten­ti. Nato nel 1892, pochi mesi dopo la fon­da­zio­ne del PSI, e a lungo e­spres­sio­ne della po­li­ti­ca dei so­cia­li­sti e degli a­nar­chi­ci "L'Asino", fon­da­to da Guido Po­drec­ca e Ga­brie­le Ga­lan­ta­ra, aveva sotto la te­sta­ta una frase che ne spie­ga­va il ti­to­lo: “Come l’asino è il po­po­lo: umile, pa­zien­te, ba­sto­na­to”. Per anni i pun­tua­li ar­ti­co­li di Po­drec­ca e le pun­gen­ti vi­gnet­te di Ga­lan­ta­ra, hanno nar­ra­to fatti e mi­sfat­ti di un’I­ta­liet­ta, non molto di­ver­sa da quel­la dei no­stri tempi.

Già a Car­ta­gi­ne l'asino era usato in forma ca­ri­ca­tu­ra­le. Sin da quei tempi la sua con­si­de­ra­zio­ne spre­gia­ti­va ed of­fen­si­va è ge­ne­ral­men­te en­tra­ta nell'uso di quasi tutti i paesi, par­ti­co­lar­men­te eu­ro­pei. L'uomo, assai di rado ri­co­no­scen­te, l'ha so­ven­te ad­di­ta­to a e­sem­pio di ca­par­bie­tà e i­gno­ran­za di­men­ti­can­do­si che con quell'e­qui­no tanto di­sprez­za­to, con la sua u­mil­tà e ca­par­bie­tà ha con­tri­bui­to a crea­re la no­stra ci­vil­tà.

lo schermo.it

pagina web a cura di Giusppe Serrone